Puttana in Trasferta: Eva entra in Gioco
di
Patrizia V.
genere
pulp
Antonio dà veramente di matto alla vista delle foto compromettenti di suo fratello maggiore diffuse sul web nelle ultime ore.
Anche Anna sembra uscire dal suo torpore nel vederle, solo che lei sembra più divertita che indignata.
- Te l’avevo detto che era frocio – ridacchia con una smorfia cattiva – E chiaramente non sa neanche tenere segreti i suoi vizietti, se qualcuno lo ha fregato in questo modo…
- Ma non capisci che questa infamia si rifletterà su tutta la famiglia?
- Io capisco solo che il nonno si renderà finalmente conto della stronzata che ha fatto nominandolo suo erede.
Brava Anna, tu hai centrato il punto… sorrido fra me, leggermente offesa dal fatto di essere completamente ignorata dai due.
Come se avesse sentito i miei pensieri, Antonio mi si rivolge bruscamente, senza più traccia di charme partenopeo: - E tu che cosa ci fai ancora qui, puttana? Levati dalle palle, jamme ah!
Anna non ci sta: - Cosa ti prende adesso? Anna è una mia amica, potresti almeno essere un po’ gentile, visto che te la sei scopata… Che figura ci facciamo, visto che pensi sempre alla famiglia?
Lui fa una smorfia, sbatte il cellulare sul tavolo e salta in piedi, ricominciando a vestirsi.
- Devo andare, tu fai un po’ come ti pare. Questo è un casino di prima grandezza, Anna. Pasquale ci ha sputtanati con tutte le altre famiglie, e anche con i nostri guaglioni…
- Motivo di più per il nonno di passare il timone a te, no?
Antonio si ferma un istante, come folgorato dall’idea.
Poi si volta verso di lei, sempre ignorandomi: - Se io dovessi muovermi… Tu saresti con me?
- E me lo chiedi? – lei gli getta le braccia al collo – Io ti adoro, fratellone! Farei qualsiasi cosa per te…
Lui accetta l’abbraccio, poi si riscuote e finisce di vestirsi.
Io tengo un profilo basso, cercando di evitae intralci: è evidente che l’aspirante nuovo boss non ha più molta simpatia per me, adesso che mi ha scopata di nuovo e che si è fatto anche la sorellina.
Pazienza: me ne farò una ragione.
Antonio se ne va sbattendo la porta, e noi due ci guardiamo, ancora mezze nude sul lettone dove ci siamo ammucchiati fino a poco prima tutti e tre.
- Scusa per la scenata – mi fa lei, più civile del fratello – Affari di famiglia…
- Cose che non mi riguardano, non ti preoccupare.
- Grazie, sei un tesoro… E non ti ho ancora ringraziata adeguatamente per quello che hai fatto per me!
Mi bacia sulla bocca, e io rispondo con piacere.
- Figurati, l’ho fatto con piacere. E mi ha anche fruttato una bella marchetta!
Una risatina: - Già. Allora: ti accompagno in albergo?
Vengo scaricata al “Vesuvio” dalla A8 di Anna dopo un’ultima pomiciatina sul sedile posteriore, e ne approfitto per una doccia calda nella mia bella camera.
Sono quasi le quattro di notte, e sto morendo di sonno, ma forse è il momento migliore per raggiungere la Serenissima: a quest’ora anche i camorristi dormono…
Salgo a bordo e non mi sorprende trovare Eva ancora sveglia: ha seguito i miei movimenti tramite l’iPhone, e sapeva che stavo arrivando.
Mi aiuta a scaricare il film della notte brava dei fratelli Sposito con una troia veneziana di passaggio, mi prepara un caffè mentre faccio velocemente rapporto all’Agenzia, poi finiamo nel lettone poco prima che le prime luci dell’alba incendino il Golfo.
***
Il giorno dopo ci alziamo che è quasi mezzogiorno.
Jasmine ha preparato la colazione, e mentre sorseggiamo il cappuccino ascoltiamo il notiziario.
Il Cav ha dato una festa bunga-bunga in Sardegna. La guerra civile in Siria continua a diventare più violenta. La crisi economica non da tregua all’Europa. L’Inter ha perso ancora. Grave recrudescenza della criminalità organizzata a Napoli.
Io addento il croissant alla marmellata mentre Eva spalma i frutti di bosco sul formaggio (ma come cazzo fa?).
Sembra che i social networks si siano riempiti di foto oscene aventi per protagonista il nuovo boss del clan Sposito, appena investito del potere dal vecchio padrino della Famiglia… Apparentemente i membri più giovani del clan si sono ribellati alla sua autorità e hanno attaccato alcuni dei suoi fedelissimi… Il patriarca ritirato a Capri tace…
Io puccio il croissant nel cappuccino e Eva affetta altro formaggio puzzolente. Lo fa apposta, lo so. Potrebbe andare peggio: potrebbe aprire il barattolo delle aringhe crude.
Jasmine intanto si fa di melograni. Capitano tutte a me…
Bisogna procedere con la seconda parte del piano. Così come stanno le cose, il filmato compromettente con Anna e Antonio non è utilizzabile: mentre nel caso di don Pasquale la responsabilità delle foto non è attribuibile, con loro sarebbe ovvio che le foto le ho fatte io.
A meno che…
Adesso tocca a Eva fare la puttana.
Io ho appuntamento con Anna dopo aver lasciato la mia camera al “Vesuvio”. E’ il nostro ultimo appuntamento prima che io riparta per Venezia, e lei ci tiene a ringraziarmi come si deve per essere riuscita a metterla fra le braccia di Antonio.
Io naturalmente non mi tiro indietro, così fra l’altro le strappo qualche piccola informazione sulla loro piccola graziosa faida familiare…
Mentre io intrattengo Anna nel suo localino preferito al Vomero, Eva abborda Antonio nel suo bar preferito di Piazza Plebiscito dove, in base alle informazioni dell’Agenzia, usa incontrarsi con due faccendieri che usa come intermediari per i suoi affari al porto.
Per la mia ragazza sedurre il bell’Antonio non è complicato come per me: a lei basta entrare in minigonna e ordinare un caffè con accento fortemente straniero.
Il dongiovanni pianta in asso i faccendieri e si avventa come un falchetto sulla bella preda esotica, che da brava oca bionda si dimostra estremamente disponibile al corteggiamento latino.
Nel giro di un’ora, io finisco nel letto di Anna nel suo appartamento vicino piazza Vanvitelli, e Eva in quello di Antonio nella garconniere sul Vomero dove ero stata io la sera prima.
Passiamo entrambe una seratina torrida e remunerativa, anche se avremmo preferito tutte e due essere insieme sulla Serenissima, ma il lavoro è lavoro.
Per rendere il gioco più interessante, questa volta io ho portato il mio strapon: Anna mi guarda inorridita, poi soggiace passivamente alle mie voglie, e infine si abbandona al piacere che il mio giocattolo preferito normalmente dona alle mie compagne di letto.
Quando alla fine crolla addormentata accanto a me, ne approfitto per recuperare il mio iPhone e controllare la posizione di Eva: sì, è ancora nel localino del Vomero, quindi tutto bene.
Appena Antonio si addormenta con le palle vuote e la testa in paradiso dopo essersi goduto le carni tenere della mia ragazza (bastardo!), Eva ne approfitta per piazzare una microspia nella stessa posizione in cui il mio iPhone aveva ripreso la nostra ammucchiata della sera prima.
La microspia non ci serve per davvero: la sua unica funzione è essere trovata, a tempo debito.
Anna è un tesoro: versa anche una lacrimuccia quando le dico addio con un bacio e scendo a prendere il taxi che mi porta alla stazione.
Naturalmente, invece che alla stazione il tassista mi porta a Santa Lucia, e io sono a bordo della Serenissima prima dell’alba per seguire i movimenti di Eva.
L’olandesina è ancora nello scannatoio dell’aitante camorrista. Mi viene quasi il dubbio che ci stia prendendo gusto.
