A casa di papà - Non mi piace

di
genere
etero

Ivan era seduto al tavolo in cucina. Papà non c'era e Giada sentiva che era il momento buono per parlare di quello che era successo la sera prima. Aveva deciso di non dire niente a papà, si sa i ragazzini hanno gli ormoni a mille e Giada era comparsa nella vita di Ivan da poco. Il loro legame di sangue poteva ancora non essere ben chiaro nella mente confusa del fratellastro. Si sedette di fronte a lui, le sue mani stringevano una tazza piena di latte e la stringevano così forte che si vedevano le nocche bianche sotto la pelle.
"Ivan. Vorrei parlare un po' di ieri sera." Disse lei con tatto. Lui aveva gli occhi bassi sul tavolo: "Di cosa dovremmo parlare? Del fatto che vi ho spiati mentre lo facevate?" Il suo tono sembrava quasi impaurito. Giada provò una profonda pena per lui, molto probabilmente si stava vergodnando a morte. "Sì, io vorrei sapere perché l'hai fatto. Giuro che non mi arrabbio, voglio solo sapere il motivo. E magari sapendolo possiamo ragionarci insieme." Le pareva di parlare ad un bambino, nonostante l'aspetto più grande del tredicenne che aveva di fronte. Ivan ci mise qualche secondo per rispondere: "Beh...ieri sera passavo davanti a camera vostra. Papà era già in camera sua e...ho sentito te che facevi strani versi..." Fece una pausa guardando per una frazione di secondo la sorellastra: "...mi sono avvicinato e...mi sono chinato davanti al buco della serratura...ho visto te appogiata al muro...avevi il seno completamente scoperto e il tuo ragazzo faceva avanti e indietro fra le tue gambe..." Altra pausa: "...ho visto cose del genere su Internet, ma mai dal vivo...ero curioso e mi sono messo a guardarti mentre glielo prendevi in bocca...per il trasporto della scena ho perso l'equilibrio e ho picchiato la testa contro lo stipite della porta...il tonfo che hai sentito." Concluse lui indocandosi la fronte con l'indice. Giada sospirò, guardandolo. Gli prese una mano: "Ivan, ascoltami bene. Quello che hai fatto non è un crimine o una cosa di cui vergognarsi. È normale, soprattutto alla tua età essere curiosi su queste cose. Ma devi capire che io sono tua sorella, anche se so che è ancora difficile da realizzare come concetto. Ti chiedo solo di rispettare la mia privacy, okkei?"
"Papà non sarà così buono con me quando lo verrà a sapere."
"Non lo farà e sai perché? Perché non glielo diremo. Sarà il nostro piccolo segreto, va bene?" Giada gli fece un sorriso tenero e lui le rispose con un sorriso forzatissimo e storto.

"Mmm...oddio...siii non fermarti..." Giada balbettava queste parole mentre Stefano era immerso con la testa fra le sue gambe, leccando le sue più profonde intimità. Le teneva le grandi labbra ben aperte con i pollici, mentre la sua lingua procurava a Giada orgasmi multipli e rendeva sempre più turgido il suo clitoride. Lei tramava e i suoi muscoli erano in completa tensione. Adorava farsi leccare la fica dopo aver fatto sesso anale. Sentiva ancora il caldo sperma di Stefano che le scaldava le viscere, mentre la bocca del suo ragazzo veniva scaldata e riempita dai suoi umori bollenti. Mentre le procurava il suo terzo orgasmo, solo con la lingua, Stefano le stringeva entrambe le tette con le mani, giocando con i suoi capezzoli duri. Giada si lasciò andare in un intenso orgasmo, non curandosi delle sue urla di piacere, tanto si trovavano in una casa abbandonata del paesino dove andavano spesso per stare più in intimità. Stefano si accasciò accanto a lei, baciandole le labbra e trasferendo sul suo palato il suo sapore di femmina. Cominciarono a parlare delle cose più cretine, ridendo gioiosamente, fino a quando lui non le chiese della parlata con Ivan. "Sembrava terrorizzato. L'ho tranquillizzato dicendogli che in fondo è normale e..."
"È normale che tuo fratello ti spii mentre fai sesso?"
"No, non intendevo quello. Dico solo che a tredici anni e con una sorella appena arrivata puoi avere le idee un po' confuse, tutto qui."
"Non lui." Disse in modo freddo. "In che senso?"
"Non mi fido di lui, Giada."
"Ma dai, ha tredici anni è un ragazzino."
"Un ragazzino che ne dimostra diciassette e che ti guarda strano."
"E come mi guarda?"
"Ti guarda in un modo che non mi piace, non parla mai. Giada, non mi piace! E secondo me lo dovresti dire a tuo padre. Non voglio che si ripeta un episodio del genere! Mai più!"

Da lì era scoppiata una lite. Giada era tornata a casa in lacrime. Odiava quando litigavano. Lui le aveva ribadito che Ivan non gli piaceva per niente, qualcosa gli puzzava su quel ragazzo e voleva che stesse lontano da lei. Lei invece gli aveva detto che voleva creare un rapporto con lui, essendo comunque suo fratello e dovendolo comunque conoscere meglio. Mauro accorse in aiuto alle lacrime di sua figlia. Come al solito, mentre lei gli parlava, lui cercava sempre uncontatto fisico e visivo. Giada gli disse semplicemente che avevano litigato per una sciocchezza, ma che su quella sciocchezza Stefano era irremovibile e sentiva che se ci fossero stati passi falsi la loro relazione poteva essere a rischio. Mauro non smetteva un attimo di fissarla. Lei si sentì ipnotizzata da quegli occhi, da quello sguardo. Lui la consolò fra le sue braccia e Giada quasi si sciolse a quel contatto. "Scusa papà."
"E di cosa amore?"
"Ti sto tenendo qui da mezz'ora parlandoti dei miei problemi amorosi quando tu hai sicuramente di meglio da fare." E fece per districarsi da quell'intenso abbraccio. Ma lui la tenne stretta a sé, facendola sciogliere ancora di più fra le sue braccia. "Ti amo Giada. Sei mia figlia. Con me puoi parlare sempre e di qualsiasi cosa ricordatelo." Le sfiorò la fronte con le labbra, dandole un bacio quasi impercettibile. Il modo in cui le sfiorò la pelle fece percorrere un brivido di piacere sulla schiena di Giada, che si strinse ancora di più a lui.

Era ora di dormire. Stefano le aveva chiesto scusa con una telefonata e Giada si sentiva meglio. Si sentiva meglio anche perché papà l'aveva consolata. Inconsciamente la sua testa andava sempre al ricordo del bacio sfiorato sulla fronte. Non sapeva il perché, ma ogni suo pensiero finiva lì. Ed era proprio mentre pensava a ciò che andò a sbattere contro il mobiletto del bagno dove si stava lavando i denti. Dal mobiletto cadde una scatola di metallo che si rovesciò sul pavimento. Sul coperchio c'era inciso il nome di Ivan. Probabilmente ci teneva dentro gel o cose simili, così Giada si chinò per raccogliere tutto il contenuto della scatola e metterlo a posto. Come pensava si trattava di un tubetto di gel, un pettine, dei cerotti, delle pillole per il mal di testa e...che cos'era? Si bloccò con un brivido di inquietudine quando lesse la scritta sul flacone di pillole che aveva in mano. Erano pillole contro la depressione. Giada non sapeva cosa pensare. Per quale motivo Ivan teneva fra la sua roba degli antidepressivi?

Continua.
scritto il
2016-07-07
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