Amore Proibito: In viaggio
di
Sexysheriff
genere
incesti
Amore Proibito : In viaggio
di Sexysheriff
CAPITOLO 5
Il mattino seguente Sara scese in spiaggia solo nel tardo pomeriggio , Federico era uscito da parecchie d’ore ma lei aveva dormito, il corpo rilassato. Inforcò un paio di occhiali scuri per nascondere le occhiaie causate da una lunga notte insonne e sedette sotto all’ombrellone, le gambe distese, guardando lo splendido mare, la gente, poca, che passava e ripensando a Mei Lin. Il tocco di quelle piccole mani femminili sulla sua pelle le aveva lasciato una dolcezza infinita e si trovò a pensare che le sarebbe piaciuto riprovare, accarezzare ancora dei seni morbidi, come i suoi e dare piacere a una vagina rovente, come la sua…. Una voce maschile la distolse e aprì gli occhi.
- Buongiorno signorina, come va? Qui da sola?
Chi aveva parlato era un bel ragazzo biondo e abbronzato, con i capelli un po’ lunghi sulle spalle e due grandi occhi azzurri ed espressivi. La guardava con un sorriso e lei sorrise a sua volta.
- No, non sono sola….
Lui alzò una mano a fermarla e disse, gli occhi ammiccanti.
- Oh, lo so bene che non sei sola! Io ho il bungalow di fianco al vostro….
La frase era carica di significati e Sara si irrigidì appena senza rispondere. Intanto il giovane si era seduto ai suoi piedi e ora la guardava, uno strano sguardo negli occhi azzurri.
- Mi chiamo Marcel e sono qui da solo, invece….. piuttosto noioso direi. Come ti chiami?
- Sara.
- Sara, bene, volevo dirti che, come avrai capito, ho il bungalow accanto al vostro e stanotte vi ho…. sentiti. Oh, non volevo spiarvi, bada bene, solo che siete stati abbastanza…. rumorosi? Posso dire così?
Sara si guardò in giro, dove accidenti era andato Federico? Cosa voleva quel tipo strano? Di nuovo non rispose e Marcel proseguì, rinfrancato dal suo silenzio.
- Non che mi abbia dato fastidio, bada bene, anzi! Direi che vi ho invidiati da morire! Specialmente quando, all’alba, ho visto uscire dal vostro bungalow una splendida ragazza thailandese…..
Sara si decise a parlare, fredda.
- Allora? Hai qualche problema?
Lui sorrise e si chinò verso di lei, fissandola con un sorriso.
- Nessun problema. Anzi…. Sarei contento di essere io il terzo, con voi due…… se vi va, naturalmente.
Lei rimase immobile, sorpresa. Poi si alzò e si avviò al mare.
- Ne parlerò con Federico. Ora vado a fare il bagno.
- Vi aspetto questa sera a cena, va bene?
La guardò entrare in acqua, gli occhi che la percorrevano tutta e poi si passò la lingua sulle labbra, scuotendo la testa, non aveva mai visto una ragazza talmente bella e, ne era certo dopo aver sentito i gemiti e i sospiri della notte precedente, anche tanto ardente. Il bikini non lasciava molto all’immaginazione, eppure Marcel riuscì a sentire un brivido immaginando il suo corpo completamente nudo e immaginando di poterlo toccare. Si allontanò dalla spiaggia, ora tutto dipendeva da Federico, non avrebbe voluto costringerla ad andare con lui contro il suo desiderio, la voleva consenziente e morbida.
Sara fece il bagno e poi tornò nel bungalow dove trovò Federico carico di pacchetti che mollò sul letto e la prese tra le braccia, facendola volare per la stanza.
- Ciao bellissima, come stai?
- Dove sei stato?
- A comprare souvenirs per tutti! E a comprarti questo!
Aprì un pacchetto e distese sul letto un sarong verde e oro e la guardò, gli occhi ridenti.
Sara fece una esclamazione di sorpresa e lo prese in mano, posandolo su di sé e guardandosi allo specchio.
- E’ splendido! E’ come quello di Mei Lin!
- Così ogni volta che lo indosserai ripenserai a lei e a me!
Sara lo baciò dolcemente, lo strinse con passione, le mani che gli passavano sulla schiena, avide.
- Io penso sempre a te, lo sai vero?
Federico le slacciò il reggiseno del bikini e le prese i seni, accarezzandoli, poi chinò il viso e le succhiò i capezzoli, facendola gemere.
- Lo so, amore mio, come io penso solo e sempre a te!
In pochi istanti lei si sentì invadere da un calore che le saliva dal basso e guidò le mani di lui sul suo corpo, le indirizzò alla vagina, allargando le gambe.
- Prendimi, Federico, qui, adesso!
Lui non se lo fece ripetere e slacciò la cerniera lampo dei jeans, facendo uscire il membro già turgido e duro; cercò di toglierle gli slip, ma lei aveva fretta, non poteva aspettare, così si insinuò senza toglierli e lei allargò ancora le gambe e fece un passo indietro, fino ad essere appoggiata alla parete. Federico la guardò, gli occhi velati e le labbra dischiuse, poi si chinò a baciarla, la lingua che entrava in lei come il pene stava entrando prepotente nella sua vagina bagnata ed invitante. Sara gemette e lo strinse alla vita, mentre lui la sollevava da terra per posizionarla meglio e poi cominciava ad entrare ed uscire da lei, veloce, sempre più veloce e duro fino a che Sara gridò e battè la testa sul muro, l’orgasmo che la squassava, il getto di lui che la inondava. Rimasero appoggiati alla parete, ansanti, poi lei fece una risatina.
- Sfido che il vicino si lamenta!
Federico si staccò da lei a fatica, si spogliò e andò sotto alla doccia, mentre lei lo seguiva e si lavava sotto allo stesso getto d’acqua tiepida.
- Chi è il vicino che si lamenta?
- Un tipo. Si chiama Marcel, dice che stanotte ci ha sentiti…. Che ha visto uscire Mei Lin….
