Facciamo un gioco
di
Aletheia
genere
pulp
A grandi linee dovresti essere quasi arrivato a destinazione.
Il sole non è ancora sorto e ogni tentativo di distinguere dove ti trovi guardando dal finestrino è vano. Da questa pozza gelida e buia, tutto ciò che può entrare - o uscire, in base al punto di vista - sono banchi di nebbia fitta fitta alternati a terra brulla di campagna.
C'è anche qualche sagoma scura che sfreccia nel tuo campo visivo: sono alberi, la cui unica colpa è essere cresciuti sul percorso che un uomo ha immaginato per questo treno.
Ascolta...
Lo senti...?
"Stanno bussando..."
Sul vetro davanti a te devono essere passati dei rami, le cui punte, periodicamente schiaffeggiate dal passaggio del treno, devono aver sbattuto su di esso.
Sorridi: sei sempre stato portato per inventare mondi dal più piccolo e insignificante granello di sabbia.
L'ultima cosa che vedi, proprio davanti a te, vicinissima, prima che le luci sfarfallino e si spengano, è il solido riflesso del vagone, di cui sei l'unico passeggero.
"Ma che cazzo!" Ti scappa ad alta voce, ma tanto non c'è nessuno ad ascoltarti tranne me... ed io non mi formalizzo di certo per così poco.
Da qualche parte vicino all'orizzionte l'aurora si sta facendo strada, ma la luce residua della luna è appena sufficiente a distinguere dove mettere i piedi.
Fai attenzione, mi raccomando.
Orientati sulla base dell'ora: sei partito alle 4, hai dormito profondamente, è passata circa un'ora e mezza: o il treno è in ritardo o hai mancato la tua fermata.
Io questo non posso dirtelo e anche se potessi, tu non mi sentiresti...
Una fitta di paura ti libera prepotentemente dal torpore del sonno: te lo strappa di dosso, come una coperta calda sollevata a tradimento mettendo a nudo tutto te stesso, nella tua vulnerabilità.
Alzati: devi raggiungere il vagone di testa e cercare di parlare col macchinista.
Niente panico.
Prendi lo zaino, mettitelo in spalla, risali i vagoni.
A scatti il treno frena per perdere velocità e arriva l'esasperante momento in cui senti tutta la pressione della decelerazione.
Sta per fermarsi.
Cammina veloce, occhio a dove metti i piedi: c'è una macchia scura proprio a due passi da te, sembra scivolosa, saltala.
Ecco, bene così: se perdi l'equilibrio io non potrò aiutarti.
Guarda fuori: il riflesso delle luci sui lastroni bagnati che costeggiano i binari ti confonde.
Stai entrando in una stazione, ma da quello che riesci a vedere non sembra proprio quella giusta.
Il treno si è fermato, e tu non hai ancora raggiunto nessuno cui chiedere informazioni.
Devi aprire la porta e cercare di capire dove sei, ma prima di farlo devi prendere una decisione:
A) ti basta guardare attraverso la nebbia senza scendere dal treno, rischiando di prendere lucciole per lanterne?
Oppure
B) fai una corsa al tabellone, rischiando di perdere il treno in caso fosse la fermata sbagliata?
Devi scegliere in fretta.
Il sole non è ancora sorto e ogni tentativo di distinguere dove ti trovi guardando dal finestrino è vano. Da questa pozza gelida e buia, tutto ciò che può entrare - o uscire, in base al punto di vista - sono banchi di nebbia fitta fitta alternati a terra brulla di campagna.
C'è anche qualche sagoma scura che sfreccia nel tuo campo visivo: sono alberi, la cui unica colpa è essere cresciuti sul percorso che un uomo ha immaginato per questo treno.
Ascolta...
Lo senti...?
"Stanno bussando..."
Sul vetro davanti a te devono essere passati dei rami, le cui punte, periodicamente schiaffeggiate dal passaggio del treno, devono aver sbattuto su di esso.
Sorridi: sei sempre stato portato per inventare mondi dal più piccolo e insignificante granello di sabbia.
L'ultima cosa che vedi, proprio davanti a te, vicinissima, prima che le luci sfarfallino e si spengano, è il solido riflesso del vagone, di cui sei l'unico passeggero.
"Ma che cazzo!" Ti scappa ad alta voce, ma tanto non c'è nessuno ad ascoltarti tranne me... ed io non mi formalizzo di certo per così poco.
Da qualche parte vicino all'orizzionte l'aurora si sta facendo strada, ma la luce residua della luna è appena sufficiente a distinguere dove mettere i piedi.
Fai attenzione, mi raccomando.
Orientati sulla base dell'ora: sei partito alle 4, hai dormito profondamente, è passata circa un'ora e mezza: o il treno è in ritardo o hai mancato la tua fermata.
Io questo non posso dirtelo e anche se potessi, tu non mi sentiresti...
Una fitta di paura ti libera prepotentemente dal torpore del sonno: te lo strappa di dosso, come una coperta calda sollevata a tradimento mettendo a nudo tutto te stesso, nella tua vulnerabilità.
Alzati: devi raggiungere il vagone di testa e cercare di parlare col macchinista.
Niente panico.
Prendi lo zaino, mettitelo in spalla, risali i vagoni.
A scatti il treno frena per perdere velocità e arriva l'esasperante momento in cui senti tutta la pressione della decelerazione.
Sta per fermarsi.
Cammina veloce, occhio a dove metti i piedi: c'è una macchia scura proprio a due passi da te, sembra scivolosa, saltala.
Ecco, bene così: se perdi l'equilibrio io non potrò aiutarti.
Guarda fuori: il riflesso delle luci sui lastroni bagnati che costeggiano i binari ti confonde.
Stai entrando in una stazione, ma da quello che riesci a vedere non sembra proprio quella giusta.
Il treno si è fermato, e tu non hai ancora raggiunto nessuno cui chiedere informazioni.
Devi aprire la porta e cercare di capire dove sei, ma prima di farlo devi prendere una decisione:
A) ti basta guardare attraverso la nebbia senza scendere dal treno, rischiando di prendere lucciole per lanterne?
Oppure
B) fai una corsa al tabellone, rischiando di perdere il treno in caso fosse la fermata sbagliata?
Devi scegliere in fretta.
0
voti
voti
valutazione
0
0
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
È già domani.racconto sucessivo
Facciamo un gioco - in cui non sei l'unico a partecipare
Commenti dei lettori al racconto erotico