Il cimitero
di
Diagoras
genere
comici
Aveva atteso quel posto di lavoro per più di sei mesi.
Ed ora era finalmente suo.
Yorgos passeggiava per i tranquilli vialetti del cimitero, spingendo una carriola con una scopa ed un rastrello poggiati sopra, ramazzando qua e là le foglie cadute, e familiarizzando con le tombe e con i silenziosi residenti delle stesse.
Molti degli ospiti del cimitero li aveva conosciuti in vita, essendo il villaggio abbastanza piccolo, ed era quasi impossibile non venire a sapere della morte di qualcuno.
Altri, invece, non li ricordava, essendo morti o quando lui era troppo piccolo, o prima che lui nascesse, ventisette anni prima.
Lo avevano assunto come custode cimiteriale da tre giorni.
Quando il sindaco l'aveva chiamato per comunicargli la buona notizia, Yorgos era esploso in incontenibili manifestazioni di gioia.
Aveva baciato il sindaco ed il segretario comunale, che si erano ritratti un pò schifati dalla sua salivosa allegria, e poi era corso alla taverna a spargere la buona novella agli sfaccendati che lì soggiornavano notte e giorno.
Era felice come un bambino a Natale, anche perchè aveva fregato il posto a quell'antipatico di Panaiotis, il figlio della Titta, una lontana (e stronza) cugina di sua madre.
Yorgos e Panaiotis erano entrambi invalidi civili.
Ma mentre Panaiotis aveva un’invalidità del cinquanta per cento, dovuta ad una gamba più corta dell'altra, ricordo di quando era finito sotto il trattore di famiglia, Yorgos era invalido all'ottanta per cento, e di testa per di più.
Lui non era stato vittima di incidenti.
Non era finito sotto un trattore, non era caduto dal tetto del fienile, e non si era tagliato nulla con la motosega.
Yorgos era nato così, destinato a restare un bambino in un corpo da adulto.
Non che fosse completamente deficiente, questo no, ma sicuramente la palma di scemo del villaggio non gliela aveva mai insidiata nessuno.
Insomma, Yorgos era, a tutti gli effetti, il nuovo custode del cimitero, e coscienziosamente si aggirava da tre giorni fra le lapidi, per farsi conoscere dagli ospiti di quel silenzioso e sacro luogo.
Passava da una lapide all'altra, leggendo i nomi dei defunti (e dimenticandoli subito dopo).
Delfina Koukullis, morta nel 1971.
Questa doveva essere la nonna di Vassili, il fornaio.
Miron Verdulakis, morto nel 1999.
Lui se lo ricordava bene, perchè era stato il medico del villaggio per tantissimi anni, e sicuramente aveva contribuito ad accrescere, e anche di molto, la popolazione del cimitero.
E poi ancora Christos, Despina ed il piccolo Tsambiko, morto di polmonite anni prima, Caterina, Tassos, Andreas e suo zio Nikos (ciao zio)...
Tutto il villaggio che non c'era più passava davanti ai suoi occhi, accendendo in lui ricordi più o meno nitidi.
E poi c'era la tomba di Leonidas Arkiatis.
La più bella e la più grande di tutte.
La tomba per eccellenza.
Una larga spianata di marmo chiaro, circondata da una bassissima siepe di sempreverdi, e una grande lapide con inciso il nome e le date di nascita e di morte dell’illustre residente.
E poi, la fotografia.
Ah… la fotografia !!
Un bell'uomo, sorridente e contento, gli occhi dallo sguardo profondo e sereno.
A Yorgos sembrava impossibile che un uomo così fosse morto.
Esattamente come tutti gli altri.
Proprio non se ne capacitava.
Leonidas Arkiatis era stato il signore del villaggio, ossequiato ed omaggiato da tutti.
Era stato un signore, però, democratico e benvoluto: sempre gentile e sorridente, aveva sempre una buona parola per tutti, non facendo mai pesare a nessuno la differente condizione sociale.
