Il dolce sapore della perversione

di
genere
etero

La nostra ennesima pazzia.
Ogni volta ancora più difficile e rischiosa.
Un gradino sempre più in su, verso la follia e l’azzardo.
Perché farlo normalmente, fare l’amore in modo tranquillo, magari su un letto o sul divano di casa, per noi non è più sufficiente.
Troppo spesso ci appare monotono e ripetitivo.
Cerchiamo sempre, ormai, di vivere una situazione che vada oltre.
Perché se non proviamo quel meraviglioso brivido di libidine, che ci viene regalato solo dalla possibilità di correre il rischio di essere scoperti e sorpresi in atteggiamenti e posizioni inequivocabili e compromettenti, noi non riusciamo a godere fino in fondo l’uno dell’altra, e la nostra eccitazione non raggiunge quelle vette di piacere che così intensamente desideriamo.
E, allora, di follia in follia, ci spingiamo sempre un pò più avanti, all’affannosa e stimolante ricerca del connubio perfetto tra erotismo ed esibizionismo.
Quella ricerca di nuove emozioni che stasera ci ha portato qui.

Le volte in cui siamo stati sorpresi a fare l’amore non sono state poi molte, in realtà.
E in quelle poche occasioni non sono di certo mancati problemi ed imbarazzi, sfiorando un paio di volte la denuncia per atti osceni.
Ma nella maggior parte dei casi, abbiamo fatto l’amore a pochi metri da decine di ignare persone, senza che nessuno ci vedesse e ci scoprisse: ma la sola possibilità che questo accadesse, che qualcuno potesse sorprenderci a scopare, è stata più che sufficiente a proiettarci in un meraviglioso universo di lussuria sfrenata ed assoluta.
E, questa sera, siamo pronti a mettere in atto questa nostra nuova pazzia erotica.

Ambelakia.
Un piccolo villaggio sul mare.
Un sabato notte d’estate.
Il caldo e il debole rumore della risacca dell’Egeo.
Lei ed io.
E i nostri corpi, già tesi e frementi.

Il locale, dalle luci soffuse e discrete, è affollatissimo, come sempre nel fine settimana.
A stento abbiamo trovato un separé sul fondo dell’ampia sala.
Ma siamo stati fortunati, vista la ressa che ci circonda.
Ci piace questo posto, perché la musica non è assordante e lascia spazio anche alla conversazione.
Mentre sorseggiamo le nostre bevande, con lo sguardo ci guardiamo attorno: nei separé più grandi, gruppi di persone parlano e ridono, scherzano e si divertono.
In quelli più piccoli, quelli uguali al nostro, le coppie si tengono per mano, si baciano e, forse, complice la penombra, alcune vanno un po’ oltre, avventurandosi in un petting che a stento riescono a mantenere nei limiti del consentito.
Molte altre coppie ballano al ritmo della musica di sottofondo, avvinghiate al centro della pista, mentre le cameriere, tutte molto giovani e carine, in top rosso e minigonne nere, si aggirano freneticamente per il locale, servendo le ordinazioni ai tavoli.
Rilassante.
Questo è il termine esatto per descrivere l’atmosfera che si respira.
Rilassante e anche propizia.
Propizia per quello che abbiamo in testa, che ci scorre nelle vene, e che sento agitarsi nello stomaco, come una farfalla impazzita e prigioniera, alla disperata ricerca della libertà; aspetteremo ancora un po’, perché lasceremo che la frenesia ci prenda ancora di più, che dilaghi in noi e diventi incontrollabile.
E solamente quando saremo giunti a quel punto di tensione erotica, cercheremo di mettere in pratica ciò che abbiamo in mente da ore.

Sotto allo stretto tavolino che ci divide intravedo, nella scarsa luce, le sue lunghe gambe nude: la stretta e corta gonna che indossa le lascia totalmente e deliziosamente scoperte, da metà coscia in giù.
Le ginocchia, i polpacci, le caviglie, i piedi.
Conosco quelle gambe perfettamente, ma le trovo sempre e comunque straordinariamente eccitanti.
I sandali neri, dal tacco esageratamente alto, le slanciano in modo allettante.
Scivolo sulla corta panca e mi metto al suo fianco.
E’ ora di dar fuoco alle polveri, di far salire la nostra temperatura sessuale, di iniziare a far crescere il nostro desiderio.
L’attesa mi si è fatta di colpo insopportabile.

