La risposta a ogni domanda - 2
di
Aletheia
genere
esibizionismo
La zona lettura sembrava un sole immerso nella penombra.
Il buio diventava più intenso man mano che ci si allontanava dal centro e vicino alle ampie vetrine del negozio, l'oscurità era vorticosa di tempesta.
La voce di Federico era un fiume in piena: aveva mille domande e cose da dire, su tutto ciò che potesse trovare interessante, era pieno passioni.
Passarono un po' di tempo seduti ai tavoli di consultazione, finché decisero di camminare e unire l'utile al dilettevole.
Visto che c'erano, avrebbero riordinato la libreria: un lavoro in meno da fare lunedì per lei, una cosa che non aveva mai fatto lui, un'idea che alla fine non si era più capito da chi fosse partita.
"Se hai letto quello, devi anche leggere il Petalo cremisi e il bianco, molto crudo ma bello..."
"Non so se è il mio genere, sai?"
Era tutto un rimando di titoli e autori, suggerimenti, opinioni.
A volte battibecchi e discordanze. Le loro voci riempivano allegre il silenzio.
Sara, chinatasi a sistemare una mensola in basso, si rialzò troppo velocemente e chiuse gli occhi portandosi una mano alla fronte: un calo di pressione. Federico l'afferrò subito, trattenendola contro di sé con una mano sulla schiena prima che perdesse l'equilibrio: non che ce ne fosse davvero bisogno, ma gli era venuto spontaneo.
"Stai bene? Vieni qui, siediti..."
"Sono solo stanca..."
La fece appoggiare all'estremità più alta dello scaffale che avevano appena sistemato, tenendola al sicuro con una mano posata dietro la schiena: era abbastanza salda e stava già riprendendosi, ma non voleva rischiare che si facesse male.
Sarebbe stato complicato doverla portare in ospedale e spiegare cosa ci facevano in negozio dopo l'orario di chiusura.
La situazione era questa: in piedi, davanti a lei, la teneva salda... Ma per farlo si era praticamente infilato tra le sue gambe. Non avrebbe dovuto pensarci, perché il suo istinto di uomo rispose prontamente e lui si trovò a chiedersi come sarebbe stato abbassarle le mutandine e...
"Ora sto bene, grazie... Puoi anche lasciarmi..."
Federico esitò. Non voleva lasciarla andare, un po' per timore si notasse l'erezione, un po' perché gli piaceva quel contatto.
Si allontanò, riluttante, sopprimendo tutto ciò che gli passava per la testa.
"Facciamo una pausa?"
Fecero spazio spostando alcuni libri e sedettero sullo scaffale più in basso: non ci si dovrebbe sedere sul mobilio, ma nessuno avrebbe protestato in quel momento.
Le gambe di lei, velate dalle calze e coperte solo fino a metà coscia dalla gonna erano a pochi centimetri dalle sue.
Parlarono molto, di cosa non ha importanza: i pensieri di Federico erano magnetizzati dalle sue gambe.
Gesticolando la sfiorò un paio di volte con una mano: la prima fu un errore e la fece sussultare; la seconda, calcolata, fu un tocco leggermente più duraturo, cui lei non si sottrasse.
Voleva alzare il limite: si girò leggermente verso di lei, posando una gamba proprio contro la sua... Erano tesi, ma nessuno dei due interruppe il contatto, dimostrando un tacito assenso.
Un lampo illuminò i loro sguardi: il silenzio interrotto solo dal battere della pioggia, era saturo dei loro non detti, delle loro fragili attese.
Il tuono spezzò l'equilibrio e la situazione degenerò rapidamente: Federico, inginocchiatosi davanti a lei, la baciò. Le dita delle sue mani s'intrecciarono dietro la nuca di Sara, scesero lungo la schiena e si fermarono alla base, infilandosi appena sotto il bordo di stoffa: sfiorava la sua pelle sudata, poteva sentire l'inizio della curva che portava più giù, là dove avrebbe voluto arrivare lui.
Le labbra della ragazza sapevano di fragola ed erano leggermente disidratate: sapeva di buono, di proibito, di reale.
"Aspetta... Aspetta... No..." Tra un bacio e l'altro, quando il vuoto delle loro lingue le lasciava fiato, Sara gli chiedeva di fermarsi, senza però allentare la presa attorno al suo collo.
"Qui ci sono le telecamere... Finirò nei guai..."
"Non preoccuparti... Ci penso io poi..."
"No, aspetta... Davvero..."
Uno strappo, un sospiro: Federico le aveva rotto le calze, con la sua stessa eccitazione si era bagnato le dita e le era entrato dentro.