Federico la insaponò con cura, soffermandosi a baciarla ogni tanto su una parte o l’altra del corpo e chiese, senza reale interesse.
- Allora? Che gliene importa?
- Dice che è qui da solo. E che non gli dispiacerebbe fare lui il terzo con noi due.
Il ragazzo la guardò, serio.
- Davvero ha detto così?
- Sì, sembrava convinto.
Si asciugarono a vicenda, poi lui le pettinò i capelli, fuori, sulla veranda del bungalow e dopo un po’ disse, guardandola.
- Cosa gli hai risposto?
- Che devo parlare con te.
- Ma tu, cosa ne dici?
Sara sentì uno strano brivido che la percorreva. Non aveva mai pensato a nessun altro uomo all’infuori di Federico da quando si era messa con lui, ma si confessò che le sarebbe piaciuto riprovare le sensazioni che, per esempio, le aveva fatto provare Chris. E questo Marcel…. Così biondo, così alto e muscoloso…. Disse, gli occhi in quelli del fratello.
- Non credo mi dispiacerebbe provare. Se tu sei d’accordo.
Federico taceva, impegnato a pettinarle i capelli, poi, dopo qualche minuto disse, secco.
- Non mi piacerebbe vedere un altro uomo che ti tocca e che fa all’amore con te!
Lei disse, calma.
- Io ho accettato di vedere Mei Lin fare lo stesso con te.
- La cosa era diversa!
Sara sorrise, divertita.
- Cosa c’era di diverso? Lei era una donna e tu hai fatto all’amore con lei, davanti a me! E hai lasciato che ti toccasse e ti leccasse, che ti facesse venire un’erezione dietro l’altra, mentre io vi guardavo!
Federico disse, cocciuto.
- Era diverso!
- Il fatto è che sei geloso. Estremamente geloso.
Sara si stava divertendo e più lui diceva di no, più aveva voglia di provare con Marcel.
- Va bene, sì, sono geloso! Non mi piace che qualcuno ti tocchi, se non sono io!
- Sei stato tu a cominciare.
Federico alzò gli occhi al cielo e poi la guardò, lo sguardo corrucciato ma già con un fondo di divertimento.
- Ecco, ho creato un mostro! Cosa sarà il prossimo giro? Un locale per scambisti?
Sara gli gettò le braccia al collo e lo baciò, strusciandosi su di lui.
- Dì di sì, ti prego, ti prego! Ho voglia di giocare con un altro uomo, ho voglia di vedere la differenza tra voi due…
- E se alla fine ti piace lui di più?
Lei disse, ridendo.
- Tu lo anneghi in piscina, no?
Federico sorrise, stringendola con tenerezza.
- E’ esattamente quello che gli capiterà se non mi piace quello che farà con te!
- Allora va bene? Gli diciamo di sì?
- Va bene, hai vinto, gli diciamo di sì!
Sara gli scoccò un bacio sulle labbra e poi andò a prepararsi per la cena, voleva indossare il suo sarong nuovo e non vedeva l’ora di ammirare l’effetto che faceva su di lei.
Federico rimase seduto sul letto a guardarla e quando la vide indossare gli slip la prese in giro.
- Che te li metti a fare? Tanto poi te li tolgo subito!
Lei gli fece le boccacce allo specchio.
- Non fino a che siamo a cena!
- Chi te lo dice? Potrei infilare una mano sotto al tavolo e toglierteli!
- Se ci provi mi metto a gridare allo stupro!
Federico rise, rotolandosi sul letto.
- Sai che scena! Io che butto per aria i tuoi slip e tu che gridi, in mezzo alla sala da pranzo!
- Almeno ci buttano fuori dall’albergo!
Finalmente fu pronta e si girò lentamente davanti al ragazzo che trattenne il fiato. Il sarong le cadeva perfettamente, lasciandole le spalle nude e aprendosi appena sulle lunghe gambe abbronzate e lui sussurrò.
- Sei una visione! Mi verrebbe voglia di…. fare a meno di andare a cena!
Fece un passo avanti e lei lo fermò, decisa.
- Adesso no! Adesso voglio andare a cena e voglio che tutti ammirino il mio sarong nuovo e che mi guardino come mi stai guardando tu!
Federico le fece un piccolo sorriso divertito.
- Stai diventando civetta, amore mio!
Lei gli diede un tenero bacio sulle labbra e poi lo trascinò con sé verso la porta.
- Forse lo sono sempre stata ma non me ne ero mai accorta. Sei tu che stai facendo uscire il meglio e il peggio di me! Andiamo, ci sarà anche Marcel.
Federico la fermò, era diventato serio.
- Allora sei decisa? Vuoi che diciamo di sì a Marcel?
Sara sostenne il suo sguardo.
- Sì, sono decisa.
- Ma se non mi piace, dico di no, chiaro?
Lei annuì.
- Va bene, se non ti è simpatico, sarà no.
Federico non si muoveva e ora chiese ancora, il viso tirato.
- Però tu continuerai ad avere voglia di provare con lui. Lo farai da sola? Anche se io non voglio?
Sara rimase in silenzio un lungo istante, valutando la cosa: avrebbe tradito Federico? Per provare una nuova sensazione, avrebbe accettato di fare all’amore con un altro uomo, da sola? Senza che lui fosse d’accordo? Guardò il viso di suo fratello, teso e quasi spaventato e gli sorrise, la mano che saliva ad accarezzargli il viso, teneramente, la risposta talmente chiara in sé che le sembrava impossibile lui non l’avesse capita.
- No, non lo farei mai. Se tu accetti di essere in tre va bene, ma non andrò a cercarlo se tu dirai di no e nemmeno accetterò le sue avances, se tu non vorrai. La mia è curiosità, capisci? E’ sesso, non amore. L’amore, quello è solo per te, per sempre.
