Fiordaliso
di
Tibet
genere
sentimentali
Dedicato a tutti coloro che vogliono le ali.
Ali per volare via o ali per volare e poi ritornare o ancora... semplicemente ali per alzarsi da terra e vedere il mondo da un'altra prospettiva.
Fiordaliso aveva raggiunto l'età della adolescenza in una prigione dorata. Un padre possessivo ed una madre debole l'avevano confinata in una stanza che si affacciava su di un giardino, un giardino si meraviglioso, ma circondato da alte mura, il mondo fuori era a lei inaccessibile.
Gli unici visitatori che allietavano la sua solitudine erano gli uccelli e lei li aveva raffigurati sulle pareti della stanza in splendidi acquerelli.
E ancora aveva disegnato colorate farfalle in volo con le ali dispiegate.
Lei desiderava le loro ali.
Per volare via.
Non conosceva nulla della vita.
Era trattata e considerata come una bambina non destinata a crescere, a rimanere permanentemente nello stato di pre-adolescenza.
E aveva desideri, oltre alla libertà desiderava l'amore. Una cosa che non conosceva ma che ne sentiva il bisogno, un bisogno non perfettamente definito ma esistente. E spesso di notte sentiva anche il bisogno fisico di un qualcosa. Si svegliava fremente con i capezzoli che ornavano il suo meraviglioso seno inturgiditi e sotto... fra le cosce sentiva il bisogno di accarezzarsi e passava allora le dita fra il vello soffice che le ornava il pube, accarezzava la conchiglia chiusa, ne apriva le valve e cercava la perla contenutavi. Si perdeva in lunghe carezze e alla fine si addormentava dopo aver goduto di se stessa.
Era primavera inoltrata quando riposava nel suo giardino e un uccello meraviglioso e sconosciuto si posò accanto a lei. Quando se ne andò lasciò sull'erba del prato uno strano seme. Lo lasciò come fosse un suo regalo. Un po' più grande di un chicco di caffè e innaturalmente bianco. Una intuizione la spinse a raccoglierlo ed a interrarlo nell'angolo migliore del giardino.
Curò quel particolare seme con amore e presto ne vide i risultati, il passaggio rapido da un tenero virgulto a una robusta pianta. Era una pianta sconosciuta che sembrava vivere e crescere dalla sua presenza, dalla presenza di Fiordaliso. E aveva un aspetto camaleontico, mimetizzante. Se Fiordaliso era sola... i suoi rami erano accoglienti, aperti. Le poche volte che il severo padre visitava il giardino, i rami e le foglie si racchiudevano lungo il fusto.
La pianta amava Fiordaliso?
Spesso durante le calde notti d'estate lei usciva dalla sua stanza e si liberava della camicia da notte, restava nuda e godeva della leggera brezza che portava l'odore del mare poco lontano.
Non mancava mai di portarsi presso la pianta in crescita e le sembrava che questa si muovesse, che ora i suoi leggeri rami la invitassero, come a farsi abbracciare.
Ora la pianta era più alta di lei, aveva uno strano aspetto antropomorfo, a volte lei intravedeva le gambe, il busto e le spalle di un giovane uomo e una bella testa ricoperta da una folta chioma. E... in corrispondenza del ventre una strana appendice, aveva l'aspetto di un piccolo ramo troncato, con una protuberanza proprio in cima, spoglio di foglie con solo un cespuglio all'inizio del tronco.
E cambiava aspetto, normalmente chino all'ingiù in sua presenza prendeva vita, rialzava il capo e sembrava aumentare di dimensione, per diventare più lungo e più grosso.
Fu la curiosità a farle mettere la mano su quel tronco e lei lo sentì come vivo. Sentì la forte nervatura e la tonicità, ne sentì la forza. Lo accarezzò a lungo e alla fine le sembrò che il tronco lasciasse fuori uscire una linfa bianca e vischiosa.
