Domenica
di
carognetta
genere
etero
“Che bellezza è già domenica...” così inizia una vecchissima canzone “il giorno più bellissimo, mi faccio un riposissimo più lungo che si può. Poi mi faccio una doccissima, ma suona già il telefono. Amore adesso no!”
Canticchio allegra, mentre preparo per LA colazione, l’unica degna di questo nome, quella che si può fare quando non si deve correre al lavoro o partire velocemente per qualche gita.
Devo dirlo: mi piace questo spazio di tempo, di attenzioni assai banali: il caffè in tavola, come il latte, il pane fresco (ebbene sì, sei sceso in quel forno aperto pure la domenica mattina), il burro, la marmellata e un dolcetto se uno di noi l’aveva preparato.
La tavola apparecchiata ha un che di sereno, nulla a che vedere con la tovaglia accartocciata da un lato dalle mie mani, quando tu – era ieri?- mi hai schiacciato all’improvviso, piegata in due, la pancia sul tavolo, le dita che cercavano un punto di presa qualsiasi per non essere totalmente preda dei tuoi movimenti, per opporti una resistenza, che resistenza non era, ma piuttosto un modo per farti entrare più a fondo, un “fine corsa” per non scappare in avanti, togliendoti e togliendomi il piacere.
Ma oggi è diverso, oggi è domenica!
E ho voglia di stuzzicarti.
E’ da quando ci siamo alzati che mi gironzoli intorno con quell’aria da furbetto. Ho scacciato la tua mano con un piccolo schiaffetto, quando s’è inopportunamente insinuata sotto la maglia lunga che ho indossato appena alzata: “hai perso il momento giusto” ti dico cercando di non sorridere “ dovevi svegliarmi usando la tua lingua, come sai magnificamente fare del resto. Non hai voluto, solo perché dovevi correre in bagno. Se ti pare un motivo questo… di tutte le scuse...”
Esaspero la lentezza, prendo altro caffè “tu ne vuoi ancora?” un grugnito la risposta.
Ho voglia di te e lo sai. Guardi fino a quando porterò avanti il gioco, perché la mia resa sia più eccitante per entrambi.
Mi chino per riempire la lavastoviglie e ti avvicini, ma di nuovo ti allontano. “ah è così eh” sibili, salutandomi con una sculacciata.
Sono una disperazione, lo so: ne vorrei subito un’altra, come vorrei tu mi bloccassi al muro per prendermi di puro desiderio e voglia, con quella urgenza che sposta i preliminari a dopo, dopo l’amplesso, dopo gli orgasmi, quando ormai stremati non vogliamo comunque rinunciare al tocco della nostra pelle, all’assaggio dell’altro.
Mi giro senza neppure alzarmi, perché la mia bocca cerca il tuo sesso, che provo a liberare dai vestiti. Ora sei tu che mi fermi, bloccandomi la testa, afferrandomi i capelli. Mi tiri su, con la medesima presa. Le nostre bocche sono vicinissime, si stanno per unire “Carognetta… oggi non te lo farò assaggiare, non lì” Il bacio, non so come facciamo ad averlo così violento e così dolce allo stesso tempo, ci accompagna fuori dalla cucina. Fai fuoriuscire il seno dalla scollatura e mi lecchi e stringi i capezzoli. Spingo inevitabilmente il bacino in avanti e abbraccio il tuo stringendolo a me.
Che pezzo di stronzo! Abbassi di colpo le mani, afferrando i miei polsi, le mie braccia lungo i fianchi. E mi mordi. I capezzoli, le labbra, la lingua. Lasci i miei polsi, sai che non sposterò le braccia, e mi tiri indietro la testa, vuoi il mio collo libero, vuoi l’accesso alla mia vita e anche se l’hai già da tempo, non la dai per scontato, nessuno dei due lo fa.
“doccia?” mi rivogli una finta domanda visto che mi liberi – mi liberi, ma chi cavolo ti ha detto che volevo essere liberata? - del tuo corpo e con decisione vai in bagno. Ti seguo a ruota, un po’ spiazzata da questo cambio di ritmo. Ti spogli, l’acqua già scorre, entriamo. Ci insaponiamo a vicenda, adoro la tua dolcezza, la tua attenzione, le tue dita su di me. E’ un attimo che mi giri, mi schiacci sulle piastrelle, sposti la direzione del getto, che non sia tra noi. Mi insaponi, allarghi l’ano con le dita, il tuo petto spinge sulle mie spalle, la tua bocca vicino all’orecchio: “carognetta mia, non devi stuzzicarmi troppo, non ti pare?” nemmeno rispondo, lo fa il mio ansimare per me. Mi penetri, le tue gambe che tengono larghe le mie, entrambe le tue mani sui miei seni, mi attiri a te. Mi manca il fiato quando sei finalmente tutto in me. Scariche elettriche lungo la mia schiena.
