ICO “Tribute” - La ragazza di luce

di
genere
pulp

Scese la scala a pioli in fretta e furia, convinto che la gabbia avesse toccato terra.
E invece no.
Quando si voltò verso il cerchio di pietra, la ragazza era ancora sospesa nel vuoto.
Più precisamente, a circa un paio di metri da terra.
Accidenti! E adesso come la faceva scendere da lì?!
Ico provò a sistemarsi sotto la gabbia e a saltare.
Niente. Era troppo in alto. Anche prendendo la rincorsa, non ci arrivava neanche a piangere. E ci provò più volte! Con velocità diverse, tempi di salto diversi, provando addirittura a saltare una seconda volta a mezz’aria!
Niente da fare. La strana ragazza rimaneva immobile nella sua piccola prigione. In piedi. Al centro. L’orlo del vestito continuava a danzare e, anche se Ico non vedeva bene dal basso, poteva giurare che lei lo stesse guardando davvero incuriosita. Soprattutto per quello strano balletto di salti in cui metteva anima e cuore.
Ico si fermò da quella danza senza senso, molto simile ai movimenti che può fare una gallina che non vuole rassegnarsi davanti al fatto di non saper volare.
Semi spinto alla rassegnazione, si guardò meglio attorno: davanti a sé c’era una porta esattamente uguale a quella che i cavalieri avevano aperto con la spada. Stessi idoli di pietra. Stesse rune.
Anche se avesse liberato la ragazza, non ci sarebbe stata comunque possibilità di fuga. E come liberarla, poi? Non era ancora avvenuto un miracolo che gli permettesse di spiccare il volo, piegare le sbarre e portarla in salvo.
Ico, si fece prendere per un attimo dallo sconforto.
Sarebbe morto davvero lì. I suoi piani di fuga gli sarebbero sfuggiti dalle mani come la sabbia tra le dita. Risultando per di più un idiota nei confronti di quell’incantevole sconosciuta!
Già si immaginava le sue parole: “Oh grazie! Mi hai liberata! Adesso fuggiamo da questo posto infernale! Ah...non sai come fare...? Non puoi spostare quegli idoli di pietra...? Eh beh certo, sei un ragazzo piccolo e magrolino...ah e sei vivo per miracolo...? Bene...”
Tanto valeva gettarsi dalla rupe nell’oceano e sperare di non ammazzarsi nella caduta!
Poi, l’illuminazione: spostare lo sguardo leggermente a sinistra. Una scala.
Si accorse che vicino alla gabbia, a circa un metro e mezzo, vi era un piano rialzato.
Poteva benissimo saltare sulla gabbia da quel punto. Certo...non sapeva cosa avrebbe fatto in seguito, ma era comunque un passo avanti!
Sì arrampicò sulla scaletta, lo sguardo della ragazza sempre incuriosito come quello di un cerbiatto.
Ico prese la rincorsa e saltò. I sandali fecero un rumoraccio a contatto con il ferro.
E immediatamente, la catena che tratteneva quella piccola prigione, si spezzò. Evidentemente era molto vecchia e arrugginita, Ico non era così pesante.
La gabbia crollò a terra con un sono schianto, riecheggiando probabilmente anche sulla spiaggia all’esterno.
L’impatto spaventò la ragazza, che si aggrappò ad una delle sbarre. La porta della gabbia si deformò e si spalancò violentemente.
Ico emise un urlo misto a sorpresa e spavento, stava perdendo l’equilibrio. Agitò le mani come un uccello per cercare di rimanere in piedi, ma senza successo.
Cascò a terra in un modo che di aggraziato aveva ben poco. Di sedere. Un verso di stizza mista a dolore e imbarazzo gli fuoriuscì dai polmoni. E a momenti riceveva pure un trauma cranico da un bastone di legno cascato da qualche parte! Era una torcia appesa al muro, ma il casino che aveva combinato l’aveva probabilmente fatta cadere.
Ico scosse la testa come un cane quando esce dall’acqua. Rimise insieme i pensieri e la vista.
Una sagoma luminosa si materializzò nel suo campo visivo.
La ragazza.
I suoi piedi nudi. Completamente bianchi e quasi luminosi. Quasi non riusciva a distinguere un dito dall’altro. Sembravano due piedini stilizzati, delicati, leggeri, infantili. Ico sentiva quasi il freddo dell’acciaio sotto la pianta del piede per lei.
I piedi fecero qualche passo. Si muoveva silenziosa, titubante. Si vedeva che non aveva mai messo piede fuori di lì.
Ico la osservava affascinato e pietrificato, come se un suo minimo movimento la potesse spaventare.
Il suo piedino sinistro entrò in contatto con il pavimento di pietra. Poi anche l’altro.
Ico percorse con lo sguardo le sue caviglie, i suoi polpacci morbidi e snelli.
Le gambe luminose sembravano sparire, anzi, entrare in simbiosi con il vestito.
Sembrava che fosse una parte del suo corpo. Luminoso anch’esso. L’orlo svolazzava al vento.
