La volpe dei motel/1: la reception

di
genere
comici

Arrivo in questo squallido motel verso le dieci di sera.
Una sera qualunque di questa estate bollente, schifosamente afosa e infinita.
E ci arrivo dopo una giornata di merda.
Ma proprio di merda, ve l'assicuro.
Perché, quando ad un povero rappresentante di tessuti, tra mattina e pomeriggio, saltano cinque appuntamenti su sei… beh… vi garantisco che la giornata è stata veramente di merda.
Una gigantesca, colossale, piramidale giornata di merda.
Ed il cattivo odore della sostanza in questione, anche se in senso puramente metaforico, te lo senti appiccicato sulla pelle, sembra quasi trasudare dai pori, e i vestiti sgualciti che indossi ne risultano irrimediabilmente impregnati, neanche tu avessi lavorato in una stalla a spalare qualche tonnellata di letame, sotto lo sguardo beffardo di una quindicina di stramaledettissime vacche obese.
Quando, già di primo mattino, una giornata si presenta come di cacca, alla sera, matematicamente, si trasforma in una giornata di merda.
Provatemi il contrario, se ne siete capaci.

La reception del motel.
Reception.
Parola che evoca ambienti lussuosi ed eleganti, frequentati da persone educate e ben vestite, che parlano sottovoce e sono sempre sorridenti.
L'incauto lettore potrebbe immaginarsi uno di quegli atri spaziosi, pieni di divani antichi e poltrone dalla tappezzeria che costa un anno del tuo stipendio, con lampadari in cristallo e tende sfarzose, piante esotiche e lussureggianti, che ti fanno vergognare delle striminzite e asfittiche roselline che hai sul balcone di casa: e tu che entri dalla grande porta girevole, e ti dirigi verso il monumentale bancone della reception, dove un azzimato impiegato ti riverisce servile e ti consegna la chiave della tua suite, una chiave sempre adorna di un prezioso ed antichissimo batacchio in bronzo, talmente pesante che solamente un palestrato di lunga data può trasportarlo con finta disinvoltura...
Ecco.
Vi ho reso l'idea.
La reception di questo motel è un tantino diversa, però.
E non solo per le dimensioni.
Magari fosse solo per quello.
E' uno stanzino buio, lurido, afoso e puzzolente.
Semplicemente schifoso.
E asfissiante.
Una topaia, saldamente in vetta nell'ambita ed esclusiva hit-parade delle topaie planetarie.

Una ragazza siede immobile dietro lo scheggiato e scolorito bancone, sul legno del quale un burlone di passaggio ha inciso con una chiave la sagoma di una banana: o, forse, è il tentativo malriuscito di disegnare un pisello (è la mancanza delle palle a lasciarmi nell'amletico dubbio).
Banana o pisello che sia, vorrei vedere in faccia l'artefice di cotanto capolavoro.
Quando si dice che c'è gente che non ha un cazzo da fare.
Comunque, l'ignoto artista ha un degno concorrente.
Qualche decina di centimetri alla sinistra della banana/pisello, un povero disgraziato ha inciso "mia molie è una troia": sgrammaticato e cornuto il tapino, e mi par di capire che il livello di troiaggine della moglie non sia il suo principale problema.

Abbandono volutamente l'arte incisa su quel bancone e gli sconosciuti grafomani del cazzo.
Alzo gli occhi.
La ragazza sta guardando la televisione ad un volume troppo alto, ciancicando una caramella o ruminando una gomma.
E' totalmente assorta nella visione di quella che, senza ombra di dubbio, deve essere una sit-com.
Sullo schermo, un ciccione si sta ingozzando come un maiale con quello che sembra essere un tacchino farcito di non si sa quali porcherie, la patria del colesterolo, l'inno nazionale dei trigliceridi, un master sull'infarto prossimo venturo.
Il grasso divora la carne e ride, straparla e sputazza sulla tavola, mentre gli altri commensali non sono da meno in fatto di volgarità: uno di questi, un vecchio con uno strano cappello piumato sulla testa e gli occhi da idiota (ma forse è solo arteriosclerotico all'ennesima potenza) medita pensieroso non si sa bene su quali stronzate, il dito indice della mano destra ad esplorarsi con cura le narici del naso adunco e sbilenco.
Il tutto mentre un infante, a quattro zampe sul pavimento, ulula disperato perchè il cane (un orrido bastardo con due orecchie da pipistrello) gli ha fregato il biscottino.
Ributtante.
Stomachevole.
Da vomitare anche quello che si è mangiato a Natale dello scorso anno (anche se, a causa di questa cazzo di crisi, non ricordo un pranzo di Natale particolarmente succulento).
In sottofondo si sentono le finte e sguaiate risate registrate di un pubblico inesistente.
Programma di merda, tanto per restare in tema e non perdere il filo conduttore.
Esattamente come la mia giornata.