Ricco sfondato, si godeva la vita nel suo grande palazzo, fra pranzi luculliani e scopate memorabili.
Dalla città si portava in continuazione sventole sempre diverse, ma che facevano, però, sempre la stessa fine: a letto, a sollazzare il gaudente signore.
Celebre era rimasta, negli annali del villaggio, la sera in cui il buon Leonidas era stato visto nei giardini del suo palazzo mentre, vestito da Batman, inseguiva due fanciulle completamente nude, le quali, ridendo, lo sfidavano ad acchiapparle.
Le gole profonde del villaggio dicevano che Batman le aveva ben presto raggiunte, per poi inchiappettarsele sul prato, coperto solo dello svolazzante mantello...
Per rispetto, Yorgos passò la scopa sulla tomba, eliminando un paio di foglie, e si segnò.
Aveva voluto bene a Leonidas Arkiatis.
Quando Yorgos era piccolo, ogni volta che lo incontravano, il buon Leonidas pagava sempre il gelato ai ragazzini che gli si affollavano intorno.
E questo Yorgos non lo avrebbe mai dimenticato.
Vicino al cancello d'ingresso del cimitero vi era la piccola abitazione del custode.
Yorgos, che viveva da solo, l'aveva trovata bellissima ed accogliente, anche se in realtà si trattava di una catapecchia vecchia, puzzolente e sommariamente restaurata.
Ma lui, uomo semplice e senza pretese, aveva ringraziato la fortuna, non solo per il lavoro, ma anche per quella modesta abitazione.
Era l'una di notte, quando Yorgos fu svegliato da schiamazzi e grida.
Gettò i piedi giù dal letto ed aprì cauto la porta d'ingresso.
Il cimitero era avvolto dal buio, ma una pallida luce s’intravedeva, in lontananza, tra le tombe.
A torso nudo e con solo i pantaloni del pigiama indosso, il nuovo custode si avviò titubante verso quel chiarore.
Quando fu ad una ventina di metri, Yorgos si accorse che la luce proveniva da una lampada a gas appoggiata proprio sulla tomba di Leonidas Arkiatis.
Morto di paura e con il fiato corto, avanzò ancora, nascondendosi dietro una siepe di alloro.
Quel che vide lo lasciò letteralmente esterrefatto.
Un ragazzo ed una ragazza, completamente nudi, si accoppiavano sul marmo della tomba, quasi si trovassero su un ampio e comodo letto matrimoniale.
Lui la montava da dietro, alla pecorina, tenendola per i fianchi e strappandole lunghi gemiti di piacere.
Una seconda ragazza, anch'essa completamente nuda, si era seduta a cavallo della lapide del povero Leonidas, e si strofinava la fica su di essa, guardando i due amanti, e godendo senza alcun ritegno.
Yorgos, paonazzo, notò che una coscia della ragazza si strusciava sulla foto sorridente dell'esimio abitante di quella tomba.
Yorgos rimase immobile a guardare quell’orgia, il cazzo duro come un cetriolo dell’orto di sua madre.
Quando la ragazza seduta sulla lapide, evidentemente stanca di fare da spettatrice, scese e si mise a spompinare il ragazzo, che nel frattempo aveva mollato l'altra, Yorgos venne fragorosamente nei pantaloni del pigiama, muggendo come un toro e nitrendo come un cavallo con il culo arrossato.
I suoi versi disumani furono immancabilmente sentiti ed i tre, terrorizzati da quel baccano, fuggirono verso il muro di cinta posteriore del cimitero, portandosi in mano i vestiti e le scarpe.
Yorgos, stordito dall'accaduto, il pigiama imbrattato dal suo esplosivo piacere, tornò in casa.
E quella notte non riuscì più a chiudere occhio.
- Signor sindaco, le assicuro che questi maiali stavano...- .