Federico fece un breve sospiro e si chinò a baciarla, le mani sulle sue spalle nude, la bocca sulla sua, penetrando in lei con dolcezza, con passione, profondamente, facendola sua solo con un bacio.
- Allora va bene così. Era quello che volevo sentirti dire!
In sala da pranzo gli uomini presenti guardarono tutti Sara che camminava sinuosamente a fianco di Federico col suo sarong verde e oro e quando raggiunsero il loro tavolo videro che Marcel era già lì, una giacca scura e la camicia bianca che balzò in piedi e scostò la sedia a Sara.
- Mi sono permesso di prendere posto al vostro tavolo, così potremo parlare meglio.
Tese la mano a Federico e gliela strinse, gli occhi di tutti e due che si valutavano, si soppesavano, si studiavano e alla fine, sembrò a Sara, si accettavano.
Federico entrò subito nell’argomento, inutile girarci intorno.
- Ho sentito che hai fatto un’offerta a Sara….
Marcel annuì, gli occhi azzurri limpidi che passavano dall’uno all’altro.
- Esatto. Ho visto che ieri notte eravate in tre…. Se vi va bene, potrei essere io il terzo.
Federico chiese.
- L’hai già fatto?
Marcel sorrise appena.
- Qualche volta.
- Di dove sei?
- Sono francese, ma vivo in Giappone praticamente da sempre, mio padre era un diplomatico e ci siamo trasferiti lì che avevo due anni e quando è andato in pensione è rimasto lì, si era affezionato al paese. Ho una palestra di arti marziali. Non sono sposato, anche se lo sono stato e in Giappone ho una ragazza fissa che però non credo sposerò mai.
Federico mangiava a piccoli bocconi e studiava l’uomo davanti a sè; era più vecchio di lui, si capiva e doveva avere esperienze di ogni genere ma sentiva anche che era un tipo a posto, deciso, leale. Marcel gli sorrise.
- Hai paura che sia una specie di sadico?
Il ragazzo si irrigidì.
- Sì’, credo sia questa la mia paura. Noi non vogliamo violenza o cose strane, vogliamo solo…. confrontarci. Scambiarci emozioni.
Marcel fu d’accordo.
- E’ quello che cerco anch’io. E poi Sara mi ha colpito da quando sono arrivato!
Lei sorrise, quel giovane le piaceva sempre di più, osservava le sua mani forti e dure, il polso che usciva dalla camicia, immaginava le braccia muscolose che aveva visto al pomeriggio e quasi le mancava il fiato al pensiero di sentirle intorno al suo corpo.
Federico si decise.
- Va bene, allora proviamo. Se la cosa non funziona, interrompiamo subito, OK?
- D’accordo.
Il ragazzo lo guardò fisso in faccia e chiese, serio.
- Cosa vuoi in cambio?
Marcel fece un enorme sorriso e guardò Sara.
- Due ore con lei da solo!
Federico sobbalzò.
- Cosa? Non se ne parla nemmeno!
Sara scoppiò a ridere, divertita.
- Due ore con me? Da solo? Prima o dopo la…. sessione a tre?
Marcel non si scomponeva, rilassato e tranquillo.
- Dopo.
Federico ripetè, categorico.
- Non se ne fa niente! Lei non resta da sola con te!
Sara si intromise dolcemente.
- Tu sei pure stato da solo con la rossa da sballo, se non mi sbaglio!
- Era diverso! Io ero andato per farmi dire delle cose!
Sara gli prese una mano e lo fissò negli occhi profondamente.
- Non era diverso, Federico. Di diverso c’è solo che tu sei geloso e io invece non devo essere gelosa di te. E’ lo stesso, te lo assicuro. Di diverso c’è che tu adesso lo sai che io resterò due ore con lui e io invece non lo sapevo che tu per un mese te la sei spassata con lei!
Federico la guardò e vide ancora la rabbia in fondo ai suoi occhi; gli venne quasi da ridere ricordando come l’aveva accolto quella sera che era tornato da lei e chinò il viso, stringendole la mano.
- Hai ragione, non è diverso. Va bene, due ore con lei alla fine.
- Da solo.
- Da solo, da solo, ho capito! Ma se le fai qualcosa di male, giuro che ti annego in piscina!
Marcel scoppiò a ridere, divertito.
- Come puoi pensare che potrei farle qualcosa di male? Io sono innamorato di lei, non l’hai capito? Userò quelle due ore per convincerla che tu non sei l’uomo adatto a lei e che invece lo sono io! Farò di tutto per farla ripartire con me per il Giappone, ecco cosa ho intenzione di fare!
Federico guardò Sara con un mezzo sorriso divertito.
- Se è questa la tua intenzione, ho paura che saranno due ore perse per niente! Lei ed io non ci lasceremo mai!
Sara annuì, gli occhi lucidi per l’emozione.
- Ha ragione, non ci lasceremo mai.
Marcel scosse il capo.
- Lasciatemi almeno provare, no? Niente è per sempre e la parola mai in amore non esiste!
I due ragazzi risero, guardandosi e Marcel passò il suo sguardo dall’uno all’altro.
- Ho detto qualcosa di buffo?
Federico confermò.
- Buffissimo! Ma è una cosa che fa ridere solo noi due! Passiamo alle cose pratiche, ora. Quando hai intenzione di fare questo incontro a tre?
Marcel li guardò.
- Stasera?
Sara disse in fretta.
- No, domani sera.
- Benissimo, domani sera. Dalle dieci in avanti nel mio bungalow.
Federico sollevò un sopracciglio, sospettoso.
- Perché nel tuo?
Marcel gli strizzò un occhio.
- Perché se di nuovo viene casino dal vostro, vi buttano fuori dall’albergo! Meglio nel mio, è più distante dal vialetto e fino ad ora non ho fatto rumori strani!
Risero tutti e tre e alla fine furono d’accordo. Poi si trasferirono nella sala da ballo e Marcel chiese a Sara di ballare.
Mentre la portava sulla pista e la stringeva a sé, le sussurrò tra i capelli.