Solo il collo e le spalle erano neri. Ma un nero chiaro. Un nero luminoso. Non oscuro. Anche le sue mani, il suo viso emanavano luce. Il piccolo nasino quasi non si vedeva. La piccola e carnosa bocca sembrava appena disegnata, accennata sul suo muso. Gli occhi erano a mandorla e di un colore non ben definito, chiaro. Un misto di grigio, azzurro chiaro. Occhi color perla.
I capelli erano corti, tendenti al grigio chiaro, quasi scompigliati sulla sua testa.
Un uccellino appena uscito dal nido che emanava luce. Era come se la luce provenisse dal suo corpo e ci passasse attraverso, creando giochi di ombre sul suo stesso corpo.
Era sicuramente più grande di lui, forse aveva tre o quattro anni in più di lui. Ma allo stesso tempo sembrava così piccola.
La ragazza si guardò attorno, incuriosita e leggermente spaesata.
Guardò a destra, in basso, in alto, a sinistra.
I suoi occhi si spostarono su Ico: “Esad ahtn okd ar eti on”
Parlava una lingua stranissima. Ico capiva qualcosa, gli sembrava parlasse in lingua runica. La sua voce era bassa, quasi un sussurro spaventato e curioso.
Accennò un passo verso di lui. Ico emise un rauco verso, come per dire qualcosa. Ma morì nella sua gola.
La debole fiamma del bastone faceva danzare le ombre sui muri, crepitando nel silenzio.
La ragazza si fermò un momento, poi riprese a camminare verso di lui, meno titubante, più decisa.
Ico cominciò a parlare: “Loro...loro hanno cercato di sacrificarmi perché ho le corna.”
La ragazza si avvicinò a lui. Lui continuò a parlare: “I bambini con le corna vengono portati qui.”
La ragazza si chinò davanti a lui.
Improvvisamente, alle sue spalle, il pavimento si aprì. Un buco nero, che emanava una luce nera, oscura, paurosa.
Non era molto grande.
Ma da quel buco fuoriuscì una mostruosa creatura. Un’ombra a metà tra uno strano uccello piumato e un umano che strisciò fuori dalla sua tana, sul pavimento, e si mise in piedi silenziosamente. Al posto degli occhi aveva una luce spettrale.
Ico era spaventatissimo! Non sapeva cosa fare. Forse, se fosse stato fermo, l’ombra non avrebbe fatto loro del male.
La ragazza sembrava non essersene accorta. Allungò un dito bianco e luminoso verso il suo viso, come a toccarlo. Pareva essere la prima volta che vedeva qualcun altro.
Ico le chiese: “Stavano cercando di sacrificare anche te?”
L’ombra, silenziosa e veloce, si avvicinò e afferrò la ragazza. Emise un sospiro sorpreso e terrorizzato, mentre la creatura la prendeva con la forza.
Ico sembrò scuotersi dal suo torpore mentale e fisico.
L’ombra prese la ragazza e se la mise sulle spalle, come un sacco di patate, dirigendosi verso il buco oscuro.
Ico si alzò velocemente in piedi. Senza riflettere un secondo, afferrò il bastone di legno ancora in fiamme e corse verso il mostro.
Prese la carica e colpì.
La ragazza cadde a terra. Il rumore che produsse il contatto con l’ombra fu disgustoso. Sembrava lo stesso suono che fa un piede quando finisce in una pozzanghera fangosa. Dei pezzi neri di quel corpo deforme schizzarono perfino sul pavimento.
Ma il mostro sembrava essersi ferito.
Tentò di contrattaccare scagliandosi contro il ragazzino. Al posto delle mani aveva lunghi artigli viscidi e oscuri.
Cercava di afferrarlo in ogni modo e ogni suo movimento veniva accompagnato da quel suono di melma che si muove.
Ico era più agile e veloce di quella cosa, ma doveva fare comunque attenzione ai suoi movimenti improvvisi.
Caricò di nuovo il bastone e questa volta non si risparmiò.
Un colpo dietro l’altro! Ico si sforzava quanto più poteva, in fondo era uno scricciolo. Ma non poteva permettere che l’ombra la portasse via!
La ragazza era seduta per terra, smarrita e in ammirazione.
Ad ogni colpo, schizzi neri coprivano il pavimento e si dissolvevano nell’aria come fumo.
Ico lanciò un grido di sforzo all’ennesima bastonata, ma servì.
La creatura stramazzò a terra, producendo quell’orrendo rumore.
La piccola luce che aveva, probabilmente, al posto degli occhi si spense e il suo corpo si dissolse nell’aria insieme al buco nero. Sembrava fuliggine al vento.
Ico rimase in posizione d’attacco ancora qualche secondo, ginocchia piegate e bastone pronto a colpire.
Ma niente di fece vivo dalle pareti o dal pavimento.
Si diresse verso la ragazza spaesata, ma sollevata.
La aiutò ad alzarsi tendendole la mano: “Cos’era quella creatura che ti stava cercando? Per noi è troppo pericoloso restare qui! Dobbiamo uscire di qui.” esclamò lui.

Continua
scritto il
2018-10-10
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