- Sì, Yorgos, ho capito. Scopavano, lo so. Fottevano alla grande. Succede… soprattutto da quando hanno aperto quella discoteca, giù, verso il mare.
Si ubriacano e, tornando a casa, non trovano di meglio che entrare al cimitero per farsi una bella trombata. Non è mica una novità…- .
- Ecco... ma io... quando questi si incul… ehm… insomma… quando si … che devo fare ? - .
- Cacciali. Mandali via. Urla un pò di parolacce e vedrai come se la daranno a gambe. Fai un gran casino, e tutto si sistemerà per il meglio -.
Yorgos stava in piedi di fronte alla scrivania del sindaco.
Entrando, il primo cittadino del villaggio (che poi era un suo parente, sia pure alla lontana) gli aveva detto di non avere molto tempo da dedicargli, perchè stava esaminando. al computer, il nuovo piano regolatore della zona.
Ora, in effetti, sullo schermo si vedeva una mappa del paese, ma prima, quando si era accostato alla scrivania, a Yorgos era parso di intravedere che vi fosse la fotografia di una biondona con le poppe di fuori.
Ma, non intendendosi nel modo più assoluto di computer, pensò di essersi sbagliato.
- Piuttosto, Yorgos, che facevano esattamente quei tre ? - .
Quando arrivò a raccontare del pompino, il sindaco, rosso in volto, lo liquidò sbrigativamente.
Yorgos era sicuro che il brav'uomo fosse rimasto schifato da quanto da lui descritto: uscì dal comune del villaggio e tornò al cimitero, mentre il sindaco riprendeva a spararsi la sega, davanti alla foto della zoccola con le zinne di fuori, che aveva dovuto interrompere all’arrivo del deficiente.
Quel pomeriggio, mentre puliva e lucidava con scrupolo la tomba di Leonidas Arkiatis (cavoli, uno schizzo di sborra aveva coperto l'anno di morte, e la plastica sulla fotografia era tutta opaca, sicuramente macchiata dalla coscia umida della ragazza che vi si era strofinata come una gatta in calore), Yorgos studiò, per quanto le sue capacità intellettive glielo permettessero, un piano d'azione per la notte seguente.
Il sindaco aveva detto di cacciarli (ma che gli fregava al sindaco di conoscere i più sordidi dettagli di quello che era successo ? Lì proprio non ci arrivava a capirlo...) e lui li avrebbe cacciati, sicuro come il fatto che era il nuovo custode del cimitero.
Lucidò dunque la fotografia del signor Leonidas e... strano, ma... si ricordava che quel viso sorridesse nella foto... ora invece sembrava serio... quasi seccato.
Yorgos pensò che il pover'uomo fosse rimasto sconvolto da quello che era accaduto sopra di lui: di certo la sua pace eterna disturbata da quel finocchio (beh… mica tanto poi) e da quelle due zoccolette assatanate...
Ma quella notte avrebbe agito, e restituito il sorriso a quella foto.
Si sarebbe tramutato in una furia, se fosse stato necessario, ma il signor Leonidas avrebbe riposato in tutta tranquillità, cazzo !!
Si appostò poco dopo mezzanotte, dietro ad un pino, ad una quindicina di metri dalla tomba.
I grilli frinivano nell'afa notturna, ed un gufo lanciava il suo grido nella notte.
Yorgos aveva una paura fottuta, e scoreggiava in continuazione, nel disperato tentativo di alleggerire la tremenda pressione che gli attanagliava le viscere.
Per dirla tutta, si sentiva sull’orlo di cacarsi sotto.
Dopo più di un'ora di quel supplizio, quando già pensava che quella notte nulla sarebbe successo, li sentì finalmente arrivare.
Questa volta erano in quattro. due bastardelli sui vent’anni e due smandrappate poco più che diciottenni.
Arrivati alla tomba dell’Arkiatis, i quattro accesero una lampada da campeggio, si spogliarono rapidamente, ed iniziarono a darci sotto alla grande.
