Fratello tu sarai il mio poggiapiedi
di
Angela Kavinsky
genere
incesti
Era una giornata piovosa; lo ricordo come se fosse ieri. Avevo passato la mattina ad insegnare ai ragazzi del corso di fumetto, poi ero tornato con l’autobus. Dalla stazione dei bus sino a casa avevo corso come un pazzo, per evitare di bagnarmi.
Entrai in casa, bagnando malamente il parquet. Fortunatamente mia madre non era in casa e quindi non poteva rimproverarmi. Tolsi le scarpe, cercai di asciugarmi per quel poco che potevo e lasciai la mia borsa con i disegni dei miei studenti sul tavolo da pranzo.
«SARA?» gridai. Mia sorella avrebbe dovuta essere a casa.
Appoggiai la giacca all’appendiabiti e salii le scale.
Aprii la porta della mia camera. Ecco dov’era Sara.
«Questa è la mia camera sorellona! Hai perso l’orientamento?»
Se ne stava seduta sul letto, con la schiena appoggiata allo schienale.
Era vestita come se fosse pronta per un appuntamento galante. Sara, la mia bellissima sorella maggiore. 25 anni; splendida. Lunghissimi capelli biondi che ai lati, grazie a degli elastici, diventavano codini. Occhi castano chiaro. La bocca sottile e delicata, come fosse disegnata da un abile illustratore. Attorno al collo una collana di piccole perle nere. Indossava un abitino lungo e scuro, con le maniche lunghe ma che le lasciava le spalle scoperte. Dall’abitino fuoriuscivano le cosce nude, ma dalle ginocchia in poi le gambe erano coperte da un paio di sottili e lunghe calze nere di cotone. Agitava i piedini incrociati come un’ossessa.
«Che cosa stai… oh no…».
Stava leggendo il mio quaderno. Da quando ero entrato nella camera non mi aveva ancora degnato di uno sguardo.
«Sara, che cosa… Quello è privato! Tu… tu non puoi…»
L’avevo nascosto nel cassetto delle mutande. Perché aveva frugato lì dentro? Ora comunque importava poco…
Sara scoppiò a ridere, sobbalzando sul letto.
Iniziai a sentire caldo, poi freddo, poi ancora caldo. D’improvviso il sudore scendeva copioso lungo la mia fronte. Le mani tremavano.
«Stefano questa sono io, giusto?» disse girando il quaderno verso di me. Il disegno mostrava un ragazzo che aveva le mie sembianze fare sesso con una ragazza che aveva le sembianze di mia sorella. Non c’era bisogno che lo vedessi; avevo fatto io il disegno, sapevo bene cosa fosse.
«No… non sei tu… è per un progetto… “erotico”».
«progetto erotico?» chiese lei.
«Un bravo disegnatore deve essere in grado di disegnare tutto… anche le scene di sesso».
Mi sorpresi per la risposta fulminea che le avevo dato. Peccato però che ero stato talmente stupido da aver scritto anche le vignette.
«Ma davvero? E che mi dici di questo?». Si lecco il dito indice e girò la pagina, poi lesse le vignette: « “fratello ti prego scopami; riempimi del tuo nettare e fammi tua”».
Mi avvicinai, ma lei alzo il piede come per non farmi avvicinare.
«Sara ridammelo, è mio; è privato!»
« “Stefano fratello mio, non ho mai visto un cazzo come il tuo…”. “Sara succhiamelo, ti prego!”».
Abbassai la testa. Ero ufficialmente fottuto.
«Strano… Non solo i tuoi personaggi si chiamano come me e te… Ma sei talmente bravo a disegnare che sono anche identici a noi! Sara è bionda e bellissima, Stefano ha i capelli neri, è alto… MA CHE COINCIDENZA!».
Mi inginocchiai ai piedi del letto. Sara gettò il quaderno sul letto e si sedette sul bordo dello stesso.
«Che stupida… E pensare a tutte le volte che ti ho chiesto di farmi vedere i tuoi disegni e tu ti sei sempre rifiutato… Ecco perché!»
