Moglie puttana e schiava
di
Evoman
genere
dominazione
Un tradimento costerà caro a una moglie, ora costretta alle voglie di dominazione di un marito improvvisamente padrone. Umiliazioni e giochi in pubblico le faranno scoprire quanto in realtà è puttana dentro.
Era passata una settimana da quando mio marito aveva scoperto le mie scappatelle ed era iniziata per me una nuova vita.
Carlo mi aveva tagliata fuori dal mondo, niente telefono e il cellulare che avevo poteva solo ricevere le sue chiamate in quanto nessuno sapeva il numero.
Ero sempre in casa, lui provvedeva alla spesa e io ero diventata la donna di casa oltre alla sua puttana privata. Giravo sempre nuda, pronta ad ogni sua richiesta, mi ero abituata a chiamarlo Signore o Padrone e a fare sesso come e quando lo voleva lui, di solito erano rapporti orali e anali e sempre molto violenti. Non mi picchiava molto, ma quando lo faceva mi lasciava il culo a pezzi, con grossi segni viola lasciati dalle sue mani o dalla cintura dei pantaloni.
In cuor mio speravo che prima o poi la rabbia gli passasse e che potessi tornare ad una vita normale, certo senza amanti, ma senza essere più segregata in casa.
Quando sabato pomeriggio mi disse che saremmo usciti insieme ne fui felice, non immaginavo a cosa sarei andata incontro.
“Per iniziare truccati come la puttana che sei, non vorrei tu potessi sembrare qualcosa di diverso.”
Le sue parole mi colsero di sorpresa, lui amava il trucco leggero e considerava volgare quello marcato.
“Certo mio Signore, dammi solo il tempo per farlo.”
Mi misi davanti allo specchio e iniziai a truccarmi senza esagerare, ma quando mi vide cominciò a rimproverarmi.
“Sei forse scema o la stai facendo? Lavati la faccia e rincomincia, ho detto che devi sembrare una troia non una ragazzina.”
Feci come mi aveva ordinato e questa volta mi truccai in maniera pesante, con tinte forti, marcando al massimo occhi e labbra.
Tornai da lui che questa volta non fece osservazioni.
“Vedi che quando vuoi sai obbedirmi, ora mettiti una camicetta bianca e una minigonna, la più corta possibile.”
“Ma Padrone non ho mini, lo sai che non ne porto.”
“Però hai il gonnellino da tennis ?”
“Si quello nero, l’abbiamo comprato insieme.”
“Allora indossalo e fai in fretta.”
“Devo indossare sotto qualcosa di tuo gradimento Padrone.”
“Certo, nulla.”
“Scusa non ho capito.”
“Sotto non porterai nulla, indosserai solo la camicetta, il gonnellino e le scarpe, anzi scegline un paio con un bel tacco, mi fido di te per questo.”
“Ma così si vedrà tutto!”
Lui si alzò e mi colpì con uno schiaffo, non forte, ma di quelli che fanno male lo stesso.
“Lo so che si vedrà la tua fica e il tuo culo, ma è proprio quello che voglio, comunque stai tranquilla andremo dove nessuno ti conosce.”
Mi andai a vestire sentendomi male, sarei stata praticamente nuda alla merce dello sguardo di chiunque m’avesse vista, volevo piangere, ma sapevo che avrebbe solo peggiorato la situazione.
Mentre mi mettevo addosso quel poco che lui voleva guardavo il mio armadio pieno di bei vestiti e pensavo a quando li avrei potuti rimettere.
Una volta finito mi guardai allo specchio, era peggio di quanto avessi mai potuto pensare, la camicetta lasciava vedere il seno, i miei capezzoli scuri di certo non si nascondevano e la gonna mi arrivava all’altezza del pube, lasciandolo scoperto ad ogni anche piccolo movimento. Ero peggio di una puttana dei viali, almeno quelle un perizoma lo portavano.
Così vestita mi presentai a lui che mi accolse con entusiasmo, quasi fosse felice di vedermi in quello stato.
“Sei perfetta,una vera troia, avrei quasi voglia di sfondarti il culo adesso, ma è meglio andare, non vorrei incontrare troppo traffico.”
Lo seguii in garage e insieme salimmo in macchina, porta e cancello si aprirono automaticamente e in breve fummo in strada.
Cercavo di coprire il volto con la mano senza farmene accorgere, ma lui era intento alla guida e non diede importanza ai miei strani movimenti.
Durante il viaggio non ci parlammo, mise un Cd di musica classica ben sapendo che l’odiavo, ma non era certo il caso di farglielo notare.
Dopo un’oretta arrivammo in un grande parcheggio semivuoto e li iniziarono i guai.
“Che aspetti, scendi.”
Mi guardava divertito mentre io piena di vergogna cercavo di camminare a piccoli passi per non far muovere troppo la gonna, ma come al solito ci si mise di mezzo il destino.
Una folata di vento fece alzare dietro il gonnellino e un gruppo di ragazzi iniziò subito a gridarmi di tutto, facevamo pesanti apprezzamenti sul mio sedere e di quanto dovesse essere aperto, che ero una puttana e che se volevo mi avrebbe scopata tutti insieme.
Carlo faceva finta di nulla però di certo godeva nel vedermi insultata in maniera così volgare, mi sembrava impossibile che lui sempre così educato e a modo, provasse piacere nel vedermi umiliata davanti a degli sconosciuti.
Non feci quasi caso a dove stavamo entrando, solo una volta dentro mi resi conto che era un sexy-shop.
Dentro c’erano una quindicina di uomini di tutte le età che subito iniziarono a guardarmi mentre Carlo si dirigeva verso il bancone.
“Mi scusi dov’è il reparto sadomaso ?”
“In fondo a destra.”
Il proprietario quasi non credeva ai suoi occhi e di certo lui doveva averne viste e non poche.
“Seguimi cagna, ora faremo un po’ di spesa.”
Tutti i presenti ci vennero dietro quasi fosse una processione, parlando fra di loro a bassa voce anche se non era difficile immaginare i loro discorsi.
Una volta arrivati nel reparto sadomaso mio marito si fermò e iniziò a guardare con attenzione ogni oggetto esposto. C’era ogni tipo di frusta e strumenti d’immobilizzazione, oggetti in pelle e Dvd dal titolo molto esplicito.
Carlo alla fine frese un frustino e iniziò a muoverlo per aria, ma non era soddisfatto e prese una grossa frusta con più code.
“Questa mi sembra più adatta ora abbassati che voglio provarla.”
Sapevo che era inutile oppormi e piena di rabbia abbassai le spalle mettendo in mostra il culo davanti a tutti. Lui mi colpi all’inizio senza forza, poi all’improvviso fece calare sul mio culo una frustata che mi fece gemere di dolore. Ma più che il dolore era il sentirmi osservata e desiderata da tutti, perchè sapevo che ogni uomo li presente mi avrebbe voluta prendere per scoparmi come meglio credeva fino a venirmi in qualsiasi orifizio.