Una ragazza si era seduta su un cazzo di proporzioni giganti (ammirato, Yorgos era ammirato di quell'attrezzo poderoso…), mentre l'altra aveva spalancato le gambe e si faceva leccare la fica dal secondo montone.
Poi anche lei si era impalata sull'uccello del suo cavaliere (altro bastone di notevolissime dimensioni…), iniziando una cavalcata frenetica e rumorosa.
I maschi sdraiati, le due donne sedute sui loro cazzi, l’orgia notturna ebbe inizio, mentre Yorgos, gli occhi di fuori, continuava a scoreggiare con sempre maggiore intensità.
Quando le due donne presero a baciarsi tra di loro e ad accarezzarsi le tette a vicenda, Yorgos si accorse che stava per schizzare.
Ma, questa volta, non voleva spaventare i maialoni e le porcone con i suoi barriti di piacere.
Voleva che si cacassero sotto dalla paura (cosa che, anche se in minima parte, lui aveva già iniziato a fare…) per le urla e le grida, come il sindaco gli aveva consigliato di fare.
Si fece forza e cominciò a ragliare a pieni polmoni :
" Troie... brutti froci... mignottacce... schifose... terroristi... senzadio... maiali... andate via... andate a farvi fottere...vaffanculo... stronzi... teste di cazzo…" .
A corto d’insulti, e con il fiato grosso, Yorgos concluse con un rauco “ figli di troie ”.
Sotto quel diluvio, i quattro, sghignazzando e facendo sonore pernacchie, scapparono ridendo nella notte.
Ancora agitato, e tutto sudato per quanto aveva gridato (nonché per lo sforzo sovrumano di non ammollare l’intero smottamento intestinale che stava per travolgerlo…), Yorgos si avvicinò alla tomba dell’Arkiatis, per controllare che nulla fosse fuori posto, dopo la ginnastica fatta dai quattro figli di mignotta.
Bastardi schifosi.
Puttane incallite.
Sedersi sui cazzi in quella maniera.
Alitò sulla foto e la lucidò con la manica della camicia.
- Li perdoni, signor Leonidas… sono dei delinquenti… ma... -
Per poco a Yorgos non scoppiò il cuore.
Leonidas Arkiatis, il defunto signore del villaggio, lo guardava con occhi di fuoco, lo sguardo indignato e furente.
- Signor Leonidas, le prometto che non succederà più. Il suo eterno riposo non sarà più disturbato da questi porci e da queste bocchinare... - .
Ora nella foto, però, era apparsa anche una mano dell’Arkiatis, che, con un dito, faceva cenno al buon Yorgos di avvicinarsi.
Sconvolto (ma nemmeno tanto, l'ottanta per cento di invalidità doveva pure contare qualcosa, no ?) Yorgos avvicinò la testa al viso incazzatissimo del signor Leonidas.
- La prossima volta... caro il mio custode ritardato... fatti i cazzi tuoi... stronzo! - gli disse il fu signore del villaggio.
Yorgos fuggì via terrorizzato, precipitandosi al cesso, e liberando, finalmente, l’intestino martoriato...
Da quella notte il cimitero divenne un bordello a cielo aperto.
Convinto che i defunti volessero gioire della vita degli altri, Yorgos accoglieva sempre sorridente gli scopatori di turno.
La tomba dell’Arkiatis era la più gettonata, e Yorgos, con tutto quell’andirivieni, si sentiva un pò anche il vigile urbano del villaggio.
Pensò anche di chiedere al sindaco una vera e propria divisa, con tanto di cappello e di fischietto.
Ad alcuni dei fornicatori di turno, per allietare ulteriormente la loro permanenza nel cimitero, arrivò ad offrire una birra.
E nella foto, Leonidas Arkiatis non solo ora era sempre sorridente, ma ogni volta che Yorgos passava da quelle parti, gli strizzava pure l'occhio.
