Dietro il vetro seconda parte
di
AngelicaBellaWriter
genere
dominazione
L’ascensore puzza di umido e sigarette.
Entro con la busta della spesa, il pane che spunta da un lato, una bottiglia di vino dall’altro. Premo il tasto. La porta sta per chiudersi quando lui infila una mano e la ferma.
Il vicino.
Lo conosco di vista. Piano di sotto.
Trent’anni, forse meno. Bello. Spalle larghe, felpa nera, jeans scoloriti. Ha i capelli spettinati di chi si è appena svegliato o ha appena scopato.
Mi guarda. Io lo guardo.
Il silenzio è pesante.
L’ascensore si chiude.
Siamo soli. Il suo profumo mi arriva addosso.
Musk e sudore, roba vera, roba che ti si appiccica sulla pelle.
Lo sento. Mi guarda.
E io? Io non abbasso più gli occhi.
Mi appoggio alla parete, la spesa che mi preme sulla coscia. Il vetro dello specchio riflette tutto: lui dietro, io davanti.
Si lecca il labbro inferiore. Sorrido.
«Hai fatto la spesa?» chiede.
La voce è profonda. Bella.
«Già.»
Un silenzio. Un battito. Un respiro.
L’ascensore sale.
«Sai…» dico, senza sapere perché lo sto dicendo. O forse lo so benissimo.
«Mmmh?»
Non mi fermo. Non voglio fermarmi.
«Se vuoi un bicchiere di vino, io sto al piano di sopra.»
La porta si apre.
Faccio un passo fuori. Non mi volto.
Aspetto.
Un secondo.
Due.
Tre.
Poi sento i suoi passi dietro di me.
Sorrido.
Apro la porta e entro senza guardare indietro. Se mi segue, è affar suo.
Appoggio la spesa sul tavolo, tolgo il vino dalla busta. Sento la porta chiudersi dietro di me.
Mi volto.
È lì.
Non dice niente. Io neanche.
C’è quel silenzio sospeso, teso. Di quelli che non hanno bisogno di parole.
Prendo un bicchiere. Solo uno.
Verso il vino, lo porto alle labbra. Bevo. Lentamente.
Lui mi guarda. Lo fa senza vergogna.
«Vuoi?» chiedo.
Lui scuote la testa.
Fa un passo. Poi un altro. Ora è di fronte a me. Alto. Grosso.
«Volevi davvero bere?» chiede, con quella voce che mi cola addosso.
Alzo le spalle. Mi sento calda.
«Magari no.»
Mi prende il bicchiere dalle mani. Lo appoggia sul tavolo.
Le sue dita sfiorano le mie. Sono calde.
Non mi tocca di più. Aspetta.
Lo guardo. Sorrido.
E poi, senza dire niente, mi slaccio la felpa e la lascio cadere.
La felpa cade sul pavimento.
Lui abbassa gli occhi sul mio corpo. Sente la sfida.
Sotto ho solo una canottiera vecchia, troppo stretta. Si tende sui fianchi, sulle tette, sulle spalle grosse.
Non dico niente. Aspetto.
Lui alza una mano.
Mi sfiora il braccio, poi scende sul fianco. La pelle sotto il tessuto brucia.
«Cosa vuoi?» mi chiede.
La sua voce mi gratta dentro, mi stringe lo stomaco. Mi fa bagnare.
«Che mi guardi.»
«Lo sto facendo.»
«Non basta.»
Mi tiro su la canottiera. Piano.
La pelle nuda, il reggiseno che contiene a fatica. I capezzoli duri contro la stoffa.
Lui non si muove. Ma gli occhi dicono tutto.
«E adesso?» chiede.
Allungo la mano, gli prendo il polso. Lo porto contro il mio fianco.
Lo lascio lì. Caldo.
«Adesso toccami.»
La sua mano è ferma sul mio fianco. Aspetta.
