La ragazza dai capelli rossi 6
di
Mr.Goodbye
genere
etero
È innegabile che Maria sia una bella ragazza.
Lunghi capelli rossi, cristallini occhi verdi, una spolverata sensuale di efelidi sulla pelle chiara, quel naso all’insù.
Ed è altrettanto innegabile che Vittorio se ne senta attratto e non sia affatto estraneo al pensiero (o forse sarebbe meglio dire desiderio) di giacere tra le sue cosce.
Ma non è solo per le peculiari caratteristiche fisiche che Vittorio si sente attratto da lei.
È quell’aura di mistero, di clandestinità e di sottinteso pericolo che l’avvolge a renderla ancor più affascinante e seducente.
Se poi questo non dovesse bastare a renderla una tentazione di quella a cui è quasi impossibile dir di no, vederla seduta sul tavolo, con indosso una camicia mezza sbottonata, le cosce aperte, l’intimità nascosta da un lembo di tessuto, rende tutto ancora più complicato e difficile.
Nonostante tutto questo Vittorio l’ha rifiutata.
Maria è visibilmente in imbarazzo, quasi per certo non si aspettava una simile evoluzione della serata. Ad osservarla non si riesce a capire se questo cambio di programma sia giunto con piacere o disappunto, ma per certo con grande sorpresa.
Vittorio sospira senza saper nemmeno lui cosa pensare. O forse lo sa, lo sa fin troppo bene, ed è questo a rendere tutto più complicato. La guarda, la guarda in quei meravigliosi occhi verdi e accenna un sorriso mentre mille pensieri saettano nella sua mente.
Chiediglielo, spunta fuori la voce all’improvviso nella sua testa.
Non vorrebbe, ma gli occhi gli cadono su quelle cosce aperte e invitanti e quasi si insinuano nell’oscurità che cela l’intimità della ragazza.
Che momento di profondo imbarazzo. O di impasse, per dirla elegante.
Non fare il supereroe con me, Vi, conosco i tuoi pensieri. La voce non demorde, non basta ignorarla. Chiedile se ha messo le mutande o, se per caso, le ha dimenticate.
Un brivido gli attraversa la schiena immaginandola senza intimo.
Vittorio vorrebbe solo che fosse più facile ignorare la voce.
La guarda, affascinato, mentre dondola i piedi sospesi nel vuoto in evidente imbarazzo.
“Cosa devo fare con te?”
No, non è questa la domanda che dovevi farle, mormora la voce.
Maria alza lo sguardo, si stringe nelle spalle e incrocia le dita in grembo.
“Io... non lo so…”
“Bisogna che…”
È proprio in quel momento che il telefono di Vittorio inizia a suonare e spezza il silenzio con la grazia di un elefante in un negozio di cristalli.
Manuela, sua sorella.
Sei fregato, ghigna la voce.
Vittorio sospira.
“Scusa, dammi un momento.”
Maria annuisce con un cenno del capo.
“Ciao fratellone, come stai?”
Il tono di Manuela è sensibilmente preoccupato, Vittorio la conosce fin troppo bene ormai. E non avrebbe nemmeno risposto al telefono se non avesse saputo che, in tal caso, sarebbe partito l’allarme nazionale. Ciò non toglie che si senta alquanto infastidito da quella telefonata.
“Ciao sister. Sto bene, tu?”
Un fastidio che non accenna a nascondere.
“Sono in pensiero. Hai fatto come avevamo detto?”
“No.”
“Come no? Vi…”
“No Manu. Non posso farlo. Non ancora, per lo meno.”
La risposta è brusca, più di quanto vorrebbe, ma proprio non riesce ad accettare il fatto che lei debba dirgli cosa fare. Non questa volta. Non con Maria.
“Mi stai preoccupando. Tu sei sempre stato quello serio e posato e…”
“Cosa vuoi che ti dica”, la interrompe senza cortesia, “Il fatto che sia stato così fino a ieri non vuol dire che lo sarò anche domani.”
C’è un momento di silenzio. Quelle parole devo essere arrivare a colpire Manuela in profondità.