I nostri iPhone funzionano davvero bene: mi piacerebbe tenermeli, ma all’Agenzia sono taccagni e mi hanno già detto che li rivogliono indietro. Peccato, perché adoro seguire in diretta le evoluzioni amatorie della mia ragazza: non sono gelosa, visto che si sta intrattenendo solamente con un portatore di cazzo, ma trovo eccitanti le sue performances. La telecamera che trasmette in diretta invia solo immagini poco definite, ma quelle che registra per lo scaricamento successivo sono perfettamente nitide e non vedo l’ora di vederle sullo schermo grande.
Il GPS poi è comodissimo: invia la posizione del cellulare in tempo reale sullo schermo della Serenissima e mi consente di sapere esattamente dove si trova la sua proprietaria.
Così, quando i due finalmente si muovono, io mi preparo per andare a recuperare Eva con la moto.
Indosso la tuta da motociclista e preparo il mio cavallo d’acciaio sulla banchina, poi torno a bordo per vedere la posizione di Eva… E mi accorgo subito che c’è qualcosa che non va.
Il segnale, invece di avvicinarsi si sta allontanando in direzione di Posillipo.
La telecamera è ancora accesa, ma l’immagine è nera: l’iPhone deve essere in una tasca oppure nella borsetta.
Ma perché vanno a ovest invece di venire a sud?
Dove cazzo stanno andando?
Mi viene un brutto presentimento. Così brutto che vinco la tentazione di telefonare per chiedere cosa stia succedendo.
E faccio bene, perché mi accorgo anche troppo presto che il segnale dell’iPhone si sta dirigendo dritto verso la villa di don Pasquale.
Quando il segnale indica che il cellulare è ormai dentro la villa, posso solo concludere che Eva è stata rapita.
Avverto di corsa l’Agenzia e ho una burrascosa discussione con Castaldi, che mi impone di aspettare.
Non possiamo compromettere l’intera operazione per Eva: per quanto si tratti di un assetto pregiato quanto me, è comunque un assetto e in quanto tale sacrificabile.
Quel che conta è neutralizzare il clan Sposito.
Lo mando a fare in culo e lui ricambia. Lo minaccio di ucciderlo e lui si mette a ridere. Lo imploro di aiutarmi a salvare Eva, e lui mi dice che farà il possibile, ma senza compromettere l’Agenzia.
Passo una giornata di merda in attesa di notizie, e alla fine invece che da Castaldi le ottengo dal telegiornale.
…La guerra di camorra a Napoli ha avuto uno sviluppo imprevisto. Antonio Sposito, capo della fazione giovanile della sua Famiglia, è stato rapito insieme ad una turista straniera davanti ad un locale notturno esclusivo dove avevano passato insieme la notte. Un gruppo di uomini armati e con il passamontagna ha aggredito la coppia al momento di lasciare il locale: il gorilla in attesa nella loro auto è stato ucciso e loro due sono stati portati via su un furgone sotto gli occhi del personale del locale, che è stato minacciato di morte se chiamavano la polizia prima di otto ore…
Don Pasquale ha deciso di vendicarsi del fratello e lo ha fatto rapire, prendendo con lui anche Eva.
Cazzo che casino.
E adesso?
Castaldi non ne vuole sapere di ascoltare il mio piano. Assaltare con i GIS dei Carabinieri la villa di don Pasquale è fuori questione: nessun procuratore firmerebbe mai il mandato, ci sarebbero troppi morti e le elezioni sono troppo vicine.
Nuova serie di insulti da parte mia, indirizzati ai parenti di primo grado di Castaldi e a tutta la sua discendenza, in seguito alla quale il capitano mi fa sapere che l’Agenzia cercherà una soluzione di basso profilo.
…Ma se io dovessi agire da sola loro non mi ostacolerebbero: io non sono riconducibile ai Servizi e neppure alla Pula, quindi sono libera di fare come voglio. Se avrò successo salvando Eva e danneggiando la famiglia Sposito, l’Agenzia mi sarà grata; se mi farò ammazzare, peggio per me e per Eva: l’omicidio di don Antonio in ogni caso, indebolirebbe il clan, quindi lo Stato ci avrebbe guadagnato comunque.
Chiedo a Castaldi se di nome si chiami Ponzio (come Pilato), e lui mi risponde che, no, si chiama Marco.
Lo sfanculo, riattacco e inspiro profondamente.
Non ho bisogno di pensare: l’ho già fatto mentre insutavo Castaldi.
Digito il numero e lascio squillare finché non ottengo risposta.
- Pronto?
- Anna? Sono io, Patrizia…
- Patrizia? Che carina che sei a chiamare da Venezia… - mi fa lei tutta gentile. Poi però aggiunge: - Senti, scusami ma sto un po’ presa.
- Anna, lo so cosa è successo. So che tuo fratello è stato rapito, e so anche dove lo tengono.
- Cosa? E tu come divolo…
- Dobbiamo vederci. Dimmi tu dove.
- Ma non sei a Venezia?
- Sono a Napoli. Posso essere da te in mezz’ora.
- Ma…
- Vuoi salvare Antonio?
Pausa. Poi: - Ve bene. Alla vineria dell’altra volta. Fra un’ora.
- Fra un’ora.
Arrivo in Piazza Vanvitelli con la moto. Parcheggio, metto la sicura ed entro nella vineria togliendomi il casco (devo essere l’unica in città a usarlo, infatti mi guardano come fossi una marziana) e punto dritto sul tavolo di Anna.
Lei mi guarda sospettosa: indosso la tuta da motociclista e ho i capelli arruffati dal casco, quindi penso di apparirle un po’ diversa dalla mia versione puttana.
- Ciao.
- Ciao. Quante guardie hai con te?
- Ma tu per chi lavori?
- Non ha importanza per chi lavoro. Quel che deve interessarti è che so dov’è tuo fratello e che so come andarlo a liberare. Ti interessa?
Leggo il sospetto negli occhi della donna di Camorra: si sente tradita per il semplice fatto che io sono chiaramente una persona diversa da quella che credeva lei. E lei stessa è un’altra persona rispetto a quella che ho sedotto in quello stesso locale due giorni prima: non sa più se può fidarsi di me.
Però ci tiene troppo a salvare suo fratello.
- E va bene. Cosa tieni int’a capa?
Mi faccio seguire in moto da tre auto cariche di brutti ceffi armati: oltre alla A8 di Anna ci sono due vecchie Multiple con a bordo sei tizi ciascuna.
Li porto al molo di Posillipo dove ho spostato la Serenissima e li faccio parcheggiare sulla banchina: non credo rischino una multa.
Jasmine ci aspetta alla battagliola, vestita di nero anche lei e in più con un passamontagna per nascondere il viso.
Anna guarda stupita la mia barca: - Cosa significa?
- Significa che Antonio è nella villa di vostro fratello. E il modo migliore di sorprendere le guardie è arrivarci dal mare.
- In villa? E tu come lo sai?
- Lo so e basta.
Mi guarda storto, di nuovo: - Potresti lavorare per Pasquale. In fondo, ti ho vista lì, per la prima volta.
- E’ vero, potrei… Peccato che sia stata io a filmare e mettere in rete le foto scandalose su di lui.
Anna s’irrigidisce: - Tu? Ma allora…
- Già. Sono anche stata io a lasciarmi dietro qualche cadavere quella sera… A proposito: grazie di avermi aiutata ad uscire.
Adesso la Sposito è senza parole: - Ma tu chi diavolo sei?
- Patrizia Visentin, veneziana. Puttana di lusso… E anche qualcos’altro. Sì, lo so cosa stai pensando: potresti ordinare ai tuoi uomini di uccidermi, e magari potresti anche prendere la mia barca per raggiungere la villa dal mare. Ma poi? Io so dov’è Antonio, tu no.
Anna si morde le labbra, indecisa.
Penso che forse è troppo giovane per fare lei la capo clan…
Però alla fine decide comunque: - D’accordo, correrò il rischio. Ma tu, che cosa ci guadagni?
Mentalità mafiosa: non ci avevo pensato. Non posso dirle di Eva, potrebbe non piacerle l’idea che lo faccio per la mia ragazza…
No. Devo cercare di pensare come lei e darle una risposta che possa capire.
- La tua riconoscenza.
- La mia… E cosa te ne fai?
Sogghigno: - Non te lo immagini?