Ora le sue visite erano più frequenti ed avvenivano anche di giorno. Presto le venne il desiderio di inginocchiarsi davanti a quel tenace ramo e di provare a baciarlo. Dal bacio passò presto a leccarlo e ad inserirselo in bocca per quanto possibile. E ricevette in bocca quella linfa.
In quelle occasioni si sentiva sciogliere sotto. La sua conchiglia si faceva gonfia e batteva. Prese ad accarezzarsi mentre aveva in bocca quel ramo. E spesso riusciva a far collimare il momento del suo piacere con quella particolare uscita di linfa dal tronco. E le piaceva riceverla in bocca, gustarla a lungo per poi inghiottirla.
Fu la natura a spingerla ad avvicinare il suo ventre a quel tronco. A tenerlo con una mano e a passarlo lungo le valve della sua conchiglia, si sentiva illanguidire, diventare morbida e disponibile. Lo strofinava particolarmente contro la perla contenuta nella sua conchiglia e lì riceveva la linfa emessa con generosità dal ramo.
La notte di fine estate era incredibilmente chiara.
Quando si avvicinò alla pianta le sembrava che avesse cambiato del tutto forma e natura. La vedeva davvero nella figura di un uomo. Di un giovane e bellissimo uomo.
Al solito iniziò il suo gioco.
La carezza al ramo.
Il bacio e l'introduzione nella sua accogliente bocca. Lo strofinamento contro la sua conchiglia e mentre era intenta a questo sentì i rami che sembravano essere le braccia del giovane uomo prenderla forte per le natiche. Si sentì alzare senza nessun sforzo, lei aprì le gambe e con esse circondò il fusto della pianta. Si sentiva sostenere, si sentì abbassare e il ramo cercare l'entrata nella sua conchiglia. Tenero ma deciso e lo sentì entrare nel suo ventre accogliente. Provò solo un attimo di dolore ed era dentro. A fondo, si sentiva posseduta e riempita. Si sentiva aperta. Ora il tronco era vivo, lo sentiva ingrossarsi ancora di più e si muoveva. Si sentiva alzata fino a quasi far uscire il ramo che aveva in ventre e poi abbassata e riempita a fondo.
E ancora... e ancora.
Ora il suo piacere veniva, esplodeva dentro di lei e si allontanava lentamente per poi ritornare nuovamente, come il continuo flusso delle onde del mare. Sentiva il miele che sgorgava dalla sua conchiglia mescolarsi con la linfa che il ramo emetteva. Quando le braccia che la sostenevano la lasciarono andare era sfinita. Sfinita ma non sazia, cercò con le dita quello che tracimava dalla sua conchiglia e se lo portò alla bocca, bevve assetata ancora quella linfa.
Ora il loro unirsi era continuo, poco era il tempo che lei dedicava al riposo, al sonno.
Tutto... fino ai primi di ottobre con l'inizio del gelo. Il sole era solo tiepido ora e le giornate di pioggia frequenti.
Dormì a lungo quella mattina e quando si svegliò andò subito in giardino. La pianta aveva un aspetto sciupato e le foglie di solito rigogliose erano come senza vita.
E sentì una voce, profonda, dal tono maschile ma dolce. Piena d'amore.
La poteva sentire solo lei.
Una voce interiore.
-Devo andare, devo lasciarti, ho fatto il mio tempo qui. Se resto con te... morirò...-
E la sua protesta, che non doveva, che non poteva lasciarla sola.
Non ora. Non più.
Non dopo quanto era successo!
Gli chiese di portarla con lui, nel suo mondo.
Lei senza di lui tornava ad essere insignificante.
Un nessuno.
Gli si avvicinò e lo abbracciò stretto.
Si senti allora circondare da forti braccia. Protettive. Si sentì al sicuro.
Vide i rami cambiare forma e diventare due forti ali. Ali che senza sforzo lasciarono il giardino.
Lei vide lentamente il mondo allontanarsi, il giardino diventare incredibilmente piccolo per poi scomparire. Si senti rinata a nuova vita.
La nuova Fiordaliso.
Auguri a te Fiordaliso, vola sicura.
