La ragazza dai capelli rossi 3
di
Mr.Goodbye
genere
etero
La sveglia suona sempre troppo presto e sempre in modo molesto, ma oggi lo fa in maniera ancor più fastidiosa e irritante. Vittorio apre gli occhi lentamente. Nonostante la voglia di restare a letto si alza che il sole è già alto nel cielo.
“Maledetto lavoro.”
Aveva provato a prendere la giornata di permesso, ma il suo superiore era stato irremovibile. Deve andare in ufficio nel pomeriggio per presentare i risultati della riunione a cui aveva partecipato il giorno prima. Non ne aveva la minima voglia. E così, senza pensare, quasi in automatismo, si infilò in bagno.
Ehi, si fa sentire la voce.
Si prende la faccia tra le mani. Stanco. Addormentato. A chi lo vedesse verrebbe da pensare che parla da solo.
“Anche la mattina presto? Che c'è?”
È mezzogiorno, non è proprio mattina presto.
Vittorio sospira, infastidito.
“Cosa vuoi?”
Hai deciso cosa fare con la tua ospite?
“Ospite? Quale osp… oh cazzo…”
La realtà è che si era totalmente dimenticato di Maria. Si guarda allo specchio, sulla faccia i segni della stanchezza.
“Cazzo.”
La chiudi in casa così ti denuncia per sequestro di persona o le lasci le chiavi così te la svuota?
Riconosce benissimo il tono ilare e divertito della vocina malefica mentre conferisce forma e peso ai suoi stessi pensieri.
Vittorio non risponde. Non ha risposte e non sa come muoversi. Entrambe le possibilità sono pessime. E il fatto che Maria stia ancora dormendo non aiuta. Se dovesse aspettarla per uscire di casa farebbe troppo tardi a lavoro. E Maria, la ragazza dai capelli rossi che sta dormendo sul suo divano è una perfetta sconosciuta, ma non sa nulla di lei. Da dove viene, perché è fuggita di casa, chi è… nulla. Forse nemmeno il nome è vero.
Dovresti farla uscire di casa insieme a te.
Faccio tardi a lavoro. E se le succedesse qualcosa?
E se succedesse qualcosa alla tua casa? O a te?
Mi sentirei meno in colpa che se accadesse qualcosa alla ragazza.
Esce dal bagno e si affaccia al salotto. Maria sta dormendo tranquilla sul divano. I lunghi capelli rossi sono tutti arruffati e il viso pare sereno. Ha un braccio sopra la coperta, la spalla rimane scoperta. Così come uno dei seni, fin quasi all'areola. Ha tirato fuori anche una gamba, forse ha avuto caldo, ma questo non cambia che la pelle della fanciulla sia scoperta fin oltre metà coscia e che lo sguardo di Vittorio vi si trattenga un attimo in più. È una visione sensualmente affascinante e non può rimanerne indifferente. Si immagina mentre le si avvicina lentamente, la scopra e, un bacio dopo una carezza, una carezza dopo un bacio, la desti dal sonno e la faccia sua.
Chiude gli occhi, scuote il capo per cacciare quella visione, ma l'eccitazione si è già fatta spazio nel suo corpo e nella sua mente.
E mentre in cucina si concentra sulla colazione, quasi un pranzo vista l'ora, la voce, sghignazzante, non tarda a farsi sentire.
Almeno sappiamo perché l'hai portata a casa.
Cosa vorresti dire?
L'erezione è un complimento sincero.
Ride la voce. Sbuffa infastidito Vittorio.
Perché non mi lasci in pace?
Sai che non posso.
Non dire cazzate.
Visto che tu ti diverti a farle, io devo arginarle.
Tu mi infastidisci.
Se tu non facessi cazzate, io non ti infastidirei.
Ha ragione e Vittorio lo sa. Non gli resta che finire di mangiare e, sempre in silenzio, andare a vestirsi.
Qualsiasi scelta farai sarà un guaio.
Vorrebbe ignorarla, ma teme che la voce abbia ragione. Ma non lo sta certo aiutando.
No, non dirmi che lo stai facendo davvero…
Se non sai proporre nulla di utile, taci.
Torna in salotto, posa una tazza di caffè e una banconota sul tavolo e osserva silenzioso la ragazza dormire tranquilla. Da quanto tempo era in viaggio? Da quanto non si concedeva un bel sonno?
Magari solo due ore e lei è solo una pazza psicopatica scappata dal TSO.
Ha un viso così sereno, così tranquillo, non può essere psicopatica.
Allora è una drogata che si venderà i tuoi reni per una dose di ero.
Ancora cazzate?
Le hai guardato le braccia?