“Questa va bene, ora proviamo un’altra.”
Un ragazzo si fece avanti con un paddle in mano.
“Provi questo, è l’ideale per il culo.”
Carlo prese il paddle in mano e cominciò a guardarlo mentre io ero sempre col sedere all’aria.
“Certo è un bello strumento, ora però mostrami tu come si usa.”
“Vuole che la colpisca io ?”
Il ragazzo non credeva a quelle parole, si stava eccitando in maniera assurda e presto avrei dato sfogo alla sua libidine.
“Certo in fondo l’hai trovato tu, ora colpiscila.”
Quello prese il paddle in mano, si mise vicino a me e cominciò a colpirmi con forza.
Mentre i colpi si susseguivano senza che me ne accorgessi cominciai a bagnami, mi stavo eccitando da quella situazione, in quel momento avrei voluto soddisfare tutti i presenti prendendo i loro cazzi in bocca, nella fica e nel culo. La vergogna e l’umiliazione non se n’erano andate via, solo avrei voluto essere davvero come lui mi voleva e farmi sfondare da chiunque lo volesse, avevo una falle voglia di godere fregandomene di chi fosse a darmi quel piacere.
Carlo se ne accorse, ma fece finta di nulla, anzi incitava il ragazzo a colpirmi più forte con le motivazioni più assurde. Alla fine avevo il culo in fiamme e una voglia matta di cazzo.
“Ora basta, mi sei stato di grande aiuto e ti ricompenserò, basta che ci segui mentre compriamo altre cose.”
“Certo con piacere, a proposito io sono Edo.”
“Piacere Carlo e lei è la mia puttana, non ha un nome solo puttana, e tu puttana ora rialzati e seguimi.”
A fatica mi misi dritta e gli andai dietro, con l’aiuto dei Edo riempì diverse buste di oggetti commentandone l’uso che ne avrebbe fatto su di me, fino ad arrivare dove c’era la biancheria più sconcia.
“Che taglia hai puttana ?”
Sapeva bene la mia misura, ma ormai non smetteva d’umiliarmi ad ogni occasione per togliermi ogni traccia anche minima d’orgoglio.
“La terza mio Signore.”
Era la prima volta che aprivo bocca da quando eravamo entrati e non volevo farlo arrabbiare non chiamandolo come voleva.
“E’ vero, ma è sempre meglio provare, entra dentro il camerino spogliati e indossa questo.”
Mi tirò un corpetto di pelle e con quello entrai nello spogliatoio, non ci misi molto a spogliarmi e indossarlo, quindi lo chiamai.
“Se vuole vedermi Padrone sono pronta.”
Carlo entrò con Edo subito dietro che chiuse la porta, io mi portai subito le mani sul pube come se fosse la prima volta che quello sconosciuto lo vedesse.
“Stai davvero bene, non trovi anche tu Edo ?”
“Certo è proprio un troia perfetta.”
Iniziarono a fare commenti su quanto fossi puttana e di come quel corpetto esaltasse le mie forme.
Io ero al massimo dell’imbarazzo, ma quella continua umiliazione mi stava eccitando in maniera quasi incontrollabile, era come se più scendessi in basso più diventavo quello che Carlo voleva, una vera puttana disposta a tutto pur di soddisfare le sue voglie.
Ad un certo punto mio marito smise di ridere e diventò improvvisamente serio.
“Ora è il momento di ripagare Edo per il suo aiuto.”
“Certo mio Signore, cosa devo fare.”
Pensavo che dovessi mostrarmi meglio, al limite farmi toccare, ma il suo ordine mi colpì come uno schiaffo in piena faccia.
“Inginocchiati e fagli un pompino, di certo ha il cazzo già bello duro.”
Non ci potevo credere, lui che mi stava punendo per le mie scappatelle voleva che avessi un rapporto con uno sconosciuto davanti ai suoi occhi!
Cercai di prendere tempo, ma lui m’incalzo senza darmi tregua.
“Allora puttana, non vorrai mica che glielo tiri fuori io?”
Così mi inginocchiai davanti al ragazzo e gli aprì i jeans, il suo pene era già ben visibile e quando tirai giù gli slip mi sbatte sul volto.
Di certo non si era lavato da poco, aveva un odore forte e disgustoso, cercai di farlo entrare in bocca ma senza riuscirci, riuscivo solo a prendere la cappella fra le labbra.
“Edo bisogna che tu dia una mano a questa troia, è ancora un po’ inesperta, scopala in bocca a tuo piacimento, poi sborrale pure in gola, non sai quanto le piace.”
Edo mi mise le mani fra i capelli e cominciò a spingermi il cazzo in bocca fino a farlo entrare tutto quanto, avevo voglia di vomitare tanto mi faceva schifo, ma riuscii a resistere.
Mi appoggiai a lui e feci la mia parte, mentre lo spompinavo lo leccavo con la lingua anche per farlo venire il prima possibile, poi Carlo si mise dietro di me e senza tanti preamboli mi ficcò due dita nella fica.
“Vedi che sei troia, sei tutta bagnata, lo so che sei una succhiacazzi nata, quindi divertiti.”
Più io spompinavo Edo più lui mi masturbava facendo salire in me il piacere, in quei momenti non m’importava più di dove fossi e con chi, volevo solo il mio orgasmo.
Solo che quello che ormai era il mio Padrone non la pensava nella stessa maniera, poco prima che venissi si fermò e subito dopo Edo mi riempì la bocca col suo sperma.
Fu una sborrata lunga e copiosa che a stento riuscì a mandare giù, ma alla fine neanche una goccia uscì dalla mia bocca, solo che avevo la fica in fiamme e mi sarei fatta scopare da tutti quelli che erano rimasti fuori ad origliare pur di godere ancora.
Invece pulii il cazzo di Edo e mi rivestii, quindi uscimmo tutti e tre dal camerino sotto gli sguardi degli uomini che ci aspettavano increduli.
Carlo prese i sacchetti e con me dietro si recò alla cassa per pagare, una volta saldato il conto andammo verso la macchina e ripartimmo verso casa.
Durante il viaggio di ritorno mio marito non disse una parola fino a che non si fermò in un’area di parcheggio deserta.
“Allora brutta troia sei ancora bagnata?”
Era inutile che provassi a negarlo, gli sarebbe bastato farmi aprire le gambe per scoprirlo.
“Si Padrone non mi hai fatto venire e ne ho voglia.”
Per tutta risposta si allungò verso i sacchetti da dove tirò fuori delle palline vaginali che presto sparirono nella mia fica.
“Non provare a venire fino a che non saremmo a casa o ti porto via la pelle a frustate.”
Iniziò così un nuovo calvario, le palline si muovevano in continuazione mandandomi in estasi, ma la paura delle sue minacce non mi faceva venire. Una volta a casa fu ancora peggio, ad ogni passo avevo una fitta di puro piacere e a stento riuscì ad entrare in ingresso.