Fine
diagorasrodos@libero.it
Ed ora era finalmente suo.
Yorgos passeggiava per i tranquilli vialetti del cimitero, spingendo una carriola con una scopa ed un rastrello poggiati sopra, ramazzando qua e là le foglie cadute, e familiarizzando con le tombe e con i silenziosi residenti delle stesse.
Molti degli ospiti del cimitero li aveva conosciuti in vita, essendo il villaggio abbastanza piccolo, ed era quasi impossibile non venire a sapere della morte di qualcuno.
Altri, invece, non li ricordava, essendo morti o quando lui era troppo piccolo, o prima che lui nascesse, ventisette anni prima.
Lo avevano assunto come custode cimiteriale da tre giorni.
Quando il sindaco l'aveva chiamato per comunicargli la buona notizia, Yorgos era esploso in incontenibili manifestazioni di gioia.
Aveva baciato il sindaco ed il segretario comunale, che si erano ritratti un pò schifati dalla sua salivosa allegria, e poi era corso alla taverna a spargere la buona novella agli sfaccendati che lì soggiornavano notte e giorno.
Era felice come un bambino a Natale, anche perchè aveva fregato il posto a quell'antipatico di Panaiotis, il figlio della Titta, una lontana (e stronza) cugina di sua madre.
Yorgos e Panaiotis erano entrambi invalidi civili.
Ma mentre Panaiotis aveva un’invalidità del cinquanta per cento, dovuta ad una gamba più corta dell'altra, ricordo di quando era finito sotto il trattore di famiglia, Yorgos era invalido all'ottanta per cento, e di testa per di più.
Lui non era stato vittima di incidenti.
Non era finito sotto un trattore, non era caduto dal tetto del fienile, e non si era tagliato nulla con la motosega.
Yorgos era nato così, destinato a restare un bambino in un corpo da adulto.
Non che fosse completamente deficiente, questo no, ma sicuramente la palma di scemo del villaggio non gliela aveva mai insidiata nessuno.
Insomma, Yorgos era, a tutti gli effetti, il nuovo custode del cimitero, e coscienziosamente si aggirava da tre giorni fra le lapidi, per farsi conoscere dagli ospiti di quel silenzioso e sacro luogo.
Passava da una lapide all'altra, leggendo i nomi dei defunti (e dimenticandoli subito dopo).
Delfina Koukullis, morta nel 1971.
Questa doveva essere la nonna di Vassili, il fornaio.
Miron Verdulakis, morto nel 1999.
Lui se lo ricordava bene, perchè era stato il medico del villaggio per tantissimi anni, e sicuramente aveva contribuito ad accrescere, e anche di molto, la popolazione del cimitero.
E poi ancora Christos, Despina ed il piccolo Tsambiko, morto di polmonite anni prima, Caterina, Tassos, Andreas e suo zio Nikos (ciao zio)...
Tutto il villaggio che non c'era più passava davanti ai suoi occhi, accendendo in lui ricordi più o meno nitidi.
E poi c'era la tomba di Leonidas Arkiatis.
La più bella e la più grande di tutte.
La tomba per eccellenza.
Una larga spianata di marmo chiaro, circondata da una bassissima siepe di sempreverdi, e una grande lapide con inciso il nome e le date di nascita e di morte dell’illustre residente.
E poi, la fotografia.
Ah… la fotografia !!
Un bell'uomo, sorridente e contento, gli occhi dallo sguardo profondo e sereno.
A Yorgos sembrava impossibile che un uomo così fosse morto.
Esattamente come tutti gli altri.
Proprio non se ne capacitava.
Leonidas Arkiatis era stato il signore del villaggio, ossequiato ed omaggiato da tutti.
Era stato un signore, però, democratico e benvoluto: sempre gentile e sorridente, aveva sempre una buona parola per tutti, non facendo mai pesare a nessuno la differente condizione sociale.