Io no. Tu sì?
Io faccio quello che fai.
Idiota.
E questa volta la voce tace.
Soddisfatto Vittorio si china sulla ragazza.
“Maria?”
Non risponde.
“Maria sveglia.”
Nessuna risposta. Si guarda attorno, sperando che apra gli occhi. Non gli piace l’idea di spezzarle il sonno, ma non ha altra scelta.
Le posa una mano sulla spalla, su quella pelle così fresca e delicata, e la scuote leggermente.
Lentamente la ragazza apre gli occhi verdi e lo guarda con espressione spaesata, quasi spaventata. Tira indietro il capo e si schiaccia veloce contro lo schienale del divano.
“Cos…?”
Ahia, dice la voce.
Vittorio non capisce, ma alza le mani mostrando i palmi e un sorriso amichevole.
“Tranquilla, va tutto bene. Sono Vittorio, ricordi?”
Maria lo guarda adombrata, si guarda attorno e, all'improvviso, sembra abbassare la guardia. Accenna un sorriso imbarazzato.
“Oddio… scusami… ho fatto un sogno terribile… che figura che ho fatto…”
La osserva mentre chiude le gambe al petto e si stringe nella coperta.
Vittorio continua a guardarla con fare cortese, sperando di non allarmarla ancora.
“Non preoccuparti, va tutto bene.”
Una lacrima le riga una guancia, il silenzio. La voce trema.
“Scusami…”
Vittorio allunga una mano e le asciuga quel piccolo segno sul viso.
“Va tutto bene.”
Maria sorride, un sorriso mesto e triste.
L'ho detto che ti stai infilando in un guaio.
“Grazie…”
La ragazza sembra rilassarsi. Le spalle si abbassano, si passa una mano tra i capelli e la tensione nell'aria si scioglie.
“Cosa pensi di fare?”
Maria sgrana gli occhi, di colpo di nuovo spaventata, quasi che Vittorio le avesse appena promesso di gettarla in pasto ai porci.
“Io… non lo so… vuoi che vada via?”
Sì, esclama la voce.
“Sei libera di fare come preferisci.”
“Ok…”
L'espressione di paura lascia spazio a una di completa diffidenza, come chi si aspetta la notizia cattiva, molto cattiva, dopo quella buona.
“Hai un telefono?”
La ragazza scuote il capo.
“Ascolta. Io ora devo andare a lavoro. Tornerò per le venti. La dispensa è piena, puoi prendere quello che vuoi. Puoi anche usare la lavatrice, è di là in bagno, se vuoi lavare le tue cose. Sul tavolo ti lascio un caffè, venti euro e le chiavi di casa. Non ho un altro telefono da lasciarti, quindi… la scelta è tutta tua. E non posso dirti se hai bisogno chiama.”
Maria lo guarda in silenzio, pensierosa.
“Se decidi di andartene basta che ti chiudi la porta alle spalle. So che i soldi che ti lascio non sono molti, ma sono comunque abbastanza per un biglietto di sola andata per qualche parte, nel caso. Se stasera, quando torno, sarai ancora qui parleremo di te. Ok?”
Maria annuisce, poco convinta. Nel momento in cui Vittorio si alza e fa per andare verso la porta, lei si allunga di scatto con una mano per fermarlo. Ma è come se la coperta ci mettesse un attimo di troppo a seguirla in quel movimento e un attimo di troppo ce lo mette anche Maria nel rendersene conto e afferrarla di conseguenza.
Il tempo si congela.
Entrambi in imbarazzo, incapaci di muoversi.
Il capezzolo sinistro fa bella mostra di sé, tutt'altro che timido. Il seno è tondo, bello, florido, con una spolverata di efelidi, senza dubbio invitante.
Nel momento in cui Vittorio sposta gli occhi dal capezzolo inturgidito al piccolo tatuaggio sopra l'areola Maria si riscuote da quel limbo imbarazzante e si copre, buttandosi sul divano e nascondendosi sotto la coperta fino al naso.
“Che vergogna…”
Vittorio sorride.
“Perdona, non avrei dovuto fissarti in quel modo.”
“La colpa è stata mia…”
“Solo un incidente.”
E se non lo fosse stato? Insinua la voce, ma Vittorio non le presta attenzione. Resta lì qualche istante, le guarda quei grandi occhi verdi. È una bella ragazza e lui se ne sente attratto. E allora?
“Io vado, fai la brava.”
Maria annuisce con capo.
Sulla porta, Vittorio si ferma.
“Solo una cosa. Hai le chiavi per entrare e uscire da casa mia. Non combinarmi casini. Per favore.”
Non ottiene risposta, forse nemmeno la vuole. Si chiude la porta alle spalle.