La ragazza distoglie a fatica gli occhi dallo schermo, neanche stesse guardando un programma culturale ed intellettualmente molto impegnativo: l'ultimo capolavoro tra i documentari del National Geographic non avrebbe altrettanto sollecitato i suoi svagati e solitari neuroni.
Mi guarda, ma sicuramente nemmeno mi vede, tutta concentrata com'è su quell'abominio televisivo.
Un moscone, grosso come un topo goloso, sibila ronzando tra me e la ragazza, compie un paio di rapide evoluzioni (chissà perchè mi vengono in mente gli aerei della pattuglia acrobatica), sfiora la banana/pisello, ignora il disperato urlo di dolore dello sgrammaticato cornuto, e poi scompare, infilandosi a tutta velocità in una porta socchiusa alle spalle della teledipendente.
Spero vivamente che oltre quella porta non vi sia un cadavere, magari quello del proprietario del motel, che solo per aver cercato di cambiare canale un paio di giorni prima (voleva vedersi la partita, l'ingenuo calciofilo...) si è beccato una quarantina di colpi d'accetta dall'appassionata di programmi culturali, e che il moscone non stia andando a deporre le sue oneste uova su quel corpo in avanzato stato di decomposizione.
Mi tranquillizzo subito, però, perchè non avverto odore di putrefazione, ma solo un tanfo greve di cavoli, sudore e cessi attappati.
Il classico profumo di una giornata di merda.

La sfinge che mi trovo di fronte mi chiede i documenti (voce sexy, piacevolmente roca e sensuale) e registra svogliatamente i miei dati, mentre sullo schermo il ciccione, sollevando mezzo culo dalla sedia, scorreggia sonoramente.
Per qualche istante penso di aver sentito male.
Poi, però, lo sguardo soddisfatto e beato di quel cocomero con le zampe che si atteggia ad attore mi fa capire che ha tirato per davvero una scorreggia bestiale.
Sarà perchè ho avuto una giornata di merda, ma ora ne sento più forte la puzza.
Non mi risulta che gli odori, però, possano ancora uscire dalla televisione e ammorbare gli ambienti circostanti.
E per fortuna.
Perchè la scorreggia di quel lardoso figlio di puttana è di certo appestante.

A quella rumorosa emissione di gas intestinali, le finte risate di quel programma demenziale raggiungono l’apoteosi.
Un diluvio di isterici sbellicamenti.
Anche la ragazza, mentre scrive il mio nome sullo sgualcito registro, dalle pagine unte e ingiallite, timidamente sorride divertita.
Magari si trattiene dallo sganasciarsi soltanto perchè ci sono io.
Già.
Sicuro.
Vorrei proprio vedere che faccia farebbe 'sta scema se io le sganciassi una scorreggia proprio in questo momento, una tromba anale rumorosa anche solo la metà di quella dell'obeso pseudo-attore.
Così.
Facile facile.
Con nonchalance.
En plan air.
Mi basterebbe alzare una gamba, voltarmi di tre quarti (tipo il lanciatore nel baseball, avete presente i Red Sox ?) e ammollare la venefica commistione di metano ed altri gas nobili, il tutto accompagnato da un profondo sospiro liberatorio.
In diretta.
Live, come dicono gli stramaledetti inglesi.
E senza il sottofondo delle risate idiote, ma con quello, molto meno esilarante, del cattivo odore.
Chissà perché, ma non credo lei troverebbe la cosa molto divertente.
Per nulla.
Proprio per nulla.

Lascio perdere i cadaveri mutilati e le convulsioni intestinali.
Torno a guardare l'impiegata di questo cesso di posto.
Carina, sui ventiquattro anni, capelli corti, castano chiari, occhi verdi, o forse grigi.
Un viso regolare e solo leggermente truccato.
Non male, nel complesso.
Forse la serata di questa giornata di merda potrebbe rivelarsi migliore di quanto immaginavo.
Avrei proprio il bisogno di distrarmi un pochino.

A causa del mio lavoro (un lavoro di merda, inutile sottolinearlo, perchè fare il rappresentante è l'ultimo e il più schifoso fra tutti i lavori di merda), frequento i motel da una vita, e so bene come funzionano certe cose.
Sono un'autorità, in materia.
Inutile illudersi: a cinquantadue anni, anche se sei un bell’uomo, atletico e curato, per scopare devi pagare.
E, guarda caso, ci fa anche rima.
Nella fattispecie, poi, io non sono nemmeno un bell’uomo.
Tantomeno atletico e muscoloso.
E curato solo quando me lo ricordo.
Non sono nemmeno un cesso, intendiamoci.
Ma… insomma…
Quello che si dice un bel vedere abita da altre parti.
E quindi, per fottere, tocca pagare, mettere mano al portafoglio e contare le banconote.
Qui la rima non c'è, ma il concetto resta lo stesso.
Chi dice il contrario, chi vagheggia il fascino dell’uomo di mezz’età, magari brizzolato e per questo ancora più piacente, racconta un mucchio di cazzate alto come le due Torri Gemelle di antica memoria.

- continua -

diagorasrodos@libero.it
scritto il
2011-04-06
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