Mentre con la sinistra porto alle labbra il bicchiere con la birra, la destra inizia ad accarezzarle una coscia, dall’orlo della gonna al ginocchio.
Pelle liscia e vellutata, che al tatto sembra seta.
Anche la sua mano mi si poggia distrattamente su una gamba, pericolosamente vicina all’inguine: mi accarezza lieve, con noncuranza, mentre il suo sguardo continua a vagare indolente per l’intera sala.

M’infilo, con le dita, sotto l’orlo della gonna, ed esploro l’interno della coscia, sfiorando le minuscole mutandine che lei indossa: sono alla ricerca, come sempre faccio, di quell’inequivocabile segnale che la sua eccitazione è giunta al livello di guardia.
Ed infatti avverto, sotto i polpastrelli, l’interno della coscia umido, ed il velo di stoffa del suo indumento intimo già abbondantemente intriso di umori.
Perfetto.
Ci siamo quasi.
Ancora qualche minuto di spasmodica attesa.
Per rendere il tutto ancora maggiormente sensuale.
E poi…

Anche la sua mano ha rotto gli indugi, e mi preme con delicatezza sui pantaloni, sul cazzo che si sta gonfiando, secondo dopo secondo.
Per un momento immagino di tirarlo fuori e di lasciare che sia la sua mano a farmi godere: sarebbe più che possibile in questa penombra complice e ambigua.
Ma non è questo che cerchiamo.
Una sega sotto ad un tavolo, in un locale pubblico, ci ha emozionato i primi tempi, quando sperimentavamo le nostre prime e impacciate esperienze.
Ma ora vogliamo di più.
Molto di più.
E, fra non molto, l’avremo.

La musica ora è un vecchio successo di qualche anno fa.
Lei volta la testa e mi guarda.
Lo sguardo che sembra appannato mi conferma la sua eccitazione.
E la farfalla che continua a volare nel mio stomaco agita ancor più freneticamente le sue ali.

La porta è di lato al bancone del bar, e separata da questo da uno spesso tramezzo in muratura, con un acquario illuminato inserito nel centro.
La porta conduce certamente ad un locale di deposito, poiché le toilettes sono sul lato opposto, e perchè vediamo entrare ed uscire, con una certa frequenza, i tre uomini che servono i clienti al bancone: spingono la porta con le braccia cariche di bottiglie vuote, e ne riescono con altre casse di bevande.
Sulla porta c’è scritto, in giallo, “privato”.
Ed è in quella stanza, con il rischio di venire scoperti da uno dei tre barman, che noi due faremo sesso.
Un brivido di eccitazione mi percorre la schiena, come un piccolo animaletto zampettante che mi si sia infilato per caso nella camicia.
Con la mano accarezzo nuovamente le sue mutandine: se prima erano bagnate, ora sono letteralmente fradice di umori.
Anche lei è decisamente pronta.

Mi sporgo e la bacio gentilmente sul collo.
Lei rabbrividisce di piacere e la sua mano si allontana dal mio inguine.
Non può più attendere: se non mi decido, il mio cazzo non avrà più le sue attenzioni.
Un piccolo ricatto, ma che fa parte del nostro gioco perverso.

Le sfioro le labbra con le mie, e quindi scivoliamo fuori dal separé, come se volessimo raggiungere la pista da ballo.
Ci prendiamo per mano e ci avviamo invece verso la porta del deposito, verso il locale in cui balleremo, ma come piace a noi.

Siamo davanti alla porta chiusa.
Aspetto che i tre al bar siano voltati dall’altra parte, impegnati a servire alcuni clienti, e quindi spingo la maniglia, aprendo la porta.
Entriamo, e rapidamente la richiudo alle mie spalle.

