2. Il parcheggio del fast food
di
Cavernoso
genere
etero
Parte 2
Carlo si sedette in macchina e la aspettò per una decina di minuti.
“Cazzo, vuoi vedere che l’hai intimorita con quel commento? Per provare ad essere malizioso, hai fatto la figura del pervertito”. Era quasi sicuro che Simona non sarebbe arrivata, magari si era già allontanata per fatti suoi. C’era da dire però che era davvero un bocconcino in quella divisa. Non sapeva come fosse possibile, ma si sentiva davvero stuzzicato. Alla fine si sbagliava, ecco Simona che avanzava nel parcheggio per raggiungere la sua macchina. Non aveva tolto la divisa. Aveva i pantaloni neri ma non aderenti, di tessuto fresco ed una camicia rossa a maniche corte, forse stretta per lei, tanto che un bottoncino era un po’ spinto in fuori dal seno ed era completamente aderente.
“Certo che potevi scegliere un posto più comodo per parcheggiare!”, disse lei entrando in macchina. “Ora dimmi la verità: prima a cosa stavi pensando, maniaco?”.
“Alla casa al mare”
“Lo sapevo. Sempre a quello pensi! Ultimamente non vedi molta figa, eh?”
“Simona, indipendentemente da quanta figa veda, le nostre scopate rimangono epiche”
Cosa stava succedendo? Si sentiva nella macchina una tensione erotica fortissima. Si stavano guardando le labbra da quando erano entrambi in macchina.
“Ah sì? Pensavo ti trovassi meglio con Gaia, quella nanetta 18enne.”
Carlo nel frattempo aveva allungato la mano destra sulla gamba sinistra di Simona e la risaliva, puntando con decisione verso ciò che desiderava.
“Gaia? Non ci trovavamo, né caratterialmente né fisicamente. Una storia fallita.”
Anche Simona portò la mano sulla gamba di Carlo ma decisamente più in alto, puntava già al pezzo forte.
“Un po’ come me e Alessandro. Un cretino patentato che si sborrava le mutande ai preliminari”
Detto questo Simona prese il pene di Carlo con forza, trovandolo leggermente sveglio. Lo percorse da sopra il pantaloncino e lo sentiva crescere.
“Non come te che non ti bastano 100 eiaculazioni per placarti”
Carlo si avvicinò e la baciò. Aveva delle labbra morbide e calde, invitantissime, e con la lingua già si avvinghiavano. Gli era mancata terribilmente. Aspetta, mancanza? Ma che gli succedeva?
Simona continuava a percorrere il pene, che diventava duro e lungo al suo tocco. Adorava quella sorta di magia degli uomini. Una parte del corpo che cambiava, faceva la metamorfosi. Carlo era sceso sul collo e la baciava lì, con una mano che le stringeva la nuca. L’altra era andata ovviamente al seno, lo prendeva con forza, si riempiva la mano. Armeggiò con i bottoni e da sotto fece capolino il reggiseno. Simona tolse il pene dal pantaloncino e lo liberò anche delle mutande. Una verga di lodevoli dimensioni, non lunghissima ma abbastanza spessa, la salutò. Mentre Carlo riprendeva i rapporti col suo seno, lei si dedicò al pene. Prima saggiò i testicoli, gonfi, li percorse con un dito, lasciandosi stuzzicare dai peli. Poi risalì alla base, continuando a toccarla con un solo dito e fece più giri attorno, per poi salire per tutta la lunghezza e riscendere. Carlo sembrava apprezzare, perché sorrideva ed aveva un po’ il fiato corto. Forse stava solo apprezzando la consistenza del suo seno?
Simona iniziò a segarlo, senza nessuna fretta, senza nessuna aggressività. Mentre il pene cresceva, lei lo stringeva e Carlo rispondeva provando a farlo diventare più grosso ed eretto. Lo scappellò, mostrando un glande rosaceo e imperlato di liquido. Era davvero bello da vedere quel pene. Iniziò ad aumentare il ritmo, mentre Carlo aveva lasciato il suo corpo e si era completamente appoggiato al sedile. Simona non sapeva se farlo venire. Non poteva finire così, anche perché lui non la toccava e sarebbe diventata una cosa meccanica. Continuò per un po’, finché decise di dare una svolta.
“Cà, scendi dalla macchina e gira dal mio lato.”
“Cosa?”
“Dai, muoviti.”