Li Carlo mi butto a terra, tirò fuori il cazzo e cominciò a scoparmi con violenza.
Venni subito, ancora prima che il suo pene fosse entrato del tutto, non mi aveva neanche tolto le palline e mi sentivo incredibilmente piena senza ormai nessun freno.
Mi sborrò dentro quasi subito, ma non smise di sbattermi e continuò come se non fosse venuto. Solo che ora il suo cazzo scivolava dentro senza nessun attrito, fra il suo sperma e i miei umori avevo la fica ridotta ad un vaso pieno di liquidi. Così prese a scoparmi con ancora più forza e violenza, insultandomi in continuazione fino a quando non lo tirò fuori per mettermelo nel culo.
Come era diventata sua nuova abitudine fece entrare la cappella, poi mi prese per i capelli e diede un violento colpo come se volesse spaccarmelo, solo che era tanto lubrificato che entrò tutto subito facendomi meno male del solito. Un nuovo orgasmo mi sconquassò il cervello, mi era sempre piaciuto prenderlo dietro, ma senza sentire troppo dolore e questa volta era stato proprio come piaceva a me.
Prese così a incularmi senza sosta picchiandomi sulle natiche con la mano libera, era tanto preso che non si accorse che avevo fatto scivolare una mano sotto di me per masturbarmi e godere ancora di più.
Mi venne di nuovo dentro e dopo si fermò ormai esausto.
“Da domani cominceremo ad usare quello che ho comprato.”
“Va bene come vuoi tu Padrone.”
“Solo non provare più a toccarti o ti rompo le dita.”
Essere colta così in fragrante mi umiliò più di tutto quello che avevo passato nel pomeriggio, ma cercai di nasconderlo.
“Hai ragione Padrone,non lo farò più.”
“Ora vai a preparare la cena, ho fame e cerca di non fare le tue solite schifezze che dopo ricominciamo.”
Mentre andavo in bagno per lavarmi pensavo al dopo cena, in fondo avevo goduto, dovevo solo abituarmi a farlo coi suoi nuovi sistemi.
Era già passato un mese da quando avevo cambiato la mia vita, anzi Carlo aveva distrutto la mia precedente esistenza sostituendola con quella di sua schiava personale.
Mi aveva fatta arrivare al più basso livello della mia autostima umiliandomi in continuazione e usando ormai per dar sfogo ai suoi istinti più bassi e violenti.
Era una settimana che non mi malmenava e in me si stava facendo largo la convinzione che qualcosa in lui stava cambiando, ma come al solito stavo sbagliando.
Un sabato pomeriggio mentre pulivo nuda la casa mi disse di prepararmi che la sera saremmo andati a mangiare fuori e se da un lato ero felice perchè sarei di nuovo potuta uscire di casa, dall’altro temevo che anche questa occasione si sarebbe trasformata in una umiliazione pubblica come quella subita al sexy shop.
In ogni caso mi diede due ore di tempo per lavarmi, truccarmi e vestirmi, fu lui a scegliere l’abito dopo aver a lungo cercato nel mio armadio. Ne prese uno molto elegante, lungo e nero, molto semplice ma allo stesso tempo molto sensuale con le spalline sottili e un bello scollo sia davanti che dietro. Scelse anche dei sandali in pelle lucida nera con tacchi alti a spillo, borsa in tinta e un reggiseno push-up in raso anch’esso nero.
Quando finì di lavarmi e truccarmi indossai quello che mi aveva imposto, ma non potei non notare l’assenza di mutandine di qualsiasi genere.
“Forse il mio Padrone si è dimenticato qualcosa ?” fu il mio timido tentativo di fargli notare quell’assenza.
“Non penso proprio, che cosa manca alla mia troia.”
“Qualcosa da mettere sotto per coprirmi l’intimità.”
“E’ vero, ormai sono tanto abituato a vederti col culo per aria che non ci faccio più caso.”
Ridacchiando fra se e se aprì il cassetto col mio intimo e tirò fuori un perizoma molto ridotto di pizzo rosso che mi aveva comprato per l’ultimo veglione di fine anno.
“Questo è abbastanza per una puttana come te.”
Non osai rispondergli nulla di compromettente, anzi lo ringraziai per il suo gesto.
Il viaggio in macchina fu insolitamente piacevole, e passammo tutto il tempo a chiacchierare dei suoi colleghi e delle loro mogli, insomma sembravamo una coppia normale che va a cena fuori senza tanti problemi.
Carlo scelse un ristorante di lusso ad un’ora di macchina dove non eravamo mai stati, ma del quale si parlava un gran bene sia per la qualità del cibo che per quella del servizio.
Come entrammo fummo accompagnati al nostro tavolo dove lui scelse con calma il vino per la cena mentre io mi guardavo attorno per vedere se c’era qualche faccia conosciuta, cosa che per fortuna non trovai.
“Siccome sei solo una puttana dovrai guadagnarti da mangiare.”
La sua voce era bassa ma decisa, con quel tono che ormai conoscevo bene, quello che non permetteva repliche.
“Si mia Padrone, cosa desideri che faccia.”
“Prima che il cameriere porti gli antipasti devo vedere il tuo perizoma sul tavolo.”
Come poteva chiedermi questo?
Sapeva bene che era rosso e che su quella tovaglia bianca sarebbe risaltato in maniera inequivocabile.
“Ma il cameriere capirà subito cos’è !”
“Certo, ma ricordati che sei una troia e per tale devi apparire.”
Non so dove trovai il coraggio, ma senza farmi vedere dagli altri riuscì a sfilarmi il perizoma e metterlo sul tavolo.
Quando arrivò il cameriere fece finta di nulla, ma un sorriso compiaciuto gli si stampò sul volto, mentre io sprofondavo nella vergogna.
Mentre mangiavo pensavo solo a quello che mi avrebbe fatto fare, il bastardo aveva ordinato anche primo, secondo e dolce, e ormai non potevo aspettarmi altro che umiliazioni, come se il trattarmi da schiava in casa non gli bastasse più.
Lo stesso cameriere venne ha riprendere i piatti vuoti una volta che finimmo quella portata, e appena se ne andò mi diede il secondo ordine della serata.
“Ora prendi il bicchiere del vino bianco e riempilo col tuo piscio, basterà che ti sposti un po’ in avanti per non farti vedere da nessuno.”
Ma non era certo questo quello che mi preoccupava, ma un bicchiere pieno di liquido giallino ad un tavolo dove c’era solo vino rosso.
Comunque non potei che obbedire, anzi ci riuscii senza troppa fatica e evitando di pisciarmi sulle mani.
Il solito cameriere arrivò coi primi, all’inizio non fece caso ai bicchieri, ma poi il suo sguardo si fissò su di me come per dirmi, so quello che hai fatto brutta puttana.
Il suo sguardo era peggio di una frustata tanto mi faceva male, ma allo stesso mi eccitava pensare che in quel momento doveva essere bello arrapato e con una voglia matta di scoparmi in qualche angolo del ristorante.