Mi tiene lì, senza stringere. Come se volesse vedere fino a dove arrivo.
Non mi muovo. Non sono io quella che aspetta.
Poi, piano, le sue dita scivolano.
Dalla pelle alla stoffa, dal fianco alla pancia. Sfiorano, esplorano.
«Così?» chiede.
Annuisco. Non voglio parlare.
Non voglio spezzare il momento. Voglio che sia lui a farlo.
E lo fa.
La sua mano sale, passa sotto la canottiera. Mi tocca la pelle calda, aperta, pronta.
«Sei morbida.»
Sorrido. Mi stringe il ventre, lo sente che sono vera.
Che sono carne. Che sono desiderio.
Poi le sue dita risalgono.
Mi sfiora il seno, le dita che giocano con il bordo del reggiseno. Sente il mio respiro che cambia.
Si avvicina. Lo sento contro.
Il petto che sfiora la mia schiena. Il cazzo duro che preme.
Mi si chiude lo stomaco. Mi si apre tutto il resto.
«Dimmi che lo vuoi.»
Fanculo. Ancora.
Sollevo la testa, lo guardo negli occhi.
Mi lecco le labbra. Gli stringo la mano contro la pelle.
«Fallo.»
Lui non ha fretta. Le sue dita scivolano, esplorano, imparano.
Mi stringe il fianco, la carne morbida sotto le sue mani grandi. Non mi vergogno.
Lo voglio.
Mi sfiora il seno, le dita che giocherellano con l’elastico del reggiseno.
Io aspetto. Lo guardo.
«Toglilo.»
Lo dico piano, ma è un ordine.
Lui obbedisce.
Le mani scorrono dietro la mia schiena. Il gancetto scatta.
Il reggiseno scivola via.
L’aria fredda sui capezzoli duri. La sua bocca troppo lontana.
Lo guardo. Aspetto.
E poi lo fa.
Mi prende un capezzolo tra le dita, lo stringe appena.
La testa mi cade indietro. Un brivido lungo la schiena.
Lo sento sorridere. Stronzo.
Poi abbassa la testa. La sua bocca su di me.
Calda.
Bagnata.
Schiudo le labbra. Un gemito strozzato.
Le sue mani scendono. Sanno dove andare.
Io sono già persa.
La sua bocca è calda. Le labbra che si chiudono sul capezzolo, la lingua che gioca.
Mi scappa un gemito. Mi scappa il fiato.
Le sue mani scendono. Mi prendono, mi stringono.
Si stacca, mi guarda. Sente che sono lì, sul bordo.
Le sue dita scivolano sulla pancia, poi più giù.
«Apri le gambe.»
Non aspetto. Lo faccio.
Le sue dita si infilano tra le cosce, sfiorano la stoffa sottile delle mutande.
Sente il calore.
Premo il bacino contro la sua mano. Lo voglio dentro.
Lui aspetta ancora un secondo. Poi tira via la stoffa.
Le sue dita trovano la pelle bagnata.
«Cristo…» sussurra.
Mi scosta ancora, mi apre di più. Un dito.
Dentro.
Poi un altro.
Mi afferra il mento, mi obbliga a guardarlo negli occhi.
«Guardami mentre godi.»
E io lo faccio.
Mi tiene il mento tra le dita, forte. Vuole che lo guardi.
Io cerco di resistere, ma il piacere mi fa chiudere gli occhi. Le sue dita dentro di me, il pollice che mi accarezza piano.
«Non distogliere lo sguardo.»
La voce mi scava dentro. Mi stringe la gola, le cosce, la pancia.
Le sue dita affondano più in profondità. Un colpo secco.
Mi scappa un gemito, il respiro si spezza. Mi tiene ferma con l’altra mano.
Mi mordo il labbro. Sono bagnata. Troppo.
Lo sa. Lo sente.
«Sei tutta aperta per me.»
Sorrido. Gli afferro il polso.
«E allora prendimi.»
Lui obbedisce.
