Prede & Prede
di
scopertaeros69
genere
pulp
Premessa:
Non scrivo spesso in genere Pulp, quando lo faccio è per scriverlo in modo convincente, tuttavia nel farlo mi accorgo ogni volta di scendere in una sorta di abisso, dove l'umanità è una fievole luce lontana in superficie. Non è una sensazione piacevole, non deve esserlo, è il giusto prezzo da pagare quando si prova ad esplorare i meandri del nostro “Io” più primordiale e... disumano.
Questa strada, umida dopo una pioggia che sembra averla resa anche più laida e cupa di una tavola della graphic novel, Sin City di Miller, si inoltra nel buio senza lampioni, malfunzionanti di incuria e vandalismo.
La donna si muove con una traettoria irregolare e il passo nervoso, che dall'alto ricorderebbe il moto a metà tra un ubriaco e quello di gattino spaventato.
Pare che abbia scelto male non solo la strada, ma anche le sue scarpe; forse quei tacchi hanno un centimetro di troppo, pur essendo lungi da essere vertiginosi e senza avvicinarsi a qualcosa di seduttivo, il suo stesso abbigliamento, con quel foulard intorno alla testa, quella giacchetta di lana, ricorda la signora Cunningham di Happy Days.
Quella borsetta da grandi magazzini e quel vestito a gonna lunga che le era parso così comodo ed alternativo, comprato ad una bancarella di fricchettoni al mercatino settimanale.
Fuor di posto... Fuor di posto come una variopinta farfalla tropicale in mezzo a questo degrado urbano.
All'improvviso un rumore, forse un barattolo calciato, forse semplicemente qualcosa urtato dai felini randagi, tra i bidoni della spazzatura nei vicoli laterali.
La donna nervosa si guarda intorno, alla ricerca di un qualsiasi segnale di vita, di presenza umana... anche o forse, sopratutto malevola.
Forse si aspetta di vedere prima o poi il rosso di una brace di sigaretta, accendersi ed affievolirsi nel buio, forse se lo aspetta con timore, e forse accoglierebbe questo con sollievo, perchè anche la peggiore delle aspettative, può essere migliore di quella che una fantasia a briglia sciolta è in grado di elaborare.
Quasi inciampa in un barbone, se ne allontana repentina, forse maledice sé stessa per avere avuto l'idea idiota, di attraversare quel quartiere a quell'ora, forse pensava di fare prima dovunque volesse arrivare... forse.
Mentre gira attorno alle transenne di un tombino rimasto aperto, voragine dantesca di oscurità maggiore in quel buio già opprimente, avverte il rumore lontano di un motore, in male arnese.
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E' tutta la notte che giriamo, no... in realtà solo un paio d'ore da quando guardando la tv, Ramon si è scolato tutte le birre e siamo rimasti senza, nessun altra scelta quindi, che uscire a prenendere il furgone tutti e tre per andare in qualche drugstore aperto tutta la notte a prenderne dell'altra, e qualche schifezza da sgranocchiare.
Giriamo in lungo ed in largo per un po' prima di trovare un negozietto aperto, uno di quei posti così piccoli, che il gabbiotto con il vetro blindato dietro il quale si trova il commesso occupa quasi un terzo del locale stesso, stipato di roba per lo più cinese e pakistana.
Hanno della birra, di una marca fetente mai sentita, ma almeno è fresca, pigliamo un paio di sacchetti di nachos e qualche stecca di carne salata essiccata.
Rimontiamo sul furgone ed è allora che a Karl viene l'idea, o meglio, gli torna una certa idea: Andare a caccia.
Non è la prima volta che lo facciamo, anche se non troppo frequentemente, è la frequenza che attira l'attenzione; cercare una donna che si aggira di notte in queste strade, spesso è fare un buco nell'acqua.
Si di prostitute ce ne sono, ma quelle ormai sono sveglie e spesso armate, rimediare una lama di rasoio, piuttosto di una coltellata o peggio un proiettile di pistola in pancia da loro o uno dei protettori è cosa semplice, no meglio evitare.