Mentre attendiamo che gli occhi si abituino all’oscurità, la prendo per i fianchi e l’attiro a me: le bocche si incontrano e le lingue si esplorano.
Sento il suo delicato profumo, la morbidezza delle sue labbra, la consistenza fantastica del suo corpo sinuoso.
Mi perdo in lei, letteralmente, come sempre accade.
Fino al momento in cui, senza fiato, ci stacchiamo, guardandoci attorno alla ricerca del posto più adatto.

Da una finestrella in alto, la luce dei lampioni stradali illumina debolmente la stanza.
Casse di birre e di altre bevande la occupano quasi per intero, dal pavimento al soffitto.
Il posto è perfetto.
La prendo per mano e la conduco verso il fondo dello stretto locale.
Alcune pile di casse, piene di vuoti di birra, creano una piccola rientranza, nascondendoci, ma solo parzialmente, dallo sguardo di chi entrasse all’improvviso.
Il bello del nostro gioco è proprio questo: rischiare di essere scoperti, ma poter passare anche inosservati.
Se la porta si dovesse aprire noi non possiamo sapere se ci vedranno o meno.
Il divertimento e l’eccitazione stanno esattamente in questo.
L’emozione di non sapere se qualcuno arriverà e, nel caso dovesse arrivare. ignorare fino all’ultimo se questo qualcuno ci vedrà oppure no.

Nell’angolo in cui ci troviamo, nascosti solo in parte rispetto all’ingresso, lei si sfila rapidamente le mutandine e me le porge con fare malizioso e provocante.
Le avvicino al naso ed il profumo della sua straripante eccitazione mi ottenebra la mente: mi allento la cintura e mi sbottono i pantaloni, lasciando che cadano in terra, arrotolandosi attorno alle mie caviglie.
Le dita della sua mano destra si infilano rapide sotto l’elastico dei miei slip e si stringono, deliziose ed esperte, attorno al cazzo già duro.
Mi masturba per pochi intensissimi secondi, mentre io le sbottono la camicetta, esponendo i seni e pizzicandole i capezzoli in rilievo.
I preliminari, tra noi, in occasioni come queste, dove l’eccitazione già ci divora e non ha bisogno di essere ulteriormente stimolata, sono decisamente inutili.
La sua mano lascia il mio cazzo e le mie abbandonano le sue tette.
E’ ora di fare sul serio.
Uno dei tre uomini al bar potrebbe entrare all’improvviso, accendere la luce e…

Abbiamo entrambi il respiro affannoso, carico di sensualità e di libidine.
La volto verso una delle pile di casse e lei vi si appoggia contro con le mani.
Nella scarsissima luce intravedo le sue lunghe gambe, rese quasi infinite dai tacchi vertiginosi: più tardi, a casa, placata questa nostra fame di esibizionismo, le percorrerò, centimetro dopo centimetro, con le labbra e con la lingua, le sfilerò lentamente i sandali neri e giocherò con i suoi piedi.
La notte sarà ancora lunga.
Come sempre.

Le sollevo la corta gonna e le accarezzo le natiche nude: quindi insinuo le dita nel solco che le divide e inizio a massaggiarle l’ano, lentamente, come so piacerle.
Lei, trascorsi pochi attimi, protende il bacino all’infuori ed io, inginocchiandomi, le passo la lingua ripetutamente sul buco, in su ed in giù, delicatamente, ma in maniera implacabile e decisa.
Ed i suoi tessuti, secondo dopo secondo, si allentano, si aprono, quasi sfidandomi ad andare oltre.
E’ un muto invito a prenderla.
Insinuo un dito nel suo ano e la sento sussultare, fremere di desiderio per quella dolce intrusione.
Lo spingo fino in fondo, e poi lo ritraggo.
Avanti ed indietro, sempre più velocemente.
E poi, quando i suoi sospiri aumentano d’intensità, le dita diventano due e la strada è definitivamente aperta.

