La Donna Perfetta - La prima volta di Sasha
di
Angela Kavinsky
genere
trans
Non so se vi interesserà sapere che finalmente l’ho fatto. Ho ceduto alla mia voglia, al mio istinto e mi sono lasciata andare. Erano mesi che sognavo di farlo; Mi sono finalmente sentita donna! E tutto grazie a lui.
Di lui non posso dirvi molto; il nome men che meno, l’aspetto fisico sarebbe meglio di no. Dai suoi abiti e la sua automobile, ho subito capito che si trattava di qualcuno di importante. Lui stesso mi ha fatto promettere di non parlarne con nessuno, ma so che non lo racconterete in giro. Per cui vi dirò che sono quasi certa si tratti di un politico della mia città; inoltre del suo aspetto posso dirvi che è piuttosto basso e tarchiato. Poco meno di 50 anni, con i capelli brizzolati e i baffi.
È successo ieri sera, in un motel sulla tangenziale che lui pareva conoscere piuttosto bene. Mano nella mano siamo andati nella nostra stanza, attraversando il parcheggio e i corridoi dello stabile deserti. Lui aveva la chiave della stanza in tasca, cosa che mi ha fatto sospettare che lui avesse una stanza riservata 24 ore su 24 in quel motel.
All’inizio ero un po’ spaventata. Dei nostri contatti ci avevano fatto conoscere e io non sapevo bene che tipo di persona fosse; speravo non “cattivo”. Mi sarebbe andata bene se avesse voluto fare delle cose un pochino “violente”, tipo sadomaso, ma perlomeno volevo che mi trattasse con rispetto. Fortunatamente, per tutto il tempo che siamo stati insieme, non solo mi ha trattato con i guanti, ma è stato anche molto dolce. Lo speravo per la mia prima volta!
La stanza del motel era piccola, con un letto con le lenzuola di pizzo bianco e le pareti rosse, illuminate da 2 abatjour a forma di statue greche situate sui 2 comodini ai lati del letto. Un grosso specchio a forma di cuore era appeso proprio davanti al letto. Mi sorrise e mi fece segno di accomodarmi sul letto. Frugò nella giacca e tirò fuori delle banconote; 3, tutte da 100. Poi mi sorrise. Presi i soldi, sorrisi a mia volta e infilai le banconote nella mia pochette…
Qualche giorno prima avevo parlato con questo ragazzo in un bar vicino casa. Pareva in tutto e per tutto un poco di buono, con capelli laccati e vestito con una tuta di nylon multicolore.
«Questa persona impazzirebbe per te Sasha. Dico sul serio. Lui mi ha specificatamente dato queste istruzioni: deve sembrare donna al 100%». La cosa mi fece molto piacere. Mi sistemai i miei capelli a caschetto dietro l’orecchio, mentre lui mi osservava compiaciuto.
«Belle tette, belle gambe femminili, un bel culo… Ma la cosa che più mi fa impazzire di te è la tua faccia! Guardati! Se non sei una donna tu non so chi potrebbe esserlo!»
Mi misi a ridere. «E che bel sorriso che hai!» disse. Era un po’ volgare ma ogni donna accetta dei compromessi quando le vengono fatti dei complimenti.
«È bello?» chiesi. Lui fece una faccia strana, tra lo sconcertato e il disgustato.
«Tesoro… No, non è bello ma è una brava persona insomma… Uno che ti tratterebbe bene e poi paga… Comunque questa persona mi ha chiesto una cosa… È importante!»
«Spara!»
«Devi stare zitta!»
«Come scusa?»
«No io… Ahah! Non volevo farti tacere pupa! È quello che devi fare quando sei con lui: stare zitta; silenzio totale!»
«Perché?»
«Tesoro… Non voglio offenderti ma… cazzo, sembri un angelo con la voce di…»
“Di uno scaricatore di porto?” pensai. Ma va! La mia voce era alta, sensuale ma… Da uomo, ovvio! Nonostante mi desse fastidio sentirglielo dire, capivo che quando fai l’amore con una donna sentire un uomo che ti sussurra nelle orecchie ti fa di certo calare la libido.