Ricco sfondato, si godeva la vita nel suo grande palazzo, fra pranzi luculliani e scopate memorabili.
Dalla città si portava in continuazione sventole sempre diverse, ma che facevano, però, sempre la stessa fine: a letto, a sollazzare il gaudente signore.
Celebre era rimasta, negli annali del villaggio, la sera in cui il buon Leonidas era stato visto nei giardini del suo palazzo mentre, vestito da Batman, inseguiva due fanciulle completamente nude, le quali, ridendo, lo sfidavano ad acchiapparle.
Le gole profonde del villaggio dicevano che Batman le aveva ben presto raggiunte, per poi inchiappettarsele sul prato, coperto solo dello svolazzante mantello...
Per rispetto, Yorgos passò la scopa sulla tomba, eliminando un paio di foglie, e si segnò.
Aveva voluto bene a Leonidas Arkiatis.
Quando Yorgos era piccolo, ogni volta che lo incontravano, il buon Leonidas pagava sempre il gelato ai ragazzini che gli si affollavano intorno.
E questo Yorgos non lo avrebbe mai dimenticato.
Vicino al cancello d'ingresso del cimitero vi era la piccola abitazione del custode.
Yorgos, che viveva da solo, l'aveva trovata bellissima ed accogliente, anche se in realtà si trattava di una catapecchia vecchia, puzzolente e sommariamente restaurata.
Ma lui, uomo semplice e senza pretese, aveva ringraziato la fortuna, non solo per il lavoro, ma anche per quella modesta abitazione.
Era l'una di notte, quando Yorgos fu svegliato da schiamazzi e grida.
Gettò i piedi giù dal letto ed aprì cauto la porta d'ingresso.
Il cimitero era avvolto dal buio, ma una pallida luce s’intravedeva, in lontananza, tra le tombe.
A torso nudo e con solo i pantaloni del pigiama indosso, il nuovo custode si avviò titubante verso quel chiarore.
Quando fu ad una ventina di metri, Yorgos si accorse che la luce proveniva da una lampada a gas appoggiata proprio sulla tomba di Leonidas Arkiatis.
Morto di paura e con il fiato corto, avanzò ancora, nascondendosi dietro una siepe di alloro.
Quel che vide lo lasciò letteralmente esterrefatto.
Un ragazzo ed una ragazza, completamente nudi, si accoppiavano sul marmo della tomba, quasi si trovassero su un ampio e comodo letto matrimoniale.
Lui la montava da dietro, alla pecorina, tenendola per i fianchi e strappandole lunghi gemiti di piacere.
Una seconda ragazza, anch'essa completamente nuda, si era seduta a cavallo della lapide del povero Leonidas, e si strofinava la fica su di essa, guardando i due amanti, e godendo senza alcun ritegno.
Yorgos, paonazzo, notò che una coscia della ragazza si strusciava sulla foto sorridente dell'esimio abitante di quella tomba.
Yorgos rimase immobile a guardare quell’orgia, il cazzo duro come un cetriolo dell’orto di sua madre.
Quando la ragazza seduta sulla lapide, evidentemente stanca di fare da spettatrice, scese e si mise a spompinare il ragazzo, che nel frattempo aveva mollato l'altra, Yorgos venne fragorosamente nei pantaloni del pigiama, muggendo come un toro e nitrendo come un cavallo con il culo arrossato.
I suoi versi disumani furono immancabilmente sentiti ed i tre, terrorizzati da quel baccano, fuggirono verso il muro di cinta posteriore del cimitero, portandosi in mano i vestiti e le scarpe.
Yorgos, stordito dall'accaduto, il pigiama imbrattato dal suo esplosivo piacere, tornò in casa.
E quella notte non riuscì più a chiudere occhio.
- Signor sindaco, le assicuro che questi maiali stavano...- .