Carlo del resto era sempre sorridente, l’umiliarmi era diventata la sua attività preferita e il suo sadismo stava scoprendo nuove vie, non fermandosi più alla solo violenza fisica.
“Fra poco arriverà il secondo, come pensi di guadagnartelo brutta zoccola?”
“Non lo so mio Signore.”
“Te lo dico subito, apri la borsa, dentro ci sono due palline cinesi, ficcatele nella fica e resta con le cosce aperte.”
Come un automa aprì la borsetta e presi le palline, che mi misi dentro la vagina leggermente umida.
Restare con le gambe aperte fu più difficile anche perchè nessuno mangia seduta in quel modo, ma cercai di agganciare i piedi alle gambe del tavolo per rimanere il più immobile possibile.
Mio marito si fece subito sotto, si sfilò una scarpa e mise il piede sulla mia passera, cominciando a massaggiarla con movimenti lenti e continui.
In breve tempo cominciai ad eccitarmi sempre di più, mi sentivo colare gli umori sulle cosce e trattenevo a stento il piacere.
Quando arrivò il cameriere cercai di trattenermi, ma il bastardo premette con forza sul mio pube e mi usci un piccolo ma udibilissimo gemito di piacere.
Appena si allontanò cercai di supplicare mio marito a smettere di torturarmi.
“Ti prego così non resisto.”
“E allora lasciati andare, fai vedere a tutti che sei una puttana.”
“Ti supplico, dammi un momento di tregua.”
Ma le uniche parole mentre mi masturbava col piede riguardarono la cottura del cinghiale.
Stavo soffrendo, più lui mi eccitava col suo piede, più facevo fatica a trattenermi soprattutto dopo che iniziò a penetrarmi con le dita del piede, stimolandomi il clito ormai gonfio.
Quando portarono via i piatti vuoti rientrai in subbuglio, non sapendo cosa m’aspettava prima del dolce.
“Lo sai che il dolce te lo devi guadagnare?”
“Si Padrone.”
“Bene,vedo che hai capito il meccanismo, ora prendi la borsa e vai in bagno, dentro ho messo un bel plug che farai sparire fra le tue chiappe, dopodichè tornerai da me.”
“Vado e torno.”
Ormai volevo solo farla finita con quella messinscena, ma soprattutto volevo avere un orgasmo che non riuscivo più a trattenere.
In bagno mi chiusi dentro e senza perdere tempo presi il plug, lo bagnai con la saliva e me lo misi nel culo senza tanti fronzoli, ormai Carlo me lo aveva aperto in tutte le maniere sfondandolo coi più diversi oggetti. Ma come lo sentì dentro venni senza bisogno di toccarmi con un orgasmo improvviso e violento, trattenendo a fatica un urlo liberatorio.
Mi sentì come liberata, ma allo stesso tempo avevo ancora più voglia di cazzo come se quei gingilli servissero solo come antipasto per un rapporto vero, e non m’importava se mi avesse scopato lui o un altro, volevo solo godere ancora.
Come mi ricomposi tornai da lui che mi accolse col solito sarcasmo.
“Allora puttanone, avuto l’orgasmo che volevi?”
Decisi di sfidarlo anche se sapevo che mi sarebbe costato caro.
“Si sono venuta come me lo sono messa nel culo, peccato che tu non mi abbia vista godere.”
“Per quello ci sarà il suo tempo, stai tranquilla che ti do la tua razione di cazzo.”
Arrivò il dolce, una millefoglie davvero deliziosa, che mi gustai fino in fondo anche perchè era tempo che non mangiavo una leccornia così ben fatta.
Alla fine ci alzammo, e dopo aver pagato il conto uscimmo dal ristorante.
“Facciamo due passi così si favorisce la digestione.”
“Hai ragione e poi è una così bella serata.”
Che stupida che ero stata, come se non avessi ancora fica e culo pieni dei suoi oggetti.
Dopo pochi passi le palline iniziarono a farsi sentire, la mia andatura diventò più incerta, e Carlo non tardò ad accorgersene.
“Allora mia bella schiava, com’è che non cammini come tuo solito?”
“Lo sai bene il perchè, mi sto bagnando tutta.”
“Certo che so che sei una troia, voglio solo vedere quanto resisti.”
Mi fece camminare per più di un’ora, ma a me sembrò un secolo. Ogni tanto cercavo di fermarmi, ma lui mi prendeva per il braccio e mi faceva continuare a camminare fino a quando tornammo alla macchina.
Tornammo a casa quasi correndo, anche lui era bene eccitato anche se non voleva ammettere e durante tutto il viaggio non smise mai di toccarmi fra le gambe impedendomi di venire di nuovo.
Appena chiuso il garage però mi piegò sul cofano della macchina, tolse il plug e mi spinse dentro il cazzo nel buco che si era appena liberato.
Aperta com’ero mi penetrò senza alcuna fatica facendomi sentire subito le palle che mi sbattevano sulla fica, ma eravamo entrambi troppo eccitati e vogliosi per durare a lungo.
Io venni subito e lui poco dopo riempiendomi di sperma, urlandomi che ero solo la sua troia da culo.
Ma subito dopo che lo ripulii mi riprese, questa volta davanti, ma senza togliere le palline.
Entrò dentro senza alcuna fatica, ero un fiume in piena di voglia di cazzo.
Fu devastante e magnifico allo stesso tempo, il suo pene e quelle due sfere mi dilaniarono la fica facendomi godere come raramente mi era successo in vita mia, sembrava che le volesse spingere ancora più dentro per poi scivolarci sopra o sotto.
Non riuscivo più a trattenermi e, nonostante lo odiassi per quello che mi faceva, non potei non urlargli contro il mio piacere.
“Si scopami, fammi godere.”
“Vedi che sei troia, la mia troia, dillo che sei la mia troia.”
“Sono la tua puttana, scopa la tua puttana, ahh.”
“Vedi che l’hai capito, solo che adesso sei solo mia, sei la mia puttana e non quella di tutti.”
“Si Carlo sono tua, solo tua, fammi godere ancora, ho voglia di te.”
Lui sembrava un pazzo per come si muoveva, l’essersi appena liberato da tutta l’eccitazione della serata lo fece durare più a lungo del solito, e mentre mi sbatteva vedevo il suo sguardo carico di odio, ma allo stesso tempo pieno di passione.
L’orgasmo ci prese insieme lasciandoci a terra senza fiato, lui si fece ripulire con la lingua mentre io ero distrutta dalla serata.
Arrivammo a letto per crollarci sopra senza dire una parola, ma una cosa era certa, l’appartenergli in maniera così totale aveva qualche lato positivo, bastava che riuscissi ad indirizzarlo nella giusta direzione, o almeno dovevo provarci.
In fondo prima che mi scoprisse era stato un bravo marito, ma non certo un grande amante, mentre adesso anche se mi trattava peggio di una donnaccia, mi faceva avere orgasmi incredibili che mai mi sarei sognata d’avere.