«OK…Ho capito!» dissi interrompendolo e usando la mano a mo’ di STOP, neanche fossi un addetto al traffico. «Non è un problema; se lui vuole, starò zitta!»
«Mi raccomando gattina, io garantisco per te, fammi fare bella figura!» e gettò 100 euro sul tavolino, quasi dentro alla mia tazza di caffè, poi si allontanò. Fanculo, nemmeno lo conoscevo. Speravo non pretendesse di diventare il mio pappone. Non volevo prostituirmi; certo quei soldi non mi facevano schifo. Ma volevo FARLO, prima di tutto. A 27 anni ero carica come un fuoco d'artificio.
Ma torniamo alla nostra serata: lui si tolse la giacca e la gettò in un angolo. Poi si slegò la cravatta e si sbottonò la camicia, e entrambe andarono presto a fare compagnia alla giacca. Il suo fisico era un po’ ridicolo, con quel pancione che la camicia prima tentava di nascondere. Io mi sentivo molto in imbarazzo mentre lui si toglieva prima le scarpe e poi i pantaloni, rimanendo in calzini e mutande.
Ero sempre seduta sul bordo del letto quando lui si inginocchiò, iniziando a baciare le mie ginocchia coperte da calze di nylon scure. Con entrambe le mani prese la mia gamba destra e tempestò di baci prima il mio ginocchio, poi la gamba e infine la caviglia. Mi piaceva molto ma cercai di non emettere alcun suono. Mi tolse con delicatezza la scarpa, un tacco 12 rosso fiammante taglia 44 e la gettò alle sue spalle. Finì accanto alla sua scarpa di pelle nera. La mia scarpa era molto più lunga della sua. D'altronde lui era molto più basso di me.
Iniziò a succhiarmi le dita e io iniziai a sentire il fastidio del nylon bagnato tra le dita dei piedi appiccicaticce. Poi alzò il suo volto e mi fissò. Mi fece un sorriso smisurato mentre io rispondevo con un risolino imbarazzato e il mio piede che premeva contro i suoi testicoli.
«Sei troppo bella! No, non ci credo che sei un uomo!». Si alzò in piedi, con il mio piede che, strusciando sulle sue mutande, fece sobbalzare come una molla il suo pene duro verso l’alto in maniera comica. Mi prese il voltò tra le dita grassocce, premendomi le guance e trasformando le mie labbra in un “sedere di gallina”.
«le tue labbra carnose, gli occhioni verdi, il nasino a patata… Tu sei una donna vera?»
Imbarazzata, abbassai lo sguardo. Mi sentivo davvero lusingata. Lui fece un risolino e, con impazienza, si tuffò tra le mie gambe. Le sue mani avide raggiunsero la mia schiena. In un attimo sentii la zip della gonna che scendeva e, dopo pochi istanti, aiutandosi con i denti, i collant che volavano via.
Se non fossi ciò che sono, non avendo imparato nel corso degli anni a soprassedere al bigottismo etc. etc., direi che quella scena fu piuttosto squallida, oltre che imbarazzante. Indossavo un paio di mutandine da donna rosa con i bordi ricamati di pizzo nero. Come potete ben immaginare, non riuscivano a coprire nemmeno l’1% di ciò che c’era lì sotto.
Lui appoggiò le mani sul letto e si alzò esterrefatto. Poi sorrise.
«Wow… non potevo immaginare che tu fossi così… dotata!»
Era la mia prima volta e, ovviamente, non avevo mai ottenuto risposta alla mia domanda: “ma agli uomini piace piccolo o grosso su un trans?”
Il mio, neanche a dirlo, era decisamente grosso. Se avessi avuto gusti differenti, e se la mia vita avesse preso una strada diversa, diciamolo: “avrei fatto felici molte donne”.