Voci. Rumori. Vicini.Vicinissimi. Appena oltre la porta.
Qualcuno sta per entrare.
Il cuore mi balza in gola e mi accorgo di essere ad un passo dall’orgasmo.
Le mie dita dentro di lei vengono serrate dai suoi muscoli interni, imprigionate in quel caldo nascondiglio: anche lei è eccitata da quelle voci che, però, ora sembrano allontanarsi.
Ed infatti la porta non si apre.

Sfilo da lei le mie dita ed il suo culo si protende ancora più verso di me, incitandomi a prenderlo, a riempirlo con il mio pene vibrante per la tensione.
Sta aspettando, fremente, di essere sodomizzata, di sentirsi il mio cazzo entrarle nel culo.
Mi accosto a lei, cercando con le mani le sue tette.
L’abbraccio e mi stringo al suo corpo: poi faccio scivolare le mani lungo i suoi fianchi, passo sul ventre e scendo sulla fica, allagata come non mai di caldi e scivolosi umori.
Ma non ho tempo di giocare con il clitoride, non posso attardarmi a farle un ditalino: fra poco qualcuno entrerà di certo e…

Le riporto le mani sulle natiche, le allargo ed il mio cazzo cerca il suo culo; lo trova pronto, aperto, morbido ed accogliente.
Con spinte sempre più decise entro in lei, strappandole gemiti di travolgente passione.
La inculo lentamente, con un dolce movimento delle reni, ma affondo ogni volta completamente in lei, che asseconda il mio ritmo con una straordinaria e lieve rotazione del bacino.
Non posso durare a lungo.
Quando la sento percorsa dai brividi dell’orgasmo, accelero il movimento e le riempio le viscere di tutto il mio sperma.

Mi sfilo da lei con delicatezza e le porgo un fazzolettino di carta con il quale asciugarsi l’interno delle cosce, allagato delle sue secrezioni e del mio seme che cola.
Poi, rapidamente, lei si rimette le mutandine e si abbottona la camicia, subito dopo avermi concesso un’ultima passata di lingua sui suoi capezzoli eccezionalmente eretti.
Anche io mi ricompongo e, in pochi istanti siamo pronti ad uscire, a tornare nella confusione del locale.

Ci avviciniamo alla porta e, prima di socchiuderla per sgusciare fuori, l’attiro nuovamente a me, la voglia di baciarla prepotente e indomabile.
Le infilo la lingua in bocca e lei risponde, ancora eccitata da quanto accaduto, al mio bacio.

E proprio in quell’istante la porta viene spalancata ed uno dei tre baristi entra con le braccia cariche di bottiglie.
Quasi ci viene addosso, prima di bloccarsi per la sorpresa.
Le nostre bocche si staccano e, sorridendo, fingiamo di essere imbarazzati.
Lui ci guarda stupito, fra il divertito e l’incazzato, poi si sposta per lasciarci passare.
La prendo per mano ed usciamo, mentre gli occhi dell’uomo vengono calamitati dalle sue splendide gambe, così lunghe e tornite su quei tacchi altissimi.
Penserà alla solita coppia che vuole pomiciare in santa pace: se solo fosse entrato pochi istanti prima, non la penserebbe esattamente così.

Torniamo verso il separé in cui prima sedevamo, ma lo troviamo occupato da due ragazze alla chiara ricerca di compagnia.
Non abbiamo più voglia di restare, comunque: quello che volevamo fare lo abbiamo fatto, ed ora possiamo continuare la serata a casa.
Ho voglia delle sue gambe e dei suoi piedi.
Con calma, tenendoci sempre per mano, ci avviamo verso l’uscita.

Mentre ci avviciniamo alla macchina, il mio braccio che le cinge il fianco, accosto la bocca al suo orecchio e le sussurro poche parole.
Lei scoppia a ridere nervosamente e si fa abbracciare ancora più stretta.
Le ho appena comunicato quale sarà la nostra prossima follia.
Dalla sua reazione capisco che anche per lei l’attesa per questa futura sfida è già iniziata.

Fine

diagorasrodos@libero.it






scritto il
2011-01-08
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