Psicanalisi

di
genere
etero

TOC TOC.
«Avanti, prego entri pure!» dissi raccogliendomi i capelli con un elastico.
Da dietro la porta si palesò un ometto basso, sulla quarantina, con i capelli leccati all’indietro, dei grandi occhiali a mezza luna e uno sguardo perso nel vuoto. «P-posso entrare?»
«Ma certo, è il suo turno, anche se vorrei essere chiara con lei; sono molto impegnata quindi gradirei un minimo di puntualità!»
«Chiedo scusa dottoressa Krasinsky…»
«Kavinsky! È Kavinsky…»
«Scusi dottoressa Kavinsky. È solo che…L’idea di dover venire qui da lei mi ha messo in agitazione e… Sono convinto di aver avuto un attacco di panico all’idea di dover fare questa seduta!».
Teneva lo sguardo basso. Lo alzò solo per un istante per osservarmi.
Quel giorno indossavo un completo giacca-gonna color rosso chiaro, calze in nylon scure e delle scarpe col tacco color smeraldo.
«La prego si sieda sul divano». Lui lo fece e io mi avvicinai a lui facendo scivolare la mia sedia da ufficio con le rotelle verso la sua posizione. «Perché crede di aver avuto un attacco di panico? La seduta la mette sotto stress?»
«Non credo, no… Quando ero più giovane ho già parlato con altri psicologi ma lei…»
«È perché sono nuova per lei? Perché non mi conosce e non si fida di me?»
Nonostante la sua paura notai che guardava con interesse le dita dei miei piedi che facevano dondolare la scarpa.
«No no… Vede… è perché è una donna!»
«Se si sente a disagio possiamo…»
«No dottoressa… Il punto è che io ho questo problema con tutte le donne! Non ho mai avuto problemi di questo genere. Sono stato fidanzato e anche sposato… Ma da qualche tempo io… Beh io mi inibisco! Quando una donna mi parla mi freno psicologicamente! Non riesco più a spiccicare parola, mi comporto come se fossi un ragazzino arrapato; il cuore batte forte e mi capita pure di sbavare… Le donne pensano che sia un maniaco ma mi creda, non riesco a controllarmi!»
Appoggiai la penna che tenevo tra le dita sulle mie labbra, cercando di comprendere il suo problema, mentre l’uomo si coricava sul divano a dita incrociate.
«Non so davvero cosa fare!»
Sovrappensiero, mi massaggiai leggermente il seno, alzando il bavero della giacca e facendo notare al paziente che non indossavo il reggiseno.
«E quindi io… La inibisco?»
«Ahem… Beh in realtà con lei sta andando meglio di quanto sperassi… Forse perché lei non è come le altre donne…Cioè, non nel senso che non è avvenente insomma… capisce no? Nel senso che è un dottore!»
«Ma certo, capisco perfettamente! Ma mi dica; quando era giovane si masturbava di frequente?»
L’uomo inghiottì il boccone amaro.
Appoggiai la mia mano sulla patta dei suoi pantaloni e l’uomo ebbe come un sussultò. Lo sentivo duro, pulsante contro la mia mano. Tirai la zip dei suoi pantaloni verso il basso mentre l’uomo iniziò a sudare copiosamente.
«Non…non capisco!» balbettò.
«Si rilassi! Questo fa parte dell’approccio Gestalt che intendo applicare al suo caso!»
Glielo tirai fuori dai pantaloni. Non era molto lungo ma di dimensioni accettabili. Aveva una forma perfettamente dritta. Iniziai a massaggiarlo.
Coricato sul divanetto, fissava sgomento la mia mano andare su e giù, mentre la mia giacca aperta rivelava i miei seni dalla pelle chiarissima.
«Infatti è mio dovere professionale scavare a fondo nelle cose, per arrivare alla radice delle sue più profonde paure».
Mentre con la mano destra irrigidivo sempre più il membro del paziente, con la sinistra mi tolsi le scarpe. Mi piegai all’indietro e appoggiai i miei piedi sul suo petto, usandolo appunto come un poggiapiedi.
«Senza intimorirla, vorrei possa fidarsi completamente di me durante le nostre sedute perciò le chiedo: lei è un feticista dei piedi?»
«Co-cosa?»
«Forse ho preso un abbaglio…»
Feci come per togliere i miei piedi dal suo petto ma lui li brancò con le mani.
«Aspetti! Si… si è vero, mi piacciono molto i piedi… i suoi piedi…»
«Bene!» lo interruppi. «Questo richiede analisi approfondite».
Portai il piede sinistro all’altezza della sua bocca, e lui iniziò fin da subito a succhiare le mie dita. Con l’altro piede accarezzavo il suo pene.
Mentre premeva con le mani il mio piede sulla sua faccia, infilando il naso tra le dita cercando di assorbirne l’aroma, leccava la pianta bagnando la calza in nylon di saliva.
«Beh ma è chiaro! In lei vi è un enorme, irrisolto complesso di Edipo! Ci scommetterei quel che vuole che sua madre portava calze di nylon scure come le mie!»
L’uomo mi ignorò completamente, troppo impegnato a succhiare il mio alluce.
«Bene, è ora di andare oltre la semplice terapia delle parole! Si tiri su!»
Tolsi i miei piedi dal paziente, non senza che lo stesso ne rimase traumatizzato, per poi piegarmi in avanti.