Lui fece una cosa inaspettata: si abbassò le mutande bianche e si avvicinò a me. Io, d’istinto, allungai le mie gambe lunghe e appoggiai i miei talloni sulle sue spalle. Prese tra le mani il suo pene. Era chiaramente eccitato ma, in realtà, il suo pene non ne dava prova. Si avvicinò ancora fino a quando i nostri due membri non furono uno contro l’altro. Sbucava da sotto il suo pancione e, nonostante fosse duro, non era decisamente un attrezzo da stallone. Sembrava una collinetta al cospetto dell’Everest. Non lo dico per spacconeria, ripeto, non so se gli uomini apprezzino vedere su un trans un pene grande, ma quella scena mi fece calare a picco la libido. Quell’uomo, nonostante fosse stato gentile e premuroso con me (e nonostante mi avesse pagato 300 euro più i 100 dell’anticipo), non mi stava facendo eccitare. Sarebbe stato molto meglio se fosse rimasto inginocchiato a leccare il mio piede.
Rimase un po’ a fissarmelo a bocca spalancata, con la sua mano che si masturbava con calma. Poi, aiutato dal fatto che i miei piedi fossero sulle sue spalle, mi prese per i fianchi e fece in modo da farmi cadere la schiena all’indietro.
Lo sentii entrare. O meglio, pensavo che fosse entrato. Sentivo un leggero sfregamento nel mio ano ma non era abbastanza da darmi piacere. Era come infilarci un mignolo. Duro ma pur sempre un mignolo! Nel frattempo, lui teneva nella mano destra il mio uccello e lo osservava, come fosse uno scettro incantato. Quando iniziò a masturbarmi la cosa mi piacque molto, molto di più del suo sesso che si arrovellava dentro il mio ano.
«SEI LA DONNA PERFETTA! BELLISSIMA E CON IL CAZZO DI UN CAVALLO!» Disse mentre sbatteva il pancione contro i miei testicoli e il suo pisellino dentro e fuori il mio ano.
Feci come per scoppiare a ridere ma poi mi trattenni; lui non voleva sentire la voce di un uomo. Così mi coprii la bocca con la mano. Mentre scivolavo avanti e indietro sulle lenzuola bianche, pensai a quelle parole: erano perfette!
LA DONNA PERFETTA. BELLISSIMA E CON IL CAZZO DI UN CAVALLO.
Avrei tranquillamente potuto stampare un biglietto da visita con quelle credenziali.
Lui continuava a “sbattermi”, ma io non sarei venuta prima di parecchio tempo; mi piaceva la sua mano che mi masturbava, era ovvio che l’avesse già fatto altre volte, ma non ero abbastanza eccitata. Lui invece, non sarebbe durato più di così. Iniziò a muoversi come un forsennato, come un “martellino pneumatico”. Un colpo al secondo e io, se non fosse perché lo stavo effettivamente osservando, non me ne sarei nemmeno accorta. Appoggiai il mio piede sul suo volto, e lui tirò fuori la lingua per leccarmi la pianta e il tallone. Iniziò a ansimare pesantemente, si allontanò da me di qualche centimetro e con la grassa mano coprì interamente il suo pene. Si muoveva talmente velocemente che non riuscivo a distinguerne i bordi. In posizione supina, alzai la testa.
«OOOH!» Fece lui, in una scala da volume alto ad altissimo. Un primo getto caldo finì contro i miei testicoli. Il secondo getto, più potente, finì a rendere lucidi i miei appena visibili addominali. Poi dei rivoli di sostanza appiccicaticcia gli scesero lungo la mano. Aveva ancora la bocca aperta e il suo volto era rosso come un peperone.
Si gettò supino sul letto, al mio fianco, con il pene ancora in mano. respirava a fatica.
“Bene” pensai, “è finita”. Lo guardai con disprezzo sdraiato alla mia destra. È vero, sono stata pagata, ma speravo in qualcosa di meglio. Non mi ha fatto godere quasi per niente. Chiusi gli occhi, immaginando cosa sarebbe successo poi: lui si sarebbe rivestito, io mi sarei rivestita. Ci saremmo salutati? Lui avrebbe voluto rivedermi?
