Una dom (quasi) pentita
di
carognetta
genere
comici
Non mi interessano i vestiti, neppure le scarpe.
I libri sì, anche se leggo sempre troppo poco rispetto a quello che vorrei. Così siamo in una libreria, una vera libreria!
Con la voce più dolce e gentile del mondo, ti chiedo di prendermi quel libro sull’ultimo scaffale in alto: per favoreeeee che io sono bassa e poco atletica. E tu, carino ed attento come sempre, sali sulla scaletta e cerchi il libro che provo ad indicarti. Naturalmente quello successivo che desidero vedere si trova in basso, molto in basso e non sei così poco galante da farmi piegare sulle ginocchia per prenderlo. Insomma quadretto di normale rompiballe con normale sopportante.
Solo noi due sappiamo che i movimenti sono funzionali a farti sentire meglio il plug, invero non grosso, che con estremo amore, dedizione e determinazione, ti ho introdotto nell’unico tuo buco disponibile (culo, carognetta si chiama culo, impara!)
Ti osservo bene, le smorfie di fastidio, quelle di piacere. Ti bacerei seduta stante, ma in fondo sono timida e poi certe cose le trovo troppo private, per cui mi trattengo (controllo carognetta, si chiama controllo!). Ogni tanto mi mandi uno sguardo in tralice, carico di minacce, o promesse nel nostro caso. Temo che ogni cosa mi verrà restituita decuplicata, ma ci penserò poi, inutile distrarsi ora. Scelti i libri, quante volte hai salito quei gradini? Quante volte ti sei piegato?, decido che abbiamo sete. Ne hai vero? Sono carognetta, ma non carogna e ti chiedo dove vuoi andare, non ti costringo in quel bar con le sedie di legno, infatti scegli le poltroncine, morbide… morbidissime, ma a occhio rialzarti non sarà esattamente indolore: oh beh, hai scelto tu. Fa caldo e non vorrei ci disidratassimo troppo: bere fa bene e approfittiamo di ogni fontanella e la bottiglietta che ci siamo portati dietro viene riempita e svuotata varie volte. Risaliamo le passeggiate lungo il fiume, l’unica aria fresca che si possa trovare in città. Chissà com’è camminare con la vescica e il culo pieni. No, meglio che non ti faccia questa domanda, che in un nanosecondo avrei la risposta col metodo esperenziale. No no, mi accontento di guardarti mettere un piede davanti all’altro, con quei movimenti un po’ scomposti. Andiamo a casa, vuoi?
Come sempre i vestiti volano appena chiusa la porta. Ti porto verso il divano, ti faccio accomodare in ginocchio. Faccio un salto in bagno, mi rinfresco e torno da te. Odio farti aspettare. Mi sdraio, non ho bisogno di dirti cosa fare. La tua bocca sul mio piede mi provoca un’eccitazione che faccio fatica a controllare e naturalmente la mia parte per nulla dominante mi chiede perché mai dovrei controllarla. Zitta tu! Le dico, dopo verrà il tuo turno. Allontano il tuo viso spingendolo indietro col piede umido di saliva e ti giro: ora vedo il tuo culo… e il plug. Lo muovo, ruotandolo. Gemi, la mia cagna geme… Mi alzo e ti faccio piegare in avanti, le gambe larghe. Una mano sulle tue palle, l’altra estrae il plug per sostituirlo dalle mie dita. Tranquillo, come non ho messo lo smalto sulle unghie dei piedi (lo so, ha un pessimo sapore), ho tagliato quelle delle mani molto corte: voglio poterti scopare il culo senza temere di ferirti. Due dita entrano facilmente, tre con più fatica, ma si fanno strada. Ti scopo, mi piace farlo, mi piace sentire il tuo respiro, il tuo desiderio. La mano libera passa sul tuo cazzo. Ti scopo e ti sego. Ti vorrei in bocca, ma non è questo il momento. Alla fine sei tu a impalarti sulle mie dita, che vengono avvolte sempre più dalle tue mucose, quasi risucchiate: ma quanto ti piace? Godi urlandolo nella stanza. Ferma carognetta, non andare a leccare il suo orgasmo, fa la brava e comportati come si deve. Un sussurro nelle tue orecchie: non azzardarti a fartela addosso… lievi e dolci le mie parole, mentre le dita dentro il culo si piegano leggermente provocando l’irreparabile.
Scuoto la testa: ora mi tocca pensare ad una punizione. Mannaggia che fatica, meglio stare sotto, si si. Ma è talmente bello vederti godere...