Appoggiò il suo piedino taglia 36 sotto il mio mento, poi mi alzò la testa.
«Se lo mostrassi a papà? Se gli mostrassi i disegni del suo figlio prodigio tanto bravo a disegnare? A 23 anni ecco cosa sa fare Stefano! Dopo aver studiato all’artistico, dopo la scuola di disegno… Ma quanto è bravo Stefano!».
«Tu non puoi farmi questo… Ti scongiuro!»
«SILENZIO!» gridò, mentre con violenza mi poggiava il piede destro sulla testa, abbassandomela fino al pavimento.
«Capisci la situazione in cui ti trovi imbecille pervertito? Sei solo un patetico schifoso che si disegna mentre si scopa la sorella. Questo quaderno ti farebbe finire in un manicomio…». Riprese il quaderno dal letto. «Beh, magari non in un manicomio… ma di certo papà ti caccerebbe di casa, questo è poco ma sicuro! Haha!».
La cosa peggiore era che aveva ragione. Quel quaderno poteva cambiare totalmente la mia vita in peggio. Ecco perché ora mia sorella Sara mi aveva in pugno.
«Però cazzo… I disegni sono bellissimi… Se tralasciamo il fatto che sono le tue fantasie perverse sullo scoparmi… Beh ti direi che sei davvero un disegnatore fantastico!»
Mentre sfogliava le pagine del quaderno, tentai di divincolarmi dal suo piede. Alzai la testa e per tutta risposta lei appoggiò entrambe le piante dei suoi piedi sul mio volto, lasciando scoperto solo il mio naso, in modo che potessi respirare.
«Ma cosa fai fratellino? Ora sei il mio poggiapiedi! E, la vuoi sapere una cosa divertente? Mentre tu mi fai da poggiapiedi, io leggerò il tuo bellissimo fumetto!»
Iniziò a ridere divertita, mentre io me ne stavo immobile, con la testa piena di pessime idee e la faccia schiacciata dai piedi di Sara.
«A proposito di poggiapiedi… Ma questa sono io che ti faccio una sega con i piedi… Mi hai disegnato davvero bella… E ti sei disegnato il pisello lungo mezzo metro… wow! Tu sì che hai dei problemi…»
Tutto d’un tratto, Sara smise di parlare. Alzai leggermente la testa, facendo scivolare dolcemente i suoi piedi sulle mie guance, in modo da liberarmi almeno gli occhi. Sara sembrava assorta nella lettura. Il suo sguardo da divertito era mutato in concentrazione allo stato puro! Il mio fumetto dopotutto le piaceva.
Eppure, l’unica cosa a cui riuscivo a pensare era che la mia vita era finita. Mia sorella mi aveva in pugno. Avrebbe potuto mostrare i miei disegni a mamma e papà e, conoscendola, se non l’avessi accontentata in tutto e per tutto eseguendo i suoi ordini, lo avrebbe fatto. Papà mi avrebbe cacciato di casa. Avrei dovuto andarmene, lasciare casa mia, e cominciare una nuova vita dall’altra parte del mondo: Australia, o forse Canada. So che penserete che sono solo stupidaggini, ma per me non lo erano. Era l’ovvia fine di un pervertito la cui sorella aveva trovato i disegni perversi, che li raffiguravano in pose che non potevano essere fraintese.
Ormai ero finito; tanto valeva finire in bellezza. Avendo i suoi piedi in faccia ne sentivo l’odore con piacere. La realtà era che molti dei miei disegni raffiguravano Sara che mi masturbava usando i piedi. Adoravo i suoi piedi. Visto che la mia vita era finita potevo aprire la bocca e lasciar uscire la lingua…
Ci ripensai, poi alzai lo sguardo un’altra volta. I suoi codini biondi svolazzavano, mentre lei piegava la testa con gli occhi fissi sui miei disegni. Mi stava dominando, in tutto e per tutto. Io ero a tutti gli effetti il suo poggiapiedi. Sara, mia sorella maggiore, era diventata la mia padrona. Leccare i suoi piedi ora non sembrava più un gesto così strano da parte mia.
