Il bivio

di
genere
sentimentali

“Tu devi essere un angelo... Sei una ventata di aria fresca per me, un’oasi nel deserto, acqua limpida in un mare di merda” i tuoi occhi nei miei. Il cuore che batte all’impazzata. Un velo di tristezza attraversa il tuo sguardo e l’espressione si fa più cupa “Non cercarmi, stammi lontano, io tendo a distruggere tutte le cose belle che incontro”
E con queste semplici parole, senza muovere un dito, mi hai legata indissolubilmente a te. Nella tua fragilità riconoscevo la mia, mi facevi sentire speciale e capace in qualche modo di lenire il tuo dolore. Io potevo essere la tua salvezza e tu la mia. Mai avrei immaginato che saresti stato come un pugnale infilzato nel corpo, che mi lacerava quando cercavo di tirarlo fuori e mi torturava ogni giorno scendendo più dentro.
Ti conoscevo appena, avevo solo avuto modo di constatare la naturale complicità che c’era tra di noi, come se fossimo stati amici di vecchia data.
La prima volta che ti ho visto eri appoggiato al bancone del bar della discoteca. Avevo notato che mi osservavi da un po’ così decisi di avvicinarmi per spingerti ad uscire allo scoperto, per porre fine alla sensazione di disagio che il tuo sguardo fisso aveva fatto emergere in me, più che per un reale interesse. Non capivo perché ma non riuscivo ad ignorarlo. Mi appoggiai al bancone, lanciandoti un’occhiata e spostando lo sguardo sul barman come per voler ordinare da bere. Ottenni il mio scopo, ti voltasti verso di me e iniziasti a parlare:
“Sai, è da dieci minuti che ti guardo, ed è da dieci minuti che sto pensando a qualcosa di carino da dirti ma temo che qualsiasi cosa dirò potrà risultare banale, stupida o stucchevole. E dato che so che la tua decisione di offrirmi o meno la possibilità di conoscerti dipende al novanta percento dalla prima impressione che avrai di me, vorrei giocarmela bene. Purtroppo però non mi è venuto in mente niente che potrebbe davvero sorprenderti e incuriosirti…”
Così riuscisti a catturare completamente la mia attenzione. Ci sai fare con le parole. Iniziammo a parlare a scherzare, ci scambiammo i numeri di telefono e cominciammo a frequentarci. E tutto ebbe inizio.
Ero la tua regina. Nessuno mi ha mai amata, desiderata, scopata come hai fatto tu. Mi sembrava di vivere un sogno. Non potevo che essere pazza di te.
Adesso sono qui, sotto casa tua. Dall’ultimo incontro è trascorso un mese. Abbiamo chiuso. Dopo che ho scoperto che sei sposato e che tua moglie ti ha buttato fuori di casa. Dopo che mi hai chiamato “sporca puttana succhiacazzi” perché una sera ho rifiutato il tuo invito a cena e sono andata al compleanno di un mio amico. Dopo che quella stessa sera sei andato al pub sotto casa tua e ti sei scopato la cameriera, perché ti sentivi solo. E ci hai tenuto che lo sapessi. Ti ho odiato, un odio immenso che non ho mai provato per nessuno che mi ha aiutata a nascondere il dolore straziante, vivo come una ferita aperta che non smette di sanguinare.

Mi sforzo di ripensare a tutto questo prima di suonare il campanello per ricordarmi chi sei, per avere bene in mente quello che è successo, per non avere dubbi sul fatto che sia giusto chiudere qui. Perché adesso si, mi è chiaro, chiarissimo, ma quando ti vedo poi non so perché, finisce per non esserlo più.
Suono il campanello, la tua voce metallica attraverso il citofono. Ti confermo che sono io, che sono venuta a prendere le mie cose come stabilito. Mi apri il portone. Evito l’ascensore perché già così mi manca l’aria. Ad ogni scalino i battiti del cuore aumentano e il fiato si fa più corto. Mi stai aspettando sull’arco della porta, appoggiato allo stipite. Vorrei evitare il tuo sguardo ma so che è impossibile. Raggiunto il pianerottolo, sollevo il mento e incontro i tuoi occhi. Sento una fitta al petto e ti odio ancora di più. Odio il potere che hai su di me, perché per quanto mi impegni a non amarti, mi basta percepire la tua presenza, il profumo, il suono dei tuoi passi per sentire la mia volontà cedere. Devi aver letto qualcosa nel mio sguardo perché allarghi le braccia, ma il tuo gesto ha l’effetto paradossale di incoraggiarmi a rifiutarti.