Per fare quattro chiacchiere: evoman@libero.it
Era passata una settimana da quando mio marito aveva scoperto le mie scappatelle ed era iniziata per me una nuova vita.
Carlo mi aveva tagliata fuori dal mondo, niente telefono e il cellulare che avevo poteva solo ricevere le sue chiamate in quanto nessuno sapeva il numero.
Ero sempre in casa, lui provvedeva alla spesa e io ero diventata la donna di casa oltre alla sua puttana privata. Giravo sempre nuda, pronta ad ogni sua richiesta, mi ero abituata a chiamarlo Signore o Padrone e a fare sesso come e quando lo voleva lui, di solito erano rapporti orali e anali e sempre molto violenti. Non mi picchiava molto, ma quando lo faceva mi lasciava il culo a pezzi, con grossi segni viola lasciati dalle sue mani o dalla cintura dei pantaloni.
In cuor mio speravo che prima o poi la rabbia gli passasse e che potessi tornare ad una vita normale, certo senza amanti, ma senza essere più segregata in casa.
Quando sabato pomeriggio mi disse che saremmo usciti insieme ne fui felice, non immaginavo a cosa sarei andata incontro.
“Per iniziare truccati come la puttana che sei, non vorrei tu potessi sembrare qualcosa di diverso.”
Le sue parole mi colsero di sorpresa, lui amava il trucco leggero e considerava volgare quello marcato.
“Certo mio Signore, dammi solo il tempo per farlo.”
Mi misi davanti allo specchio e iniziai a truccarmi senza esagerare, ma quando mi vide cominciò a rimproverarmi.
“Sei forse scema o la stai facendo? Lavati la faccia e rincomincia, ho detto che devi sembrare una troia non una ragazzina.”
Feci come mi aveva ordinato e questa volta mi truccai in maniera pesante, con tinte forti, marcando al massimo occhi e labbra.
Tornai da lui che questa volta non fece osservazioni.
“Vedi che quando vuoi sai obbedirmi, ora mettiti una camicetta bianca e una minigonna, la più corta possibile.”
“Ma Padrone non ho mini, lo sai che non ne porto.”
“Però hai il gonnellino da tennis ?”
“Si quello nero, l’abbiamo comprato insieme.”
“Allora indossalo e fai in fretta.”
“Devo indossare sotto qualcosa di tuo gradimento Padrone.”
“Certo, nulla.”
“Scusa non ho capito.”
“Sotto non porterai nulla, indosserai solo la camicetta, il gonnellino e le scarpe, anzi scegline un paio con un bel tacco, mi fido di te per questo.”
“Ma così si vedrà tutto!”
Lui si alzò e mi colpì con uno schiaffo, non forte, ma di quelli che fanno male lo stesso.
“Lo so che si vedrà la tua fica e il tuo culo, ma è proprio quello che voglio, comunque stai tranquilla andremo dove nessuno ti conosce.”
Mi andai a vestire sentendomi male, sarei stata praticamente nuda alla merce dello sguardo di chiunque m’avesse vista, volevo piangere, ma sapevo che avrebbe solo peggiorato la situazione.
Mentre mi mettevo addosso quel poco che lui voleva guardavo il mio armadio pieno di bei vestiti e pensavo a quando li avrei potuti rimettere.
Una volta finito mi guardai allo specchio, era peggio di quanto avessi mai potuto pensare, la camicetta lasciava vedere il seno, i miei capezzoli scuri di certo non si nascondevano e la gonna mi arrivava all’altezza del pube, lasciandolo scoperto ad ogni anche piccolo movimento. Ero peggio di una puttana dei viali, almeno quelle un perizoma lo portavano.
Così vestita mi presentai a lui che mi accolse con entusiasmo, quasi fosse felice di vedermi in quello stato.
“Sei perfetta,una vera troia, avrei quasi voglia di sfondarti il culo adesso, ma è meglio andare, non vorrei incontrare troppo traffico.”
Lo seguii in garage e insieme salimmo in macchina, porta e cancello si aprirono automaticamente e in breve fummo in strada.
Cercavo di coprire il volto con la mano senza farmene accorgere, ma lui era intento alla guida e non diede importanza ai miei strani movimenti.
Durante il viaggio non ci parlammo, mise un Cd di musica classica ben sapendo che l’odiavo, ma non era certo il caso di farglielo notare.
Dopo un’oretta arrivammo in un grande parcheggio semivuoto e li iniziarono i guai.
“Che aspetti, scendi.”
Mi guardava divertito mentre io piena di vergogna cercavo di camminare a piccoli passi per non far muovere troppo la gonna, ma come al solito ci si mise di mezzo il destino.
Una folata di vento fece alzare dietro il gonnellino e un gruppo di ragazzi iniziò subito a gridarmi di tutto, facevamo pesanti apprezzamenti sul mio sedere e di quanto dovesse essere aperto, che ero una puttana e che se volevo mi avrebbe scopata tutti insieme.
Carlo faceva finta di nulla però di certo godeva nel vedermi insultata in maniera così volgare, mi sembrava impossibile che lui sempre così educato e a modo, provasse piacere nel vedermi umiliata davanti a degli sconosciuti.
Non feci quasi caso a dove stavamo entrando, solo una volta dentro mi resi conto che era un sexy-shop.
Dentro c’erano una quindicina di uomini di tutte le età che subito iniziarono a guardarmi mentre Carlo si dirigeva verso il bancone.
“Mi scusi dov’è il reparto sadomaso ?”
“In fondo a destra.”
Il proprietario quasi non credeva ai suoi occhi e di certo lui doveva averne viste e non poche.
“Seguimi cagna, ora faremo un po’ di spesa.”
Tutti i presenti ci vennero dietro quasi fosse una processione, parlando fra di loro a bassa voce anche se non era difficile immaginare i loro discorsi.
Una volta arrivati nel reparto sadomaso mio marito si fermò e iniziò a guardare con attenzione ogni oggetto esposto. C’era ogni tipo di frusta e strumenti d’immobilizzazione, oggetti in pelle e Dvd dal titolo molto esplicito.
Carlo alla fine frese un frustino e iniziò a muoverlo per aria, ma non era soddisfatto e prese una grossa frusta con più code.
“Questa mi sembra più adatta ora abbassati che voglio provarla.”
Sapevo che era inutile oppormi e piena di rabbia abbassai le spalle mettendo in mostra il culo davanti a tutti. Lui mi colpi all’inizio senza forza, poi all’improvviso fece calare sul mio culo una frustata che mi fece gemere di dolore. Ma più che il dolore era il sentirmi osservata e desiderata da tutti, perchè sapevo che ogni uomo li presente mi avrebbe voluta prendere per scoparmi come meglio credeva fino a venirmi in qualsiasi orifizio.
“Questa va bene, ora proviamo un’altra.”