Più veloce, più forte. Le dita che mi riempiono, il pollice che mi strappa il fiato.
Le gambe mi tremano. Sto per venire.
Lo sente.
Mi stringe il viso, il fiato caldo sulla mia bocca.
«Godimi addosso.»
E io lo faccio.
Le gambe mi tremano. Sto per esplodere.
Lui lo sente, lo sa. Lo vede nei miei occhi.
Mi tiene il mento con forza, le dita che affondano nella pelle. Non mi lascia scappare.
«Fai la brava.»
Un colpo secco, più forte. Mi apre, mi riempie.
Il mio respiro si spezza. Mi si chiude la gola, mi si accende tutto.
Stringo i denti, il piacere che sale. Un’onda, un incendio.
E poi mi travolge.
Gemo forte, il corpo che si tende, il ventre che si contrae.
Lo sento colare tra le cosce.
Lui non si ferma subito. Mi tiene lì, sospesa, mentre il piacere mi scuote.
Mi lascia andare solo quando sono svuotata. Distrutta.
Resto immobile, il petto che sale e scende.
Lui mi guarda. Sorride.
Si lecca le dita.
«Buona.»
E io? Io sorrido.
Resto appoggiata al tavolo, le gambe molli, il respiro ancora spezzato. Il mio corpo brucia.
Lui mi guarda. Sorride.
Si passa la lingua sulle labbra, come se volesse assaporarmi ancora.
«Ti è piaciuto?»
Mi tiro su, mi aggiusto la canottiera che ormai è solo un pezzo di stoffa stropicciato. Lo guardo.
Sorrido.
«Si vede?»
Lui ride piano. Più un ringhio che una risata.
Si abbassa la zip, sistema i jeans. Ma non se ne va.
Mi osserva ancora, come se stesse decidendo qualcosa.
Io aspetto. Non ho più paura di aspettare.
«Lo rifacciamo?» chiede.
Lo fisso. Sento già il calore che risale.
Mi avvicino. Gli infilo una mano nei jeans, lo stringo. Duro. Pronto.
Lo guardo negli occhi.
«Ti sembra che abbia finito?»
Gli stringo il cazzo tra le dita. Lo sento palpitare, bollente, pronto.
Lui chiude gli occhi per un secondo, il respiro che si spezza. Gli piace.
Poi mi afferra per i polsi, forte. Mi spinge contro il tavolo.
«Tu sei pericolosa.»
Sorrido. Mi piace come lo dice.
Gli allargo la zip, mi mordo il labbro. Voglio sentirlo addosso.
«E allora fottimi.»
Mi prende per i fianchi, mi solleva appena.
Le mie cosce si aprono, il legno del tavolo freddo sotto la pelle nuda. Sono pronta.
E lui lo sa.
Non mi dà il tempo di dire altro.
Mi afferra le cosce, mi trascina contro di lui. Il cazzo che affonda in un colpo solo.
Grido. Il piacere mi trafigge la schiena, la pancia, le gambe.
Lui si muove forte, senza freni. La carne contro la carne, il suono sporco che rimbalza tra le pareti.
Mi tiene ferma, le dita che scavano nei fianchi. Mi prende come se mi volesse marchiare.
Mi piace. Lo voglio ancora più forte.
«Più veloce.»
Lui obbedisce. Mi riempie, mi scopa, mi possiede.
Il piacere mi travolge di nuovo. Strappato, violento, totale.
Grido il suo nome. Lui geme il mio.
Veniamo insieme, il corpo che si tende, che trema, che cede.
Poi il silenzio. Solo il respiro affannato.
Le sue mani ancora su di me. Io ancora aperta per lui.
Sorrido, la testa che si lascia cadere sul tavolo. Sono distrutta.
«Mmmh…» mugolo, ridendo piano. «Magari un’altra volta beviamo davvero il vino.»
Lui ride. Mi bacia il collo.
«Magari.»
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