Poi, d’un tratto, una scossa elettrica mi scese dal collo lungo la schiena, arrivando all’ano. Qualcosa stava letteralmente “allargando il mio ano”. Aprii gli occhi di scatto e alzai la testa. Era lui. Tra le mani, un gigantesco vibratore azzurro fosforescente. Lo stava forzando all’interno del mio sedere.
«Com’è stretto!» disse ridendo. «Tesoro mio, tu non sei venuta! Non è giusto! anche tu devi divertirti!»
Un lungo sorriso comparve sul mio volto. Mi gettai sulla schiena, chiudendo immediatamente gli occhi. Nella mia mente, un uomo alto, muscolo, con la pelle nera mi stava sodomizzando. Come uno di quelli che si vedono in tv tutti ricoperti di olio in quei tornei di culturismo.
Che goduria! Ogni volta che faceva avanti e indietro avanzava di mezzo centimetro.
La sua mano lasciò il mio pene, ora decisamente duro oltre che grosso, e la sua lingua iniziò a fare tutto il lavoro.
Avrei tanto voluto URLARE!
Poggiai la mia mano sulla sua guancia mentre inghiottiva la mia cappella. Con il pollice raschiavo la barba di pochi millimetri.
Ora c’erano due mister muscolo nei miei sogni: uno che mi sbatteva, l’altro che me lo succhiava. Al quel pensiero iniziai a sentire come un prurito sulla fronte, in mezzo agli occhi; iniziai a tremare mentre il mio pene si dibatteva nella sua bocca. Il vibratore era ormai tutto dentro.
Trattenni il mio grido liberatorio. Le mie guance si riempirono d’aria. Strabuzzai gli occhi. Le dita dei piedi si arricciarono e i crampi ai polpacci come per magia si dissolsero.
Lui tolse la bocca appena in tempo perché un’autentica fontana potesse divampare dal mio cazzo. Un po’ gli finì in faccia, un po’coprì le mie cosce. Lui aprì la bocca per cercare di assaggiarne un po’ e immagino ci riuscì. Non volevo più smettere mentre scosse elettriche continue mi facevano dimenare sul letto. Ad ogni scossa uno schizzo fuoriusciva. Dopo circa 30 secondi sembrai prosciugata. Mentre lui si leccava le dita, io guardai il letto: non avrei voluto essere nei panni della donna delle pulizie.
Fece un verso di godimento e scoprii che si stava nuovamente masturbando. Uno schizzetto fuoriuscì dal suo “ridicolo” (anche se mi pare di essere cattiva) pisello e si schiantò contro la mia coscia.
Il mio cervello era in tilt. I miei arti non rispondevano più alla mia mente. Lui invece sembrava padrone della situazione: mentre giocherellava con i miei testicoli, leccava la mia pancia muscolosa, nutrendosi nel mio nettare.
Non vi annoierò raccontandovi cosa successe dopo. Quello che mi disse però, lo trovai interessante:
«Sei davvero perfetta!» disse baciandomi il piede e aiutandomi a calzare la scarpa.
«Una come te… Una come te ha un potenziale infinito. La donna perfetta! Bellissima e con il cazzo di un cavallo. Se vuoi un consiglio (e io posso farti conoscere degli amici in tal senso), inizia a bazzicare il mio mondo». Intendeva il mondo della politica? «Lì 9 uomini su 10 venderebbero la madre pur di stare con te». Io annuii.
«Ho il tuo contatto. Magari ti faccio conoscere qualche amico, è? Che ne dici?»
Annuii nuovamente. «Anche se, sinceramente, preferirei tenerti tutta per me!». Che dolce! Mi alzai in piedi, mentre lui, ancora in ginocchio, ormai vestito e con la cravatta ben annodata al collo, inspirò con esagerato vigore, appoggiando il naso alle mie mutande.