Rimane un momento sorpresa, poi finalmente sorride: - Quanto vuoi?
Sorrido anch’io: - Lo deciderai tu quando avremo finito. Sei una persona d’onore, e so che saprai valutare in maniera adeguata il valore del mio aiuto.
Il sorriso si allarga: - Ti avevo giudicato male, Patrizia: sei davvero un tesoro… E sei anche una tipa tosta. Ne riparleremo. E non rimarrai delusa… Se non sarai tu a deludere me.
- Non è nel mio interesse.
- No. Non lo è.
Non ci fidiamo una dell’altra, lo sappiamo entrambe; e il sapere che lo sa anche l’altra genera fra noi una sorta di fiducia… Almeno temporanea.
Faccio salire a bordo lei e i suoi scagnozzi, poi Jasmine ritira la battagliola e io vado ai comandi.
Prendo il largo e punto a ovest.
Anna mi raggiunge al timone mentre Jasmine blocca le ancore e scende sottocoperta chiudendosi dietro la porta: gli uomini di Anna sono tutti a poppa sui divanetti, e non mi va che scendano di sotto dove ho le mie cose… E in particolare il crypto.
Quando risale poco dopo, ha il kalashnikov a tracolla e il mio nuovo HK433 in mano: me lo porge, e io lo ripongo accanto al timone.
- Vedo che sei organizzata… - mormora Anna vedendo le nostre armi.
- Più di quanto tu non creda.
Ci vuole meno di mezz’ora per arrivare al largo della villa di don Pasquale.
Ormai è buio, ma sul radar distinguo perfettamente i moli della darsena della villa.
Non credo che il boss abbia così tanti uomini a disposizione da sorvegliare anche quell’accesso ventiquattr’ore su ventiquattro.
E comunque, anche se ce ne fossero, sarebbero meno di quelli all’ingresso o lungo il perimetro esterno.
Metto il motore al minimo per ridurre il rumore e porto la Serenissima dentro la darsena incustodita.
Jasmine getta una cima, salta per prima sulla banchina e la blocca a una bitta vuota.
- A terra! – ordino io con voce soffocata.
Anna e i suoi hanno solo pistole, tranne due con fucili a canne mozze e un altro munito di kalashnikov anche lui.
Jasmine rimane a bordo di guardia, mentre io mi metto alla testa del piccolo esercito di Anna, armata dell’HK e del mio iPhone.
La darsena è deserta: come pensavo non ci sono guardie, ma sicuramente c’è un sistema di allarme con delle telecamere.
Ma questo per dei delinquenti abituali non è un gran problema, specie se sono in parecchi e hanno tempo: in dieci minuti i contatti sono scollegati e le telecamere disattivate.
Usciamo e ci ritroviamo nel parco fra la villa e il mare.
Anna conosce bene la zona: è cresciuta in quel posto con il nonno e i fratelli dopo la morte dei genitori in un attentato; ci guida rapidamente fino all’ingresso posteriore.
- Sai dove lo tengono?
Controllo lo schermo dell’iPhone: - Direi in cantina.
Anche l’ingresso posteriore viene forzato facilmente, ma questa volta quando siamo dentro suona una sirena: allarme ambientale, di quelli che rilevano i movimenti interni.
Anna bestemmia: quella è una novità.
Ci dividiamo: una decina di uomini con le armi più pesanti rimangono al pianterreno per proteggere l’ingresso e l’esterno, mentre noi scendiamo le scale verso l’interrato insieme a due gorilla.
Un primo sparo: il gorilla di testa si prende una pallottola in pieno petto e rotola giù per i gradini finali mentre la detonazione rimbomba nella tromba delle scale.
Anna si getta di lato mentre l’altro gorilla risponde al fuoco con la pistola; io mi abbasso e spiano l’HK.
Sparo una raffica controllata di tre colpi, poi un’altra, e vedo lo spigolo sbrecciarsi.
Scavalco Anna e salto gli ultimi gradini riparandomi dietro lo spigolo sbrecciato.
Il gorilla vivo spara due colpi per coprirmi, e io mi affaccio oltre lo spigolo.
La guardia che ha aperto il fuoco per prima sta arretrando verso il fondo del corridoio: quando mi vede spara, ma mira alto.
Sparo anch’io, e gli sego le gambe. L’uomo cade urlando di dolore, perdendo la pistola e spargendo una pozza di sangue sul pavimento.
La scavalco, ignorando le sue urla: il segnale dell’iPhone di Eva è dietro la prima porta.
La spalanco con un calcio e impreco: l’iPhone è su un tavolo, assieme al portafogli di Eva e ad alcuni oggetti simili probabilmente di Antonio. Ovviamente i due rapiti sono stati perquisiti, e i loro effetti personali sono ancora dove i rapitori li hanno lasciati.
Anna mi raggiunge: - Ci sono due camere con le sbarre alle bocche di lupo più avanti: il nonno le impiegava come celle.
Afferro l’iPhone e il portafogli di Eva e la seguo di nuovo nel corridoio.
Il gorilla butta giù la prima porta mentre io mi do da fare sulla seconda.
- Qui non c’è nessuno.
Io sono più fortunata: Antonio è legato e imbavagliato su una branda sudicia.
Anna si precipita dentro a liberarlo, mentre sentiamo sparare di sopra.
Antonio sta bene, anche se è debole e affamato… Ma soprattutto è incazzato nero.
Fratello e sorella si abbracciano rapidamente, poi lui si divincola: - Pasquale. Ando’ sta?
- Non lo so, credo di sopra – risponde Anna – Forza, andiamo: i miei uomini stanno coprendo l’ingresso posteriore. In Darsena teniamo una barca…
- Una barca? Ottima idea… Ma prima di andare dobbiamo fare una cosa.
Io ho lo stomaco stretto: Eva dev’essere da qualche altra parte della villa, e se Anna riesce a convincere il fratello a squagliarsi, il mio piano per liberarla andrà in fumo.
Per fortuna Antonio non ha nessuna intenzione di filarsela subito.
- C’è qualcuno che devo portare con me.
Non ci credo che si preoccupi per Eva… Deve trattarsi di qualcun altro.
- I ragazzi? – fa Anna, immagino riferendosi ai figli che don Pasquale crede suoi e che Anna sa essere di Antonio.
- No, loro sono a Capri dal nonno… - risponde Antonio trafelato – Voglio Maria.
- Maria? – Anna è chiaramente indignata – Quella troia?
- Anna, io la amo. Ed è la madre dei miei figli…
Anna si fa paonazza di rabbia, ma in quell’istante Antonio si accorge di me.
- E questa chi è?
Sono ancora in tuta da motociclista, siamo nella penombra, e lui non mi riconosce subito. Sono un po’ offesa: - Come? Mi hai scopata solo due giorni fa e ti sei già scordato di me?
Mi pare sorpreso: - Patrizia?
- Già.
- E’ stata lei a guidarci qui, Antò. Non so per chi lavori, ma senza di lei brancoleremmo ancora nel buio a cercarti…
- Allora immagino di doverti ringraziare – brontola lui – Ne riparleremo poi… Adesso devo trovare Maria.
Nel corridoio Antonio recupera la pistola della guardia cui io ho tranciato le ginocchia, e per accertarsi che funzioni fa saltare la testa al ferito.
Risaliamo le scale lasciandoci dietro i due cadaveri e raggiungiamo gli uomini di Anna che stanno sparando nell’androne in direzione sia delle scale che della sala da ballo.
Noto che gli spari provenienti dalla sala sono pochi; ne deduco che la maggior parte degli uomini di Pasquale devono essere al piano di sopra, così mi unisco ai gorilla che invece che contro le scale sparano verso il salone.
Il tipo con il kalashnikov e io ci appostiamo ai lati della porta, poi quello lancia dentro una flash bang che fa un casino della madonna quando esplode.
Mi butto dentro rotolando per terra, giro l’HK e sparo tre colpi, seguiti da altri tre.
Un camorrista cade, un altro risponde al fuoco ma si espone e viene tranciato da una raffica di kalashnikov.
La via è libera.
Quattro gorilla si gettano nelle salette riservate e nei privé, senza pensare più a me.