“No, ti prego. Voglio solo prendere le mie cose e andarmene”
Hai gli occhi tristi, sembri sinceramente dispiaciuto, addolorato. Vederti così rafforza la mia convinzione di essere nel giusto e restituisce vigore alla mia parte ostile. Senza dire niente ti sposti dall’arco della porta e mia fai segno di entrare.
L’odore familiare dell’appartamento mi accoglie come un abbraccio. Cerco di ignorare le emozioni contrastanti che si mescolano dentro di me e vado in camera per riprendere le mie cose.
“Come stai?”
“Bene”. Non voglio parlare, lo abbiamo fatto fin troppo
“Chiara mi dispiace, non doveva andare così… La mia non è vita senza di te”
Sapevo che sarebbe arrivato il momento in cui avresti giocato le tue carte, avresti provato a farmi cambiare idea. Lo hai fatto ogni volta e ogni volta fino ad oggi ci sono caduta. Ma adesso non più.
“Conserva le tue frasi da cioccolatini per la prossima scopata” ti parlo senza guardarti mentre apro l’armadio per raccogliere i miei vestiti. Ti sento sospirare.
“Sappiamo entrambi che se sei venuta qui oggi è per un motivo che non è riprendere le tue cose. Mi avresti chiesto di spedirtele se non volevi vedermi…” Inizio a sentirmi a disagio, la mia rabbia sale. Mi volto e ti guardo:
“Certo tu sai sempre tutto, anche quello che voglio e non voglio meglio di me!”
“Chiara i tuoi occhi non mentono…” lo dici con un filo di voce mentre scuoti lentamente la testa.
“Vaffanculo! Smettila! Non ci provare…non provare a confondermi!” Sento le lacrime salire ma non voglio piangere.
“Guarda che sei tu che confondi me. Che fine hanno fatto le tue promesse? Mi dicevi che ero l’amore della tua vita, che non ci saremo mai lasciati, che avremmo superato insieme i nostri problemi e poi alla prima difficoltà te ne vai? Io che ti ho aperto le porte di casa mia dopo una separazione difficile, che ti ho dato tutto, che mi sono fidato di te dopo tanto tempo… Io che non mi fidavo più di nessuno… Ti avevo avvertito, non mi sono mai nascosto, hai saputo chi ero fin dall’inizio. Ti avevo detto di starmi lontano, di lasciarmi stare, e invece tu hai insistito, mi hai rassicurato, mi hai fatto credere che fosse possibile, mi hai illuso che tra di noi fosse diverso, per poi fare cosa? Comportarti esattamente come tutte le altre, tradire la mia fiducia, andartene, alla prima difficoltà. Ti sei approfittata di me, mi hai preso in giro… mi fai schifo”
Ti sei avvicinato, il tuo volto minaccioso è davanti al mio, a poca distanza. Mi guardi con rabbia e disprezzo. Io sono pietrificata. Mortificata. Hai ragione, sono stata io ad insistere. Mi sento confusa. In colpa. Non so cosa devo fare.
“Scusami…”
“Adesso spiegami che sei venuta a fare qui. Cosa vuoi ancora da me. Entri in casa mia e mi tratti con disprezzo…Mi provochi, fai la dura ma in realtà lo so che non desideri altro che farti scopare. Non vuoi ammetterlo ma te lo leggo negli occhi. Quante volte lo hai immaginato prima di venire qui? Quante volte ti sei toccata pensando a me?”
Un’espressione maliziosa segna il tuo volto così vicino al mio che posso sentire il respiro sulla pelle.
Ogni notte. Vorrei dirti che ogni notte ho ripensato alle tue labbra sulle mie, ai corpi che si intrecciano, alla passione travolgente, incontenibile che c’è tra noi. All’attrazione che cerco di sopprimere ma che ogni volta riaffiora con potenza doppia.
Ma cosa sto facendo? Mi sforzo di odiarti ma perché? Quando non faccio che pensare a te, quando basta la tua presenza per farmi perdere il controllo. Te che ho amato come mai nessun altro… Forse qualche periodo di discordia è il prezzo per quella felicità che solo tu riesci a donarmi… Infondo sei la stessa persona di cui mi sono innamorata tempo fa…
Così improvvisamente decido, mi lascio andare e mi getto tra le tue braccia. Il contatto tra i corpi è come un’esplosione. Mi sollevi le gambe e io ti circondo la schiena. Ti tengo stretto per non lasciarti più. Siamo trascinati dall’urgenza di sentirci, toccarci, baciarci dopo una distanza troppo lunga, che ha amplificato il desiderio. E finalmente so che è questo quello che voglio. Qui, tra le tue braccia, in preda alla passione mi sento a casa. Vorrei che non finisse mai. Mi spingi contro il muro e dopo poco sei dentro di me. E in quell’istante in cui il tuo corpo entra nel mio, tutto sembra ritornare al suo posto.