Poggiai dolcemente la punta della lingua sulla sua pianta del piede. La mia lingua le accarezzò dolcemente il piede, e la calza si bagnò di saliva.
Era rischioso, ma dopo quella veloce leccatina non ero più in grado di fermarmi. La mia lingua ora andava su e giù sulla sua pianta del piede, disegnando una chiazza scura di saliva sulla calza. Alzai lo sguardo. Era immobile, fissa sul quaderno.
Era impossibile che non se ne fosse accorta.
Infilai il naso tra le sue dita dei piedi, inspirando a pieni polmoni mentre la calza di cotone di incollava alle mie narici. Quell’odore pungente mi faceva andare in estasi, mentre la mia lingua aveva bagnato la calza a tal punto che avevo come l’impressione di leccare la sua pelle.
“Sto leccando il piede di mia sorella, sto leccando il piede di mia sorella”. Era l’unica cosa a cui riuscivo a pensare mentre deglutivo la saliva mista a sudore dei suoi piedi.
“Ti prego sorellona continua a leggere… Ci pensa il tuo schiavo/fratello a prendersi cura dei tuoi piedi”.
La mia eccitazione stava raggiungendo l’apice. Iniziavo a sentirmi un po’ più fortunato rispetto a prima. Aveva trovato il mio quaderno e tutto quello che ne conseguiva, ma mi aveva anche messo i piedi in faccia e dato questa occasione… La verità era che non avevo nulla da perdere!
«MMMGH!» Il mio respiro si spezzò. Sara ora mi stava fissando, spingendo con forza il suo piedino dentro la mia bocca. Sentivo le sue dita muoversi sulla mia lingua. Ora il sudore del suo piede e della calza raggiungevano immediatamente le mie papille gustative; prima non pareva tanto intenso.
«Hey!» disse con fare freddo. Nel frattempo, nella mia mente continuavo a pensarci: “mia sorella mi ha infilato il piede in bocca; io sono il suo schiavo… Come se fosse una cosa normale”.
«Spogliati!». Tolse il piede dalla mia bocca, poi bagnò il mio naso con il calzino bagnato della mia stessa saliva.
«Cosa?» chiesi sbigottito.
«Smettila di leccarmi le dita dei piedi e spogliati; TOGLITI TUTTO!»
Non dissi nulla e obbedii. Per un istante, pensai addirittura di risponderle: “Si mia padrona!”. Dopotutto, era quello che era. Ed io ero il suo schiavo.
«MUOVITI IDIOTA! Spero tu sappia chi è che comanda qui!»
Annuii.
«Hai proprio bisogno di una lezione…» disse, mentre mi inginocchiavo nuovamente ai suoi piedi, stavolta nudo come un verme, nel vano tentativo di coprirmi con le mani i gioielli di famiglia.
«Innanzitutto chi ti ha detto che potevi leccarmi i piedi? Adesso sono tutti appiccicosi. Tu hai proprio bisogno di una lezione caro mio… Tu e le tue cazzo di fantasie perverse…»
Annuii nuovamente.
«Ti ecciti a leccarmi i piedi vero? Lo sapevo bene coglione… Secondo te perché te li ho messi in faccia? Ero in camera tua già da un bel po’ prima che tu entrassi e ho avuto un bel po’ di tempo per leggere il tuo bel fumetto. Ho letto le storie dove io ti faccio le seghe coi piedi… Era un test, e guarda caso non sei riuscito a superarlo… Ho ragione?»
«Si, si hai ragione!»
«Forse dovrei davvero farlo vedere a papà…»
«no ti prego…»
«come scusa?»
«ti prego non lo fare…».
Mi diede un calcio sotto il mento. «COSA CAZZO HAI DETTO? Non parlare sotto voce imbecille!»
«TI PREGO SARA NON LO FARE! Farò qualsiasi cosa!».
Appoggiò il suo piede bagnato sulle mie mani, dandogli dei colpetti. Io tolsi le mani dalle mie parti basse.