Io raggiungo la terrazza e guardo verso l’alto: tempo di rifare in senso inverso la strada che ho fatto la sera della festa.
Ho in tasca una fune con arpione: la getto in alto tre volte, finché non riesco ad agganciarla alla balaustra di sopra. Metto l’HK a tracolla e mi arrampico aggrappandomi ai nodi della fune.
Sono meno di tre metri, non è poi una gran cosa, e io sono abbastanza in forma dopo i mesi in Mediterraneo passati a fare esercizi e a respirare aria di mare.
Scavalco la balaustra e mi guardo intorno: come già poche sere prima, la terrazza superiore è deserta.
Prendo fiato e individuo la vetrata della sala dei giochi di don Pasquale: la luce è accesa ma non vedo movimenti.
Mi avvicino e guardo dentro dalla stessa posizione da cui avevo filmato l’orgia di Pasquale con i suoi amici.
Eva è lì, incaprettata contro un tavolo; discinta, sfatta, immobile… Ma viva, almeno a giudicare dal respiro contratto.
Quei bastardi stavano facendole la festa quando abbiamo attaccato. Al suono degli spari devono aver interrotto lo stupro per andare a vedere cosa stesse succedendo…
Apro la porta finestra e scivolo nell’androne. La porta della camera è aperta, e io raggiungo facilmente la prigioniera.
Eva è cosciente: mi vede, mi riconosce…
- Pat!
- Calma, piccola. Un momento e ti libero.
Estraggo il coltello da sub che ho al polpaccio e recido le funi.
Eva ha ancora addosso gli abiti che indossava quando è stata rapita, o ciò che ne resta: delle calze non è rimasto niente, la camicetta è tutta strappata e la minigonna è aggrovigliata ai fianchi. La povera ragazza è tutta scarmigliata e perde sborra fresca dalla fica malamente slabbrata.
- Come stai?
- Sono stata meglio, ma posso camminare… Attenta!
Mi volto di scatto: la sagoma della porta è occupata da una figura eretta e con una pistola in pugno.
Il femminello di don Pasquale, l’amico del nero e della domina che ho ammazzato la sera della festa.
E’ a torso nudo, con una minigonna e calze a rete… Fa abbastanza schifo, ma evidentemente a don Pasquale piace.
- E tu chi cazzo sei? – mi fa, con voce in falsetto.
Ho l’HK a tracolla e non posso usarlo, ma impugno ancora il coltello da sub. Scatto in avanti e mi butto di lato, puntando alla parete accanto alla porta.
Il femminello spara, e io prego che non colpisca Eva dietro di me, ma anche lei è sveglia: è già sotto il tavolo, al riparo.
Afferro il braccio del femminello e lo rivolto dietro la sua schiena fino a spezzarlo.
Il frocetto urla, e cerca di azare la pistola con il braccio sano.
Io gli affondo il coltello fra le gambe e lo conficco nella carne tenera nascosta sotto il gonnellino.
Il femminello emette un urlo lacerante e si affloscia come uno straccio: la pugnalata deve averlo castrato sul colpo… Beh, sarà contento: finalmente l’ho fatto diventare una donna completa.
Lo lasciamo lì a dissanguarsi da solo e corriamo fuori.
Si sente gridare nel corridoio, spari risuonano dal piano di sotto. Eva ha raccolto la pistola del femminello moribondo e mi segue con il fiato corto.
Nel salotto accanto non c’è nessuno… Mi volto per uscire ed Eva, alle mie spalle lancia un grido di avvertimento.
Mi butto a terra e il colpo sparato da dietro la porta del bagno mi passa sopra la testa.
Eva fa fuoco a sua volta; un gemito strozzato e un tonfo mettono fine allo scambio a fuoco.
Mi alzo girandomi e vedo una ragazza nuda stesa in una pozza di sangue, con la pistola ancora in mano. Mi avvicino e la riconosco: la escort insieme a cui mi sono ammucchiata nella sala della gangbang la sera della festa, l’amichetta di quella che ho strangolato dopo che mi aveva visto accoltellare gli amichetti di don Pasquale.
E’ ferita a morte: Eva le ha piantato una pallottola dritto nell’ombelico, e la troietta sta agonizzando con la bocca piena di sangue e gli occhi sbarrati puntati al soffitto, il corpo scosso dagli ultimi sussulti.
- Erano lei e quello di prima che mi stavano violentando insieme a don Pasquale – mi fa Eva, sputando in terra.
Bene, adesso mi sento meno in colpa per la sua amichetta a cui ho tirato il collo l’altra sera…
Dietro c’è una stanza da letto piuttosto sontuosa: probabilmente quella di don Pasquale, ma adesso è deserta.
Impugno l’HK e precedo Eva lungo il corridoio con le camere per gli ospiti dove mi ero fatta sbattere da Antonio la prima volta, e prima di raggiungere le scale sento ansimare dietro una porta.
Mi scambio un’occhiata d’intesa con Eva: spalanco la porta con un calcio, e lei spara dentro. Poi io salto all’interno con l’HK puntato, e mi trovo davanti don Pasquale, nudo come un verme, grigio e ignobile.
Il temuto boss alza le mani con un singhiozzo strozzato.
Ce lo spingiamo davanti a calci fino alla scalinata dove sono arroccati gli ultimi uomini del boss, inchiodati dal fuoco dei gorilla di Anna dal fondo delle scale.
- Gettate le armi! – grido – Abbiamo don Pasquale!
Il fuoco prima si smorza, poi cessa del tutto.
I camorristi gettano le pistole, si arrendono. Anna sale le scale con i suoi e fa raccogliere le armi a terra. E’ finita.
Io e Anna ci guardiamo negli occhi. Leggo cento dubbi nel suo sguardo, ma lei non ha il tempo di dirmi nulla: ha suo fratello davanti, nudo e tremante. Vinto.
Se lo spinge davanti giù dalle scale fin davanti all’ingresso posteriore della villa, e lì troviamo Antonio, che nel frattempo ha trovato la sua amante Maria, che era barricata nella sua camera da letto.
Assisto all’incontro: Anna si spinge davanti Pasquale, fino a farlo arrestare davanti ad Antonio che ha al suo fianco Maria.
Marito e moglie si guardano un istante, inespressivi. Poi la donna si abbraccia al suo amante, ignorando il consorte sconfitto.
Questi diventa ancora più grigio, nel rendersi conto di aver perso anche la moglie… Allora sposta lo sguardo sul fratello che glie l’ha portata via.
- Antò…
- Pascà.
I due maschi della famiglia si fissano un istante. Poi Antonio solleva la pistola e spara in testa al fratello maggiore.
Pasquale stramazza a terra stecchito, con un buco fumante in mezzo alla fronte e l’uccello a penzoloni.
***
Torniamo alla darsena con Anna, Antonio, Maria e metà dei gorilla, mentre gli altri restano alla villa assieme ai camorristi catturati, che a questo punto non hanno altra scelta che giurare fedeltà ai nuovi padroni.
Jasmine è pronta con i motori della Serenissima al minimo e una sola gomena ancora allacciata alla bitta. Sciolgo il nodo, saliamo a bordo, e io punto rapidamente al largo, per poi dirigermi nuovamente verso Posillipo.
Accendo il transponder e mi guardo intorno.
Eva è scesa sotto coperta per raggiungere la radio mentre Jasmine mi guarda le spalle; Anna e Antonio mi guardano con sospetto, e mi sembra quasi di sentire i loro pensieri mentre considerano se sia il caso di impadronirsi della Serenissima e di liberarsi di noi…
Poi compare la motovedetta dei Carabinieri.
Puntualissimi: Castaldi è stato di parola… Il capitano questa volta ha fatto punti.
Antonio sembra calmarsi, e il suo clan si dispone a godersi tranquillamente la breve crociera notturna sulle acque nere del Golfo.
Li sbarco a Posillipo, sempre sotto lo sguardo dei Carabinieri della motovedetta: le auto sono ancora lì, e i camorristi salgono rapidamente a bordo.
Anna sbarca per ultima, e mi scocca un’occhiata indecifrabile prima di salire sulla sua A8 insieme all’amato fratello e all’odiata cognata.