Un ragazzo si fece avanti con un paddle in mano.
“Provi questo, è l’ideale per il culo.”
Carlo prese il paddle in mano e cominciò a guardarlo mentre io ero sempre col sedere all’aria.
“Certo è un bello strumento, ora però mostrami tu come si usa.”
“Vuole che la colpisca io ?”
Il ragazzo non credeva a quelle parole, si stava eccitando in maniera assurda e presto avrei dato sfogo alla sua libidine.
“Certo in fondo l’hai trovato tu, ora colpiscila.”
Quello prese il paddle in mano, si mise vicino a me e cominciò a colpirmi con forza.
Mentre i colpi si susseguivano senza che me ne accorgessi cominciai a bagnami, mi stavo eccitando da quella situazione, in quel momento avrei voluto soddisfare tutti i presenti prendendo i loro cazzi in bocca, nella fica e nel culo. La vergogna e l’umiliazione non se n’erano andate via, solo avrei voluto essere davvero come lui mi voleva e farmi sfondare da chiunque lo volesse, avevo una falle voglia di godere fregandomene di chi fosse a darmi quel piacere.
Carlo se ne accorse, ma fece finta di nulla, anzi incitava il ragazzo a colpirmi più forte con le motivazioni più assurde. Alla fine avevo il culo in fiamme e una voglia matta di cazzo.
“Ora basta, mi sei stato di grande aiuto e ti ricompenserò, basta che ci segui mentre compriamo altre cose.”
“Certo con piacere, a proposito io sono Edo.”
“Piacere Carlo e lei è la mia puttana, non ha un nome solo puttana, e tu puttana ora rialzati e seguimi.”
A fatica mi misi dritta e gli andai dietro, con l’aiuto dei Edo riempì diverse buste di oggetti commentandone l’uso che ne avrebbe fatto su di me, fino ad arrivare dove c’era la biancheria più sconcia.
“Che taglia hai puttana ?”
Sapeva bene la mia misura, ma ormai non smetteva d’umiliarmi ad ogni occasione per togliermi ogni traccia anche minima d’orgoglio.
“La terza mio Signore.”
Era la prima volta che aprivo bocca da quando eravamo entrati e non volevo farlo arrabbiare non chiamandolo come voleva.
“E’ vero, ma è sempre meglio provare, entra dentro il camerino spogliati e indossa questo.”
Mi tirò un corpetto di pelle e con quello entrai nello spogliatoio, non ci misi molto a spogliarmi e indossarlo, quindi lo chiamai.
“Se vuole vedermi Padrone sono pronta.”
Carlo entrò con Edo subito dietro che chiuse la porta, io mi portai subito le mani sul pube come se fosse la prima volta che quello sconosciuto lo vedesse.
“Stai davvero bene, non trovi anche tu Edo ?”
“Certo è proprio un troia perfetta.”
Iniziarono a fare commenti su quanto fossi puttana e di come quel corpetto esaltasse le mie forme.
Io ero al massimo dell’imbarazzo, ma quella continua umiliazione mi stava eccitando in maniera quasi incontrollabile, era come se più scendessi in basso più diventavo quello che Carlo voleva, una vera puttana disposta a tutto pur di soddisfare le sue voglie.
Ad un certo punto mio marito smise di ridere e diventò improvvisamente serio.
“Ora è il momento di ripagare Edo per il suo aiuto.”
“Certo mio Signore, cosa devo fare.”
Pensavo che dovessi mostrarmi meglio, al limite farmi toccare, ma il suo ordine mi colpì come uno schiaffo in piena faccia.
“Inginocchiati e fagli un pompino, di certo ha il cazzo già bello duro.”
Non ci potevo credere, lui che mi stava punendo per le mie scappatelle voleva che avessi un rapporto con uno sconosciuto davanti ai suoi occhi!
Cercai di prendere tempo, ma lui m’incalzo senza darmi tregua.
“Allora puttana, non vorrai mica che glielo tiri fuori io?”
Così mi inginocchiai davanti al ragazzo e gli aprì i jeans, il suo pene era già ben visibile e quando tirai giù gli slip mi sbatte sul volto.
Di certo non si era lavato da poco, aveva un odore forte e disgustoso, cercai di farlo entrare in bocca ma senza riuscirci, riuscivo solo a prendere la cappella fra le labbra.
“Edo bisogna che tu dia una mano a questa troia, è ancora un po’ inesperta, scopala in bocca a tuo piacimento, poi sborrale pure in gola, non sai quanto le piace.”
Edo mi mise le mani fra i capelli e cominciò a spingermi il cazzo in bocca fino a farlo entrare tutto quanto, avevo voglia di vomitare tanto mi faceva schifo, ma riuscii a resistere.
Mi appoggiai a lui e feci la mia parte, mentre lo spompinavo lo leccavo con la lingua anche per farlo venire il prima possibile, poi Carlo si mise dietro di me e senza tanti preamboli mi ficcò due dita nella fica.
“Vedi che sei troia, sei tutta bagnata, lo so che sei una succhiacazzi nata, quindi divertiti.”
Più io spompinavo Edo più lui mi masturbava facendo salire in me il piacere, in quei momenti non m’importava più di dove fossi e con chi, volevo solo il mio orgasmo.
Solo che quello che ormai era il mio Padrone non la pensava nella stessa maniera, poco prima che venissi si fermò e subito dopo Edo mi riempì la bocca col suo sperma.
Fu una sborrata lunga e copiosa che a stento riuscì a mandare giù, ma alla fine neanche una goccia uscì dalla mia bocca, solo che avevo la fica in fiamme e mi sarei fatta scopare da tutti quelli che erano rimasti fuori ad origliare pur di godere ancora.
Invece pulii il cazzo di Edo e mi rivestii, quindi uscimmo tutti e tre dal camerino sotto gli sguardi degli uomini che ci aspettavano increduli.
Carlo prese i sacchetti e con me dietro si recò alla cassa per pagare, una volta saldato il conto andammo verso la macchina e ripartimmo verso casa.
Durante il viaggio di ritorno mio marito non disse una parola fino a che non si fermò in un’area di parcheggio deserta.
“Allora brutta troia sei ancora bagnata?”
Era inutile che provassi a negarlo, gli sarebbe bastato farmi aprire le gambe per scoprirlo.
“Si Padrone non mi hai fatto venire e ne ho voglia.”
Per tutta risposta si allungò verso i sacchetti da dove tirò fuori delle palline vaginali che presto sparirono nella mia fica.
“Non provare a venire fino a che non saremmo a casa o ti porto via la pelle a frustate.”
Iniziò così un nuovo calvario, le palline si muovevano in continuazione mandandomi in estasi, ma la paura delle sue minacce non mi faceva venire. Una volta a casa fu ancora peggio, ad ogni passo avevo una fitta di puro piacere e a stento riuscì ad entrare in ingresso.
Li Carlo mi butto a terra, tirò fuori il cazzo e cominciò a scoparmi con violenza.