“Stai bene? Vuoi che venga in là?”
“Sto bene. No grazie.”
Maria è lì che lo guarda con espressione intimorita e spaventata. A Vittorio ricorda un cucciolo ferito dal mondo intero. Respira a fondo e, quando riprende a parlare, il tono è più calmo.
“Sei molto gentile sister, ti ringrazio, ma ora stiamo parlando. Ci sentiamo domani, va bene?”
“Vittorio aspetta…”
“Sentiamoci domani. Scusa. Buona serata!”
E chiude la comunicazione, avendo cura di attivare la modalità silenziosa prima di mettere via il telefono.
Tutto questo avrà delle ripercussioni, sentenzia la voce.
“Ma perché, per una dannata volta, non ti fai i fatti tuoi?”
Forse è più che infastidito. Forse è proprio arrabbiato.
Mentre parlava con la sorella Maria si è spostata sul divano e si è avvoltolata nella coperta. Lo sta guardando preoccupata.
“Tutto bene?”
Vederla così, in quel momento, gli fa una tenerezza immensa.
“Sì. Era mia sorella. Le ho detto di te e si preoccupa.”
Maria abbassa un attimo lo sguardo.
“Mi dispiace crearti problemi.”
Vittorio le si avvicina e le sorride, distendendo l’atmosfera.
“Tu non crei problemi. Non più di quanto possa crearne una un’avvenente e discinta sconosciuta sul mio divano, ovviamente.”
Anche Maria sorride, più tranquilla nonostante la battuta, e si stringe nella coperta.
“Mi sono coperta però…”
“Credo sia questo il guaio.”
Maria lo guarda senza capire.
“Perché?”
“Perché ora posso intuire ciò che nascondi, senza vederlo concretamente, e lavorare di fantasia.”
“Ah…”
La ragazza arrossisce vistosamente e abbassa lo sguardo.
Vittorio… no! Grida la voce.
Ma è troppo tardi.
Si è avvicinato, le ha preso il mento con due dita e, con delicatezza, le ha alzato il viso. Solo per un istante si sono guardati negli occhi, prima che i loro visi si siano avvicinati e le loro labbra sfiorate. Premute le une contro le altre, si sono dischiuse lentamente e, come di comune accordo, quel bacio ha assunto una nuova dimensione, molto più passionale e profonda. Le loro bocche si sono unite, le loro lingue hanno iniziato a cercarsi, a riconcorrersi, a esplorarsi. Maria si fa indietro, costretta tra lo schienale del divano e la presenza di Vittorio, impossibilitata a sottrarsi a quel bacio. Come se lo avesse desiderato, poi…
Da quanto tempo Vittorio non baciava due labbra così morbide, non trovava una lingua così invitante? E poi… qualcosa di nuovo… di strano… che non riesce a capire…
Perplesso si fa indietro, guarda Maria con fare curioso. L’imbarazzo sul viso di lei per quella reazione è evidente.
“Che c’è?”, gli chiede.
“Tu…”
Sei proprio un idiota, commenta tristemente la voce.
“Io… cosa?”
“Mostrami la lingua.”
Maria esita. Si sente in imbarazzo, si vergogna da morire, è palese. Vittorio le sorride.
“Dai…”
Lentamente, sospettosa, pronta a tirarsi indietro al minimo segnale di pericolo come un animale ferito, Maria lascia che la lingua scivoli fuori dalle labbra. Appena appena, giusto la punta. E per quanto lui sia divertito, lei è imbarazzata.
“Ancora un po’…”
Alla fine lo accontenta, tira fuori tutta la lingua e spunta un piccolo, tondo piercing.
“Curioso…”
La guarda affascinato e allunga un dito, accarezzando la sfera d’acciaio. Maria è intimorita, ma lo lascia fare. Lascia che quel dito scivoli giù, fino alla punta della lingua. Resta fermo lì un istante e poi… poi le labbra di lui lo sostituiscono.
Di nuovo si perdono in un bacio senza confini, dove quella piccola sfera diventa un nuovo mondo da esplorare e stuzzicare.