Poi la colonna riparte, e noi possiamo salpare verso il mare aperto.
Anche questa giornata è finita…
Anche Anna sembra uscire dal suo torpore nel vederle, solo che lei sembra più divertita che indignata.
- Te l’avevo detto che era frocio – ridacchia con una smorfia cattiva – E chiaramente non sa neanche tenere segreti i suoi vizietti, se qualcuno lo ha fregato in questo modo…
- Ma non capisci che questa infamia si rifletterà su tutta la famiglia?
- Io capisco solo che il nonno si renderà finalmente conto della stronzata che ha fatto nominandolo suo erede.
Brava Anna, tu hai centrato il punto… sorrido fra me, leggermente offesa dal fatto di essere completamente ignorata dai due.
Come se avesse sentito i miei pensieri, Antonio mi si rivolge bruscamente, senza più traccia di charme partenopeo: - E tu che cosa ci fai ancora qui, puttana? Levati dalle palle, jamme ah!
Anna non ci sta: - Cosa ti prende adesso? Anna è una mia amica, potresti almeno essere un po’ gentile, visto che te la sei scopata… Che figura ci facciamo, visto che pensi sempre alla famiglia?
Lui fa una smorfia, sbatte il cellulare sul tavolo e salta in piedi, ricominciando a vestirsi.
- Devo andare, tu fai un po’ come ti pare. Questo è un casino di prima grandezza, Anna. Pasquale ci ha sputtanati con tutte le altre famiglie, e anche con i nostri guaglioni…
- Motivo di più per il nonno di passare il timone a te, no?
Antonio si ferma un istante, come folgorato dall’idea.
Poi si volta verso di lei, sempre ignorandomi: - Se io dovessi muovermi… Tu saresti con me?
- E me lo chiedi? – lei gli getta le braccia al collo – Io ti adoro, fratellone! Farei qualsiasi cosa per te…
Lui accetta l’abbraccio, poi si riscuote e finisce di vestirsi.
Io tengo un profilo basso, cercando di evitae intralci: è evidente che l’aspirante nuovo boss non ha più molta simpatia per me, adesso che mi ha scopata di nuovo e che si è fatto anche la sorellina.
Pazienza: me ne farò una ragione.
Antonio se ne va sbattendo la porta, e noi due ci guardiamo, ancora mezze nude sul lettone dove ci siamo ammucchiati fino a poco prima tutti e tre.
- Scusa per la scenata – mi fa lei, più civile del fratello – Affari di famiglia…
- Cose che non mi riguardano, non ti preoccupare.
- Grazie, sei un tesoro… E non ti ho ancora ringraziata adeguatamente per quello che hai fatto per me!
Mi bacia sulla bocca, e io rispondo con piacere.
- Figurati, l’ho fatto con piacere. E mi ha anche fruttato una bella marchetta!
Una risatina: - Già. Allora: ti accompagno in albergo?
Vengo scaricata al “Vesuvio” dalla A8 di Anna dopo un’ultima pomiciatina sul sedile posteriore, e ne approfitto per una doccia calda nella mia bella camera.
Sono quasi le quattro di notte, e sto morendo di sonno, ma forse è il momento migliore per raggiungere la Serenissima: a quest’ora anche i camorristi dormono…
Salgo a bordo e non mi sorprende trovare Eva ancora sveglia: ha seguito i miei movimenti tramite l’iPhone, e sapeva che stavo arrivando.
Mi aiuta a scaricare il film della notte brava dei fratelli Sposito con una troia veneziana di passaggio, mi prepara un caffè mentre faccio velocemente rapporto all’Agenzia, poi finiamo nel lettone poco prima che le prime luci dell’alba incendino il Golfo.
***
Il giorno dopo ci alziamo che è quasi mezzogiorno.
Jasmine ha preparato la colazione, e mentre sorseggiamo il cappuccino ascoltiamo il notiziario.
Il Cav ha dato una festa bunga-bunga in Sardegna. La guerra civile in Siria continua a diventare più violenta. La crisi economica non da tregua all’Europa. L’Inter ha perso ancora. Grave recrudescenza della criminalità organizzata a Napoli.
Io addento il croissant alla marmellata mentre Eva spalma i frutti di bosco sul formaggio (ma come cazzo fa?).
Sembra che i social networks si siano riempiti di foto oscene aventi per protagonista il nuovo boss del clan Sposito, appena investito del potere dal vecchio padrino della Famiglia… Apparentemente i membri più giovani del clan si sono ribellati alla sua autorità e hanno attaccato alcuni dei suoi fedelissimi… Il patriarca ritirato a Capri tace…
Io puccio il croissant nel cappuccino e Eva affetta altro formaggio puzzolente. Lo fa apposta, lo so. Potrebbe andare peggio: potrebbe aprire il barattolo delle aringhe crude.
Jasmine intanto si fa di melograni. Capitano tutte a me…
Bisogna procedere con la seconda parte del piano. Così come stanno le cose, il filmato compromettente con Anna e Antonio non è utilizzabile: mentre nel caso di don Pasquale la responsabilità delle foto non è attribuibile, con loro sarebbe ovvio che le foto le ho fatte io.
A meno che…
Adesso tocca a Eva fare la puttana.
Io ho appuntamento con Anna dopo aver lasciato la mia camera al “Vesuvio”. E’ il nostro ultimo appuntamento prima che io riparta per Venezia, e lei ci tiene a ringraziarmi come si deve per essere riuscita a metterla fra le braccia di Antonio.
Io naturalmente non mi tiro indietro, così fra l’altro le strappo qualche piccola informazione sulla loro piccola graziosa faida familiare…
Mentre io intrattengo Anna nel suo localino preferito al Vomero, Eva abborda Antonio nel suo bar preferito di Piazza Plebiscito dove, in base alle informazioni dell’Agenzia, usa incontrarsi con due faccendieri che usa come intermediari per i suoi affari al porto.
Per la mia ragazza sedurre il bell’Antonio non è complicato come per me: a lei basta entrare in minigonna e ordinare un caffè con accento fortemente straniero.
Il dongiovanni pianta in asso i faccendieri e si avventa come un falchetto sulla bella preda esotica, che da brava oca bionda si dimostra estremamente disponibile al corteggiamento latino.
Nel giro di un’ora, io finisco nel letto di Anna nel suo appartamento vicino piazza Vanvitelli, e Eva in quello di Antonio nella garconniere sul Vomero dove ero stata io la sera prima.
Passiamo entrambe una seratina torrida e remunerativa, anche se avremmo preferito tutte e due essere insieme sulla Serenissima, ma il lavoro è lavoro.
Per rendere il gioco più interessante, questa volta io ho portato il mio strapon: Anna mi guarda inorridita, poi soggiace passivamente alle mie voglie, e infine si abbandona al piacere che il mio giocattolo preferito normalmente dona alle mie compagne di letto.
Quando alla fine crolla addormentata accanto a me, ne approfitto per recuperare il mio iPhone e controllare la posizione di Eva: sì, è ancora nel localino del Vomero, quindi tutto bene.
Appena Antonio si addormenta con le palle vuote e la testa in paradiso dopo essersi goduto le carni tenere della mia ragazza (bastardo!), Eva ne approfitta per piazzare una microspia nella stessa posizione in cui il mio iPhone aveva ripreso la nostra ammucchiata della sera prima.
La microspia non ci serve per davvero: la sua unica funzione è essere trovata, a tempo debito.
Anna è un tesoro: versa anche una lacrimuccia quando le dico addio con un bacio e scendo a prendere il taxi che mi porta alla stazione.
Naturalmente, invece che alla stazione il tassista mi porta a Santa Lucia, e io sono a bordo della Serenissima prima dell’alba per seguire i movimenti di Eva.
L’olandesina è ancora nello scannatoio dell’aitante camorrista. Mi viene quasi il dubbio che ci stia prendendo gusto.
I nostri iPhone funzionano davvero bene: mi piacerebbe tenermeli, ma all’Agenzia sono taccagni e mi hanno già detto che li rivogliono indietro. Peccato, perché adoro seguire in diretta le evoluzioni amatorie della mia ragazza: non sono gelosa, visto che si sta intrattenendo solamente con un portatore di cazzo, ma trovo eccitanti le sue performances. La telecamera che trasmette in diretta invia solo immagini poco definite, ma quelle che registra per lo scaricamento successivo sono perfettamente nitide e non vedo l’ora di vederle sullo schermo grande.