- Questa sera sei bellissima!
Lei annuì, ne era consapevole.
- Federico mi ha comprato questo sarong.
- Ti ama molto.
Lei fece un piccolo sospiro soddisfatto.
- E io amo lui.
- Vi conoscete da molto?
Sara si sentì la ridarella in gola, come avrebbe potuto spiegargli che lo aveva visto nascere?
- Sì, da molto.
- E’ molto giovane.
- E’ un uomo.
Marcel le passò la mano lungo la schiena e lei sentì un piacevole brivido.
- Anch’io sono un uomo.
Si guardarono negli occhi e lei vide il desiderio negli occhi azzurri che la perforavano e distolse i suoi, sarebbe stata una sessione a tre estremamente interessante!
Il giorno seguente lo passarono praticamente riposando, a parte un breve intervallo quando Federico la buttò sul letto e la coccolò per ore, baciandola e leccandola per tutto il corpo fino a che lei gli chiese, per pietà, di prenderla, di entrare in lei, prima che il desiderio la facesse svenire! Nuotarono, presero il sole, pranzarono, socializzarono con le ragazze australiane e il gruppo francese e, finalmente, venne la sera. Sara cominciava a sentirsi nervosa, forse non era stata una buona idea accettare di passare una notte a tre e lo disse a Federico che la stava guardando mentre si vestiva per la cena.
- E se è un sadico? Se gli piace la violenza, le cose strane? Se… è gay?
Il ragazzo rise divertito.
- Se è gay è già fuori gioco, io di sicuro non lo sono e non lo lascerò avvicinarsi a me! Per il resto…. Non credo che ci legherà ad una sedia, se la cosa si mette in un modo che non ci piace, ce ne torniamo qui.
- Ma potrebbe drogarci…. Approfittare di noi….. metterti fuori gioco e violentarmi!!!
Di nuovo il ragazzo sorrise.
- E tu urla! Vedrai che qualcuno arriva a salvarti! Ma non credo che si sarebbe preso la briga di organizzare tutto questo se voleva solo violentarti, bastava che ti aspettasse in giardino quando rientri al bungalow, non lo avresti mai nemmeno riconosciuto. E poi, dolcezza mia, sei stata tu a volerlo!
Lei lo guardò, seria.
- Ho paura!
Federico la prese tra le braccia, la cullò sorridendo.
- Non devi averne! Io sono con te, lo sai. E non permetterò che ti accada nulla di male. Ma se davvero non vuoi, siamo in tempo a dirgli di no.
Lei si guardò allo specchio, il vestito scollato verde acqua che indossava le segnava le curve e faceva risaltare i suoi capelli castano ramati e fece un mezzo giro, guardandosi di profilo: davvero voleva dire di no? Ripensò alle mani forti e abbronzate di Marcel, ai suoi occhi ardenti che le percorrevano il corpo e si sorrise.
- Va bene, sono pronta.
Andarono a cena, Marcel non c’era e poi restarono un’oretta nella sala da ballo prima di avviarsi, mano nella mano, al bungalow del giovane francese.
Quando bussarono lui venne ad aprire e si fece da parte, indicando l’interno.
- Prego, accomodatevi nel mio regno!
Sara e Federico entrarono guardandosi intorno: il letto era ricoperto da un grande copriletto di raso nero, c’erano bastoncini di incenso che bruciavano, candele e una musica strana, con suoni dissonanti e profondi che prendevano le viscere. Marcel indossava un corto chimono di raso nero e ora ne indicò altri due che erano posati su una sedia.
- Se volete indossarli… così saremo più nell’atmosfera.
Federico si tolse i pantaloni e la maglietta e indossò il chimono, mentre Sara restava immobile, gli occhi al grande letto ricoperto di raso nero. Chiese.
- Perché nero?
Marcel sorrise.
- Perché è un non-colore. E’ come l’infinito.
Con gesti veloci lei si tolse il vestito e infilò il chimono, raggiungendo poi i due ad un piccolo tavolo basso dove c’erano bicchierini minuscoli e una bottiglia di liquido giallino. Marcel riempì i bicchieri e li porse ai due con un piccolo inchino.
- Questo è sakè, brindiamo.
Bevvero d’un colpo, era dolciastro e tiepido e Sara fece una smorfia.
- Non è un granchè, questo sakè!
Marcel sorrise.
- E’ la bevanda nazionale giapponese, ti ci abituerai. Ora, cosa vogliamo fare?
Lei tese il bicchierino.
- Fammene assaggiare un altro po’, magari alla fine mi piace!
Bevvero ancora e poi cominciarono a parlare, di momento in momento più rilassati, come se il loro non fosse che un incontro tra amici di vecchia data. Marcel allungò una mano e cominciò ad accarezzare le braccia di Sara che fece un gridolino.
- Federico, quest’uomo mi tocca!
Il ragazzo le andò vicino e le fece scendere il chimono sulla schiena, il viso atteggiato al sorriso.
- Non possiamo permetterglielo! Solo io ti posso toccare!
Con gesti sicuri le tolse il chimono, le slacciò il reggiseno e poi la fece alzare, facendola girare su sé stessa come per metterla in mostra e dicendo a Marcel in tono di sfida.
- Hai mai visto una donna più bella?
Marcel aveva gli occhi dilatati fissi su di lei e ora prese un bicchierino di sakè e glielo portò alle labbra.
- Mai! Bevi, divina creatura, lascia che sia io a versarti il nettare tra le tue labbra!
Lei si protese per bere ma Marcel scostò la mano e il liquido le scivolò tra le labbra e scese tra i suoi seni. Il giovane prese un altro bicchierino e, fissandola negli occhi, glielo versò direttamente tra i seni, lasciandoglielo scendere sul ventre, tra le cosce. Con voce roca disse.
- Non posso lasciarti tutta bagnata di sakè…
E si chinò su di lei, cominciando a succhiarla dai seni in giù, la lingua che seguiva il rivolo di sakè.