Strabuzzò gli occhi e scosse la testa, come sotto l’effetto di un sortilegio.
«La donna perfetta!».
Di lui non posso dirvi molto; il nome men che meno, l’aspetto fisico sarebbe meglio di no. Dai suoi abiti e la sua automobile, ho subito capito che si trattava di qualcuno di importante. Lui stesso mi ha fatto promettere di non parlarne con nessuno, ma so che non lo racconterete in giro. Per cui vi dirò che sono quasi certa si tratti di un politico della mia città; inoltre del suo aspetto posso dirvi che è piuttosto basso e tarchiato. Poco meno di 50 anni, con i capelli brizzolati e i baffi.
È successo ieri sera, in un motel sulla tangenziale che lui pareva conoscere piuttosto bene. Mano nella mano siamo andati nella nostra stanza, attraversando il parcheggio e i corridoi dello stabile deserti. Lui aveva la chiave della stanza in tasca, cosa che mi ha fatto sospettare che lui avesse una stanza riservata 24 ore su 24 in quel motel.
All’inizio ero un po’ spaventata. Dei nostri contatti ci avevano fatto conoscere e io non sapevo bene che tipo di persona fosse; speravo non “cattivo”. Mi sarebbe andata bene se avesse voluto fare delle cose un pochino “violente”, tipo sadomaso, ma perlomeno volevo che mi trattasse con rispetto. Fortunatamente, per tutto il tempo che siamo stati insieme, non solo mi ha trattato con i guanti, ma è stato anche molto dolce. Lo speravo per la mia prima volta!
La stanza del motel era piccola, con un letto con le lenzuola di pizzo bianco e le pareti rosse, illuminate da 2 abatjour a forma di statue greche situate sui 2 comodini ai lati del letto. Un grosso specchio a forma di cuore era appeso proprio davanti al letto. Mi sorrise e mi fece segno di accomodarmi sul letto. Frugò nella giacca e tirò fuori delle banconote; 3, tutte da 100. Poi mi sorrise. Presi i soldi, sorrisi a mia volta e infilai le banconote nella mia pochette…
Qualche giorno prima avevo parlato con questo ragazzo in un bar vicino casa. Pareva in tutto e per tutto un poco di buono, con capelli laccati e vestito con una tuta di nylon multicolore.
«Questa persona impazzirebbe per te Sasha. Dico sul serio. Lui mi ha specificatamente dato queste istruzioni: deve sembrare donna al 100%». La cosa mi fece molto piacere. Mi sistemai i miei capelli a caschetto dietro l’orecchio, mentre lui mi osservava compiaciuto.
«Belle tette, belle gambe femminili, un bel culo… Ma la cosa che più mi fa impazzire di te è la tua faccia! Guardati! Se non sei una donna tu non so chi potrebbe esserlo!»
Mi misi a ridere. «E che bel sorriso che hai!» disse. Era un po’ volgare ma ogni donna accetta dei compromessi quando le vengono fatti dei complimenti.
«È bello?» chiesi. Lui fece una faccia strana, tra lo sconcertato e il disgustato.
«Tesoro… No, non è bello ma è una brava persona insomma… Uno che ti tratterebbe bene e poi paga… Comunque questa persona mi ha chiesto una cosa… È importante!»
«Spara!»
«Devi stare zitta!»
«Come scusa?»
«No io… Ahah! Non volevo farti tacere pupa! È quello che devi fare quando sei con lui: stare zitta; silenzio totale!»
«Perché?»
«Tesoro… Non voglio offenderti ma… cazzo, sembri un angelo con la voce di…»
“Di uno scaricatore di porto?” pensai. Ma va! La mia voce era alta, sensuale ma… Da uomo, ovvio! Nonostante mi desse fastidio sentirglielo dire, capivo che quando fai l’amore con una donna sentire un uomo che ti sussurra nelle orecchie ti fa di certo calare la libido.