Il GPS poi è comodissimo: invia la posizione del cellulare in tempo reale sullo schermo della Serenissima e mi consente di sapere esattamente dove si trova la sua proprietaria.
Così, quando i due finalmente si muovono, io mi preparo per andare a recuperare Eva con la moto.
Indosso la tuta da motociclista e preparo il mio cavallo d’acciaio sulla banchina, poi torno a bordo per vedere la posizione di Eva… E mi accorgo subito che c’è qualcosa che non va.
Il segnale, invece di avvicinarsi si sta allontanando in direzione di Posillipo.
La telecamera è ancora accesa, ma l’immagine è nera: l’iPhone deve essere in una tasca oppure nella borsetta.
Ma perché vanno a ovest invece di venire a sud?
Dove cazzo stanno andando?
Mi viene un brutto presentimento. Così brutto che vinco la tentazione di telefonare per chiedere cosa stia succedendo.
E faccio bene, perché mi accorgo anche troppo presto che il segnale dell’iPhone si sta dirigendo dritto verso la villa di don Pasquale.
Quando il segnale indica che il cellulare è ormai dentro la villa, posso solo concludere che Eva è stata rapita.
Avverto di corsa l’Agenzia e ho una burrascosa discussione con Castaldi, che mi impone di aspettare.
Non possiamo compromettere l’intera operazione per Eva: per quanto si tratti di un assetto pregiato quanto me, è comunque un assetto e in quanto tale sacrificabile.
Quel che conta è neutralizzare il clan Sposito.
Lo mando a fare in culo e lui ricambia. Lo minaccio di ucciderlo e lui si mette a ridere. Lo imploro di aiutarmi a salvare Eva, e lui mi dice che farà il possibile, ma senza compromettere l’Agenzia.
Passo una giornata di merda in attesa di notizie, e alla fine invece che da Castaldi le ottengo dal telegiornale.
…La guerra di camorra a Napoli ha avuto uno sviluppo imprevisto. Antonio Sposito, capo della fazione giovanile della sua Famiglia, è stato rapito insieme ad una turista straniera davanti ad un locale notturno esclusivo dove avevano passato insieme la notte. Un gruppo di uomini armati e con il passamontagna ha aggredito la coppia al momento di lasciare il locale: il gorilla in attesa nella loro auto è stato ucciso e loro due sono stati portati via su un furgone sotto gli occhi del personale del locale, che è stato minacciato di morte se chiamavano la polizia prima di otto ore…
Don Pasquale ha deciso di vendicarsi del fratello e lo ha fatto rapire, prendendo con lui anche Eva.
Cazzo che casino.
E adesso?
Castaldi non ne vuole sapere di ascoltare il mio piano. Assaltare con i GIS dei Carabinieri la villa di don Pasquale è fuori questione: nessun procuratore firmerebbe mai il mandato, ci sarebbero troppi morti e le elezioni sono troppo vicine.
Nuova serie di insulti da parte mia, indirizzati ai parenti di primo grado di Castaldi e a tutta la sua discendenza, in seguito alla quale il capitano mi fa sapere che l’Agenzia cercherà una soluzione di basso profilo.
…Ma se io dovessi agire da sola loro non mi ostacolerebbero: io non sono riconducibile ai Servizi e neppure alla Pula, quindi sono libera di fare come voglio. Se avrò successo salvando Eva e danneggiando la famiglia Sposito, l’Agenzia mi sarà grata; se mi farò ammazzare, peggio per me e per Eva: l’omicidio di don Antonio in ogni caso, indebolirebbe il clan, quindi lo Stato ci avrebbe guadagnato comunque.
Chiedo a Castaldi se di nome si chiami Ponzio (come Pilato), e lui mi risponde che, no, si chiama Marco.
Lo sfanculo, riattacco e inspiro profondamente.
Non ho bisogno di pensare: l’ho già fatto mentre insutavo Castaldi.
Digito il numero e lascio squillare finché non ottengo risposta.
- Pronto?
- Anna? Sono io, Patrizia…
- Patrizia? Che carina che sei a chiamare da Venezia… - mi fa lei tutta gentile. Poi però aggiunge: - Senti, scusami ma sto un po’ presa.
- Anna, lo so cosa è successo. So che tuo fratello è stato rapito, e so anche dove lo tengono.
- Cosa? E tu come divolo…
- Dobbiamo vederci. Dimmi tu dove.
- Ma non sei a Venezia?
- Sono a Napoli. Posso essere da te in mezz’ora.
- Ma…
- Vuoi salvare Antonio?
Pausa. Poi: - Ve bene. Alla vineria dell’altra volta. Fra un’ora.
- Fra un’ora.
Arrivo in Piazza Vanvitelli con la moto. Parcheggio, metto la sicura ed entro nella vineria togliendomi il casco (devo essere l’unica in città a usarlo, infatti mi guardano come fossi una marziana) e punto dritto sul tavolo di Anna.
Lei mi guarda sospettosa: indosso la tuta da motociclista e ho i capelli arruffati dal casco, quindi penso di apparirle un po’ diversa dalla mia versione puttana.
- Ciao.
- Ciao. Quante guardie hai con te?
- Ma tu per chi lavori?
- Non ha importanza per chi lavoro. Quel che deve interessarti è che so dov’è tuo fratello e che so come andarlo a liberare. Ti interessa?
Leggo il sospetto negli occhi della donna di Camorra: si sente tradita per il semplice fatto che io sono chiaramente una persona diversa da quella che credeva lei. E lei stessa è un’altra persona rispetto a quella che ho sedotto in quello stesso locale due giorni prima: non sa più se può fidarsi di me.
Però ci tiene troppo a salvare suo fratello.
- E va bene. Cosa tieni int’a capa?
Mi faccio seguire in moto da tre auto cariche di brutti ceffi armati: oltre alla A8 di Anna ci sono due vecchie Multiple con a bordo sei tizi ciascuna.
Li porto al molo di Posillipo dove ho spostato la Serenissima e li faccio parcheggiare sulla banchina: non credo rischino una multa.
Jasmine ci aspetta alla battagliola, vestita di nero anche lei e in più con un passamontagna per nascondere il viso.
Anna guarda stupita la mia barca: - Cosa significa?
- Significa che Antonio è nella villa di vostro fratello. E il modo migliore di sorprendere le guardie è arrivarci dal mare.
- In villa? E tu come lo sai?
- Lo so e basta.
Mi guarda storto, di nuovo: - Potresti lavorare per Pasquale. In fondo, ti ho vista lì, per la prima volta.
- E’ vero, potrei… Peccato che sia stata io a filmare e mettere in rete le foto scandalose su di lui.
Anna s’irrigidisce: - Tu? Ma allora…
- Già. Sono anche stata io a lasciarmi dietro qualche cadavere quella sera… A proposito: grazie di avermi aiutata ad uscire.
Adesso la Sposito è senza parole: - Ma tu chi diavolo sei?
- Patrizia Visentin, veneziana. Puttana di lusso… E anche qualcos’altro. Sì, lo so cosa stai pensando: potresti ordinare ai tuoi uomini di uccidermi, e magari potresti anche prendere la mia barca per raggiungere la villa dal mare. Ma poi? Io so dov’è Antonio, tu no.
Anna si morde le labbra, indecisa.
Penso che forse è troppo giovane per fare lei la capo clan…
Però alla fine decide comunque: - D’accordo, correrò il rischio. Ma tu, che cosa ci guadagni?
Mentalità mafiosa: non ci avevo pensato. Non posso dirle di Eva, potrebbe non piacerle l’idea che lo faccio per la mia ragazza…
No. Devo cercare di pensare come lei e darle una risposta che possa capire.
- La tua riconoscenza.
- La mia… E cosa te ne fai?
Sogghigno: - Non te lo immagini?
Rimane un momento sorpresa, poi finalmente sorride: - Quanto vuoi?