Buona fortuna, mormora la voce.
“Maledetto lavoro.”
Aveva provato a prendere la giornata di permesso, ma il suo superiore era stato irremovibile. Deve andare in ufficio nel pomeriggio per presentare i risultati della riunione a cui aveva partecipato il giorno prima. Non ne aveva la minima voglia. E così, senza pensare, quasi in automatismo, si infilò in bagno.
Ehi, si fa sentire la voce.
Si prende la faccia tra le mani. Stanco. Addormentato. A chi lo vedesse verrebbe da pensare che parla da solo.
“Anche la mattina presto? Che c'è?”
È mezzogiorno, non è proprio mattina presto.
Vittorio sospira, infastidito.
“Cosa vuoi?”
Hai deciso cosa fare con la tua ospite?
“Ospite? Quale osp… oh cazzo…”
La realtà è che si era totalmente dimenticato di Maria. Si guarda allo specchio, sulla faccia i segni della stanchezza.
“Cazzo.”
La chiudi in casa così ti denuncia per sequestro di persona o le lasci le chiavi così te la svuota?
Riconosce benissimo il tono ilare e divertito della vocina malefica mentre conferisce forma e peso ai suoi stessi pensieri.
Vittorio non risponde. Non ha risposte e non sa come muoversi. Entrambe le possibilità sono pessime. E il fatto che Maria stia ancora dormendo non aiuta. Se dovesse aspettarla per uscire di casa farebbe troppo tardi a lavoro. E Maria, la ragazza dai capelli rossi che sta dormendo sul suo divano è una perfetta sconosciuta, ma non sa nulla di lei. Da dove viene, perché è fuggita di casa, chi è… nulla. Forse nemmeno il nome è vero.
Dovresti farla uscire di casa insieme a te.
Faccio tardi a lavoro. E se le succedesse qualcosa?
E se succedesse qualcosa alla tua casa? O a te?
Mi sentirei meno in colpa che se accadesse qualcosa alla ragazza.
Esce dal bagno e si affaccia al salotto. Maria sta dormendo tranquilla sul divano. I lunghi capelli rossi sono tutti arruffati e il viso pare sereno. Ha un braccio sopra la coperta, la spalla rimane scoperta. Così come uno dei seni, fin quasi all'areola. Ha tirato fuori anche una gamba, forse ha avuto caldo, ma questo non cambia che la pelle della fanciulla sia scoperta fin oltre metà coscia e che lo sguardo di Vittorio vi si trattenga un attimo in più. È una visione sensualmente affascinante e non può rimanerne indifferente. Si immagina mentre le si avvicina lentamente, la scopra e, un bacio dopo una carezza, una carezza dopo un bacio, la desti dal sonno e la faccia sua.
Chiude gli occhi, scuote il capo per cacciare quella visione, ma l'eccitazione si è già fatta spazio nel suo corpo e nella sua mente.
E mentre in cucina si concentra sulla colazione, quasi un pranzo vista l'ora, la voce, sghignazzante, non tarda a farsi sentire.
Almeno sappiamo perché l'hai portata a casa.
Cosa vorresti dire?
L'erezione è un complimento sincero.
Ride la voce. Sbuffa infastidito Vittorio.
Perché non mi lasci in pace?
Sai che non posso.
Non dire cazzate.
Visto che tu ti diverti a farle, io devo arginarle.
Tu mi infastidisci.
Se tu non facessi cazzate, io non ti infastidirei.
Ha ragione e Vittorio lo sa. Non gli resta che finire di mangiare e, sempre in silenzio, andare a vestirsi.
Qualsiasi scelta farai sarà un guaio.
Vorrebbe ignorarla, ma teme che la voce abbia ragione. Ma non lo sta certo aiutando.
No, non dirmi che lo stai facendo davvero…
Se non sai proporre nulla di utile, taci.
Torna in salotto, posa una tazza di caffè e una banconota sul tavolo e osserva silenzioso la ragazza dormire tranquilla. Da quanto tempo era in viaggio? Da quanto non si concedeva un bel sonno?
Magari solo due ore e lei è solo una pazza psicopatica scappata dal TSO.
Ha un viso così sereno, così tranquillo, non può essere psicopatica.
Allora è una drogata che si venderà i tuoi reni per una dose di ero.
Ancora cazzate?
Le hai guardato le braccia?
Io no. Tu sì?
Io faccio quello che fai.
Idiota.
E questa volta la voce tace.
Soddisfatto Vittorio si china sulla ragazza.
“Maria?”
Non risponde.
“Maria sveglia.”
