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guardarsi ed essere guardati...visti

Il piccolo appartamento ci accoglie di ritorno da una gita tranquilla e piacevole, dopo le chiacchiere con gli amici di sempre. Lascio lo zaino a terra e inizio a sistemare le cose, come se non sapessi il desiderio che abbiamo uno dell’altra, come se non volessi schiacciarti alla parete, agganciandoti in un bacio che non lascia fiato. Parlo di cose senza senso, col solo intento di rimandare l’attimo, facendo crescere l’eccitazione di entrambi. Sono bagnata, lo sento, non in modo eccezionale, certo, non come quando certe cose che mi dici, certe cose che facciamo, fanno fuoriuscire gli umori dalle grandi labbra, che non riescono più a trattenerli, ma innegabilmente bagnata.
Posi le tue mani sulle mie spalle, fermando il mio fare, fermando il mio dire. Volto appena la testa: noi due abbiamo una distanza oltre la quale gli eventi si susseguono fuori dal nostro controllo. Come quegli attrezzi elettrici: arrivano vicino alla pelle e poi la scossa parte, automatica. Vorrei poter portare avanti il gioco, ma la vicinanza è troppa e le nostra labbrasi cercano, come le lingue: no, le nostre non danzano per nulla: sembrano siano in un ring a tirare di boxe dai colpi che si danno, dalla forza con cui si abbracciano e tra il resto nessun fottutissimo arbitro a separarle. Per fortuna: non ne uscirebbe vivo!

Rientro a casa, la nostra “zona sicura”, l'ambito territoriale nel quale tu ed io, possiamo vivere noi stessi in tutte le nostre declinazioni, lontani dagli occhi di un mondo che vede e giudica quel che invidia o peggio, non capisce.
Ti guardo da dietro, seguo i tuoi movimenti mentre abbandoni a terra lo zainetto, la giacca prende posto sulo schienale di una sedia, ti imito, siamo stanchi forse...ma non abbastanza per “Noi” forse.
No...mento a me stesso, non lo sono mai per te, e anche l'addormentarmi distrutto tra le tue braccia mentre facciamo l'amore non è mai vissuto come una sconfitta o una figuraccia, ma solo per quel che è: una voglia di te che non conosce requie, ne sospensione, neppure quella della stanchezza fisica ineluttabile.
Mi parli di frivolezze, di cose inconcludenti,hai sentito il mio sguardo addosso per tutta la serata, sai che ti desidero,che ti voglio, ed allora giochi con me, giochi a prendere tempo, giochi nello stuzzicare quell'appetito che non avrebbe bisogno di essere nutrito, perchè già fame.
Non posso esserne certo, ma immagino tu sia già molto eccitata, il nostro desiderare l'altro non è mai univoco, ed allora faccio quello che so che farà crollare ogni tua schermaglia, diminuisco la distanza fisica tra noi.
Potrei infilare una mano tra i tuoi slip sino a cercare le grandi labbra e trovarle umide, ma quel gesto intimo lo riserverò per dopo, in questo momento le nostre bocche si avvicinano.
Ora mi basterà semplicemente sfiorarti per farti crollare, il nostro bacio si evolverà di vita propria, passando dalla dolcezza lenguida della stanchezza, a quella violenza tipica del nostro desiderio, la forza dell'onda nel mare d'inverno che sfida gli scogli.

Eddai, fammi fare una doccia, penso. E subito mi passano per la mente immagini tutt’altro che caste di noi due sotto la doccia. Mi sorprendi sempre, anche lì: l’ultima volta accompagnavi l’acqua sulla mia pelle, in un gesto di una tenerezza che non conosco, che mi stai insegnando tu. E la tua bocca che poi raccoglieva gocce dalla mia spalla.

Ti porterei sotto la doccia ora, sorprendentemente per nulla di sessuale, semplicemente per prendermi cura della tua pelle, dei tuoi capelli sotto la carezza benevola dei rivoli d'acqua calda.
Tu che invariabilmente finisci per aderirmi bagnata, ed io che bacio l'incavo tra il collo e la spalla, cercando di dominare l'eccitazione crescente.

Mi spogli velocemente e io ti rendo pan per focaccia, i nostri occhi non si lasciano mai. I miei si piegano in un ennesimo sorriso, prendo la tua mano e ti porto in stanza, la nostra stanza.
Non sappiamo mai cosa succederà, come succederà: ogni volta talmente diverso. Ti porto a bordo del letto e ti faccio cadere sulle lenzuola fresche. Ti amo, ti sussurro, mentre non mi capacito del desiderio che ho di averti vicino, anche se ci sei già vicino, anche stiamo facendo l’amore, ti desidero e continuo a desiderarti in ogni istante. Follia pura, che mi sconquassa nel primo orgasmo.


Faremo quella doccia, la faremo dopo...ora ho solo voglia di te, del mio diritto di carne ed anima che rappresenti, cerco i tuoi occhi, che cercano i miei, ti spoglio con l'urgenza di un desiderio non procrastinabile e corrisposto, visto che mi imiti specularmente, ma le sorprese non sono finite.
Mi sorprendi con un gesto semplice di infinita dolcezza.
Cingi la mia mano con la tua, gentilmente mi tiri dietro a te, in realtà è come se mi trasportassi, varchiamo la porta della nostra camera da letto, solo quattro muri e un giaciglio, il nostro spazio.
Non ho aspettative, non mi serve averne, non voglio averne, mi lascio guidare, prendere e sorprendere, poi forse verrà il mio turno, non è importante, non lo è mai, in fondo cominciamo a conoscerci così bene che è quasi impossibile che uno faccia quacosa non desiderato anche dall'altro.
Mi spingi sul letto quasi a tradimento, giocosamente bambina, passionalmente Donna, ferinamente predatrice, ti avvicini come per annusarmi, poi ti scappa quel “Ti Amo”...in realtà abbiamo cominciato a fare l'amore nel momento stesso in cui si è chiusa la porta di casa alle nostre spalle.
Cerco la tua carne con la bocca, con le mani, con tutto me stesso, regalandoti il primo piacere, non esiste un perchè ...esiste un “Ora” qui...tra noi.
scritto il
2018-07-11
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