"Sei un lago..."
"Oddio... - Sara gli stringeva le mani sulle spalle, quasi facendogli male - Non fermarti..."
Il suo respiro accelerato lo travolgeva di desiderio: con una mano la penetrava e con l'altra si toccava, come se non fosse già abbastanza eccitato.
"Adesso ti scopo..."
Ma qualcosa nell'espressione di lei cambiò: lo respinse, allontanandolo.
"Stenditi..."
Inizialmente Federico non parve capire, ma ubbidì senza chiedere, più remissivo di quanto avrebbe mai immaginato di poter essere.
Il pavimento era freddo e scomodo, ma in quel momento l'adrenalina gli faceva solo avere consapevolezza del suo corpo, del battito del suo cuore e del fatto che la ragazza gli si stava sistemando addosso, per farsi leccare...
Non ci poteva credere. Le afferrò con due mani le cosce e le infilò la lingua tra le labbra lisce ed esposte: si sentiva pulsare tra le gambe, intoccato, bisognoso d'incontrare la tenerezza della carne, esasperato dal vuoto che lo circondava.
Sara sospirava ai tocchi della sua lingua, gemeva quando le succhiava il clitoride e la penetrava aggiungendo saliva ai suoi abbondanti umori.
Federico non poteva vedere altro che il centro del suo piacere e la vetrina del negozio, percorsa da infiniti rivoli di pioggia, ma non servono occhi quando tutte le tue terminazioni nervose sono tanto sensibili: inspiegabilmente, hai ampia coscienza dello spazio e del tempo. Erano in piena vista delle telecamere e della vetrina, ma non gliene fregava niente: avrebbe sistemato ogni cosa.
Un cambiamento d'inclinazione e la mano della ragazza si chiuse su di lui, in un movimento lento e delicato. Gli strappò il fiato in gola e si dovette fermare dal leccarla.
"Non ti ho detto di smettere..."
Ogni fibra del suo corpo era tesa, vibrante, percorsa dall'energia.
La sua bocca, piena della sua eccitazione, non poteva quasi respirare.
Il profumo della ragazza era tutto ciò che percepiva, insieme all'annaspare acquoso della sua lingua dentro di lei.
Con le mani le afferrò le natiche e la spostò leggermente più in avanti, ora più indietro, in un movimento continuo e ipnotico.
Il buio diventava più intenso man mano che ci si allontanava dal centro e vicino alle ampie vetrine del negozio, l'oscurità era vorticosa di tempesta.
La voce di Federico era un fiume in piena: aveva mille domande e cose da dire, su tutto ciò che potesse trovare interessante, era pieno passioni.
Passarono un po' di tempo seduti ai tavoli di consultazione, finché decisero di camminare e unire l'utile al dilettevole.
Visto che c'erano, avrebbero riordinato la libreria: un lavoro in meno da fare lunedì per lei, una cosa che non aveva mai fatto lui, un'idea che alla fine non si era più capito da chi fosse partita.
"Se hai letto quello, devi anche leggere il Petalo cremisi e il bianco, molto crudo ma bello..."
"Non so se è il mio genere, sai?"
Era tutto un rimando di titoli e autori, suggerimenti, opinioni.
A volte battibecchi e discordanze. Le loro voci riempivano allegre il silenzio.
Sara, chinatasi a sistemare una mensola in basso, si rialzò troppo velocemente e chiuse gli occhi portandosi una mano alla fronte: un calo di pressione. Federico l'afferrò subito, trattenendola contro di sé con una mano sulla schiena prima che perdesse l'equilibrio: non che ce ne fosse davvero bisogno, ma gli era venuto spontaneo.
"Stai bene? Vieni qui, siediti..."
"Sono solo stanca..."
La fece appoggiare all'estremità più alta dello scaffale che avevano appena sistemato, tenendola al sicuro con una mano posata dietro la schiena: era abbastanza salda e stava già riprendendosi, ma non voleva rischiare che si facesse male.
Sarebbe stato complicato doverla portare in ospedale e spiegare cosa ci facevano in negozio dopo l'orario di chiusura.
La situazione era questa: in piedi, davanti a lei, la teneva salda... Ma per farlo si era praticamente infilato tra le sue gambe. Non avrebbe dovuto pensarci, perché il suo istinto di uomo rispose prontamente e lui si trovò a chiedersi come sarebbe stato abbassarle le mutandine e...
"Ora sto bene, grazie... Puoi anche lasciarmi..."
Federico esitò. Non voleva lasciarla andare, un po' per timore si notasse l'erezione, un po' perché gli piaceva quel contatto.