Lei rimase immobile, quella lingua sulla pelle le piaceva, le dava strani brividi. Intanto Federico le aveva posato il membro eretto tra le natiche e ora stava cercando di forzarla da dietro. Lei allargò le gambe e lasciò che i due uomini decidessero cosa fare di lei. Marcel le sfilò gli slip e poi le versò ancora del sakè tra le gambe, mettendosi poi a succhiarlo con forza, fino a che lei sentì che il calore la stava travolgendo. Federico aveva cominciato ad inserirsi nel suo ano e lei gemette di piacere, aveva la vagina in fiamme e sperava che Marcel capisse di doverla placare. Finalmente il giovane capì e, dopo averla massaggiata con le dita, penetrò in lei possente, aveva un pene grosso e duro che la squassava e lei si trovò infilzata da davanti e da dietro, gli orgasmi che la facevano gridare, tremare, mentre le mani dei due le palpavano i seni, le titillavano il clitoride e la bocca di Marcel copriva la sua prepotente, insinuando la lingua fino alla gola e soffocandole le grida. Raggiunsero l’orgasmo assieme, tutti e tre e Marcel fu il primo a staccarsi e a prenderla tra le braccia, mentre anche Federico usciva da lei e si sedeva con un gemito. Marcel la portò sul letto e la adagiò, gli occhi nei suoi, ancora pieni di desiderio.
- Sei splendida, Sara!
Lei si stirò con voluttà, alzando i seni e il pube, il corpo caldo e morbido, pronto di nuovo all’amore.
- Anche tu non sei male!
Si distesero ai suoi lati e cominciarono ad accarezzarla e lei dopo un po’ perse il controllo; c’erano mani che le facevano indurire i capezzoli, mani che le scaldavano la vagina, mani che giocherellavano con la sua clitoride, che le allargavano le grandi labbra e mani che le passavano sotto alle ascelle, sul ventre, che le arricciavano i peli del pube; e poi c’erano bocche che la baciavano, che le succhiavano avide i suoi umori, che la mordicchiavano fino a farla gridare e lingue roventi che le passavano su tutta la pelle, che la percorrevano come un fiume, soffermandosi dove più provava piacere. Marcel era instancabile e la sua bocca era dovunque, le sue mani sempre su di lei e il suo grosso pene le oscillava davanti al viso e poi si insinuava tra le sue labbra, la soffocava quasi e poi le scendeva tra i seni, le raggiungeva la vagina e le si infilava dentro come un carro armato. Per ore i tre fecero all’amore, scambiandosi i ruoli da sopra a sotto, da davanti a dietro e poi, lentamente, venne l’alba. Sara si addormentò, esausta e i due uomini restarono distesi a letto al suo fianco, il respiro pesante. Marcel disse, roco.
- Giuro che non ho mai incontrato una donna come lei!
Federico fece un lieve sorriso.
- Lo so, è unica.
- Come diavolo hai fatto ad accalappiarla? Dove l’hai incontrata?
- Oh, praticamente la conosco da sempre.
- E’ quello che mi ha detto lei. Fratello, lasciatelo dire, sei fortunato! Anche se non so se dopo le mie due ore lei vorrà restare con te!
Federico sorrise di nuovo.
- Ci puoi giurare che resterà con me!
- Va bene, allora tu adesso te ne vai e mi lasci. Tra due ore te la porto di là, o, se preferisci, vieni a prenderla.
- Verrò a prenderla.
Si salutarono e Federico raggiunse il suo bungalow, si sentiva le gambe molli ma non era più troppo preoccupato per Sara, aveva intuito che Marcel era un tipo a posto e cercò solo di non pensare a quello che avrebbero fatto assieme, senza che lui vedesse. Fece una doccia e poi si buttò sul letto, doveva dormire, era distrutto.
Sara si svegliò con un senso di soffocamento e quando aprì gli occhi e si rese conto di dov’era e come era, fu presa dal panico: aveva un nastro adesivo sulla bocca ed era legata al letto con le gambe e le braccia spalancate a formare una grande ics, leggermente sollevata dal fondo. Cercò di muoversi, di gridare, ma le uscirono solo suoni soffocati e le corde erano tese e dure. Marcel, nudo e affascinante come un dio greco, le salì a cavallo sul ventre e le sorrise, calmo.
- Non ti agitare, bellissima. Ti ho legata perché quello che voglio fare lo impone e sei muta perché…. Beh, sei piuttosto rumorosa nell’amore e non vogliamo che vengano ad indagare cosa stiamo facendo, ti pare?
Lei lo guardò con gli occhi dilatati dal terrore e Marcel la calmò, accarezzandola.
- Non devi aver paura, non voglio farti niente di male. Guarda, questo è solo olio profumato.
Prese una boccettina, la aprì e la fece annusare alla ragazza che sentì un forte profumo di gelsomino.
- Ora te lo spalmerò per tutto il corpo, ti piacerà, vedrai.
Con gesti lenti, sensuali, cominciò a versarle l’olio cominciando dal collo e poi via via scendendo, le forti mani che lo spalmavano e lo massaggiavano con perizia, dolcemente, fino a che lei non si rese neppure più conto che era legata, che era imbavagliata, sentiva solo quelle mani delicate che le passavano l’olio sul corpo, soffermandosi sotto alle ascelle, sui seni, facendole indurire i capezzoli fino a che le facevano quasi male e poi scendendo sul ventre, sui fianchi. Poi Marcel si sollevò e le versò l’olio sul pube, intridendo i peli, spandendolo tra le grandi labbra, massaggiando il clitoride fino ad indurirlo, arrivando alla vagina, fino a dentro, con gesti delicati, sensuali, profondi. Lei gemette e roteò il corpo, cercando di piegare le gambe, ma lui la ignorò e proseguì, scendendo ancora sulle cosce, sui polpacci, sulle caviglie, fino ai piedi e poi risalendo lentamente, raggiungendo le natiche, tra le natiche, nell’ano, dentro all’ano, le dita che si insinuavano in lei con dolcezza ma con forza, fino al suo più profondo. Sara si agitò, gli occhi dilatati e lui sorrise.