Venni subito, ancora prima che il suo pene fosse entrato del tutto, non mi aveva neanche tolto le palline e mi sentivo incredibilmente piena senza ormai nessun freno.
Mi sborrò dentro quasi subito, ma non smise di sbattermi e continuò come se non fosse venuto. Solo che ora il suo cazzo scivolava dentro senza nessun attrito, fra il suo sperma e i miei umori avevo la fica ridotta ad un vaso pieno di liquidi. Così prese a scoparmi con ancora più forza e violenza, insultandomi in continuazione fino a quando non lo tirò fuori per mettermelo nel culo.
Come era diventata sua nuova abitudine fece entrare la cappella, poi mi prese per i capelli e diede un violento colpo come se volesse spaccarmelo, solo che era tanto lubrificato che entrò tutto subito facendomi meno male del solito. Un nuovo orgasmo mi sconquassò il cervello, mi era sempre piaciuto prenderlo dietro, ma senza sentire troppo dolore e questa volta era stato proprio come piaceva a me.
Prese così a incularmi senza sosta picchiandomi sulle natiche con la mano libera, era tanto preso che non si accorse che avevo fatto scivolare una mano sotto di me per masturbarmi e godere ancora di più.
Mi venne di nuovo dentro e dopo si fermò ormai esausto.
“Da domani cominceremo ad usare quello che ho comprato.”
“Va bene come vuoi tu Padrone.”
“Solo non provare più a toccarti o ti rompo le dita.”
Essere colta così in fragrante mi umiliò più di tutto quello che avevo passato nel pomeriggio, ma cercai di nasconderlo.
“Hai ragione Padrone,non lo farò più.”
“Ora vai a preparare la cena, ho fame e cerca di non fare le tue solite schifezze che dopo ricominciamo.”
Mentre andavo in bagno per lavarmi pensavo al dopo cena, in fondo avevo goduto, dovevo solo abituarmi a farlo coi suoi nuovi sistemi.
Era già passato un mese da quando avevo cambiato la mia vita, anzi Carlo aveva distrutto la mia precedente esistenza sostituendola con quella di sua schiava personale.
Mi aveva fatta arrivare al più basso livello della mia autostima umiliandomi in continuazione e usando ormai per dar sfogo ai suoi istinti più bassi e violenti.
Era una settimana che non mi malmenava e in me si stava facendo largo la convinzione che qualcosa in lui stava cambiando, ma come al solito stavo sbagliando.
Un sabato pomeriggio mentre pulivo nuda la casa mi disse di prepararmi che la sera saremmo andati a mangiare fuori e se da un lato ero felice perchè sarei di nuovo potuta uscire di casa, dall’altro temevo che anche questa occasione si sarebbe trasformata in una umiliazione pubblica come quella subita al sexy shop.
In ogni caso mi diede due ore di tempo per lavarmi, truccarmi e vestirmi, fu lui a scegliere l’abito dopo aver a lungo cercato nel mio armadio. Ne prese uno molto elegante, lungo e nero, molto semplice ma allo stesso tempo molto sensuale con le spalline sottili e un bello scollo sia davanti che dietro. Scelse anche dei sandali in pelle lucida nera con tacchi alti a spillo, borsa in tinta e un reggiseno push-up in raso anch’esso nero.
Quando finì di lavarmi e truccarmi indossai quello che mi aveva imposto, ma non potei non notare l’assenza di mutandine di qualsiasi genere.
“Forse il mio Padrone si è dimenticato qualcosa ?” fu il mio timido tentativo di fargli notare quell’assenza.
“Non penso proprio, che cosa manca alla mia troia.”
“Qualcosa da mettere sotto per coprirmi l’intimità.”
“E’ vero, ormai sono tanto abituato a vederti col culo per aria che non ci faccio più caso.”
Ridacchiando fra se e se aprì il cassetto col mio intimo e tirò fuori un perizoma molto ridotto di pizzo rosso che mi aveva comprato per l’ultimo veglione di fine anno.
“Questo è abbastanza per una puttana come te.”
Non osai rispondergli nulla di compromettente, anzi lo ringraziai per il suo gesto.
Il viaggio in macchina fu insolitamente piacevole, e passammo tutto il tempo a chiacchierare dei suoi colleghi e delle loro mogli, insomma sembravamo una coppia normale che va a cena fuori senza tanti problemi.
Carlo scelse un ristorante di lusso ad un’ora di macchina dove non eravamo mai stati, ma del quale si parlava un gran bene sia per la qualità del cibo che per quella del servizio.
Come entrammo fummo accompagnati al nostro tavolo dove lui scelse con calma il vino per la cena mentre io mi guardavo attorno per vedere se c’era qualche faccia conosciuta, cosa che per fortuna non trovai.
“Siccome sei solo una puttana dovrai guadagnarti da mangiare.”
La sua voce era bassa ma decisa, con quel tono che ormai conoscevo bene, quello che non permetteva repliche.
“Si mia Padrone, cosa desideri che faccia.”
“Prima che il cameriere porti gli antipasti devo vedere il tuo perizoma sul tavolo.”
Come poteva chiedermi questo?
Sapeva bene che era rosso e che su quella tovaglia bianca sarebbe risaltato in maniera inequivocabile.
“Ma il cameriere capirà subito cos’è !”
“Certo, ma ricordati che sei una troia e per tale devi apparire.”
Non so dove trovai il coraggio, ma senza farmi vedere dagli altri riuscì a sfilarmi il perizoma e metterlo sul tavolo.
Quando arrivò il cameriere fece finta di nulla, ma un sorriso compiaciuto gli si stampò sul volto, mentre io sprofondavo nella vergogna.
Mentre mangiavo pensavo solo a quello che mi avrebbe fatto fare, il bastardo aveva ordinato anche primo, secondo e dolce, e ormai non potevo aspettarmi altro che umiliazioni, come se il trattarmi da schiava in casa non gli bastasse più.
Lo stesso cameriere venne ha riprendere i piatti vuoti una volta che finimmo quella portata, e appena se ne andò mi diede il secondo ordine della serata.
“Ora prendi il bicchiere del vino bianco e riempilo col tuo piscio, basterà che ti sposti un po’ in avanti per non farti vedere da nessuno.”
Ma non era certo questo quello che mi preoccupava, ma un bicchiere pieno di liquido giallino ad un tavolo dove c’era solo vino rosso.
Comunque non potei che obbedire, anzi ci riuscii senza troppa fatica e evitando di pisciarmi sulle mani.
Il solito cameriere arrivò coi primi, all’inizio non fece caso ai bicchieri, ma poi il suo sguardo si fissò su di me come per dirmi, so quello che hai fatto brutta puttana.
Il suo sguardo era peggio di una frustata tanto mi faceva male, ma allo stesso mi eccitava pensare che in quel momento doveva essere bello arrapato e con una voglia matta di scoparmi in qualche angolo del ristorante.