«WOW! Non esageri quando lo disegni… È proprio grosso…». Iniziò a strusciare il suo piede sul mio pisello, ma non prima di essersi tolta la calza bagnata.
«Oooh»
«Oooh è tutto quello che sai dire?»
«Scusami Sara» dissi con il fiatone, mentre lei strusciava sempre più forte. Poi si tolse l’altra calza, e iniziò a masturbarmi con entrambi i piedi.
«È quello che vuoi, giusto?»
«Oh si… si… si!»
«Posso farti una domanda coglione?»
«tutto quello che… vuoi… sorellona!»
Appoggiai delicatamente le mie mani sui suoi talloni, aiutandola nel farmi godere.
«Perché mi hai disegnata uguale? Stesso colore dei capelli, stessi vestiti… Perfino il nome! Non avevi paura che prima o poi io lo scoprissi? Insomma, un conto è trovare dei disegnetti porno… Ma disegni della propria sorella! Cazzo questo può davvero metterti nei guai!»
«Beh…» era difficile parlare mentre lei stava facendo quella cosa. Mentre i suoi piedi andavano su e giù, sembrava quasi che le sue dita dei piedi tentassero di afferrare i peli del mio cazzo.
«Innanzitutto non pensavo che qualcuno l’avrebbe mai trovato. Dopotutto era ben nascosto… Insomma; era per uso personale, diciamo!»
«Pensavi male!»
«E poi…»
«Poi? Poi cosa? PARLA!»
«Sara tu sei l’unica».
Rimase ferma immobile. Perfino i piedi si fermarono e dovetti muoverli con le mie mani su e giù per l’asta del mio cazzo.
«In che senso?»
«nel senso che sei l’unica a cui riesco a pensare. Quando insegno fumetto ai miei studenti penso sempre a te come modello femminile. Sei stupenda. Sei la mia musa ispiratrice».
Le mie parole la emozionarono.
«Ma cosa…»
«Stai zitto». Scese dal letto e si sfilò il vestito. Rimase in reggiseno e mutandine. Poi si piegò su di me e con le dita spostò di lato la sottile striscia di cotone delle mutande che le copriva la vagina, per fare in modo che potessi penetrarla.
«Oh si, è stretta vero? Eppure entra bene… Sarà che siamo fratello e sorella, ma siamo proprio fatti l’uno per l’altra».
Ero in uno stato d’estasi tale che non credevo più nemmeno di trovarmi sullo stesso pianeta. Mi cavalcava con impeto tale che sembrava volesse prosciugarmi.
«Quella frase che hai detto prima… Che gran bastardo! Mi hai quasi fatto commuovere!»
Come per vendicarsi, afferrò i miei capezzoli e iniziò a stritolarmeli. Cacciai un urlo che riecheggiò per tutta la casa.
«L’hai disegnata sul quaderno questa cosa dei capezzoli… Che c’è? Non credevi che facesse così male! HAHA, Sei il mio giocattolo!».
Teneva i miei capezzoli per rimanere in equilibrio, come fossero le redini di un cavallo mentre cavalcava. Mi guardò e scoppiò a ridere. Non potevo andare oltre.
Un vulcano eruttò dentro la sua passera. Fiumi di sborra la stavano inondando.
Lei gridò, lasciandomi i capezzoli e graffiandomi il petto. Poi diede un paio di pugni sui miei pettorali, mentre dagli angoli della bocca le uscivano rivoli di saliva. Infine si accasciò su di me.
«Mi hai sborrato dentro!» mi sussurrò all’orecchio. «Vuoi mettermi incinta? E dopo chi lo dice a papà?»
5 minuti dopo lei si sedette sul letto. Io mi inginocchiai per l’ennesima volta ai suoi piedi e glieli baciai. Era l’unica cosa che mi sentivo di fare in quel momento: prostrarmi ai suoi piedi. Poi le dissi che l’amavo.
«Quando prima ho detto che avrei raccontato tutto a papà… Stavo scherzando! Non voglio che ti cacci di casa!». Le baciai nuovamente i piedi e le sorrisi. «Come faccio senza il mio fratellino?» disse mentre mi guardava teneramente.