Si allontanò, riluttante, sopprimendo tutto ciò che gli passava per la testa.
"Facciamo una pausa?"
Fecero spazio spostando alcuni libri e sedettero sullo scaffale più in basso: non ci si dovrebbe sedere sul mobilio, ma nessuno avrebbe protestato in quel momento.
Le gambe di lei, velate dalle calze e coperte solo fino a metà coscia dalla gonna erano a pochi centimetri dalle sue.
Parlarono molto, di cosa non ha importanza: i pensieri di Federico erano magnetizzati dalle sue gambe.
Gesticolando la sfiorò un paio di volte con una mano: la prima fu un errore e la fece sussultare; la seconda, calcolata, fu un tocco leggermente più duraturo, cui lei non si sottrasse.
Voleva alzare il limite: si girò leggermente verso di lei, posando una gamba proprio contro la sua... Erano tesi, ma nessuno dei due interruppe il contatto, dimostrando un tacito assenso.
Un lampo illuminò i loro sguardi: il silenzio interrotto solo dal battere della pioggia, era saturo dei loro non detti, delle loro fragili attese.
Il tuono spezzò l'equilibrio e la situazione degenerò rapidamente: Federico, inginocchiatosi davanti a lei, la baciò. Le dita delle sue mani s'intrecciarono dietro la nuca di Sara, scesero lungo la schiena e si fermarono alla base, infilandosi appena sotto il bordo di stoffa: sfiorava la sua pelle sudata, poteva sentire l'inizio della curva che portava più giù, là dove avrebbe voluto arrivare lui.
Le labbra della ragazza sapevano di fragola ed erano leggermente disidratate: sapeva di buono, di proibito, di reale.
"Aspetta... Aspetta... No..." Tra un bacio e l'altro, quando il vuoto delle loro lingue le lasciava fiato, Sara gli chiedeva di fermarsi, senza però allentare la presa attorno al suo collo.
"Qui ci sono le telecamere... Finirò nei guai..."
"Non preoccuparti... Ci penso io poi..."
"No, aspetta... Davvero..."
Uno strappo, un sospiro: Federico le aveva rotto le calze, con la sua stessa eccitazione si era bagnato le dita e le era entrato dentro.
"Sei un lago..."
"Oddio... - Sara gli stringeva le mani sulle spalle, quasi facendogli male - Non fermarti..."
Il suo respiro accelerato lo travolgeva di desiderio: con una mano la penetrava e con l'altra si toccava, come se non fosse già abbastanza eccitato.
"Adesso ti scopo..."
Ma qualcosa nell'espressione di lei cambiò: lo respinse, allontanandolo.
"Stenditi..."
Inizialmente Federico non parve capire, ma ubbidì senza chiedere, più remissivo di quanto avrebbe mai immaginato di poter essere.
Il pavimento era freddo e scomodo, ma in quel momento l'adrenalina gli faceva solo avere consapevolezza del suo corpo, del battito del suo cuore e del fatto che la ragazza gli si stava sistemando addosso, per farsi leccare...
Non ci poteva credere. Le afferrò con due mani le cosce e le infilò la lingua tra le labbra lisce ed esposte: si sentiva pulsare tra le gambe, intoccato, bisognoso d'incontrare la tenerezza della carne, esasperato dal vuoto che lo circondava.
Sara sospirava ai tocchi della sua lingua, gemeva quando le succhiava il clitoride e la penetrava aggiungendo saliva ai suoi abbondanti umori.
Federico non poteva vedere altro che il centro del suo piacere e la vetrina del negozio, percorsa da infiniti rivoli di pioggia, ma non servono occhi quando tutte le tue terminazioni nervose sono tanto sensibili: inspiegabilmente, hai ampia coscienza dello spazio e del tempo. Erano in piena vista delle telecamere e della vetrina, ma non gliene fregava niente: avrebbe sistemato ogni cosa.
Un cambiamento d'inclinazione e la mano della ragazza si chiuse su di lui, in un movimento lento e delicato. Gli strappò il fiato in gola e si dovette fermare dal leccarla.
"Non ti ho detto di smettere..."
Ogni fibra del suo corpo era tesa, vibrante, percorsa dall'energia.
La sua bocca, piena della sua eccitazione, non poteva quasi respirare.
Il profumo della ragazza era tutto ciò che percepiva, insieme all'annaspare acquoso della sua lingua dentro di lei.
Con le mani le afferrò le natiche e la spostò leggermente più in avanti, ora più indietro, in un movimento continuo e ipnotico.
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