I libri sì, anche se leggo sempre troppo poco rispetto a quello che vorrei. Così siamo in una libreria, una vera libreria!
Con la voce più dolce e gentile del mondo, ti chiedo di prendermi quel libro sull’ultimo scaffale in alto: per favoreeeee che io sono bassa e poco atletica. E tu, carino ed attento come sempre, sali sulla scaletta e cerchi il libro che provo ad indicarti. Naturalmente quello successivo che desidero vedere si trova in basso, molto in basso e non sei così poco galante da farmi piegare sulle ginocchia per prenderlo. Insomma quadretto di normale rompiballe con normale sopportante.
Solo noi due sappiamo che i movimenti sono funzionali a farti sentire meglio il plug, invero non grosso, che con estremo amore, dedizione e determinazione, ti ho introdotto nell’unico tuo buco disponibile (culo, carognetta si chiama culo, impara!)
Ti osservo bene, le smorfie di fastidio, quelle di piacere. Ti bacerei seduta stante, ma in fondo sono timida e poi certe cose le trovo troppo private, per cui mi trattengo (controllo carognetta, si chiama controllo!). Ogni tanto mi mandi uno sguardo in tralice, carico di minacce, o promesse nel nostro caso. Temo che ogni cosa mi verrà restituita decuplicata, ma ci penserò poi, inutile distrarsi ora. Scelti i libri, quante volte hai salito quei gradini? Quante volte ti sei piegato?, decido che abbiamo sete. Ne hai vero? Sono carognetta, ma non carogna e ti chiedo dove vuoi andare, non ti costringo in quel bar con le sedie di legno, infatti scegli le poltroncine, morbide… morbidissime, ma a occhio rialzarti non sarà esattamente indolore: oh beh, hai scelto tu. Fa caldo e non vorrei ci disidratassimo troppo: bere fa bene e approfittiamo di ogni fontanella e la bottiglietta che ci siamo portati dietro viene riempita e svuotata varie volte. Risaliamo le passeggiate lungo il fiume, l’unica aria fresca che si possa trovare in città. Chissà com’è camminare con la vescica e il culo pieni. No, meglio che non ti faccia questa domanda, che in un nanosecondo avrei la risposta col metodo esperenziale. No no, mi accontento di guardarti mettere un piede davanti all’altro, con quei movimenti un po’ scomposti. Andiamo a casa, vuoi?
Come sempre i vestiti volano appena chiusa la porta. Ti porto verso il divano, ti faccio accomodare in ginocchio. Faccio un salto in bagno, mi rinfresco e torno da te. Odio farti aspettare. Mi sdraio, non ho bisogno di dirti cosa fare. La tua bocca sul mio piede mi provoca un’eccitazione che faccio fatica a controllare e naturalmente la mia parte per nulla dominante mi chiede perché mai dovrei controllarla. Zitta tu! Le dico, dopo verrà il tuo turno. Allontano il tuo viso spingendolo indietro col piede umido di saliva e ti giro: ora vedo il tuo culo… e il plug. Lo muovo, ruotandolo. Gemi, la mia cagna geme… Mi alzo e ti faccio piegare in avanti, le gambe larghe. Una mano sulle tue palle, l’altra estrae il plug per sostituirlo dalle mie dita. Tranquillo, come non ho messo lo smalto sulle unghie dei piedi (lo so, ha un pessimo sapore), ho tagliato quelle delle mani molto corte: voglio poterti scopare il culo senza temere di ferirti. Due dita entrano facilmente, tre con più fatica, ma si fanno strada. Ti scopo, mi piace farlo, mi piace sentire il tuo respiro, il tuo desiderio. La mano libera passa sul tuo cazzo. Ti scopo e ti sego. Ti vorrei in bocca, ma non è questo il momento. Alla fine sei tu a impalarti sulle mie dita, che vengono avvolte sempre più dalle tue mucose, quasi risucchiate: ma quanto ti piace? Godi urlandolo nella stanza. Ferma carognetta, non andare a leccare il suo orgasmo, fa la brava e comportati come si deve. Un sussurro nelle tue orecchie: non azzardarti a fartela addosso… lievi e dolci le mie parole, mentre le dita dentro il culo si piegano leggermente provocando l’irreparabile.
Scuoto la testa: ora mi tocca pensare ad una punizione. Mannaggia che fatica, meglio stare sotto, si si. Ma è talmente bello vederti godere...
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