Sara amore mio! Sorellona adorata! Sarò tuo schiavo per sempre!
«Ora andiamo a farci una doccia… Insieme. È un ordine!» disse ridendo.
Entrai in casa, bagnando malamente il parquet. Fortunatamente mia madre non era in casa e quindi non poteva rimproverarmi. Tolsi le scarpe, cercai di asciugarmi per quel poco che potevo e lasciai la mia borsa con i disegni dei miei studenti sul tavolo da pranzo.
«SARA?» gridai. Mia sorella avrebbe dovuta essere a casa.
Appoggiai la giacca all’appendiabiti e salii le scale.
Aprii la porta della mia camera. Ecco dov’era Sara.
«Questa è la mia camera sorellona! Hai perso l’orientamento?»
Se ne stava seduta sul letto, con la schiena appoggiata allo schienale.
Era vestita come se fosse pronta per un appuntamento galante. Sara, la mia bellissima sorella maggiore. 25 anni; splendida. Lunghissimi capelli biondi che ai lati, grazie a degli elastici, diventavano codini. Occhi castano chiaro. La bocca sottile e delicata, come fosse disegnata da un abile illustratore. Attorno al collo una collana di piccole perle nere. Indossava un abitino lungo e scuro, con le maniche lunghe ma che le lasciava le spalle scoperte. Dall’abitino fuoriuscivano le cosce nude, ma dalle ginocchia in poi le gambe erano coperte da un paio di sottili e lunghe calze nere di cotone. Agitava i piedini incrociati come un’ossessa.
«Che cosa stai… oh no…».
Stava leggendo il mio quaderno. Da quando ero entrato nella camera non mi aveva ancora degnato di uno sguardo.
«Sara, che cosa… Quello è privato! Tu… tu non puoi…»
L’avevo nascosto nel cassetto delle mutande. Perché aveva frugato lì dentro? Ora comunque importava poco…
Sara scoppiò a ridere, sobbalzando sul letto.
Iniziai a sentire caldo, poi freddo, poi ancora caldo. D’improvviso il sudore scendeva copioso lungo la mia fronte. Le mani tremavano.
«Stefano questa sono io, giusto?» disse girando il quaderno verso di me. Il disegno mostrava un ragazzo che aveva le mie sembianze fare sesso con una ragazza che aveva le sembianze di mia sorella. Non c’era bisogno che lo vedessi; avevo fatto io il disegno, sapevo bene cosa fosse.
«No… non sei tu… è per un progetto… “erotico”».
«progetto erotico?» chiese lei.
«Un bravo disegnatore deve essere in grado di disegnare tutto… anche le scene di sesso».
Mi sorpresi per la risposta fulminea che le avevo dato. Peccato però che ero stato talmente stupido da aver scritto anche le vignette.
«Ma davvero? E che mi dici di questo?». Si lecco il dito indice e girò la pagina, poi lesse le vignette: « “fratello ti prego scopami; riempimi del tuo nettare e fammi tua”».
Mi avvicinai, ma lei alzo il piede come per non farmi avvicinare.
«Sara ridammelo, è mio; è privato!»
« “Stefano fratello mio, non ho mai visto un cazzo come il tuo…”. “Sara succhiamelo, ti prego!”».
Abbassai la testa. Ero ufficialmente fottuto.
«Strano… Non solo i tuoi personaggi si chiamano come me e te… Ma sei talmente bravo a disegnare che sono anche identici a noi! Sara è bionda e bellissima, Stefano ha i capelli neri, è alto… MA CHE COINCIDENZA!».
Mi inginocchiai ai piedi del letto. Sara gettò il quaderno sul letto e si sedette sul bordo dello stesso.
«Che stupida… E pensare a tutte le volte che ti ho chiesto di farmi vedere i tuoi disegni e tu ti sei sempre rifiutato… Ecco perché!»
Appoggiò il suo piedino taglia 36 sotto il mio mento, poi mi alzò la testa.