Sarò retorico ma non fa male un augurio. A tutti.
T.
Ali per volare via o ali per volare e poi ritornare o ancora... semplicemente ali per alzarsi da terra e vedere il mondo da un'altra prospettiva.
Fiordaliso aveva raggiunto l'età della adolescenza in una prigione dorata. Un padre possessivo ed una madre debole l'avevano confinata in una stanza che si affacciava su di un giardino, un giardino si meraviglioso, ma circondato da alte mura, il mondo fuori era a lei inaccessibile.
Gli unici visitatori che allietavano la sua solitudine erano gli uccelli e lei li aveva raffigurati sulle pareti della stanza in splendidi acquerelli.
E ancora aveva disegnato colorate farfalle in volo con le ali dispiegate.
Lei desiderava le loro ali.
Per volare via.
Non conosceva nulla della vita.
Era trattata e considerata come una bambina non destinata a crescere, a rimanere permanentemente nello stato di pre-adolescenza.
E aveva desideri, oltre alla libertà desiderava l'amore. Una cosa che non conosceva ma che ne sentiva il bisogno, un bisogno non perfettamente definito ma esistente. E spesso di notte sentiva anche il bisogno fisico di un qualcosa. Si svegliava fremente con i capezzoli che ornavano il suo meraviglioso seno inturgiditi e sotto... fra le cosce sentiva il bisogno di accarezzarsi e passava allora le dita fra il vello soffice che le ornava il pube, accarezzava la conchiglia chiusa, ne apriva le valve e cercava la perla contenutavi. Si perdeva in lunghe carezze e alla fine si addormentava dopo aver goduto di se stessa.
Era primavera inoltrata quando riposava nel suo giardino e un uccello meraviglioso e sconosciuto si posò accanto a lei. Quando se ne andò lasciò sull'erba del prato uno strano seme. Lo lasciò come fosse un suo regalo. Un po' più grande di un chicco di caffè e innaturalmente bianco. Una intuizione la spinse a raccoglierlo ed a interrarlo nell'angolo migliore del giardino.
Curò quel particolare seme con amore e presto ne vide i risultati, il passaggio rapido da un tenero virgulto a una robusta pianta. Era una pianta sconosciuta che sembrava vivere e crescere dalla sua presenza, dalla presenza di Fiordaliso. E aveva un aspetto camaleontico, mimetizzante. Se Fiordaliso era sola... i suoi rami erano accoglienti, aperti. Le poche volte che il severo padre visitava il giardino, i rami e le foglie si racchiudevano lungo il fusto.
La pianta amava Fiordaliso?
Spesso durante le calde notti d'estate lei usciva dalla sua stanza e si liberava della camicia da notte, restava nuda e godeva della leggera brezza che portava l'odore del mare poco lontano.
Non mancava mai di portarsi presso la pianta in crescita e le sembrava che questa si muovesse, che ora i suoi leggeri rami la invitassero, come a farsi abbracciare.
Ora la pianta era più alta di lei, aveva uno strano aspetto antropomorfo, a volte lei intravedeva le gambe, il busto e le spalle di un giovane uomo e una bella testa ricoperta da una folta chioma. E... in corrispondenza del ventre una strana appendice, aveva l'aspetto di un piccolo ramo troncato, con una protuberanza proprio in cima, spoglio di foglie con solo un cespuglio all'inizio del tronco.
E cambiava aspetto, normalmente chino all'ingiù in sua presenza prendeva vita, rialzava il capo e sembrava aumentare di dimensione, per diventare più lungo e più grosso.
Fu la curiosità a farle mettere la mano su quel tronco e lei lo sentì come vivo. Sentì la forte nervatura e la tonicità, ne sentì la forza. Lo accarezzò a lungo e alla fine le sembrò che il tronco lasciasse fuori uscire una linfa bianca e vischiosa.
Ora le sue visite erano più frequenti ed avvenivano anche di giorno. Presto le venne il desiderio di inginocchiarsi davanti a quel tenace ramo e di provare a baciarlo. Dal bacio passò presto a leccarlo e ad inserirselo in bocca per quanto possibile. E ricevette in bocca quella linfa.