- Sì, Yorgos, ho capito. Scopavano, lo so. Fottevano alla grande. Succede… soprattutto da quando hanno aperto quella discoteca, giù, verso il mare.
Si ubriacano e, tornando a casa, non trovano di meglio che entrare al cimitero per farsi una bella trombata. Non è mica una novità…- .
- Ecco... ma io... quando questi si incul… ehm… insomma… quando si … che devo fare ? - .
- Cacciali. Mandali via. Urla un pò di parolacce e vedrai come se la daranno a gambe. Fai un gran casino, e tutto si sistemerà per il meglio -.
Yorgos stava in piedi di fronte alla scrivania del sindaco.
Entrando, il primo cittadino del villaggio (che poi era un suo parente, sia pure alla lontana) gli aveva detto di non avere molto tempo da dedicargli, perchè stava esaminando. al computer, il nuovo piano regolatore della zona.
Ora, in effetti, sullo schermo si vedeva una mappa del paese, ma prima, quando si era accostato alla scrivania, a Yorgos era parso di intravedere che vi fosse la fotografia di una biondona con le poppe di fuori.
Ma, non intendendosi nel modo più assoluto di computer, pensò di essersi sbagliato.
- Piuttosto, Yorgos, che facevano esattamente quei tre ? - .
Quando arrivò a raccontare del pompino, il sindaco, rosso in volto, lo liquidò sbrigativamente.
Yorgos era sicuro che il brav'uomo fosse rimasto schifato da quanto da lui descritto: uscì dal comune del villaggio e tornò al cimitero, mentre il sindaco riprendeva a spararsi la sega, davanti alla foto della zoccola con le zinne di fuori, che aveva dovuto interrompere all’arrivo del deficiente.
Quel pomeriggio, mentre puliva e lucidava con scrupolo la tomba di Leonidas Arkiatis (cavoli, uno schizzo di sborra aveva coperto l'anno di morte, e la plastica sulla fotografia era tutta opaca, sicuramente macchiata dalla coscia umida della ragazza che vi si era strofinata come una gatta in calore), Yorgos studiò, per quanto le sue capacità intellettive glielo permettessero, un piano d'azione per la notte seguente.
Il sindaco aveva detto di cacciarli (ma che gli fregava al sindaco di conoscere i più sordidi dettagli di quello che era successo ? Lì proprio non ci arrivava a capirlo...) e lui li avrebbe cacciati, sicuro come il fatto che era il nuovo custode del cimitero.
Lucidò dunque la fotografia del signor Leonidas e... strano, ma... si ricordava che quel viso sorridesse nella foto... ora invece sembrava serio... quasi seccato.
Yorgos pensò che il pover'uomo fosse rimasto sconvolto da quello che era accaduto sopra di lui: di certo la sua pace eterna disturbata da quel finocchio (beh… mica tanto poi) e da quelle due zoccolette assatanate...
Ma quella notte avrebbe agito, e restituito il sorriso a quella foto.
Si sarebbe tramutato in una furia, se fosse stato necessario, ma il signor Leonidas avrebbe riposato in tutta tranquillità, cazzo !!
Si appostò poco dopo mezzanotte, dietro ad un pino, ad una quindicina di metri dalla tomba.
I grilli frinivano nell'afa notturna, ed un gufo lanciava il suo grido nella notte.
Yorgos aveva una paura fottuta, e scoreggiava in continuazione, nel disperato tentativo di alleggerire la tremenda pressione che gli attanagliava le viscere.
Per dirla tutta, si sentiva sull’orlo di cacarsi sotto.
Dopo più di un'ora di quel supplizio, quando già pensava che quella notte nulla sarebbe successo, li sentì finalmente arrivare.
Questa volta erano in quattro. due bastardelli sui vent’anni e due smandrappate poco più che diciottenni.
Arrivati alla tomba dell’Arkiatis, i quattro accesero una lampada da campeggio, si spogliarono rapidamente, ed iniziarono a darci sotto alla grande.