«Se lo mostrassi a papà? Se gli mostrassi i disegni del suo figlio prodigio tanto bravo a disegnare? A 23 anni ecco cosa sa fare Stefano! Dopo aver studiato all’artistico, dopo la scuola di disegno… Ma quanto è bravo Stefano!».
«Tu non puoi farmi questo… Ti scongiuro!»
«SILENZIO!» gridò, mentre con violenza mi poggiava il piede destro sulla testa, abbassandomela fino al pavimento.
«Capisci la situazione in cui ti trovi imbecille pervertito? Sei solo un patetico schifoso che si disegna mentre si scopa la sorella. Questo quaderno ti farebbe finire in un manicomio…». Riprese il quaderno dal letto. «Beh, magari non in un manicomio… ma di certo papà ti caccerebbe di casa, questo è poco ma sicuro! Haha!».
La cosa peggiore era che aveva ragione. Quel quaderno poteva cambiare totalmente la mia vita in peggio. Ecco perché ora mia sorella Sara mi aveva in pugno.
«Però cazzo… I disegni sono bellissimi… Se tralasciamo il fatto che sono le tue fantasie perverse sullo scoparmi… Beh ti direi che sei davvero un disegnatore fantastico!»
Mentre sfogliava le pagine del quaderno, tentai di divincolarmi dal suo piede. Alzai la testa e per tutta risposta lei appoggiò entrambe le piante dei suoi piedi sul mio volto, lasciando scoperto solo il mio naso, in modo che potessi respirare.
«Ma cosa fai fratellino? Ora sei il mio poggiapiedi! E, la vuoi sapere una cosa divertente? Mentre tu mi fai da poggiapiedi, io leggerò il tuo bellissimo fumetto!»
Iniziò a ridere divertita, mentre io me ne stavo immobile, con la testa piena di pessime idee e la faccia schiacciata dai piedi di Sara.
«A proposito di poggiapiedi… Ma questa sono io che ti faccio una sega con i piedi… Mi hai disegnato davvero bella… E ti sei disegnato il pisello lungo mezzo metro… wow! Tu sì che hai dei problemi…»
Tutto d’un tratto, Sara smise di parlare. Alzai leggermente la testa, facendo scivolare dolcemente i suoi piedi sulle mie guance, in modo da liberarmi almeno gli occhi. Sara sembrava assorta nella lettura. Il suo sguardo da divertito era mutato in concentrazione allo stato puro! Il mio fumetto dopotutto le piaceva.
Eppure, l’unica cosa a cui riuscivo a pensare era che la mia vita era finita. Mia sorella mi aveva in pugno. Avrebbe potuto mostrare i miei disegni a mamma e papà e, conoscendola, se non l’avessi accontentata in tutto e per tutto eseguendo i suoi ordini, lo avrebbe fatto. Papà mi avrebbe cacciato di casa. Avrei dovuto andarmene, lasciare casa mia, e cominciare una nuova vita dall’altra parte del mondo: Australia, o forse Canada. So che penserete che sono solo stupidaggini, ma per me non lo erano. Era l’ovvia fine di un pervertito la cui sorella aveva trovato i disegni perversi, che li raffiguravano in pose che non potevano essere fraintese.
Ormai ero finito; tanto valeva finire in bellezza. Avendo i suoi piedi in faccia ne sentivo l’odore con piacere. La realtà era che molti dei miei disegni raffiguravano Sara che mi masturbava usando i piedi. Adoravo i suoi piedi. Visto che la mia vita era finita potevo aprire la bocca e lasciar uscire la lingua…
Ci ripensai, poi alzai lo sguardo un’altra volta. I suoi codini biondi svolazzavano, mentre lei piegava la testa con gli occhi fissi sui miei disegni. Mi stava dominando, in tutto e per tutto. Io ero a tutti gli effetti il suo poggiapiedi. Sara, mia sorella maggiore, era diventata la mia padrona. Leccare i suoi piedi ora non sembrava più un gesto così strano da parte mia.
Poggiai dolcemente la punta della lingua sulla sua pianta del piede. La mia lingua le accarezzò dolcemente il piede, e la calza si bagnò di saliva.