«OK…Ho capito!» dissi interrompendolo e usando la mano a mo’ di STOP, neanche fossi un addetto al traffico. «Non è un problema; se lui vuole, starò zitta!»
«Mi raccomando gattina, io garantisco per te, fammi fare bella figura!» e gettò 100 euro sul tavolino, quasi dentro alla mia tazza di caffè, poi si allontanò. Fanculo, nemmeno lo conoscevo. Speravo non pretendesse di diventare il mio pappone. Non volevo prostituirmi; certo quei soldi non mi facevano schifo. Ma volevo FARLO, prima di tutto. A 27 anni ero carica come un fuoco d'artificio.
Ma torniamo alla nostra serata: lui si tolse la giacca e la gettò in un angolo. Poi si slegò la cravatta e si sbottonò la camicia, e entrambe andarono presto a fare compagnia alla giacca. Il suo fisico era un po’ ridicolo, con quel pancione che la camicia prima tentava di nascondere. Io mi sentivo molto in imbarazzo mentre lui si toglieva prima le scarpe e poi i pantaloni, rimanendo in calzini e mutande.
Ero sempre seduta sul bordo del letto quando lui si inginocchiò, iniziando a baciare le mie ginocchia coperte da calze di nylon scure. Con entrambe le mani prese la mia gamba destra e tempestò di baci prima il mio ginocchio, poi la gamba e infine la caviglia. Mi piaceva molto ma cercai di non emettere alcun suono. Mi tolse con delicatezza la scarpa, un tacco 12 rosso fiammante taglia 44 e la gettò alle sue spalle. Finì accanto alla sua scarpa di pelle nera. La mia scarpa era molto più lunga della sua. D'altronde lui era molto più basso di me.
Iniziò a succhiarmi le dita e io iniziai a sentire il fastidio del nylon bagnato tra le dita dei piedi appiccicaticce. Poi alzò il suo volto e mi fissò. Mi fece un sorriso smisurato mentre io rispondevo con un risolino imbarazzato e il mio piede che premeva contro i suoi testicoli.
«Sei troppo bella! No, non ci credo che sei un uomo!». Si alzò in piedi, con il mio piede che, strusciando sulle sue mutande, fece sobbalzare come una molla il suo pene duro verso l’alto in maniera comica. Mi prese il voltò tra le dita grassocce, premendomi le guance e trasformando le mie labbra in un “sedere di gallina”.
«le tue labbra carnose, gli occhioni verdi, il nasino a patata… Tu sei una donna vera?»
Imbarazzata, abbassai lo sguardo. Mi sentivo davvero lusingata. Lui fece un risolino e, con impazienza, si tuffò tra le mie gambe. Le sue mani avide raggiunsero la mia schiena. In un attimo sentii la zip della gonna che scendeva e, dopo pochi istanti, aiutandosi con i denti, i collant che volavano via.
Se non fossi ciò che sono, non avendo imparato nel corso degli anni a soprassedere al bigottismo etc. etc., direi che quella scena fu piuttosto squallida, oltre che imbarazzante. Indossavo un paio di mutandine da donna rosa con i bordi ricamati di pizzo nero. Come potete ben immaginare, non riuscivano a coprire nemmeno l’1% di ciò che c’era lì sotto.
Lui appoggiò le mani sul letto e si alzò esterrefatto. Poi sorrise.
«Wow… non potevo immaginare che tu fossi così… dotata!»
Era la mia prima volta e, ovviamente, non avevo mai ottenuto risposta alla mia domanda: “ma agli uomini piace piccolo o grosso su un trans?”
Il mio, neanche a dirlo, era decisamente grosso. Se avessi avuto gusti differenti, e se la mia vita avesse preso una strada diversa, diciamolo: “avrei fatto felici molte donne”.