«Mmh!» GLOM. Presi il suo pene in bocca. Nonostante il sudore, aveva il sapore del tipico bagnoschiuma da uomo, che adoravo. Mentre praticavo la fellatio, mi tolsi di dosso la giacca e rimasi nuda dalla vita in su. Iniziai a muovere la testa e il collo con movimenti ondulatori avanti e indietro, facendo sì che quando tornavo indietro il pene usciva quasi completamente dalla mia bocca, mentre quando andavo avanti riuscivo a metterlo dentro tutto, completamente, fino a toccare con il mio naso la sua pancia.
Il paziente iniziò a sbiascicare risolini e parole come: “oh sì, oh che bello, oh che meraviglia”. Lo sentivo solleticare dolcemente in bocca; nonostante fosse duro il glande rimaneva ovviamente morbido e scivolava giù per la gola.
Me lo tolsi dalla bocca e mi alzai, poi alzai la gonna rivelando che non indossavo le mutandine. Lui se lo prese con la mano e lo puntò verso la vagina.
«Gradirei che iniziassimo con l’anale, se non le dispiace!» dissi cortesemente, anche se la mia eccitazione stava raggiungendo le stelle.
Mi sedetti sopra di lui, sperando di non cadere dal divanetto. Lui iniziò con vigore la penetrazione anale mentre mi leccava e succhiava un seno da dietro. Io con la mano bagnata della mia stessa saliva mi stimolavo la vagina. Iniziò a leccarmi la schiena e capii che voleva accelerare il passo. Era come se da qualche parte dentro di sé avesse trovato una forza sconosciuta. Con le mani, sempre da dietro, mi allargò le cosce e iniziò a penetrarmi a gran velocità.
«Oh sì, molto bene, Oh sì!» dissi sbattendo con violenza il mio sedere sul suo basso ventre.
«Ora è giunto il momento che lei si esprima liberamente, mi ha sentito? Nessuna inibizione!».
«Si dottoressa, qualsiasi cosa per lei!»
Mi fece capire che dovevo alzarmi dal suo basso ventre e rimanere sospesa sopra di lui. Cosi rimasi in piedi sopra di lui con le ginocchia piegate. In pochi istanti cambiò orifizio e io lo aiutai con tutta la mia buona volontà, iniziando con movimenti prima più lenti e poi più veloci ad andare su è giù, facilitando la penetrazione.
«Oh sì, così è perfetto!»
«Dottoressa, io… io…»
«Non si fermi la prego, continui… sto per venire!»
«Dottoressa è bellissimo! Oh si!»
«Uuuuh….Ooooh…La prego ci siamo quasi mmmh!»
Lui piantò un urlo liberatorio, mentre i miei occhiali caddero sul tappeto. Sentii un brivido lungo la schiena, nonché lo sperma caldo che mi bagnava non solo internamente, ma anche sulle labbra vaginali poiché il suo pene continuava ad emettere sperma anche mentre lo estraeva. Ripresi a respirare dopo che avevo trattenuto il respiro per diversi secondi. Entrambi fummo contenti di avere 5 minuti a disposizione per ricomporci, dopo di che mi alzai dal divanetto e mi rimisi la gonna e la giacca.
«Dottoressa volevo solo dirle che…»
«Questo sarebbe il mio onorario!». Non lo feci nemmeno finire di parlare che posizionai sulla mia scrivania un foglietto su cui, per l’appunto, avevo scritto la cifra che mi spettava.
«Sa com’è, purtroppo per oggi la sessione è finita».
L’uomo si avvicinò e osservò il foglietto.
«Noterà che la cifra è piuttosto alta per mezz’ora di seduta… Ma spero non metta in discussione la “qualità” della nostra seduta. Anzi, sa cosa le dico? Se non desidera più avermi come sua psicanalista, può anche non pagarmi!» dissi mentre nascondevo i seni stringendo la giacca.
L’uomo si sistemò gli occhiali appannati, rimase qualche istante a fissare il foglietto e poi sorrise.
«He he, mi dica dottoressa, da quando fa questo lavoro qualcuno dei suoi pazienti si è mai rifiutato di pagarla?» chiese ridacchiando mentre estraeva il portafoglio dai pantaloni.
«Beh, ovviamente no!» dissi sorridendo mentre prendevo dalle mani dell’uomo le banconote.
«Bene, molto bene!» dissi. Con la mano indicai all’uomo la porta d’uscita.
«Le chiederei dunque di tenersi libero venerdì prossimo alla stessa ora…»
L’uomo si bloccò. «Cosa? venerdì prossimo? Ma sta scherzando? È tra una settimana!»
L’uomo si gettò ai miei piedi, baciandomi le caviglie.
«La prego signore! La seduta è terminata!»
«Ma non posso aspettare fino a venerdì! La prego non può farmi questo!» poi alzò il mio piede, mi ritolse la scarpa ed iniziò a baciare il tallone.
«Mi guardi! Sono in ginocchio ai suoi piedi! Sono anche disposto a pagarla di più ma la prego mi riceva il prima possibile!».
«Ehm… E va bene!». L’uomo balzo in piedi come una molla.
«Come ha detto lei, ad un prezzo maggiorato, potrei vederla lunedì nel tardo pomeriggio…»
«È perfetto!»
«Sarebbe il mio ultimo appuntamento del giorno quindi mi raccomando, cerchi di essere puntuale stavolta!»
«Sarò puntuale dottoressa! Ora che so cosa mi aspetta, sarei un’idiota a fare tardi!»
scritto il
2020-06-24
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