Era rischioso, ma dopo quella veloce leccatina non ero più in grado di fermarmi. La mia lingua ora andava su e giù sulla sua pianta del piede, disegnando una chiazza scura di saliva sulla calza. Alzai lo sguardo. Era immobile, fissa sul quaderno.
Era impossibile che non se ne fosse accorta.
Infilai il naso tra le sue dita dei piedi, inspirando a pieni polmoni mentre la calza di cotone di incollava alle mie narici. Quell’odore pungente mi faceva andare in estasi, mentre la mia lingua aveva bagnato la calza a tal punto che avevo come l’impressione di leccare la sua pelle.
“Sto leccando il piede di mia sorella, sto leccando il piede di mia sorella”. Era l’unica cosa a cui riuscivo a pensare mentre deglutivo la saliva mista a sudore dei suoi piedi.
“Ti prego sorellona continua a leggere… Ci pensa il tuo schiavo/fratello a prendersi cura dei tuoi piedi”.
La mia eccitazione stava raggiungendo l’apice. Iniziavo a sentirmi un po’ più fortunato rispetto a prima. Aveva trovato il mio quaderno e tutto quello che ne conseguiva, ma mi aveva anche messo i piedi in faccia e dato questa occasione… La verità era che non avevo nulla da perdere!
«MMMGH!» Il mio respiro si spezzò. Sara ora mi stava fissando, spingendo con forza il suo piedino dentro la mia bocca. Sentivo le sue dita muoversi sulla mia lingua. Ora il sudore del suo piede e della calza raggiungevano immediatamente le mie papille gustative; prima non pareva tanto intenso.
«Hey!» disse con fare freddo. Nel frattempo, nella mia mente continuavo a pensarci: “mia sorella mi ha infilato il piede in bocca; io sono il suo schiavo… Come se fosse una cosa normale”.
«Spogliati!». Tolse il piede dalla mia bocca, poi bagnò il mio naso con il calzino bagnato della mia stessa saliva.
«Cosa?» chiesi sbigottito.
«Smettila di leccarmi le dita dei piedi e spogliati; TOGLITI TUTTO!»
Non dissi nulla e obbedii. Per un istante, pensai addirittura di risponderle: “Si mia padrona!”. Dopotutto, era quello che era. Ed io ero il suo schiavo.
«MUOVITI IDIOTA! Spero tu sappia chi è che comanda qui!»
Annuii.
«Hai proprio bisogno di una lezione…» disse, mentre mi inginocchiavo nuovamente ai suoi piedi, stavolta nudo come un verme, nel vano tentativo di coprirmi con le mani i gioielli di famiglia.
«Innanzitutto chi ti ha detto che potevi leccarmi i piedi? Adesso sono tutti appiccicosi. Tu hai proprio bisogno di una lezione caro mio… Tu e le tue cazzo di fantasie perverse…»
Annuii nuovamente.
«Ti ecciti a leccarmi i piedi vero? Lo sapevo bene coglione… Secondo te perché te li ho messi in faccia? Ero in camera tua già da un bel po’ prima che tu entrassi e ho avuto un bel po’ di tempo per leggere il tuo bel fumetto. Ho letto le storie dove io ti faccio le seghe coi piedi… Era un test, e guarda caso non sei riuscito a superarlo… Ho ragione?»
«Si, si hai ragione!»
«Forse dovrei davvero farlo vedere a papà…»
«no ti prego…»
«come scusa?»
«ti prego non lo fare…».
Mi diede un calcio sotto il mento. «COSA CAZZO HAI DETTO? Non parlare sotto voce imbecille!»
«TI PREGO SARA NON LO FARE! Farò qualsiasi cosa!».
Appoggiò il suo piede bagnato sulle mie mani, dandogli dei colpetti. Io tolsi le mani dalle mie parti basse.
«WOW! Non esageri quando lo disegni… È proprio grosso…». Iniziò a strusciare il suo piede sul mio pisello, ma non prima di essersi tolta la calza bagnata.
«Oooh»
«Oooh è tutto quello che sai dire?»