Lui fece una cosa inaspettata: si abbassò le mutande bianche e si avvicinò a me. Io, d’istinto, allungai le mie gambe lunghe e appoggiai i miei talloni sulle sue spalle. Prese tra le mani il suo pene. Era chiaramente eccitato ma, in realtà, il suo pene non ne dava prova. Si avvicinò ancora fino a quando i nostri due membri non furono uno contro l’altro. Sbucava da sotto il suo pancione e, nonostante fosse duro, non era decisamente un attrezzo da stallone. Sembrava una collinetta al cospetto dell’Everest. Non lo dico per spacconeria, ripeto, non so se gli uomini apprezzino vedere su un trans un pene grande, ma quella scena mi fece calare a picco la libido. Quell’uomo, nonostante fosse stato gentile e premuroso con me (e nonostante mi avesse pagato 300 euro più i 100 dell’anticipo), non mi stava facendo eccitare. Sarebbe stato molto meglio se fosse rimasto inginocchiato a leccare il mio piede.
Rimase un po’ a fissarmelo a bocca spalancata, con la sua mano che si masturbava con calma. Poi, aiutato dal fatto che i miei piedi fossero sulle sue spalle, mi prese per i fianchi e fece in modo da farmi cadere la schiena all’indietro.
Lo sentii entrare. O meglio, pensavo che fosse entrato. Sentivo un leggero sfregamento nel mio ano ma non era abbastanza da darmi piacere. Era come infilarci un mignolo. Duro ma pur sempre un mignolo! Nel frattempo, lui teneva nella mano destra il mio uccello e lo osservava, come fosse uno scettro incantato. Quando iniziò a masturbarmi la cosa mi piacque molto, molto di più del suo sesso che si arrovellava dentro il mio ano.
«SEI LA DONNA PERFETTA! BELLISSIMA E CON IL CAZZO DI UN CAVALLO!» Disse mentre sbatteva il pancione contro i miei testicoli e il suo pisellino dentro e fuori il mio ano.
Feci come per scoppiare a ridere ma poi mi trattenni; lui non voleva sentire la voce di un uomo. Così mi coprii la bocca con la mano. Mentre scivolavo avanti e indietro sulle lenzuola bianche, pensai a quelle parole: erano perfette!
LA DONNA PERFETTA. BELLISSIMA E CON IL CAZZO DI UN CAVALLO.
Avrei tranquillamente potuto stampare un biglietto da visita con quelle credenziali.
Lui continuava a “sbattermi”, ma io non sarei venuta prima di parecchio tempo; mi piaceva la sua mano che mi masturbava, era ovvio che l’avesse già fatto altre volte, ma non ero abbastanza eccitata. Lui invece, non sarebbe durato più di così. Iniziò a muoversi come un forsennato, come un “martellino pneumatico”. Un colpo al secondo e io, se non fosse perché lo stavo effettivamente osservando, non me ne sarei nemmeno accorta. Appoggiai il mio piede sul suo volto, e lui tirò fuori la lingua per leccarmi la pianta e il tallone. Iniziò a ansimare pesantemente, si allontanò da me di qualche centimetro e con la grassa mano coprì interamente il suo pene. Si muoveva talmente velocemente che non riuscivo a distinguerne i bordi. In posizione supina, alzai la testa.
«OOOH!» Fece lui, in una scala da volume alto ad altissimo. Un primo getto caldo finì contro i miei testicoli. Il secondo getto, più potente, finì a rendere lucidi i miei appena visibili addominali. Poi dei rivoli di sostanza appiccicaticcia gli scesero lungo la mano. Aveva ancora la bocca aperta e il suo volto era rosso come un peperone.
Si gettò supino sul letto, al mio fianco, con il pene ancora in mano. respirava a fatica.
“Bene” pensai, “è finita”. Lo guardai con disprezzo sdraiato alla mia destra. È vero, sono stata pagata, ma speravo in qualcosa di meglio. Non mi ha fatto godere quasi per niente. Chiusi gli occhi, immaginando cosa sarebbe successo poi: lui si sarebbe rivestito, io mi sarei rivestita. Ci saremmo salutati? Lui avrebbe voluto rivedermi?