Vuoi mettere il gusto di trovare una di quelle normali, magari un po' scialba, sprovveduta, che fa la cazzata di andarsene in giro per queste strade maleodoranti e buie dopo il calar del sole?
Prenderla, leggere il terrore nei suoi occhi, gustarti il via via evolversi della sua paura e la discesa all'inferno dei suoi gradi di rassegnazione sull'inevitabile?
Prima la repulsione quando l'avvicini, poi la ribellione quando le afferri per portarle dentro il furgone, poi la paura di essere stuprate, il terrore di essere uccise quando è palese che non potranno scappare e la vista di un coltello, infine la rassegnazione quando realizzano cosa realmente vogliamo da loro e non potranno sottrarsi.
Pregano, supplicano, si lamentano, piangono, gridano aiuto, una sorta di copione standard che a nulla serve per rimandare l'inevitabile fatto di vestiti lacerati, nudità esposte, qualche schiaffo, ed infine lo stupro.
Che poi, una che si infila di notte in queste strade o è stupida o se la sta cercando, è solo questione di tempo prima che trovi qualcuno come noi, magari segretamente lo ha persino desiderato.
Personalmente adoro quando fanno un po' di resistenza, dà più sapore alla caccia, rinnova in me quella forza primordiale, animale dei primi uomini.
Stiamo girando da un oretta e già mezza dozzine di lattine vuote stanno rotolando sul pianale del furgone rimbalzando da un lato all'altro ad ogni curva.
Stiamo per mollare quando in lontananza Karl intravede qualcosa, batte i palmi sul volante di selvaggia soddisfazione, quasi rovescia la lattina aperta appoggiata sul cruscotto, ormai è come uno squalo in frenesia alimentare, ha adocchiato una potenziale vittima, è troppo eccitato, potrebbe anche essere zoppa con un occhio di vetro e assomigliare come faccia ad un maiale, ma lui se la scoperebbe uguale, quando è in questo stato.
L'aria di colpo cambia odore, Ramon si è acceso una canna, il solito imbecille, se ci fermassero gli sbirri sarebbe la prima cosa di cui si accorgerebbero, guarderebbero più a fondo, vedrebbero le lattine di birra e magari una tizia tenuta con un coltello alla gola in fondo al furgone.
Glielo dico.
Bofonchiando qualcosa Ramon spegne lo spinello contro il passaruota, chiaramente controvoglia.
Karl scala la marcia , la frizione gratta, il motore tossendo un po' va su di giri.
In un attimo siamo di fianco a questa figura che cerca riparo sul marciapiede, come se questo potesse fornirle una barriera invisibile, invalicabile.
Ho avuto a malapena il tempo di guardarla, avrà non più di trent'anni, anche se il suo abbigliamento un po' eccentrico le appioppa un decennio di più, occhiali con una montatura pesante, poche tette, poco culo, ma nel complesso non da buttare via, stasera ci si diverte!
Il rumore del portellone laterale che si apre, deve averla spaventata, come in un “Click!” fotografico, rimane immobile con la bocca in una smorfia di stupore e gli occhi sbarrati, congelata nella sua sorpresa, e sorpresa nella sua paura.
Ramon ed io, senza pensarci due volte, saltiamo fuori dal furgone l'afferriamo e la trasciniamo dentro, senza incontrare troppa resistenza.
Spero non si arrenda subito subito, se no ci perdo il gusto.
Il mio amico è grosso, ad incontrarlo di giorno incute di suo un certo rispetto, di notte è la personificazione dell'”Uomo nero” dei bambini, la avvolge con le sue braccia in una morsa d'acciaio e le intima di non fiatare, di comportarsi bene, che tutto finirà bene.
Lei inizia la solita sequela di domande scontate ed inutili: “chi siete, dove mi portate, lasciatemi, vi prego non fatemi del male ...bla bla bla”.
Ora io mi chiedo, ma glielo insegnano a scuola come supplicare? No dico ci avete fatto caso come nelle aggressioni le frasi usate siano le medesime, senza che peraltro, il risultato sia evidente che non cambierà?
La blocchiamo in un angolo del bagagliaio del furgone, ora sembra un fagotto di stracci tremante buttato sul pianale.