«Scusami Sara» dissi con il fiatone, mentre lei strusciava sempre più forte. Poi si tolse l’altra calza, e iniziò a masturbarmi con entrambi i piedi.
«È quello che vuoi, giusto?»
«Oh si… si… si!»
«Posso farti una domanda coglione?»
«tutto quello che… vuoi… sorellona!»
Appoggiai delicatamente le mie mani sui suoi talloni, aiutandola nel farmi godere.
«Perché mi hai disegnata uguale? Stesso colore dei capelli, stessi vestiti… Perfino il nome! Non avevi paura che prima o poi io lo scoprissi? Insomma, un conto è trovare dei disegnetti porno… Ma disegni della propria sorella! Cazzo questo può davvero metterti nei guai!»
«Beh…» era difficile parlare mentre lei stava facendo quella cosa. Mentre i suoi piedi andavano su e giù, sembrava quasi che le sue dita dei piedi tentassero di afferrare i peli del mio cazzo.
«Innanzitutto non pensavo che qualcuno l’avrebbe mai trovato. Dopotutto era ben nascosto… Insomma; era per uso personale, diciamo!»
«Pensavi male!»
«E poi…»
«Poi? Poi cosa? PARLA!»
«Sara tu sei l’unica».
Rimase ferma immobile. Perfino i piedi si fermarono e dovetti muoverli con le mie mani su e giù per l’asta del mio cazzo.
«In che senso?»
«nel senso che sei l’unica a cui riesco a pensare. Quando insegno fumetto ai miei studenti penso sempre a te come modello femminile. Sei stupenda. Sei la mia musa ispiratrice».
Le mie parole la emozionarono.
«Ma cosa…»
«Stai zitto». Scese dal letto e si sfilò il vestito. Rimase in reggiseno e mutandine. Poi si piegò su di me e con le dita spostò di lato la sottile striscia di cotone delle mutande che le copriva la vagina, per fare in modo che potessi penetrarla.
«Oh si, è stretta vero? Eppure entra bene… Sarà che siamo fratello e sorella, ma siamo proprio fatti l’uno per l’altra».
Ero in uno stato d’estasi tale che non credevo più nemmeno di trovarmi sullo stesso pianeta. Mi cavalcava con impeto tale che sembrava volesse prosciugarmi.
«Quella frase che hai detto prima… Che gran bastardo! Mi hai quasi fatto commuovere!»
Come per vendicarsi, afferrò i miei capezzoli e iniziò a stritolarmeli. Cacciai un urlo che riecheggiò per tutta la casa.
«L’hai disegnata sul quaderno questa cosa dei capezzoli… Che c’è? Non credevi che facesse così male! HAHA, Sei il mio giocattolo!».
Teneva i miei capezzoli per rimanere in equilibrio, come fossero le redini di un cavallo mentre cavalcava. Mi guardò e scoppiò a ridere. Non potevo andare oltre.
Un vulcano eruttò dentro la sua passera. Fiumi di sborra la stavano inondando.
Lei gridò, lasciandomi i capezzoli e graffiandomi il petto. Poi diede un paio di pugni sui miei pettorali, mentre dagli angoli della bocca le uscivano rivoli di saliva. Infine si accasciò su di me.
«Mi hai sborrato dentro!» mi sussurrò all’orecchio. «Vuoi mettermi incinta? E dopo chi lo dice a papà?»
5 minuti dopo lei si sedette sul letto. Io mi inginocchiai per l’ennesima volta ai suoi piedi e glieli baciai. Era l’unica cosa che mi sentivo di fare in quel momento: prostrarmi ai suoi piedi. Poi le dissi che l’amavo.
«Quando prima ho detto che avrei raccontato tutto a papà… Stavo scherzando! Non voglio che ti cacci di casa!». Le baciai nuovamente i piedi e le sorrisi. «Come faccio senza il mio fratellino?» disse mentre mi guardava teneramente.
Sara amore mio! Sorellona adorata! Sarò tuo schiavo per sempre!
«Ora andiamo a farci una doccia… Insieme. È un ordine!» disse ridendo.
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