Nessuna risposta. Si guarda attorno, sperando che apra gli occhi. Non gli piace l’idea di spezzarle il sonno, ma non ha altra scelta.
Le posa una mano sulla spalla, su quella pelle così fresca e delicata, e la scuote leggermente.
Lentamente la ragazza apre gli occhi verdi e lo guarda con espressione spaesata, quasi spaventata. Tira indietro il capo e si schiaccia veloce contro lo schienale del divano.
“Cos…?”
Ahia, dice la voce.
Vittorio non capisce, ma alza le mani mostrando i palmi e un sorriso amichevole.
“Tranquilla, va tutto bene. Sono Vittorio, ricordi?”
Maria lo guarda adombrata, si guarda attorno e, all'improvviso, sembra abbassare la guardia. Accenna un sorriso imbarazzato.
“Oddio… scusami… ho fatto un sogno terribile… che figura che ho fatto…”
La osserva mentre chiude le gambe al petto e si stringe nella coperta.
Vittorio continua a guardarla con fare cortese, sperando di non allarmarla ancora.
“Non preoccuparti, va tutto bene.”
Una lacrima le riga una guancia, il silenzio. La voce trema.
“Scusami…”
Vittorio allunga una mano e le asciuga quel piccolo segno sul viso.
“Va tutto bene.”
Maria sorride, un sorriso mesto e triste.
L'ho detto che ti stai infilando in un guaio.
“Grazie…”
La ragazza sembra rilassarsi. Le spalle si abbassano, si passa una mano tra i capelli e la tensione nell'aria si scioglie.
“Cosa pensi di fare?”
Maria sgrana gli occhi, di colpo di nuovo spaventata, quasi che Vittorio le avesse appena promesso di gettarla in pasto ai porci.
“Io… non lo so… vuoi che vada via?”
Sì, esclama la voce.
“Sei libera di fare come preferisci.”
“Ok…”
L'espressione di paura lascia spazio a una di completa diffidenza, come chi si aspetta la notizia cattiva, molto cattiva, dopo quella buona.
“Hai un telefono?”
La ragazza scuote il capo.
“Ascolta. Io ora devo andare a lavoro. Tornerò per le venti. La dispensa è piena, puoi prendere quello che vuoi. Puoi anche usare la lavatrice, è di là in bagno, se vuoi lavare le tue cose. Sul tavolo ti lascio un caffè, venti euro e le chiavi di casa. Non ho un altro telefono da lasciarti, quindi… la scelta è tutta tua. E non posso dirti se hai bisogno chiama.”
Maria lo guarda in silenzio, pensierosa.
“Se decidi di andartene basta che ti chiudi la porta alle spalle. So che i soldi che ti lascio non sono molti, ma sono comunque abbastanza per un biglietto di sola andata per qualche parte, nel caso. Se stasera, quando torno, sarai ancora qui parleremo di te. Ok?”
Maria annuisce, poco convinta. Nel momento in cui Vittorio si alza e fa per andare verso la porta, lei si allunga di scatto con una mano per fermarlo. Ma è come se la coperta ci mettesse un attimo di troppo a seguirla in quel movimento e un attimo di troppo ce lo mette anche Maria nel rendersene conto e afferrarla di conseguenza.
Il tempo si congela.
Entrambi in imbarazzo, incapaci di muoversi.
Il capezzolo sinistro fa bella mostra di sé, tutt'altro che timido. Il seno è tondo, bello, florido, con una spolverata di efelidi, senza dubbio invitante.
Nel momento in cui Vittorio sposta gli occhi dal capezzolo inturgidito al piccolo tatuaggio sopra l'areola Maria si riscuote da quel limbo imbarazzante e si copre, buttandosi sul divano e nascondendosi sotto la coperta fino al naso.
“Che vergogna…”
Vittorio sorride.
“Perdona, non avrei dovuto fissarti in quel modo.”
“La colpa è stata mia…”
“Solo un incidente.”
E se non lo fosse stato? Insinua la voce, ma Vittorio non le presta attenzione. Resta lì qualche istante, le guarda quei grandi occhi verdi. È una bella ragazza e lui se ne sente attratto. E allora?
“Io vado, fai la brava.”
Maria annuisce con capo.
Sulla porta, Vittorio si ferma.
“Solo una cosa. Hai le chiavi per entrare e uscire da casa mia. Non combinarmi casini. Per favore.”
Non ottiene risposta, forse nemmeno la vuole. Si chiude la porta alle spalle.
Buona fortuna, mormora la voce.
0
voti
voti
valutazione
0
0
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Amore Clandestino 2 - Pioggiaracconto sucessivo
La ragazza dai capelli rossi 4
Commenti dei lettori al racconto erotico