- Ti piace, vero? E questo è solo l’inizio!
Riprese ad ungerla, ricominciando dal collo, dal viso, sfiorandole gli occhi, le orecchie, di nuovo scendendo dolcemente, fino a riprendere possesso di lei nella vagina che si era fatta ardente e fremente. Disse a bassa voce.
- Sei pronta?
Lei annuì, immaginava che ora sarebbe penetrato in lei, invece Marcel prese una grossa candela e tornò a sedersi su di lei, le gambe allargate e il grosso pene eretto sul suo ventre. Guardandola con un mezzo sorriso di presa in giro disse.
- Lo sai che il dolore può essere fonte di piacere?
Lei spalancò gli occhi, di nuovo il terrore che la prendeva, mentre lui avvicinava la candela e la inclinava leggermente, lasciando cadere una goccia di cera bollente tra i suoi seni. Lei fece uno scatto, un grido soffocato, la cera bruciava come fuoco e tutto il suo corpo bruciava. Marcel sorrise, calmandola con una mano.
- Non devi aver paura, non ti farà male più di tanto, ma ti accenderà tutti i sensi.
Con calma, metodico, le colò la cera sui seni, sui capezzoli rigidi, sul ventre e poi sul pube, le scostò i peli e le sollevò le natiche e gliela colò fino alla vagina, mentre lei si agitava e cercava di gridare, il dolore che le batteva sordo e, nello stesso tempo, l’orgasmo che le saliva dal profondo, facendola tremare. Marcel posò la candela e quando tornò a girarsi verso di lei, aveva in mano qualcosa che lei al momento non riconobbe. Lui glielo mostrò, la voce un sussurro.
- Questa è una spada corta da samurai. La lama non deve mai uscire dal fodero o dovrà bere sangue. E il fodero è in avorio antico di mille anni, intagliato a mano.
Con gesti lenti le fece vedere l’oggetto e lei dilatò gli occhi dal terrore: con movimenti quasi religiosi lui si spostò ai suoi piedi e le appoggiò l’impugnatura sul pube, facendola ruotare leggermente, poi, mentre lei sentiva il terrore che le serpeggiava dentro, con un solo gesto le infilò l’impugnatura nella vagina e spinse fino in fondo. Sara fece un grido soffocato e rimase immobile, irrigidita, quell’oggetto duro e freddo che le spingeva dentro come un maglio. Marcel cominciò a farlo ruotare lentamente e lei sentì i brividi dell’orgasmo che le salivano dal fondo delle viscere. Gemette, cercò di togliere quella tortura da sé, ma Marcel proseguì, gli occhi nei suoi, la mano che ruotava gentilmente ma decisamente il fodero della spada corta, fino a che lei inarcò il corpo e fece un grido più forte e allora lo tolse di scatto, lasciandola sudata e tremante. Le sorrise, accarezzandole la vagina con dolcezza.
- Ora rilassati un istante, prima di continuare. Abbiamo ancora tempo davanti a noi.
Lei rabbrividì, cos’altro le avrebbe fatto? Lo vide spostarsi per la stanza, e poi tornò da lei e le baciò i seni, gentile, tenero. Poi prese dei cuscini e glieli posizionò sotto al sedere, così da sollevarle il pube e disse, discorsivo.
- Quello che devo fare ora ha bisogno di tutte le tue parti intime!
Di nuovo prese in mano la spada corta e lei gemette contorcendosi. Marcel sorrise appena.
- Non dirmi che non ti è piaciuto! Ora vedrai, il seguito è anche meglio!
Salì di fronte a lei e cominciò ad accarezzarla, le mani sapienti che la facevano scaldare, le facevano nascere brividi, pulsioni interne. Quando la vide calda e pronta, con un solo gesto, come prima, le infilò la spada nella vagina dalla parte del fodero questa volta e spinse, mentre lei faceva un grido. Marcel spinse con forza e lei arcuò il corpo, sentiva il fodero premere dentro di lei e causarle raggi di orgasmo, brividi di terrore misto a piacere. Marcel salì su di lei e, con calma, infilò il suo grande pene nel suo ano e cominciò a ruotarlo, mentre Sara non capì più nulla. Sentiva solo quei due grandi oggetti dentro di sé che le scavavano dentro, che le provocavano ondate di orgasmi spaventosi, che non si fermavano mai e gridò, gli occhi pieni di lacrime, le mani che tiravano sulle corde, le gambe che cercavano di sollevarsi. Marcel tolse di scatto la spada dal fodero, lasciandoglielo dentro la vagina e con la lama tagliò le corde che le legavano le caviglie, così che lei potè sollevare le gambe, allargarle e allora Marcel buttò lontano la corta spada e continuò a montarla, fremente nell’ano , fino a che si sentì scoppiare e la vide quasi svenire e allora tolse il fodero di scatto e penetrò al suo posto, prendendole le gambe e posandosele sulle spalle; con le mani le prese i fianchi e la tirò su di sé con forza, quasi con violenza, il membro duro e rigido che entrava sempre più fondo dentro di lei, che la scuoteva come una bambola. Sara sentiva quella forza che la possedeva, prorompente e tirava con le mani sulle corde, il corpo in fiamme, gli orgasmi che le salivano in continuo, senza sosta, fino a che lanciò un grido e rimase immobile, gli occhi chiusi e Marcel crollò su di lei e rimase lì, dentro di lei, ascoltando i battiti disordinati del suo cuore, assaporando la dolcezza dei suoi seni sotto alle sue mani, alle sue labbra.
Per lunghi minuti restarono così, poi lei sentì qualcosa di freddo sulla pelle e riaprì gli occhi, solo per essere di nuovo presa dal terrore: Marcel era chino su di lei con la spada corta in mano, luccicante e terribile. Mugolò, cercando di muoversi, ma lui la calmò con la voce.