Le mani di lei, dopo un momento di esitazione, si spostano dalla coperta al torace di lui. Iniziano ad accarezzarlo, ad esplorarlo, a slacciargli la camicia, a scivolare sulla pelle di lui come se gli stesse accarezzando l’anima stessa.
È a quel punto che Vittorio si rende conto di cosa sta succedendo, si ferma, apre gli occhi.
“No.”
Si tira su e guarda la ragazza. Nessuno dei due capisce cosa stia accadendo.
“Che c’è?”
“Così non va bene.”
“Ma…”
Vittorio si gira e, mentre Maria lo guarda in silenzio, si sposta verso la credenza dove si versa un bicchiere di vino. Dandole le spalle.
“Perché non mi guardi?”
Vittorio osserva il vino ondeggiare dentro il bicchiere prime di berne un piccolo sorso.
Scopala e finiscila con questa pantomima patetica, riecheggia infastidita la voce dentro la sua testa.
Si gira. La guarda. Deve restare serio e saranno da capo.
Sei ridicolo, sussurra la voce.
“I documenti li hai?”
Paura che sia minorenne, eh? Ridacchia la vocina.
Maria tira indietro la testa e cambia espressione a quella domanda, a quel tono, così formale.
“Sì… sì, certo. Nello zaino…”
“Ti dispiace?”
“No, certo che no…”
Maria ci mette un attimo ad alzarsi, uscendo dalla coperta e mostrando, ancora una volta, le gambe scoperte. Si accuccia davanti allo zaino e Vittorio, osservandola così, sente un brivido attraversagli la schiena.
Smettila di fare il morbido, sii uomo.
Posa il bicchiere a sul mobile e si avvicina, avvicinandosi a lei senza proferire parola. Il suo profumo che gli riempie i polmoni e l’anima. Quando le posa una mano sulla schiena lei si ferma, si gode quel lieve contatto. Dalla nuca la mano quasi conta le vertebre scendendo fin giù, al bacino, dove scivola su una natica, ci gira attorno accarezzandola come a volerne prendere le misure e, con fare fermo ma sensuale, alla fine, la stringe. Maria sospira e raddrizza la schiena. Restano fermi così per un lungo momento, come se Vittorio, con quella semplice presa, volesse chiarire oltre ogni dubbio il proprio possesso sull’ospite.
L’altra mano si infila nello scollo della camicia, scivola sulla pelle della ragazza e ne afferra un seno. Come con la natica ne saggia la forma, la consistenza e ne reclama il dominio. Di riflesso Maria allarga le cosce, odore di sesso nell’aria. E mentre le dita della sinistra giocano con il suo capezzolo, accarezzandolo e stuzzicandolo, quelle della mano destra scivolano sul suo sesso bagnato, ne assaggiano la morbidezza, ne allargano le labbra e si insinuano dentro di lei, strappandole un gemito di piacere. Inarca la schiena, abbandonandosi al piacere, allunga le mani indietro, cercando un appiglio a cui sostenersi.
Vittorio si sposta, le dita escono dal sesso, lascia che lei si adagi contro il suo torace, la testa sulla spalla. E dopo un istante, quelle stesse dita che erano dentro il sesso di Maria scivolano sulle labbra della ragazza, sulla sua lingua, nella sua bocca, in uno spettacolo oscenamente eccitante, di lei che lecca i suoi stessi umori.
Lentamente la adagia a terra e la guarda, coperta solo dalla sua camicia, le gambe aperte e invitanti, il sesso lucido di umori. Dall’alto Vittorio domina la sua figura, ma si rende conto che, in realtà, è lei a dominare lui con il suo fascino pieno di mistero e clandestinità.
Gettati i via i vestiti con noncuranza si inginocchia tra le sue gambe e…
“Ecco.”
Maria è in piedi davanti a lui che gli porge la carta d’identità tutta stropicciata.
Vittorio la guarda negli occhi verdi e si sente terribilmente in imbarazzo, quasi si vergogna per quel sogno a occhi aperti.
Beve l’ultimo sorso di vino e posa il bicchiere sul mobile.