In quelle occasioni si sentiva sciogliere sotto. La sua conchiglia si faceva gonfia e batteva. Prese ad accarezzarsi mentre aveva in bocca quel ramo. E spesso riusciva a far collimare il momento del suo piacere con quella particolare uscita di linfa dal tronco. E le piaceva riceverla in bocca, gustarla a lungo per poi inghiottirla.
Fu la natura a spingerla ad avvicinare il suo ventre a quel tronco. A tenerlo con una mano e a passarlo lungo le valve della sua conchiglia, si sentiva illanguidire, diventare morbida e disponibile. Lo strofinava particolarmente contro la perla contenuta nella sua conchiglia e lì riceveva la linfa emessa con generosità dal ramo.
La notte di fine estate era incredibilmente chiara.
Quando si avvicinò alla pianta le sembrava che avesse cambiato del tutto forma e natura. La vedeva davvero nella figura di un uomo. Di un giovane e bellissimo uomo.
Al solito iniziò il suo gioco.
La carezza al ramo.
Il bacio e l'introduzione nella sua accogliente bocca. Lo strofinamento contro la sua conchiglia e mentre era intenta a questo sentì i rami che sembravano essere le braccia del giovane uomo prenderla forte per le natiche. Si sentì alzare senza nessun sforzo, lei aprì le gambe e con esse circondò il fusto della pianta. Si sentiva sostenere, si sentì abbassare e il ramo cercare l'entrata nella sua conchiglia. Tenero ma deciso e lo sentì entrare nel suo ventre accogliente. Provò solo un attimo di dolore ed era dentro. A fondo, si sentiva posseduta e riempita. Si sentiva aperta. Ora il tronco era vivo, lo sentiva ingrossarsi ancora di più e si muoveva. Si sentiva alzata fino a quasi far uscire il ramo che aveva in ventre e poi abbassata e riempita a fondo.
E ancora... e ancora.
Ora il suo piacere veniva, esplodeva dentro di lei e si allontanava lentamente per poi ritornare nuovamente, come il continuo flusso delle onde del mare. Sentiva il miele che sgorgava dalla sua conchiglia mescolarsi con la linfa che il ramo emetteva. Quando le braccia che la sostenevano la lasciarono andare era sfinita. Sfinita ma non sazia, cercò con le dita quello che tracimava dalla sua conchiglia e se lo portò alla bocca, bevve assetata ancora quella linfa.
Ora il loro unirsi era continuo, poco era il tempo che lei dedicava al riposo, al sonno.
Tutto... fino ai primi di ottobre con l'inizio del gelo. Il sole era solo tiepido ora e le giornate di pioggia frequenti.
Dormì a lungo quella mattina e quando si svegliò andò subito in giardino. La pianta aveva un aspetto sciupato e le foglie di solito rigogliose erano come senza vita.
E sentì una voce, profonda, dal tono maschile ma dolce. Piena d'amore.
La poteva sentire solo lei.
Una voce interiore.
-Devo andare, devo lasciarti, ho fatto il mio tempo qui. Se resto con te... morirò...-
E la sua protesta, che non doveva, che non poteva lasciarla sola.
Non ora. Non più.
Non dopo quanto era successo!
Gli chiese di portarla con lui, nel suo mondo.
Lei senza di lui tornava ad essere insignificante.
Un nessuno.
Gli si avvicinò e lo abbracciò stretto.
Si senti allora circondare da forti braccia. Protettive. Si sentì al sicuro.
Vide i rami cambiare forma e diventare due forti ali. Ali che senza sforzo lasciarono il giardino.
Lei vide lentamente il mondo allontanarsi, il giardino diventare incredibilmente piccolo per poi scomparire. Si senti rinata a nuova vita.
La nuova Fiordaliso.
Auguri a te Fiordaliso, vola sicura.
Sarò retorico ma non fa male un augurio. A tutti.
T.
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