La vera me

di
genere
masturbazione

Una giornata stancante di lavoro, no, una mega giornata stancante di lavoro preannunciata da altre giornate altrettanto stressanti. Non solo il mio lavoro consiste nel sorbirmi vocine di bambini talvolta isterici per ore, ma anche genitori altrettanto pallosi una volta ogni quattro mesi. Oggi è stata quella volta. Torno a casa, la pace della mia casetta, il mio angolo di tranquillità conquistato dopo tanti sforzi. Sono tentata di mantenere il silenzio per contrastare le voci che ancora ronzano nella mia testa, ma accendo la tv giusto per compagnia. Entro in bagno sconvolta, guardo il mio viso provato, stropiccio la mia faccia per capacitarmi che ne sono uscita viva.
Mi guardo, e appoggio le mani ai bordi del lavandino per sporgermi meglio.
Crollerei già quì così, senza neanche lavarmi, ma sento la puzza di mille persone sulla mia pelle e devo togliermela.
Sarei quasi tentata di fare un bagno caldo, ma alimenterei la mia voglia di relax crollando sicuramente tra le bolle di sapone.
Lego la mia chioma riccia e bionda in uno chignon improvvisato, giusto per non bagnarmi i capelli, poi comincio a slacciare la camicetta da brava maestrina che mi sono messa. Odio le camicie, se non altro perchè devo stirarle, anche se bottone dopo bottone, vedere il mio corpo che si libera da questa costrizione ha un qualcosa quasi di erotico. Mi mordo le labbra, come se al posto dello specchio ci fosse un uomo a guardarmi, continuo la messa in scena, mi lecco l'indice e percorro la mia pelle fino all'incavo dei seni per poi scivolare su uno di essi e infilarsi sotto il reggiseno e trovare il capezzolo eccitato.
Rido allo specchio per la mia stupidaggine ma smetto di ridere se penso da quanto tempo un uomo non mi tocca davvero, non c'è da stupirsi se il mio corpo si eccita anche solo alla finzione che ci sia qualcuno a guardarmi.
Finisco di spogliarmi rimanendo nuda davanti allo specchio. Eppure non sono così male, anzi, sono anche una bella ragazza, certo, qualche imperfezione che mi rende unica, ma per il resto non sono ne grassa ne pelle ed ossa, la giusta carne che di solito piace ad un uomo, soprattutto nel seno che riempe perfettamente la coppa C che adesso è a terra. Mi volto ad ammirare il mio culetto, lo accarezzo e mi verrebbe voglia di palparmelo da sola, se non fosse che aumenterei il mio disagio personale.
Mi lavo velocemente cercando di far sparire la giornata dal mio corpo.
Mi vesto con l'asciugamano per non prendere freddo mentre mi sposto dal lavandino al bidet. Mi siedo prima con la schiena verso il muro, aprendo il getto che, nonostante sia stato annunciato, sorprende i miei sensi bagnandomi il sedere.
Chissà quanti non sanno che ci si lava così, me lo chiedo da quando l'ho letto sorprendentemente su di un articolo.
Il getto si stabilizza puntando sull'ano. Dio potrei stare ore così, è davvero un piacere unico, quasi paragonabile ad una lingua che lo percorre insinuandosi al suo interno. E' solo acqua, eppure la mia fantasia viaggia lontano.
Premo un po di sapone della mano, sulle dita, e passando tra le mie gambe raggiungo la fessura delle mie natiche, spalmo il sapone e devio il getto che mi stava regalando quel palliativo di piacere.
Lavo, pulisco e spinta dalla scivolosità del sapone, faccio anche entrare un dito nel buchino. Mi sorprendo del piacere che causa qusto mio piccolo gesto. Respiro profondamente prima di toglierlo e lasciare che l'acqua risciacqui il tutto.
Mi fa male stare in astinenza, fa male alla mia mente ed anche al mio corpo, sento la mia intimità pulsare alla richiesta del piacere che mi sono appena data dietro, ne ha bisogno, ne ho bisogno. Mi volto e dopo essermi sistemata bene a gambe divaricate, aumento il getto per farlo arrivare bene in mezzo alle mie cosce.
Sposto il rubinetto verso il freddo, quasi a voler tentare di placare i miei bollori, ma invano.
Quasi rassegnata apro con le dita le labbra, dirigendo il getto direttamente sul clitoride gonfio. Il desiderio aumenta e la mia mente si rassegna ad assecondarlo. Appoggio una mano alla parete davanti a me, mentre scivolo ancora più vicino alla fonte d'acqua. Porto il piacere al limite con il fastidio prima di chiudere l'acqua e darmi un po' di pace, ma la mia intimità non ne vuole sapere di rimanere così, ha voglia, voglia di altro. Comincio ad accarezzarmi lì dove batteva l'acqua sostituendomi ad essa, mi accarezzo dolcemente per qualche secondo per poi aumentare il ritmo secondo il mio bisogno. Passo su e giù sul bottoncino, regalandomi un piacere che sarebbe pronto ad esplodere da un momento all'altro ma smetto prima che sia troppo tardi ed assaggio la voglia che bagna le mie labbra.
Scivolo con due dita ben unite fino all'apertura della fica, per poi piegarle e tornare indietro.
Sono il mio piacere ed il mio tormento, ma non voglio smettere.
Porto le dita di nuovo tra le labbra divaricandole e passando ai lati del clitoride che smania di attenzioni. Le dita gli passano accanto per poi stringerlo tra di esse di esse.
Gemo e appoggio la fronte sul braccio teso che mi regge al muro.
Allento la presa e questa volta dirigo le dita all'apertura per farle entrare. Ci riescono senza nessuno sforzo perchè sono bagnata di una voglia incontenibile. Faccio entrare ed uscire le dita inarcandole dentro la mia intimità.
Affondo alla ricerca del punto di non ritorno.
Lo tocco, mi tocco. Spingo al ritmo dei miei gemiti, o gemo al ritmo delle mie dita dentro di me.
Oso far entrare un terzo dito che con le cosce così spalancate non esita ad entrare.
Le sento dentro e le vorrei sentire di più.
Cerco di muoverle ma riesco solo a malapena giusto a farle vibrare fino alla mia mente.
I miei respiri si regolarizzano, la mia mente si riconnette giusto quell'attimo in cui prende coscienza di non voler pensare.
Tolgo un dito e ricomincio a far entrare ed uscire le altre due, prima piano, per far riabituare il mio corpo, ma poi in men che non si dica torno a scoparmi come una dannata.
Stacco la mano dal muro cercando di reggermi e vado a cercare con essa il clitoride per dargli il suo giusto momento di gloria.
Lo sfrego veloce tra i miei polpastrelli e con un gemito oscurato solo dalla televisione che continua a parlare, esplodo sulle mie dita.
Le estraggo piano, le guardo, le divarico scoprendo i filamenti del mio piacere, le porto sul viso, le annuso, le passo sulle labbra sporcandole.
Vogliosa di vedere altro affondo il palmo tra le mie cosce per raccoglierne i residui.
Guardo il frutto della mia voglia e mi sento sporca, sono sporca, molto di più di quando sono entrata in bagno, ma almeno adesso posso dire di essere stata, per un momento, me stessa.
di
scritto il
2017-10-31
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