Vittorio, lo sai che sei patetico?
Immancabile, la voce.
“Taci cazzo.”
Lunghi capelli rossi, cristallini occhi verdi, una spolverata sensuale di efelidi sulla pelle chiara, quel naso all’insù.
Ed è altrettanto innegabile che Vittorio se ne senta attratto e non sia affatto estraneo al pensiero (o forse sarebbe meglio dire desiderio) di giacere tra le sue cosce.
Ma non è solo per le peculiari caratteristiche fisiche che Vittorio si sente attratto da lei.
È quell’aura di mistero, di clandestinità e di sottinteso pericolo che l’avvolge a renderla ancor più affascinante e seducente.
Se poi questo non dovesse bastare a renderla una tentazione di quella a cui è quasi impossibile dir di no, vederla seduta sul tavolo, con indosso una camicia mezza sbottonata, le cosce aperte, l’intimità nascosta da un lembo di tessuto, rende tutto ancora più complicato e difficile.
Nonostante tutto questo Vittorio l’ha rifiutata.
Maria è visibilmente in imbarazzo, quasi per certo non si aspettava una simile evoluzione della serata. Ad osservarla non si riesce a capire se questo cambio di programma sia giunto con piacere o disappunto, ma per certo con grande sorpresa.
Vittorio sospira senza saper nemmeno lui cosa pensare. O forse lo sa, lo sa fin troppo bene, ed è questo a rendere tutto più complicato. La guarda, la guarda in quei meravigliosi occhi verdi e accenna un sorriso mentre mille pensieri saettano nella sua mente.
Chiediglielo, spunta fuori la voce all’improvviso nella sua testa.
Non vorrebbe, ma gli occhi gli cadono su quelle cosce aperte e invitanti e quasi si insinuano nell’oscurità che cela l’intimità della ragazza.
Che momento di profondo imbarazzo. O di impasse, per dirla elegante.
Non fare il supereroe con me, Vi, conosco i tuoi pensieri. La voce non demorde, non basta ignorarla. Chiedile se ha messo le mutande o, se per caso, le ha dimenticate.
Un brivido gli attraversa la schiena immaginandola senza intimo.
Vittorio vorrebbe solo che fosse più facile ignorare la voce.
La guarda, affascinato, mentre dondola i piedi sospesi nel vuoto in evidente imbarazzo.
“Cosa devo fare con te?”
No, non è questa la domanda che dovevi farle, mormora la voce.
Maria alza lo sguardo, si stringe nelle spalle e incrocia le dita in grembo.
“Io... non lo so…”
“Bisogna che…”
È proprio in quel momento che il telefono di Vittorio inizia a suonare e spezza il silenzio con la grazia di un elefante in un negozio di cristalli.
Manuela, sua sorella.
Sei fregato, ghigna la voce.
Vittorio sospira.
“Scusa, dammi un momento.”
Maria annuisce con un cenno del capo.
“Ciao fratellone, come stai?”
Il tono di Manuela è sensibilmente preoccupato, Vittorio la conosce fin troppo bene ormai. E non avrebbe nemmeno risposto al telefono se non avesse saputo che, in tal caso, sarebbe partito l’allarme nazionale. Ciò non toglie che si senta alquanto infastidito da quella telefonata.
“Ciao sister. Sto bene, tu?”
Un fastidio che non accenna a nascondere.
“Sono in pensiero. Hai fatto come avevamo detto?”
“No.”
“Come no? Vi…”
“No Manu. Non posso farlo. Non ancora, per lo meno.”
La risposta è brusca, più di quanto vorrebbe, ma proprio non riesce ad accettare il fatto che lei debba dirgli cosa fare. Non questa volta. Non con Maria.
“Mi stai preoccupando. Tu sei sempre stato quello serio e posato e…”
“Cosa vuoi che ti dica”, la interrompe senza cortesia, “Il fatto che sia stato così fino a ieri non vuol dire che lo sarò anche domani.”
C’è un momento di silenzio. Quelle parole devo essere arrivare a colpire Manuela in profondità.
“Stai bene? Vuoi che venga in là?”