Carlo fu spiazzato, non sapeva se agire e fidarsi. Il posto in cui aveva parcheggiato era davvero isolato dal resto ma contemporaneamente esposto. Nessuno di quelli che entrava nel parcheggio avrebbe guardato in quella direzione, soprattutto perché c’erano posti più vicini al locale. Una volta che però avrebbero guardato casualmente in quella direzione, non avrebbero potuto non notare quella macchina lontana da tutto, con un ragazzo in piedi dietro la portiera ed una ragazza dentro. Non poteva però perdere quella occasione. Si coprì al meglio ed uscì dalla macchina, girando quasi di corsa. Simona aveva già aperto la portiera per nasconderlo. Si chinò su di lui, tolse nuovamente il pene e lo mise in bocca. Lo bagnò per bene, facendolo scendere quasi in gola, poi lo tolse e lo guardò un po’. Decise di baciare il glande, una, due, tre volte. Passò la lingua subito sotto a questo, sentendo Carlo che si lasciava scappare una espressione di stupore. Leccò un lato, poi l’altro. Leccò un testicolo, poi l’altro. Ora era bello umido. Lo mise nuovamente in bocca ed iniziò a prendere ritmo. Con la lingua accompagnava l’entrata del pene, rendendo l’esperienza paradisiaca per lui. Quando lo toglieva dalla bocca, riprendeva a baciarlo o a leccarlo.
“Simo, cazzo, ci sai proprio fare”
“Guardati intorno, non vorrei che qualcuno ci veda”
Mentre si guardava attorno, lei strinse i testicoli, facendolo sobbalzare.
“Ma sei scema?”
“Sei proprio carico!”
Lo mise ancora in bocca e riprese l’opera, accompagnandosi con le mani stavolta, che passavano dal masturbarlo a toccare i testicoli. Finché non decise che doveva venire. Aumentò il ritmo con la bocca, poi lo tolse e lo masturbò con forza e velocemente. Carlo si trovò ad avere un fortissimo orgasmo e non poté fare a meno di lanciare un piccolo urlo. Lo sperma inondò le labbra di Simona, che lo stava rimettendo dentro in quel momento. Era bollente, con quel sapore così tipico. Era parecchio e siccome il pene non era completamente dentro la bocca, lo sperma uscì fuori. Percorse gli angoli della bocca, arrivò sul mento e gocciolò sul seno scoperto, macchiando un po’ la camicetta. Quello che era arrivato dentro la bocca, venne ingoiato.
Si guardarono. Lui sudato, stravolto, che cercava di ricomporsi. Lei sudata e sporca di seme.
Rimasero in silenzio per un po’, a fissarsi. Nessuno dei due si muoveva per vestirsi né diceva parola. Continuavano solo a guardarsi, ora negli occhi, ora i corpi.
“Mi porti a casa?”
“Sì, aiutami che da qui non so bene la strada per arrivare”
“Ok”
Il successivo quarto d’ora non dissero nulla, ascoltarono solo la radio e le hit estive, fino a quando non arrivarono sotto casa di lei.
[continua]
Carlo si sedette in macchina e la aspettò per una decina di minuti.
“Cazzo, vuoi vedere che l’hai intimorita con quel commento? Per provare ad essere malizioso, hai fatto la figura del pervertito”. Era quasi sicuro che Simona non sarebbe arrivata, magari si era già allontanata per fatti suoi. C’era da dire però che era davvero un bocconcino in quella divisa. Non sapeva come fosse possibile, ma si sentiva davvero stuzzicato. Alla fine si sbagliava, ecco Simona che avanzava nel parcheggio per raggiungere la sua macchina. Non aveva tolto la divisa. Aveva i pantaloni neri ma non aderenti, di tessuto fresco ed una camicia rossa a maniche corte, forse stretta per lei, tanto che un bottoncino era un po’ spinto in fuori dal seno ed era completamente aderente.
“Certo che potevi scegliere un posto più comodo per parcheggiare!”, disse lei entrando in macchina. “Ora dimmi la verità: prima a cosa stavi pensando, maniaco?”.
“Alla casa al mare”
“Lo sapevo. Sempre a quello pensi! Ultimamente non vedi molta figa, eh?”
“Simona, indipendentemente da quanta figa veda, le nostre scopate rimangono epiche”
Cosa stava succedendo? Si sentiva nella macchina una tensione erotica fortissima. Si stavano guardando le labbra da quando erano entrambi in macchina.
“Ah sì? Pensavo ti trovassi meglio con Gaia, quella nanetta 18enne.”
Carlo nel frattempo aveva allungato la mano destra sulla gamba sinistra di Simona e la risaliva, puntando con decisione verso ciò che desiderava.
“Gaia? Non ci trovavamo, né caratterialmente né fisicamente. Una storia fallita.”
Anche Simona portò la mano sulla gamba di Carlo ma decisamente più in alto, puntava già al pezzo forte.
“Un po’ come me e Alessandro. Un cretino patentato che si sborrava le mutande ai preliminari”
Detto questo Simona prese il pene di Carlo con forza, trovandolo leggermente sveglio. Lo percorse da sopra il pantaloncino e lo sentiva crescere.
“Non come te che non ti bastano 100 eiaculazioni per placarti”
Carlo si avvicinò e la baciò. Aveva delle labbra morbide e calde, invitantissime, e con la lingua già si avvinghiavano. Gli era mancata terribilmente. Aspetta, mancanza? Ma che gli succedeva?