Karl spinge il catorcio a tutta birra verso il nostro buco, un magazzino che aveva conosciuto tempi migliori, in una fabbrica dismessa dopo la crisi del 2009.
Abbandona il lato guida, scende e si fa strada con la torcia, Ramon ha preso di peso la donna, io vado a cercare un angolo buio nel quale lasciare parcheggiato il furgone.
“Non cominciate senza di me!” dico a quei due prina di ripartire.
Ci metto non più di cinque minuti, prima di raggiungerli al piano superiore dello stabile, in quelli che probabilmente erano i locali di uno spogliatoio e dell'ufficio di un responsabile, con annesso un piccolo bagno.
La donna è seduta a terra in un angolo, Karl e Ramon la guardano dalla distanza di circa tre metri, sembrano due grossi felini che pregustano il proprio pasto, mi avvicino e mi chino su di lei.
La privo degli occhiali e le scosto la giacchetta di lana, la fila di bottoni di madreperla occhieggia nella scarsa luce dell'unica lampadina che pende dal soffitto e che lascia gli angoli più lontani della stanza in penombra.
La candida puttanella, ha un moto di ritrosia che soffoco sul nascere con uno schiaffo, le colora le gote, una lacrima le segna il viso.
Riaccosto la mano, questa volta afferrò la camicetta, con un violento strattone faccio volare via un paio di bottoni, sento anche lo strappo di una cucitura, poco male, tanto questi stracci le serviranno ancora per poco.
I seni sono chiusi dentro un reggiseno dozzinale, che porterebbe un educanda, sembra lo stereotipo di una bibliotecaria zitella.
Prendo il coltello di Ramon, con la punta della lama scendo giù dal collo all'incavo dei seni, strisciando sulla pelle, ha lo sguardo atterrito.
"Grida pure se vuoi, qui nessuno ci disturberà e se gridi a noi piace di più", le sussurro con un ghigno, mentre termino la frase ho incuneato la lama nello spazio tra le due coppe, con un rapido movimento recido la stoffa.
Non urla, singhiozza, Karl alla vista dei capezzoli se ne impadronisce con le mani pizzicandoli con studiato sadismo, la donna si contorce mordendosi le labbra, ma poi emette un grido rauco.
Karl rivendica il suo diritto ad essere il primo questa volta, seguito da Ramon ed infine da me. Per cominciare ognuno di noi si è scelto un orifizio in cui ficcare il cazzo per primo, Karl la bocca, Ramon la fica ed io il buchetto stretto.
Non vedo l'ora di ingropparla e romperle quel bocciolo di rosa, di sentirla urlare, dibattersi, supplicare mentre le slabbro quella carne delicata e inviolata.
Per questo aspetterò che i miei amici terminino il loro giretto su questa puttanella, che la pieghino, la sfianchino, sino a lasciarla inerte dopo essersi scaricati e lei possa illudersi per poco, che sia finita, solo allora arriverà il mio momento di incularla.
Le intimo di spogliarsi del tutto, esita, le mollo un altro ceffone per farle capire che ogni resistenza può solo procrastinare l'inevitabile e non sarebbe un bene.
Si denuda evitando i nostri sguardi, prova a coprirsi con le mani i seni, la fica, patetica!
Però, da nuda è molto meglio, anzi una discreta fica, abbiamo beccato un gioiellino avvolto nella carta di giornale pare: il corpo è ben proporzionato i seni minuti e sodi, lo stesso per il culo, i capelli non lunghissimi e leggermente mossi di un color biondo cenere, la carnagione ha un candore latteo che fa risaltare ancora di più le grosse areole turgide e quasi marroni dei capezzoli.
Karl l'afferra per i capelli, tirandola verso il basso per mettersi in ginocchio, si allenta la cintura e si apre la patta, il suo cazzo salta fuori a pochi centimetri dalla guancia della nostra zitella bibliotecaria.
"Succhia il cazzo troia!"
Ancora una volta esita, Karl sta per colpirla, dapprima si scosta allontanadosi, poi si precipita a bocca aperta sul cazzo, che ingoia quasi senza scappellarlo.