“Sto bene. No grazie.”
Maria è lì che lo guarda con espressione intimorita e spaventata. A Vittorio ricorda un cucciolo ferito dal mondo intero. Respira a fondo e, quando riprende a parlare, il tono è più calmo.
“Sei molto gentile sister, ti ringrazio, ma ora stiamo parlando. Ci sentiamo domani, va bene?”
“Vittorio aspetta…”
“Sentiamoci domani. Scusa. Buona serata!”
E chiude la comunicazione, avendo cura di attivare la modalità silenziosa prima di mettere via il telefono.
Tutto questo avrà delle ripercussioni, sentenzia la voce.
“Ma perché, per una dannata volta, non ti fai i fatti tuoi?”
Forse è più che infastidito. Forse è proprio arrabbiato.
Mentre parlava con la sorella Maria si è spostata sul divano e si è avvoltolata nella coperta. Lo sta guardando preoccupata.
“Tutto bene?”
Vederla così, in quel momento, gli fa una tenerezza immensa.
“Sì. Era mia sorella. Le ho detto di te e si preoccupa.”
Maria abbassa un attimo lo sguardo.
“Mi dispiace crearti problemi.”
Vittorio le si avvicina e le sorride, distendendo l’atmosfera.
“Tu non crei problemi. Non più di quanto possa crearne una un’avvenente e discinta sconosciuta sul mio divano, ovviamente.”
Anche Maria sorride, più tranquilla nonostante la battuta, e si stringe nella coperta.
“Mi sono coperta però…”
“Credo sia questo il guaio.”
Maria lo guarda senza capire.
“Perché?”
“Perché ora posso intuire ciò che nascondi, senza vederlo concretamente, e lavorare di fantasia.”
“Ah…”
La ragazza arrossisce vistosamente e abbassa lo sguardo.
Vittorio… no! Grida la voce.
Ma è troppo tardi.
Si è avvicinato, le ha preso il mento con due dita e, con delicatezza, le ha alzato il viso. Solo per un istante si sono guardati negli occhi, prima che i loro visi si siano avvicinati e le loro labbra sfiorate. Premute le une contro le altre, si sono dischiuse lentamente e, come di comune accordo, quel bacio ha assunto una nuova dimensione, molto più passionale e profonda. Le loro bocche si sono unite, le loro lingue hanno iniziato a cercarsi, a riconcorrersi, a esplorarsi. Maria si fa indietro, costretta tra lo schienale del divano e la presenza di Vittorio, impossibilitata a sottrarsi a quel bacio. Come se lo avesse desiderato, poi…
Da quanto tempo Vittorio non baciava due labbra così morbide, non trovava una lingua così invitante? E poi… qualcosa di nuovo… di strano… che non riesce a capire…
Perplesso si fa indietro, guarda Maria con fare curioso. L’imbarazzo sul viso di lei per quella reazione è evidente.
“Che c’è?”, gli chiede.
“Tu…”
Sei proprio un idiota, commenta tristemente la voce.
“Io… cosa?”
“Mostrami la lingua.”
Maria esita. Si sente in imbarazzo, si vergogna da morire, è palese. Vittorio le sorride.
“Dai…”
Lentamente, sospettosa, pronta a tirarsi indietro al minimo segnale di pericolo come un animale ferito, Maria lascia che la lingua scivoli fuori dalle labbra. Appena appena, giusto la punta. E per quanto lui sia divertito, lei è imbarazzata.
“Ancora un po’…”
Alla fine lo accontenta, tira fuori tutta la lingua e spunta un piccolo, tondo piercing.
“Curioso…”
La guarda affascinato e allunga un dito, accarezzando la sfera d’acciaio. Maria è intimorita, ma lo lascia fare. Lascia che quel dito scivoli giù, fino alla punta della lingua. Resta fermo lì un istante e poi… poi le labbra di lui lo sostituiscono.
Di nuovo si perdono in un bacio senza confini, dove quella piccola sfera diventa un nuovo mondo da esplorare e stuzzicare.