Poi, d’un tratto, una scossa elettrica mi scese dal collo lungo la schiena, arrivando all’ano. Qualcosa stava letteralmente “allargando il mio ano”. Aprii gli occhi di scatto e alzai la testa. Era lui. Tra le mani, un gigantesco vibratore azzurro fosforescente. Lo stava forzando all’interno del mio sedere.
«Com’è stretto!» disse ridendo. «Tesoro mio, tu non sei venuta! Non è giusto! anche tu devi divertirti!»
Un lungo sorriso comparve sul mio volto. Mi gettai sulla schiena, chiudendo immediatamente gli occhi. Nella mia mente, un uomo alto, muscolo, con la pelle nera mi stava sodomizzando. Come uno di quelli che si vedono in tv tutti ricoperti di olio in quei tornei di culturismo.
Che goduria! Ogni volta che faceva avanti e indietro avanzava di mezzo centimetro.
La sua mano lasciò il mio pene, ora decisamente duro oltre che grosso, e la sua lingua iniziò a fare tutto il lavoro.
Avrei tanto voluto URLARE!
Poggiai la mia mano sulla sua guancia mentre inghiottiva la mia cappella. Con il pollice raschiavo la barba di pochi millimetri.
Ora c’erano due mister muscolo nei miei sogni: uno che mi sbatteva, l’altro che me lo succhiava. Al quel pensiero iniziai a sentire come un prurito sulla fronte, in mezzo agli occhi; iniziai a tremare mentre il mio pene si dibatteva nella sua bocca. Il vibratore era ormai tutto dentro.
Trattenni il mio grido liberatorio. Le mie guance si riempirono d’aria. Strabuzzai gli occhi. Le dita dei piedi si arricciarono e i crampi ai polpacci come per magia si dissolsero.
Lui tolse la bocca appena in tempo perché un’autentica fontana potesse divampare dal mio cazzo. Un po’ gli finì in faccia, un po’coprì le mie cosce. Lui aprì la bocca per cercare di assaggiarne un po’ e immagino ci riuscì. Non volevo più smettere mentre scosse elettriche continue mi facevano dimenare sul letto. Ad ogni scossa uno schizzo fuoriusciva. Dopo circa 30 secondi sembrai prosciugata. Mentre lui si leccava le dita, io guardai il letto: non avrei voluto essere nei panni della donna delle pulizie.
Fece un verso di godimento e scoprii che si stava nuovamente masturbando. Uno schizzetto fuoriuscì dal suo “ridicolo” (anche se mi pare di essere cattiva) pisello e si schiantò contro la mia coscia.
Il mio cervello era in tilt. I miei arti non rispondevano più alla mia mente. Lui invece sembrava padrone della situazione: mentre giocherellava con i miei testicoli, leccava la mia pancia muscolosa, nutrendosi nel mio nettare.
Non vi annoierò raccontandovi cosa successe dopo. Quello che mi disse però, lo trovai interessante:
«Sei davvero perfetta!» disse baciandomi il piede e aiutandomi a calzare la scarpa.
«Una come te… Una come te ha un potenziale infinito. La donna perfetta! Bellissima e con il cazzo di un cavallo. Se vuoi un consiglio (e io posso farti conoscere degli amici in tal senso), inizia a bazzicare il mio mondo». Intendeva il mondo della politica? «Lì 9 uomini su 10 venderebbero la madre pur di stare con te». Io annuii.
«Ho il tuo contatto. Magari ti faccio conoscere qualche amico, è? Che ne dici?»
Annuii nuovamente. «Anche se, sinceramente, preferirei tenerti tutta per me!». Che dolce! Mi alzai in piedi, mentre lui, ancora in ginocchio, ormai vestito e con la cravatta ben annodata al collo, inspirò con esagerato vigore, appoggiando il naso alle mie mutande.
Strabuzzò gli occhi e scosse la testa, come sotto l’effetto di un sortilegio.
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