Una ragazza si era seduta su un cazzo di proporzioni giganti (ammirato, Yorgos era ammirato di quell'attrezzo poderoso…), mentre l'altra aveva spalancato le gambe e si faceva leccare la fica dal secondo montone.
Poi anche lei si era impalata sull'uccello del suo cavaliere (altro bastone di notevolissime dimensioni…), iniziando una cavalcata frenetica e rumorosa.
I maschi sdraiati, le due donne sedute sui loro cazzi, l’orgia notturna ebbe inizio, mentre Yorgos, gli occhi di fuori, continuava a scoreggiare con sempre maggiore intensità.
Quando le due donne presero a baciarsi tra di loro e ad accarezzarsi le tette a vicenda, Yorgos si accorse che stava per schizzare.
Ma, questa volta, non voleva spaventare i maialoni e le porcone con i suoi barriti di piacere.
Voleva che si cacassero sotto dalla paura (cosa che, anche se in minima parte, lui aveva già iniziato a fare…) per le urla e le grida, come il sindaco gli aveva consigliato di fare.
Si fece forza e cominciò a ragliare a pieni polmoni :
" Troie... brutti froci... mignottacce... schifose... terroristi... senzadio... maiali... andate via... andate a farvi fottere...vaffanculo... stronzi... teste di cazzo…" .
A corto d’insulti, e con il fiato grosso, Yorgos concluse con un rauco “ figli di troie ”.
Sotto quel diluvio, i quattro, sghignazzando e facendo sonore pernacchie, scapparono ridendo nella notte.
Ancora agitato, e tutto sudato per quanto aveva gridato (nonché per lo sforzo sovrumano di non ammollare l’intero smottamento intestinale che stava per travolgerlo…), Yorgos si avvicinò alla tomba dell’Arkiatis, per controllare che nulla fosse fuori posto, dopo la ginnastica fatta dai quattro figli di mignotta.
Bastardi schifosi.
Puttane incallite.
Sedersi sui cazzi in quella maniera.
Alitò sulla foto e la lucidò con la manica della camicia.
- Li perdoni, signor Leonidas… sono dei delinquenti… ma... -
Per poco a Yorgos non scoppiò il cuore.
Leonidas Arkiatis, il defunto signore del villaggio, lo guardava con occhi di fuoco, lo sguardo indignato e furente.
- Signor Leonidas, le prometto che non succederà più. Il suo eterno riposo non sarà più disturbato da questi porci e da queste bocchinare... - .
Ora nella foto, però, era apparsa anche una mano dell’Arkiatis, che, con un dito, faceva cenno al buon Yorgos di avvicinarsi.
Sconvolto (ma nemmeno tanto, l'ottanta per cento di invalidità doveva pure contare qualcosa, no ?) Yorgos avvicinò la testa al viso incazzatissimo del signor Leonidas.
- La prossima volta... caro il mio custode ritardato... fatti i cazzi tuoi... stronzo! - gli disse il fu signore del villaggio.
Yorgos fuggì via terrorizzato, precipitandosi al cesso, e liberando, finalmente, l’intestino martoriato...
Da quella notte il cimitero divenne un bordello a cielo aperto.
Convinto che i defunti volessero gioire della vita degli altri, Yorgos accoglieva sempre sorridente gli scopatori di turno.
La tomba dell’Arkiatis era la più gettonata, e Yorgos, con tutto quell’andirivieni, si sentiva un pò anche il vigile urbano del villaggio.
Pensò anche di chiedere al sindaco una vera e propria divisa, con tanto di cappello e di fischietto.
Ad alcuni dei fornicatori di turno, per allietare ulteriormente la loro permanenza nel cimitero, arrivò ad offrire una birra.
E nella foto, Leonidas Arkiatis non solo ora era sempre sorridente, ma ogni volta che Yorgos passava da quelle parti, gli strizzava pure l'occhio.
Fine
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