Le mani di lei, dopo un momento di esitazione, si spostano dalla coperta al torace di lui. Iniziano ad accarezzarlo, ad esplorarlo, a slacciargli la camicia, a scivolare sulla pelle di lui come se gli stesse accarezzando l’anima stessa.
È a quel punto che Vittorio si rende conto di cosa sta succedendo, si ferma, apre gli occhi.
“No.”
Si tira su e guarda la ragazza. Nessuno dei due capisce cosa stia accadendo.
“Che c’è?”
“Così non va bene.”
“Ma…”
Vittorio si gira e, mentre Maria lo guarda in silenzio, si sposta verso la credenza dove si versa un bicchiere di vino. Dandole le spalle.
“Perché non mi guardi?”
Vittorio osserva il vino ondeggiare dentro il bicchiere prime di berne un piccolo sorso.
Scopala e finiscila con questa pantomima patetica, riecheggia infastidita la voce dentro la sua testa.
Si gira. La guarda. Deve restare serio e saranno da capo.
Sei ridicolo, sussurra la voce.
“I documenti li hai?”
Paura che sia minorenne, eh? Ridacchia la vocina.
Maria tira indietro la testa e cambia espressione a quella domanda, a quel tono, così formale.
“Sì… sì, certo. Nello zaino…”
“Ti dispiace?”
“No, certo che no…”
Maria ci mette un attimo ad alzarsi, uscendo dalla coperta e mostrando, ancora una volta, le gambe scoperte. Si accuccia davanti allo zaino e Vittorio, osservandola così, sente un brivido attraversagli la schiena.
Smettila di fare il morbido, sii uomo.
Posa il bicchiere a sul mobile e si avvicina, avvicinandosi a lei senza proferire parola. Il suo profumo che gli riempie i polmoni e l’anima. Quando le posa una mano sulla schiena lei si ferma, si gode quel lieve contatto. Dalla nuca la mano quasi conta le vertebre scendendo fin giù, al bacino, dove scivola su una natica, ci gira attorno accarezzandola come a volerne prendere le misure e, con fare fermo ma sensuale, alla fine, la stringe. Maria sospira e raddrizza la schiena. Restano fermi così per un lungo momento, come se Vittorio, con quella semplice presa, volesse chiarire oltre ogni dubbio il proprio possesso sull’ospite.
L’altra mano si infila nello scollo della camicia, scivola sulla pelle della ragazza e ne afferra un seno. Come con la natica ne saggia la forma, la consistenza e ne reclama il dominio. Di riflesso Maria allarga le cosce, odore di sesso nell’aria. E mentre le dita della sinistra giocano con il suo capezzolo, accarezzandolo e stuzzicandolo, quelle della mano destra scivolano sul suo sesso bagnato, ne assaggiano la morbidezza, ne allargano le labbra e si insinuano dentro di lei, strappandole un gemito di piacere. Inarca la schiena, abbandonandosi al piacere, allunga le mani indietro, cercando un appiglio a cui sostenersi.
Vittorio si sposta, le dita escono dal sesso, lascia che lei si adagi contro il suo torace, la testa sulla spalla. E dopo un istante, quelle stesse dita che erano dentro il sesso di Maria scivolano sulle labbra della ragazza, sulla sua lingua, nella sua bocca, in uno spettacolo oscenamente eccitante, di lei che lecca i suoi stessi umori.
Lentamente la adagia a terra e la guarda, coperta solo dalla sua camicia, le gambe aperte e invitanti, il sesso lucido di umori. Dall’alto Vittorio domina la sua figura, ma si rende conto che, in realtà, è lei a dominare lui con il suo fascino pieno di mistero e clandestinità.
Gettati i via i vestiti con noncuranza si inginocchia tra le sue gambe e…
“Ecco.”
Maria è in piedi davanti a lui che gli porge la carta d’identità tutta stropicciata.
Vittorio la guarda negli occhi verdi e si sente terribilmente in imbarazzo, quasi si vergogna per quel sogno a occhi aperti.
Beve l’ultimo sorso di vino e posa il bicchiere sul mobile.
Vittorio, lo sai che sei patetico?
Immancabile, la voce.
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