Simona continuava a percorrere il pene, che diventava duro e lungo al suo tocco. Adorava quella sorta di magia degli uomini. Una parte del corpo che cambiava, faceva la metamorfosi. Carlo era sceso sul collo e la baciava lì, con una mano che le stringeva la nuca. L’altra era andata ovviamente al seno, lo prendeva con forza, si riempiva la mano. Armeggiò con i bottoni e da sotto fece capolino il reggiseno. Simona tolse il pene dal pantaloncino e lo liberò anche delle mutande. Una verga di lodevoli dimensioni, non lunghissima ma abbastanza spessa, la salutò. Mentre Carlo riprendeva i rapporti col suo seno, lei si dedicò al pene. Prima saggiò i testicoli, gonfi, li percorse con un dito, lasciandosi stuzzicare dai peli. Poi risalì alla base, continuando a toccarla con un solo dito e fece più giri attorno, per poi salire per tutta la lunghezza e riscendere. Carlo sembrava apprezzare, perché sorrideva ed aveva un po’ il fiato corto. Forse stava solo apprezzando la consistenza del suo seno?
Simona iniziò a segarlo, senza nessuna fretta, senza nessuna aggressività. Mentre il pene cresceva, lei lo stringeva e Carlo rispondeva provando a farlo diventare più grosso ed eretto. Lo scappellò, mostrando un glande rosaceo e imperlato di liquido. Era davvero bello da vedere quel pene. Iniziò ad aumentare il ritmo, mentre Carlo aveva lasciato il suo corpo e si era completamente appoggiato al sedile. Simona non sapeva se farlo venire. Non poteva finire così, anche perché lui non la toccava e sarebbe diventata una cosa meccanica. Continuò per un po’, finché decise di dare una svolta.
“Cà, scendi dalla macchina e gira dal mio lato.”
“Cosa?”
“Dai, muoviti.”
Carlo fu spiazzato, non sapeva se agire e fidarsi. Il posto in cui aveva parcheggiato era davvero isolato dal resto ma contemporaneamente esposto. Nessuno di quelli che entrava nel parcheggio avrebbe guardato in quella direzione, soprattutto perché c’erano posti più vicini al locale. Una volta che però avrebbero guardato casualmente in quella direzione, non avrebbero potuto non notare quella macchina lontana da tutto, con un ragazzo in piedi dietro la portiera ed una ragazza dentro. Non poteva però perdere quella occasione. Si coprì al meglio ed uscì dalla macchina, girando quasi di corsa. Simona aveva già aperto la portiera per nasconderlo. Si chinò su di lui, tolse nuovamente il pene e lo mise in bocca. Lo bagnò per bene, facendolo scendere quasi in gola, poi lo tolse e lo guardò un po’. Decise di baciare il glande, una, due, tre volte. Passò la lingua subito sotto a questo, sentendo Carlo che si lasciava scappare una espressione di stupore. Leccò un lato, poi l’altro. Leccò un testicolo, poi l’altro. Ora era bello umido. Lo mise nuovamente in bocca ed iniziò a prendere ritmo. Con la lingua accompagnava l’entrata del pene, rendendo l’esperienza paradisiaca per lui. Quando lo toglieva dalla bocca, riprendeva a baciarlo o a leccarlo.
“Simo, cazzo, ci sai proprio fare”
“Guardati intorno, non vorrei che qualcuno ci veda”
Mentre si guardava attorno, lei strinse i testicoli, facendolo sobbalzare.
“Ma sei scema?”
“Sei proprio carico!”
Lo mise ancora in bocca e riprese l’opera, accompagnandosi con le mani stavolta, che passavano dal masturbarlo a toccare i testicoli. Finché non decise che doveva venire. Aumentò il ritmo con la bocca, poi lo tolse e lo masturbò con forza e velocemente. Carlo si trovò ad avere un fortissimo orgasmo e non poté fare a meno di lanciare un piccolo urlo. Lo sperma inondò le labbra di Simona, che lo stava rimettendo dentro in quel momento. Era bollente, con quel sapore così tipico. Era parecchio e siccome il pene non era completamente dentro la bocca, lo sperma uscì fuori. Percorse gli angoli della bocca, arrivò sul mento e gocciolò sul seno scoperto, macchiando un po’ la camicetta. Quello che era arrivato dentro la bocca, venne ingoiato.
Si guardarono. Lui sudato, stravolto, che cercava di ricomporsi. Lei sudata e sporca di seme.
Rimasero in silenzio per un po’, a fissarsi. Nessuno dei due si muoveva per vestirsi né diceva parola. Continuavano solo a guardarsi, ora negli occhi, ora i corpi.
“Mi porti a casa?”
“Sì, aiutami che da qui non so bene la strada per arrivare”
“Ok”
Il successivo quarto d’ora non dissero nulla, ascoltarono solo la radio e le hit estive, fino a quando non arrivarono sotto casa di lei.
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