Sorrido anch’io: - Lo deciderai tu quando avremo finito. Sei una persona d’onore, e so che saprai valutare in maniera adeguata il valore del mio aiuto.
Il sorriso si allarga: - Ti avevo giudicato male, Patrizia: sei davvero un tesoro… E sei anche una tipa tosta. Ne riparleremo. E non rimarrai delusa… Se non sarai tu a deludere me.
- Non è nel mio interesse.
- No. Non lo è.
Non ci fidiamo una dell’altra, lo sappiamo entrambe; e il sapere che lo sa anche l’altra genera fra noi una sorta di fiducia… Almeno temporanea.
Faccio salire a bordo lei e i suoi scagnozzi, poi Jasmine ritira la battagliola e io vado ai comandi.
Prendo il largo e punto a ovest.
Anna mi raggiunge al timone mentre Jasmine blocca le ancore e scende sottocoperta chiudendosi dietro la porta: gli uomini di Anna sono tutti a poppa sui divanetti, e non mi va che scendano di sotto dove ho le mie cose… E in particolare il crypto.
Quando risale poco dopo, ha il kalashnikov a tracolla e il mio nuovo HK433 in mano: me lo porge, e io lo ripongo accanto al timone.
- Vedo che sei organizzata… - mormora Anna vedendo le nostre armi.
- Più di quanto tu non creda.
Ci vuole meno di mezz’ora per arrivare al largo della villa di don Pasquale.
Ormai è buio, ma sul radar distinguo perfettamente i moli della darsena della villa.
Non credo che il boss abbia così tanti uomini a disposizione da sorvegliare anche quell’accesso ventiquattr’ore su ventiquattro.
E comunque, anche se ce ne fossero, sarebbero meno di quelli all’ingresso o lungo il perimetro esterno.
Metto il motore al minimo per ridurre il rumore e porto la Serenissima dentro la darsena incustodita.
Jasmine getta una cima, salta per prima sulla banchina e la blocca a una bitta vuota.
- A terra! – ordino io con voce soffocata.
Anna e i suoi hanno solo pistole, tranne due con fucili a canne mozze e un altro munito di kalashnikov anche lui.
Jasmine rimane a bordo di guardia, mentre io mi metto alla testa del piccolo esercito di Anna, armata dell’HK e del mio iPhone.
La darsena è deserta: come pensavo non ci sono guardie, ma sicuramente c’è un sistema di allarme con delle telecamere.
Ma questo per dei delinquenti abituali non è un gran problema, specie se sono in parecchi e hanno tempo: in dieci minuti i contatti sono scollegati e le telecamere disattivate.
Usciamo e ci ritroviamo nel parco fra la villa e il mare.
Anna conosce bene la zona: è cresciuta in quel posto con il nonno e i fratelli dopo la morte dei genitori in un attentato; ci guida rapidamente fino all’ingresso posteriore.
- Sai dove lo tengono?
Controllo lo schermo dell’iPhone: - Direi in cantina.
Anche l’ingresso posteriore viene forzato facilmente, ma questa volta quando siamo dentro suona una sirena: allarme ambientale, di quelli che rilevano i movimenti interni.
Anna bestemmia: quella è una novità.
Ci dividiamo: una decina di uomini con le armi più pesanti rimangono al pianterreno per proteggere l’ingresso e l’esterno, mentre noi scendiamo le scale verso l’interrato insieme a due gorilla.
Un primo sparo: il gorilla di testa si prende una pallottola in pieno petto e rotola giù per i gradini finali mentre la detonazione rimbomba nella tromba delle scale.
Anna si getta di lato mentre l’altro gorilla risponde al fuoco con la pistola; io mi abbasso e spiano l’HK.
Sparo una raffica controllata di tre colpi, poi un’altra, e vedo lo spigolo sbrecciarsi.
Scavalco Anna e salto gli ultimi gradini riparandomi dietro lo spigolo sbrecciato.
Il gorilla vivo spara due colpi per coprirmi, e io mi affaccio oltre lo spigolo.
La guardia che ha aperto il fuoco per prima sta arretrando verso il fondo del corridoio: quando mi vede spara, ma mira alto.
Sparo anch’io, e gli sego le gambe. L’uomo cade urlando di dolore, perdendo la pistola e spargendo una pozza di sangue sul pavimento.
La scavalco, ignorando le sue urla: il segnale dell’iPhone di Eva è dietro la prima porta.
La spalanco con un calcio e impreco: l’iPhone è su un tavolo, assieme al portafogli di Eva e ad alcuni oggetti simili probabilmente di Antonio. Ovviamente i due rapiti sono stati perquisiti, e i loro effetti personali sono ancora dove i rapitori li hanno lasciati.
Anna mi raggiunge: - Ci sono due camere con le sbarre alle bocche di lupo più avanti: il nonno le impiegava come celle.
Afferro l’iPhone e il portafogli di Eva e la seguo di nuovo nel corridoio.
Il gorilla butta giù la prima porta mentre io mi do da fare sulla seconda.
- Qui non c’è nessuno.
Io sono più fortunata: Antonio è legato e imbavagliato su una branda sudicia.
Anna si precipita dentro a liberarlo, mentre sentiamo sparare di sopra.
Antonio sta bene, anche se è debole e affamato… Ma soprattutto è incazzato nero.
Fratello e sorella si abbracciano rapidamente, poi lui si divincola: - Pasquale. Ando’ sta?
- Non lo so, credo di sopra – risponde Anna – Forza, andiamo: i miei uomini stanno coprendo l’ingresso posteriore. In Darsena teniamo una barca…
- Una barca? Ottima idea… Ma prima di andare dobbiamo fare una cosa.
Io ho lo stomaco stretto: Eva dev’essere da qualche altra parte della villa, e se Anna riesce a convincere il fratello a squagliarsi, il mio piano per liberarla andrà in fumo.
Per fortuna Antonio non ha nessuna intenzione di filarsela subito.
- C’è qualcuno che devo portare con me.
Non ci credo che si preoccupi per Eva… Deve trattarsi di qualcun altro.
- I ragazzi? – fa Anna, immagino riferendosi ai figli che don Pasquale crede suoi e che Anna sa essere di Antonio.
- No, loro sono a Capri dal nonno… - risponde Antonio trafelato – Voglio Maria.
- Maria? – Anna è chiaramente indignata – Quella troia?
- Anna, io la amo. Ed è la madre dei miei figli…
Anna si fa paonazza di rabbia, ma in quell’istante Antonio si accorge di me.
- E questa chi è?
Sono ancora in tuta da motociclista, siamo nella penombra, e lui non mi riconosce subito. Sono un po’ offesa: - Come? Mi hai scopata solo due giorni fa e ti sei già scordato di me?
Mi pare sorpreso: - Patrizia?
- Già.
- E’ stata lei a guidarci qui, Antò. Non so per chi lavori, ma senza di lei brancoleremmo ancora nel buio a cercarti…
- Allora immagino di doverti ringraziare – brontola lui – Ne riparleremo poi… Adesso devo trovare Maria.
Nel corridoio Antonio recupera la pistola della guardia cui io ho tranciato le ginocchia, e per accertarsi che funzioni fa saltare la testa al ferito.
Risaliamo le scale lasciandoci dietro i due cadaveri e raggiungiamo gli uomini di Anna che stanno sparando nell’androne in direzione sia delle scale che della sala da ballo.
Noto che gli spari provenienti dalla sala sono pochi; ne deduco che la maggior parte degli uomini di Pasquale devono essere al piano di sopra, così mi unisco ai gorilla che invece che contro le scale sparano verso il salone.
Il tipo con il kalashnikov e io ci appostiamo ai lati della porta, poi quello lancia dentro una flash bang che fa un casino della madonna quando esplode.
Mi butto dentro rotolando per terra, giro l’HK e sparo tre colpi, seguiti da altri tre.
Un camorrista cade, un altro risponde al fuoco ma si espone e viene tranciato da una raffica di kalashnikov.
La via è libera.
Quattro gorilla si gettano nelle salette riservate e nei privé, senza pensare più a me.
Io raggiungo la terrazza e guardo verso l’alto: tempo di rifare in senso inverso la strada che ho fatto la sera della festa.