Carlo del resto era sempre sorridente, l’umiliarmi era diventata la sua attività preferita e il suo sadismo stava scoprendo nuove vie, non fermandosi più alla solo violenza fisica.
“Fra poco arriverà il secondo, come pensi di guadagnartelo brutta zoccola?”
“Non lo so mio Signore.”
“Te lo dico subito, apri la borsa, dentro ci sono due palline cinesi, ficcatele nella fica e resta con le cosce aperte.”
Come un automa aprì la borsetta e presi le palline, che mi misi dentro la vagina leggermente umida.
Restare con le gambe aperte fu più difficile anche perchè nessuno mangia seduta in quel modo, ma cercai di agganciare i piedi alle gambe del tavolo per rimanere il più immobile possibile.
Mio marito si fece subito sotto, si sfilò una scarpa e mise il piede sulla mia passera, cominciando a massaggiarla con movimenti lenti e continui.
In breve tempo cominciai ad eccitarmi sempre di più, mi sentivo colare gli umori sulle cosce e trattenevo a stento il piacere.
Quando arrivò il cameriere cercai di trattenermi, ma il bastardo premette con forza sul mio pube e mi usci un piccolo ma udibilissimo gemito di piacere.
Appena si allontanò cercai di supplicare mio marito a smettere di torturarmi.
“Ti prego così non resisto.”
“E allora lasciati andare, fai vedere a tutti che sei una puttana.”
“Ti supplico, dammi un momento di tregua.”
Ma le uniche parole mentre mi masturbava col piede riguardarono la cottura del cinghiale.
Stavo soffrendo, più lui mi eccitava col suo piede, più facevo fatica a trattenermi soprattutto dopo che iniziò a penetrarmi con le dita del piede, stimolandomi il clito ormai gonfio.
Quando portarono via i piatti vuoti rientrai in subbuglio, non sapendo cosa m’aspettava prima del dolce.
“Lo sai che il dolce te lo devi guadagnare?”
“Si Padrone.”
“Bene,vedo che hai capito il meccanismo, ora prendi la borsa e vai in bagno, dentro ho messo un bel plug che farai sparire fra le tue chiappe, dopodichè tornerai da me.”
“Vado e torno.”
Ormai volevo solo farla finita con quella messinscena, ma soprattutto volevo avere un orgasmo che non riuscivo più a trattenere.
In bagno mi chiusi dentro e senza perdere tempo presi il plug, lo bagnai con la saliva e me lo misi nel culo senza tanti fronzoli, ormai Carlo me lo aveva aperto in tutte le maniere sfondandolo coi più diversi oggetti. Ma come lo sentì dentro venni senza bisogno di toccarmi con un orgasmo improvviso e violento, trattenendo a fatica un urlo liberatorio.
Mi sentì come liberata, ma allo stesso tempo avevo ancora più voglia di cazzo come se quei gingilli servissero solo come antipasto per un rapporto vero, e non m’importava se mi avesse scopato lui o un altro, volevo solo godere ancora.
Come mi ricomposi tornai da lui che mi accolse col solito sarcasmo.
“Allora puttanone, avuto l’orgasmo che volevi?”
Decisi di sfidarlo anche se sapevo che mi sarebbe costato caro.
“Si sono venuta come me lo sono messa nel culo, peccato che tu non mi abbia vista godere.”
“Per quello ci sarà il suo tempo, stai tranquilla che ti do la tua razione di cazzo.”
Arrivò il dolce, una millefoglie davvero deliziosa, che mi gustai fino in fondo anche perchè era tempo che non mangiavo una leccornia così ben fatta.
Alla fine ci alzammo, e dopo aver pagato il conto uscimmo dal ristorante.
“Facciamo due passi così si favorisce la digestione.”
“Hai ragione e poi è una così bella serata.”
Che stupida che ero stata, come se non avessi ancora fica e culo pieni dei suoi oggetti.
Dopo pochi passi le palline iniziarono a farsi sentire, la mia andatura diventò più incerta, e Carlo non tardò ad accorgersene.
“Allora mia bella schiava, com’è che non cammini come tuo solito?”
“Lo sai bene il perchè, mi sto bagnando tutta.”
“Certo che so che sei una troia, voglio solo vedere quanto resisti.”
Mi fece camminare per più di un’ora, ma a me sembrò un secolo. Ogni tanto cercavo di fermarmi, ma lui mi prendeva per il braccio e mi faceva continuare a camminare fino a quando tornammo alla macchina.
Tornammo a casa quasi correndo, anche lui era bene eccitato anche se non voleva ammettere e durante tutto il viaggio non smise mai di toccarmi fra le gambe impedendomi di venire di nuovo.
Appena chiuso il garage però mi piegò sul cofano della macchina, tolse il plug e mi spinse dentro il cazzo nel buco che si era appena liberato.
Aperta com’ero mi penetrò senza alcuna fatica facendomi sentire subito le palle che mi sbattevano sulla fica, ma eravamo entrambi troppo eccitati e vogliosi per durare a lungo.
Io venni subito e lui poco dopo riempiendomi di sperma, urlandomi che ero solo la sua troia da culo.
Ma subito dopo che lo ripulii mi riprese, questa volta davanti, ma senza togliere le palline.
Entrò dentro senza alcuna fatica, ero un fiume in piena di voglia di cazzo.
Fu devastante e magnifico allo stesso tempo, il suo pene e quelle due sfere mi dilaniarono la fica facendomi godere come raramente mi era successo in vita mia, sembrava che le volesse spingere ancora più dentro per poi scivolarci sopra o sotto.
Non riuscivo più a trattenermi e, nonostante lo odiassi per quello che mi faceva, non potei non urlargli contro il mio piacere.
“Si scopami, fammi godere.”
“Vedi che sei troia, la mia troia, dillo che sei la mia troia.”
“Sono la tua puttana, scopa la tua puttana, ahh.”
“Vedi che l’hai capito, solo che adesso sei solo mia, sei la mia puttana e non quella di tutti.”
“Si Carlo sono tua, solo tua, fammi godere ancora, ho voglia di te.”
Lui sembrava un pazzo per come si muoveva, l’essersi appena liberato da tutta l’eccitazione della serata lo fece durare più a lungo del solito, e mentre mi sbatteva vedevo il suo sguardo carico di odio, ma allo stesso tempo pieno di passione.
L’orgasmo ci prese insieme lasciandoci a terra senza fiato, lui si fece ripulire con la lingua mentre io ero distrutta dalla serata.
Arrivammo a letto per crollarci sopra senza dire una parola, ma una cosa era certa, l’appartenergli in maniera così totale aveva qualche lato positivo, bastava che riuscissi ad indirizzarlo nella giusta direzione, o almeno dovevo provarci.
In fondo prima che mi scoprisse era stato un bravo marito, ma non certo un grande amante, mentre adesso anche se mi trattava peggio di una donnaccia, mi faceva avere orgasmi incredibili che mai mi sarei sognata d’avere.
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