- Non aver paura, ti voglio solo togliere la cera. Resta immobile e vedrai che non ti succede nulla. Vedi, l’olio che ti avevo spalmato prima ha fatto come una pellicola sulla tua pelle, così che adesso la cera viene via molto facilmente e non ti resterà nemmeno un bollino rosso sulla pelle.
Disteso al suo fianco, le passava la lama sulla pelle, sollevando le gocce di cera e togliendole, baciando ogni volta il posto dove aveva tolto la cera e lei sentiva dei piccoli brividi di eccitazione passarle sulla pelle. Si rilassò e lo lasciò fare, sentiva che lui non voleva farle del male. Quando con la spada raggiunse il pube, la guardò sornione.
- Ora ti verranno via anche dei ciuffetti di peli! Me li terrò per ricordo!
Lei mugolò e si agitò e Marcel le aprì le gambe e ordinò.
- Non ti muovere, non vorrei tagliarti per sbaglio!
La lama fredda le passava delicata e lei si sentì i brividi per la schiena, e se fosse stato un pazzo? Se ora l’avesse…..? Cosa? Non osava pensare cosa avrebbe potuto farle con quella lama micidiale nelle mani, ma già lui si era sollevato e con un gesto deciso aveva tagliato le corde che la tenevano per i polsi. Poi le tolse il nastro adesivo dalle labbra e la guardò, un lento sorriso di presa in giro sul viso.
- Come è andata? Parti per il Giappone con me?
Sara si rizzò a sedere, si sentiva ancora le gambe molli e guardò con estremo timore la lama che il giovane teneva in mano.
- Metti via quell’arnese, per favore!
Lui scosse il capo, serio.
- Non posso. E’ uscita dal fodero, deve bere sangue.
Sara si irrigidì, i pensieri che le si accavallavano di nuovo nella mente, cosa avrebbe fatto? Pensò che poteva sempre tirargli addosso i cuscini, correre verso la veranda, gridare…. Ma Marcel si era fatto un grosso taglio su un dito e ora lasciò colare una goccia di sangue sulla lama, gli occhi nei suoi, colmi di presa in giro.
- Ecco, ora posso rimetterla via!
Sara gemette e scese dal letto, si sentiva le gambe tremare e si portò davanti allo specchio, guardandosi con cura; in effetti non aveva alcun segno sulla pelle della cera bollente che lui le aveva colato addosso. Si guardò di profilo, si scostò i peli del pube, lì era ancora impiastricciata di cera. Marcel intanto si era disteso a letto e la guardava, le mani dietro la nuca e un sorriso divertito.
- Tutto a posto?
Lei fece una smorfia, tornando sul letto e distendendosi, la testa sorretta dal braccio piegato.
- Sembra di sì. Certo che non sei mica normale!
Lui rise, girandosi a guardarla.
- Ma tu non sei da meno! Vieni in Giappone con me?
Sara scosse appena il capo, il viso ridente.
- Sai bene che non lo farò!
- Lo ami a tal punto?
Lei rimase in silenzio, la mano libera che sfiorava il corpo muscoloso del giovane, il petto, le braccia, il ventre.
- Non è così semplice. Anche se venissi via con te, sarei sempre solo la sua amante. Amerei sempre solo lui. Lui è…. parte di me.
Anche Marcel allungò una mano a toccarla, tenero, gentile. Le scostò i capelli dal viso, le passò le dita sul collo, le fece scendere pigre sui seni, facendo circoletti intorno ai suoi capezzoli rosei.
- Potrei dirti che non me ne importa se pensi a lui, mentre fai all’amore con me. Come adesso.
Lei rise e si girò, lasciando che la mano di lui proseguisse nella sua pigra peregrinazione.
- Non diresti così se fosse tutti i giorni!
Marcel guardò l’ora e mormorò.
- Abbiamo ancora poco più di mezz’ora. Cosa vuoi fare?
Lei mugolò, distendendosi voluttuosamente, le mani sopra la testa, le gambe stese.
- Quello che vuoi tu!
La mano di Marcel era arrivata sul pube e ora si insinuò tra le sue gambe, massaggiandola dolcemente ma si fermò di scatto, guardandola sorpreso.
- Ma tu….. oh accidenti, sei già pronta di nuovo! Sei tutta bagnata!
Lei alzò appena una spalla dicendo con un’aria di scusa.
- Non è colpa mia…. Sono fatta così.
Il giovane fece come un ruggito e con un balzo fu sopra di lei, le mani che le allargavano le gambe e il suo grosso pene che si stava gonfiando all’altezza della sua bocca. Lei lo umettò con le labbra, con la lingua e poi lo risucchiò, facendolo scendere fin quasi in gola, la lingua che lo incitava, le labbra che lo stringevano. Marcel gemette e si chinò su di lei, allargandole le gambe e prendendo tra le labbra il clitoride, succhiandola avidamente, leccandole le grandi labbra e infilandole le dita nella vagina umida. Sara si mosse appena, un lento dondolio che lo fece fremere ancora di più, mentre le sue dita morbide gli accarezzavano le natiche, si insinuavano nell’ano, lo penetravano lentamente. Marcel fece un mugolio e allargò la vagina con le dita, infilando la lingua rovente, saettandole dentro, il suo membro ormai al massimo dell’erezione e pronto a sfogare il suo seme. Sara roteava lentamente il dito nell’ano e ora, con calma, ne infilò un altro, mentre con l’altra mano gli accarezzava e pizzicava il pene, succhiando avidamente, stringendo le labbra. Sentiva che lui stava per venire e sentiva anche che la sua vagina era rovente al punto giusto, così allargò le gambe al massimo, arcuò il corpo verso l’alto per accoglierlo meglio e affondò le dita nell’ano del giovane che gridò e le morse la vagina, vorace, famelico, avrebbe voluto poterla mangiare, ingoiare! Lei sentì il getto caldo nella gola e inghiottì, continuando a stringere le labbra, a premere a fondo con le dita, mentre lui allargava la vagina e spingeva con la lingua, assaporando il calore che gli saliva al viso e l’odore di sesso appagato che emanava da lei. Lentamente il suo pene si spense, si ridimensionò e lei tolse le dita dall’ano e lo massaggiò dolcemente, mentre anche lui continuava a leccarla, a succhiare il suo umore, continuava a sentirla calda e morbida. Rotolò poi su sé stesso e rimase disteso, le braccia spalancate, il respiro affannoso, gli occhi chiusi. Sara si distese su di lui, le gambe allargate e i peli del pube che lo solleticavano sul ventre e gli diede un piccolo bacio sulle labbra dischiuse.
