La Cantina

di
genere
etero

Fa caldo ed è pure umido, sommata alla polvere è una combinazione che fa di questa cantina un antro dantesco, ma ho promesso di sistemare questo corrimano.
Per stare comodo mi sono tolto anche la maglietta e sono a torso nudo, ma anche così sto inzuppando i pantaloncini.
Sopra la mia testa il vociare di alcuni bambini ai piani superiori e altre persone, cerco di concentrarmi sul lavoro che devo fare, ma il sudore ogni tanto mi cola sugli occhi bruciante.
L'illuminazione delle poche e scarne lampadine, mi rammenta che farei cosa santa, buona e giusta a sostituirle con quelle a maggiore luminosità e basso consumo, mandando in pensione quelle a incandescenza, che proiettano sinistre ombre sulla parete.
La porta si apre in cima alla scala, sei tu, con un vassoio che sei scesa a portarmi il caffè, un pensiero gentile, inoltre la porta aperta fa entrare un refolo di aria più fresca creando un minimo di corrente.
Ti saluto, mi chiedi a che punto sono, mi zuccheri il caffè e lo mescoli prima di porgermelo, la tua mano è fresca e sei profumata di doccia appena fatta, ti invidio dentro i tuoi cortissimi short e la canotta dalla quale intravedo che non hai messo il reggiseno.
Scendo un attimo alcuni gradini per lavarmi le mani sotto il piccolo lavandino e per mettere la testa sotto il getto del rubinetto, cercando un po' di refrigerio.
Dura poco però, perché la molla sulla porta la richiude.
Poi mi asciugo con la maglietta il viso e la ributto sulla ringhiera dove l'avevo appesa, controluce si evidenziano i contorni sinuosi del tuo corpo, anche quelli che non apprezzi perché vorresti essere più magra.
Bevo il caffè, guardandoti da sopra il bordo della tazzina, al solito sei meravigliosa....
Il mio sguardo non ti è sfuggito, sulle scale ti inclini di più, in modo che la scollatura della canotta smetta di nascondere il poco che può ancora celare, nel riprendere la tazzina.
Afferro il tuo polso, mi guardi interrogativa, ti estorco un bacio, e poi un secondo, prima di spingere la tua schiena contro il muro.
I capelli sono odorosi di shampoo e balsamo, la tua pelle freme, le mie mani corrono a coprire i tuoi capezzoli ed i tuoi seni vengono stretti nelle palme delle mani.
Le tue dita leggere sfiorano il davanti dei miei pantaloncini mezzo fradici, come casualmente, lo stesso gesto che poco dopo faccio io accorgendomi che sotto non porti nulla.
Le mani si intrufolano, scostano , sollevano, stringono, prendono...e tu...tu non ti opponi, o meglio le tue deboli proteste tradiscono la poca convinzione delle tue richieste.
-stai fermo di sopra c'è gente potrebbero sentirci ! - bisbigliato ripetutamente e sottovoce.
Ma le tue mani sono li a forzare verso il basso l'elastico dei miei pantaloncini sdruciti e strappati,
a liberare il mio cazzo semieretto.
Una confusione di alcuni minuti prima di essere entrambi quasi nudi e del tutto sdraiati sugli scalini, bocche, mani che si rincorrono, sessi esposti, lingue che assaggiano e giocano.
Provi un ultimo tentativo di fermarci, ma ormai è inutile, sortisce il solo effetto di aumentare la mia eccitazione.
La mia testa è tra le tue gambe, se entrasse qualcuno ora ci sarebbe ben poco da spiegare.
Poco dopo sono io ad essere oggetto delle tue attenzioni, ritto in piedi a guardare l'ondeggiare dei tuoi capelli avanti ed indietro.
Ti fermi solo a tratti per incrociare il mio sguardo, in un misto di malizia e curiosità.
Potrebbe finire tutto qui... quindi, quando ti interrompo sollevandoti sai che andrò oltre e questa volta davvero vorresti fermarmi.
Ti faccio girare mettendoti a carponi, allarghi le gambe assecondandomi, più che altro per finire in fretta per non venire scoperti dai padroni di quelle voci che sembrano sempre troppo vicine a quella porta.
La tazzina appoggiata su un gradino, cade sul gradino sottostante e via così su quello più in basso sino al fondo, miracolosamente senza rompersi.
La saliva cola dalla mia bocca sul solco del tuo culo, le voci si avvicinano, ma io non mi fermo.
Scivolo dentro di te senza troppo sforzo, mentre soffochi un guaito dentro le labbra, le mani serrano prima i fianchi e poi i tuoi capezzoli, mentre i miei umidi di sudore disegnano piccoli cerchi sulla tua schiena.
Una stretta dolorosa di forza e di unghie che si conficcano sul mio avambraccio.
Aderiamo l'uno all'altra in questa danza animale ritmata dallo sbattere di carne umida, ogni tanto qualche mugolio più forte si libera dalla prigione delle tue labbra, il tuo accompagnare i movimenti tradisce la partecipazione.
Lo schiocco della mano sul tuo sedere che cala all'improvviso, pare un colpo di fucile in quella cantina silente e semi oscura, un rumore forte, ma che in quell'ambiente pare assordante ad ogni suo ripetersi.
La mia mano che ti afferra i polsi bloccandoli dietro la schiena.
Esplodere in te è naturale, il silenzio della cantina ora è riempito solo dai nostri respiri che vanno calmandosi.
Ti aiuto ad asciugarti dietro con la mia maglietta, ci rivestiamo velocemente, ancora qualche bacio con la foga di due adolescenti.
Ti stacchi dal mio abbraccio, questa volta con convinzione, raccogli la tazzina e la porti su per le scale insieme al vassoio in tempo per raggiungere la porta che si apre ad opera di una vicina.
- Grazie del caffè!-
Mi guardi, e in quello scambio non sono necessarie le parole, mi godo la tua silhouette che si staglia nello specchio della porta in cima alle scale, prima che la porta si richiuda sottraendoti alla mia vista.
E adesso, chi ha più voglia di lavorare?
scritto il
2018-11-16
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