"Hei che entusiasmo!", sghignazza Ramon mentre si apre l'ennesima lattina.
Cerco anch'io una birra mentre aspetto, ma cazzo sono finite! Eppure ne avevamo prese almeno cinque confezioni da sei, vuoi vedere che quel cazzone di Karl ha lasciato quelle rimaste nel furgone senza dirmi niente, porca troia, solo quello aveva da fare e quel microcefalo se l'è scordato.
Quest'ultimo sta ansimando come un mantice, “Ragazzi questa puttanella è davvero brava, hei piano con i denti!”.
Per un po' li guardo, poi mi decido a tornare al furgone per prendere le birre rimaste che questo cretino ha dimenticato.
“Ramon mettiti il goldone quando la scopi, non voglio ficcare il cazzo in mezzo alla tua sborra come la volta scorsa!” gli dico prima di allontanarmi.
Ramon sghignazza, mentre si cala giù i pantaloni ed inizia a menarsi il cazzo, probabilmente pensa che a questo ritmo Karl verrà tra poco e dopo tocca a lui.
Me la prendo con calma, non ho fretta, dopotutto come diceva qualcuno “L'attesa del piacere è essa stessa piacere no?”.
Arrivo al furgone, apro e vi trovo ancora due confezioni da sei intere, ma quanto cazzo hanno bevuto quei due!
Ritorno su, apro la porta, poso le confezioni di birra su un tavolo che c'è contro il muro, seduto a terra spalle alla parete, con il capo inclinato da una parte c'è Karl, ancora con l'uccello di fuori, probabilmente sbronzo com'è, dopo che è venuto, deve essere crollato.
Il corpo massiccio di Ramon, con il suo culo peloso in vista copre quasi completamente la donna di cui vedo solo i piedi nudi, lo vedo sobbalzare, sicuramente pieno come un uovo lui pure, sta dando dentro di spinte.
Mi allontano, prendo una birra e aspetto che finisca, lo sento grugnire e guaire, il che è strano, quando scopa sembra più grufolare come un maiale.
Quel che è strano e non sento, sono i lamenti di lei, questo è insolito, vuoi vedere che la puttanella non cercava altro? D'altro canto Karl ha detto che lo stava succhiando da urlo come una bocchinara consumata.
Finisco la mia birra, mi avvicino a Ramon per chiedergli come sta andando, gli arrivo da dietro, do una pacca sulle spalle, il mio amico si solleva dalla troietta, poi mi arriva addosso di schiena, no mi vola addosso all'indietro, con una violenza tale da farmi indietreggiare a mia volta e sbattere forte contro il muro.
Un esplosione di stelle...poi tutto nero.
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Lo guardo riaprire gli occhi, intontito dalla botta, immagino la sua testa sia un esplosione di fuochi d'artificio, nessuno piacevole, guarda prima alla sua destra, quello a terra che ho spompinato per primo, credo abbia notato il collo innaturalmente piegato verso il basso da arrivare alla spalla e quel rivolo di sangue sul lato sinistro della bocca, il suo sguardo non deve mai essere stato intelligente, ora lo è anche di meno.
Mi guarda sbigottito, in piedi nuda davanti a lui, chissà se pensa ancora a come scoparmi.
Davanti a lui c'è quello grosso, mi è volato addosso pensando di potermi bloccare dopo che ho fatto la festa al suo amico; l'ho accolto a braccia e cosce aperte, prima di squarciargli la giugulare... era forte...ma non abbastanza.
Ed infine eccolo qui, il mio dessert, eccolo... si sta lentamente rendendo conto, mi fissa incredulo, diamo il tempo ai suoi neuroni di spiegargli che è fottuto.
"Grida pure se vuoi, qui nessuno ci disturberà e se gridi a me piace di più", gli dico maliziosa mentre mi lecco il sangue dalle labbra.
Fisso i suoi occhi, mentre vedo la sua sanità mentale abbandonarlo.
Ecco...sta cominciando a capire, tra poco inizierà ad urlare... e potrò prenderlo.
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