Mi fa impazzire essere tua così.
Mi fa impazzire averti così.
Canticchio allegra, mentre preparo per LA colazione, l’unica degna di questo nome, quella che si può fare quando non si deve correre al lavoro o partire velocemente per qualche gita.
Devo dirlo: mi piace questo spazio di tempo, di attenzioni assai banali: il caffè in tavola, come il latte, il pane fresco (ebbene sì, sei sceso in quel forno aperto pure la domenica mattina), il burro, la marmellata e un dolcetto se uno di noi l’aveva preparato.
La tavola apparecchiata ha un che di sereno, nulla a che vedere con la tovaglia accartocciata da un lato dalle mie mani, quando tu – era ieri?- mi hai schiacciato all’improvviso, piegata in due, la pancia sul tavolo, le dita che cercavano un punto di presa qualsiasi per non essere totalmente preda dei tuoi movimenti, per opporti una resistenza, che resistenza non era, ma piuttosto un modo per farti entrare più a fondo, un “fine corsa” per non scappare in avanti, togliendoti e togliendomi il piacere.
Ma oggi è diverso, oggi è domenica!
E ho voglia di stuzzicarti.
E’ da quando ci siamo alzati che mi gironzoli intorno con quell’aria da furbetto. Ho scacciato la tua mano con un piccolo schiaffetto, quando s’è inopportunamente insinuata sotto la maglia lunga che ho indossato appena alzata: “hai perso il momento giusto” ti dico cercando di non sorridere “ dovevi svegliarmi usando la tua lingua, come sai magnificamente fare del resto. Non hai voluto, solo perché dovevi correre in bagno. Se ti pare un motivo questo… di tutte le scuse...”
Esaspero la lentezza, prendo altro caffè “tu ne vuoi ancora?” un grugnito la risposta.
Ho voglia di te e lo sai. Guardi fino a quando porterò avanti il gioco, perché la mia resa sia più eccitante per entrambi.
Mi chino per riempire la lavastoviglie e ti avvicini, ma di nuovo ti allontano. “ah è così eh” sibili, salutandomi con una sculacciata.
Sono una disperazione, lo so: ne vorrei subito un’altra, come vorrei tu mi bloccassi al muro per prendermi di puro desiderio e voglia, con quella urgenza che sposta i preliminari a dopo, dopo l’amplesso, dopo gli orgasmi, quando ormai stremati non vogliamo comunque rinunciare al tocco della nostra pelle, all’assaggio dell’altro.
Mi giro senza neppure alzarmi, perché la mia bocca cerca il tuo sesso, che provo a liberare dai vestiti. Ora sei tu che mi fermi, bloccandomi la testa, afferrandomi i capelli. Mi tiri su, con la medesima presa. Le nostre bocche sono vicinissime, si stanno per unire “Carognetta… oggi non te lo farò assaggiare, non lì” Il bacio, non so come facciamo ad averlo così violento e così dolce allo stesso tempo, ci accompagna fuori dalla cucina. Fai fuoriuscire il seno dalla scollatura e mi lecchi e stringi i capezzoli. Spingo inevitabilmente il bacino in avanti e abbraccio il tuo stringendolo a me.
Che pezzo di stronzo! Abbassi di colpo le mani, afferrando i miei polsi, le mie braccia lungo i fianchi. E mi mordi. I capezzoli, le labbra, la lingua. Lasci i miei polsi, sai che non sposterò le braccia, e mi tiri indietro la testa, vuoi il mio collo libero, vuoi l’accesso alla mia vita e anche se l’hai già da tempo, non la dai per scontato, nessuno dei due lo fa.
“doccia?” mi rivogli una finta domanda visto che mi liberi – mi liberi, ma chi cavolo ti ha detto che volevo essere liberata? - del tuo corpo e con decisione vai in bagno. Ti seguo a ruota, un po’ spiazzata da questo cambio di ritmo. Ti spogli, l’acqua già scorre, entriamo. Ci insaponiamo a vicenda, adoro la tua dolcezza, la tua attenzione, le tue dita su di me. E’ un attimo che mi giri, mi schiacci sulle piastrelle, sposti la direzione del getto, che non sia tra noi. Mi insaponi, allarghi l’ano con le dita, il tuo petto spinge sulle mie spalle, la tua bocca vicino all’orecchio: “carognetta mia, non devi stuzzicarmi troppo, non ti pare?” nemmeno rispondo, lo fa il mio ansimare per me. Mi penetri, le tue gambe che tengono larghe le mie, entrambe le tue mani sui miei seni, mi attiri a te. Mi manca il fiato quando sei finalmente tutto in me. Scariche elettriche lungo la mia schiena.
Mi fa impazzire essere tua così.
Mi fa impazzire averti così.
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