- Era questo che volevi, Marcel?
Lui mugolò una risposta e la strinse a sé.
- Vorrei tenerti per sempre con me.
- Ma non puoi.
- Sicura? Sicura che non cambierai mai idea? L’amore finisce, sai, anche il più grande. Lui è molto giovane, potrebbe trovare un’altra…. E anche tu potresti innamorarti di un altro.
Lei rise, baciandogli gli occhi chiusi, le labbra morbide.
- Escluso, non accadrà mai!
- Come puoi esserne così sicura?
Ora la guardava, le mani che la tenevano per le braccia, quasi corrucciato e lei rimase un attimo in silenzio e poi fece un piccolo sospiro di resa, doveva dirglielo, se lo meritava.
- Perché non siamo solo amanti. Siamo fratello e sorella.
Marcel rimase immobile, gli occhi che le scavavano dentro per capire se si stava prendendo gioco di lui e quando capì che era la verità, esalò un lieve fischio.
- Oh diavolo! Adesso capisco tutto! La vostra intimità, complicità…. Da quando siete così?
Lei ondeggiò i capelli, si sentiva meglio ora che lui sapeva.
- Quasi un anno.
- Sempre…. così? Come stasera?
Lei rise, le mani che le scivolavano sul petto ampio, lo accarezzavano.
- Magari! Viviamo ancora a casa con i nostri genitori e quindi abbiamo poche occasioni per stare insieme. Questo viaggio è stato il desiderio appagato, l’isola deserta che sogniamo spesso!
- Perché non ve ne andate di casa a vivere per conto vostro?
- E’ quello che faremo al rientro. Ma dobbiamo farlo studiando bene la cosa, non possiamo dare dolore ai nostri genitori, non capirebbero. Nessuno capirebbe.
Marcel la sollevò un poco prendendola alla vita e la posizionò più in basso, sopra il suo membro in riposo e lei si agitò appena, sentiva la sua vagina già bagnata di nuovo che gli si strusciava contro e fu tentato di prenderla di nuovo, lì com’era, seduta sopra di lui. Sara sembrò leggergli nella mente perché con una mano prese il suo pene e se lo passò sulla vagina, sulle grandi labbra, adagio, spandendo il suo umore e fissandolo negli occhi. Marcel sentì che stava crescendo di nuovo e la strinse di più ai fianchi, lasciandola proseguire. Con gesti lenti lei infilò il pene dentro di lei e continuò a danzargli sopra, leggera e morbida, i fianchi che roteavano, la mano che spingeva il suo pene sempre più dentro, fino a che lo sentì tutto dentro di sé e allora buttò indietro il corpo, alzando le braccia, i seni che si sollevavano, i capelli che ricadevano sulle sue spalle. Marcel rimase fermo, voleva che fosse lei a guidare il gioco e così fu. Lei si mosse sopra di lui, sinuosa, un lieve sorriso sulle labbra, le mani che gli percorrevano il corpo come petali freschi e cominciò ad entrare ed uscire da lui, dapprima lentamente e poi sempre più veloce. Usciva fino quasi a lasciarlo fuori del tutto e poi rientrava con piccoli movimenti, avvolgendolo fino alla radice con le pareti calde e umide della vagina fremente. Lo ripetè più e più volte, fino a che Marcel chiuse gli occhi e gemette, l’orgasmo che gli saliva dai lombi e lo lasciava tremulo e rigido, con lei infilata su di lui come un fiore sullo stelo. Il ritmo si fece frenetico, fino a che lanciarono un grido quasi assieme e lei si buttò su di lui, trattenendolo dentro di sé, i capelli che gli coprivano il viso, il petto. I loro cuori battevano prepotenti e lui esalò un lungo sospiro.
- Mi mancherai!
Lei gli diede dei piccoli baci sui lobi delle orecchie, sulla bocca carnosa.
- Anche tu. Non mi dimenticherò mai di te.
Rimasero lì, in silenzio, non c’era niente da dire. Poi lui la scostò gentilmente e si alzò, raccogliendo per la stanza i vari oggetti. Le posò sul letto il profumo, il chimono, la spada corta.
- Voglio che li tenga tu. Per mio ricordo.
Lei gli sorrise, infilandosi il chimono.
- Quando lo farò con Federico, penserò a te!
Lui la accompagnò fin sulla porta del bungalow e lì le diede un ultimo bacio, scavandole dentro con la lingua rovente, le mani che le percorrevano il corpo, si insinuavano per l’ultima volta nella vagina morbida, nell’ano rovente, per imprimerseli nella mente, per non dimenticarli. La strinse fino a soffocarla e poi disse, la voce roca.
- Vattene, ora. Non ci vedremo più, io parto domani e non voglio rivederti. Dì a tuo fratello che è l’uomo più fortunato del mondo!
Si staccarono quasi con riluttanza e lei corse veloce fino al suo bungalow, la mente in fiamme e il corpo esausto ma appagato. Federico dormiva sereno e lei si fece una doccia e poi si distese accanto a lui, abbracciandolo e il giovane nel sonno la attirò a sé, facendola aderire al suo corpo.
Dormirono così, abbracciati e soddisfatti, nell’isola deserta che avevano tanto sognato e da cui, a breve, avrebbero dovuto andarsene.
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