Ho in tasca una fune con arpione: la getto in alto tre volte, finché non riesco ad agganciarla alla balaustra di sopra. Metto l’HK a tracolla e mi arrampico aggrappandomi ai nodi della fune.
Sono meno di tre metri, non è poi una gran cosa, e io sono abbastanza in forma dopo i mesi in Mediterraneo passati a fare esercizi e a respirare aria di mare.
Scavalco la balaustra e mi guardo intorno: come già poche sere prima, la terrazza superiore è deserta.
Prendo fiato e individuo la vetrata della sala dei giochi di don Pasquale: la luce è accesa ma non vedo movimenti.
Mi avvicino e guardo dentro dalla stessa posizione da cui avevo filmato l’orgia di Pasquale con i suoi amici.
Eva è lì, incaprettata contro un tavolo; discinta, sfatta, immobile… Ma viva, almeno a giudicare dal respiro contratto.
Quei bastardi stavano facendole la festa quando abbiamo attaccato. Al suono degli spari devono aver interrotto lo stupro per andare a vedere cosa stesse succedendo…
Apro la porta finestra e scivolo nell’androne. La porta della camera è aperta, e io raggiungo facilmente la prigioniera.
Eva è cosciente: mi vede, mi riconosce…
- Pat!
- Calma, piccola. Un momento e ti libero.
Estraggo il coltello da sub che ho al polpaccio e recido le funi.
Eva ha ancora addosso gli abiti che indossava quando è stata rapita, o ciò che ne resta: delle calze non è rimasto niente, la camicetta è tutta strappata e la minigonna è aggrovigliata ai fianchi. La povera ragazza è tutta scarmigliata e perde sborra fresca dalla fica malamente slabbrata.
- Come stai?
- Sono stata meglio, ma posso camminare… Attenta!
Mi volto di scatto: la sagoma della porta è occupata da una figura eretta e con una pistola in pugno.
Il femminello di don Pasquale, l’amico del nero e della domina che ho ammazzato la sera della festa.
E’ a torso nudo, con una minigonna e calze a rete… Fa abbastanza schifo, ma evidentemente a don Pasquale piace.
- E tu chi cazzo sei? – mi fa, con voce in falsetto.
Ho l’HK a tracolla e non posso usarlo, ma impugno ancora il coltello da sub. Scatto in avanti e mi butto di lato, puntando alla parete accanto alla porta.
Il femminello spara, e io prego che non colpisca Eva dietro di me, ma anche lei è sveglia: è già sotto il tavolo, al riparo.
Afferro il braccio del femminello e lo rivolto dietro la sua schiena fino a spezzarlo.
Il frocetto urla, e cerca di azare la pistola con il braccio sano.
Io gli affondo il coltello fra le gambe e lo conficco nella carne tenera nascosta sotto il gonnellino.
Il femminello emette un urlo lacerante e si affloscia come uno straccio: la pugnalata deve averlo castrato sul colpo… Beh, sarà contento: finalmente l’ho fatto diventare una donna completa.
Lo lasciamo lì a dissanguarsi da solo e corriamo fuori.
Si sente gridare nel corridoio, spari risuonano dal piano di sotto. Eva ha raccolto la pistola del femminello moribondo e mi segue con il fiato corto.
Nel salotto accanto non c’è nessuno… Mi volto per uscire ed Eva, alle mie spalle lancia un grido di avvertimento.
Mi butto a terra e il colpo sparato da dietro la porta del bagno mi passa sopra la testa.
Eva fa fuoco a sua volta; un gemito strozzato e un tonfo mettono fine allo scambio a fuoco.
Mi alzo girandomi e vedo una ragazza nuda stesa in una pozza di sangue, con la pistola ancora in mano. Mi avvicino e la riconosco: la escort insieme a cui mi sono ammucchiata nella sala della gangbang la sera della festa, l’amichetta di quella che ho strangolato dopo che mi aveva visto accoltellare gli amichetti di don Pasquale.
E’ ferita a morte: Eva le ha piantato una pallottola dritto nell’ombelico, e la troietta sta agonizzando con la bocca piena di sangue e gli occhi sbarrati puntati al soffitto, il corpo scosso dagli ultimi sussulti.
- Erano lei e quello di prima che mi stavano violentando insieme a don Pasquale – mi fa Eva, sputando in terra.
Bene, adesso mi sento meno in colpa per la sua amichetta a cui ho tirato il collo l’altra sera…
Dietro c’è una stanza da letto piuttosto sontuosa: probabilmente quella di don Pasquale, ma adesso è deserta.
Impugno l’HK e precedo Eva lungo il corridoio con le camere per gli ospiti dove mi ero fatta sbattere da Antonio la prima volta, e prima di raggiungere le scale sento ansimare dietro una porta.
Mi scambio un’occhiata d’intesa con Eva: spalanco la porta con un calcio, e lei spara dentro. Poi io salto all’interno con l’HK puntato, e mi trovo davanti don Pasquale, nudo come un verme, grigio e ignobile.
Il temuto boss alza le mani con un singhiozzo strozzato.
Ce lo spingiamo davanti a calci fino alla scalinata dove sono arroccati gli ultimi uomini del boss, inchiodati dal fuoco dei gorilla di Anna dal fondo delle scale.
- Gettate le armi! – grido – Abbiamo don Pasquale!
Il fuoco prima si smorza, poi cessa del tutto.
I camorristi gettano le pistole, si arrendono. Anna sale le scale con i suoi e fa raccogliere le armi a terra. E’ finita.
Io e Anna ci guardiamo negli occhi. Leggo cento dubbi nel suo sguardo, ma lei non ha il tempo di dirmi nulla: ha suo fratello davanti, nudo e tremante. Vinto.
Se lo spinge davanti giù dalle scale fin davanti all’ingresso posteriore della villa, e lì troviamo Antonio, che nel frattempo ha trovato la sua amante Maria, che era barricata nella sua camera da letto.
Assisto all’incontro: Anna si spinge davanti Pasquale, fino a farlo arrestare davanti ad Antonio che ha al suo fianco Maria.
Marito e moglie si guardano un istante, inespressivi. Poi la donna si abbraccia al suo amante, ignorando il consorte sconfitto.
Questi diventa ancora più grigio, nel rendersi conto di aver perso anche la moglie… Allora sposta lo sguardo sul fratello che glie l’ha portata via.
- Antò…
- Pascà.
I due maschi della famiglia si fissano un istante. Poi Antonio solleva la pistola e spara in testa al fratello maggiore.
Pasquale stramazza a terra stecchito, con un buco fumante in mezzo alla fronte e l’uccello a penzoloni.
***
Torniamo alla darsena con Anna, Antonio, Maria e metà dei gorilla, mentre gli altri restano alla villa assieme ai camorristi catturati, che a questo punto non hanno altra scelta che giurare fedeltà ai nuovi padroni.
Jasmine è pronta con i motori della Serenissima al minimo e una sola gomena ancora allacciata alla bitta. Sciolgo il nodo, saliamo a bordo, e io punto rapidamente al largo, per poi dirigermi nuovamente verso Posillipo.
Accendo il transponder e mi guardo intorno.
Eva è scesa sotto coperta per raggiungere la radio mentre Jasmine mi guarda le spalle; Anna e Antonio mi guardano con sospetto, e mi sembra quasi di sentire i loro pensieri mentre considerano se sia il caso di impadronirsi della Serenissima e di liberarsi di noi…
Poi compare la motovedetta dei Carabinieri.
Puntualissimi: Castaldi è stato di parola… Il capitano questa volta ha fatto punti.
Antonio sembra calmarsi, e il suo clan si dispone a godersi tranquillamente la breve crociera notturna sulle acque nere del Golfo.
Li sbarco a Posillipo, sempre sotto lo sguardo dei Carabinieri della motovedetta: le auto sono ancora lì, e i camorristi salgono rapidamente a bordo.
Anna sbarca per ultima, e mi scocca un’occhiata indecifrabile prima di salire sulla sua A8 insieme all’amato fratello e all’odiata cognata.
Poi la colonna riparte, e noi possiamo salpare verso il mare aperto.
Anche questa giornata è finita…
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