Mi sforzo di ripensare a tutto questo prima di suonare il campanello per ricordarmi chi sei, per avere bene in mente quello che è successo, per non avere dubbi sul fatto che sia giusto chiudere qui. Perché adesso si, mi è chiaro, chiarissimo, ma quando ti vedo poi non so perché, finisce per non esserlo più.
Suono il campanello, la tua voce metallica attraverso il citofono. Mi apri il portone. Entro nell’ascensore e premo il pulsante del secondo piano. Chiudo gli occhi e faccio un respiro profondo. Le porte dell’ascensore si aprono e ti vedo appoggiato allo stipite della porta. Ti guardo e penso che sei bellissimo.
“Ciao…Come stai?” Ti chiedo
“Male, senza di te”
“Anche io” Sospiro amareggiata.
Allarghi le braccia come per volermi stringere. Faccio un sorriso malinconico
“Meglio di no, ancora mi fai un certo effetto. Voglio solo prendere le mie cose e uscire”
Ti sposti e mi fai passare. L’odore familiare dell’appartamento mi accoglie come un abbraccio. Abbiamo passato dei bellissimi momenti qui, è stato il nostro nido d’amore. Ci siamo amati con passione in ogni stanza, toccato nudi qualsiasi superficie. Ma è stato anche il teatro degli scontri più duri, in cui mi hai lanciato gli insulti peggiori, in cui mi hai confessato i tradimenti e ho scoperto le innumerevoli bugie. Un misto di nostalgia, tristezza e rabbia mi assale. Entro in camera e quel letto sfatto sa di mancanza, come un vuoto tangibile. Sento una fitta all’altezza del petto. Apro l’armadio per prendere i miei pochi vestiti rimasti qui.
“Chiara mi dispiace, non doveva andare così… La mia non è vita senza di te”
Mi fermo, mi volto e vedo i tuoi occhi tristi da cui traspare il dolore. Mi dispiace vederti così. In te riconosco la mia stessa delusione, l’angoscia e il rammarico. Forse ancora più intensi dei miei.
“Mi dispiace Nico, non è facile neanche per me”
“Diamoci un’altra possibilità allora!”
“Ci ho pensato, non sai quanto ci ho pensato. E ci abbiamo provato altre volte. Ma non funziona, non può funzionare” fa male ammetterlo. Sento le lacrime riempire gli occhi.
“Se sei venuta fin qui oggi un motivo c’è… una speranza la coltivi ancora. Altrimenti avresti evitato…”
“Sono venuta perché volevo vederti. Non potrò evitarti per sempre e speravo di poterti salutare un’ultima volta, in modo civile”
“Ah quindi è per questo? Pensi di poter fare di me quello che vuoi? Presentarti a casa mia solo per dirmi addio di nuovo, per farmi soffrire ancora di più? Che fine hanno fatto le tue promesse? Mi dicevi che avremmo superato le cose insieme, che non mi avresti abbandonato… invece mi hai preso solo in giro, sapevi che ero fragile, reduce da una separazione difficile ti ho aperto il mio cuore e le porte di casa mia, ti ho trattato come una regina, ti ho dato fiducia… hai una vaga idea di quanto sia stato difficile per me? Invece sei come tutte le altre, persino peggio”
Mi sento raggelare. Sono confusa, mi sento in colpa. Vedo la tua rabbia crescere. Credo di sapere che cosa accadrà…
“Mi dispiace che tu ti senta vittima, ma se pensare che io sia il tuo carnefice ti aiuta, pensalo pure. Lo fai ogni volta, cerchi di farmi sentire in colpa, di addossare tutto su di me senza assumerti nessuna responsabilità. Fai di me quello che più ti fa comodo: un attimo mi tratti come una regina, mi fai sentire la tua ragione di vita, un attimo dopo mi accusi di essere la tua rovina, la tua maledizione…lo fai sempre, lo stai facendo anche ora. Questo passare dalle stelle alle stalle mi annienta Nico. Non so più chi sono io, cosa voglio, chi amo, e non so più chi sei tu” Il dolore sfocia in lacrime che lascio scorrere sul volto.
“Forse non amerò mai più nessuno come ho amato te ed è questa consapevolezza che ogni volta mi ha spinto a riprovare. Ma questo tuo modo di amare ha qualcosa che mi distrugge e so che le cose non cambieranno, quello che è stato sarà sempre…”
Il tuo volto è pieno di rabbia.
“Vattene brutta stronza…torna a succhiare i cazzi ai tuoi amici che è l’unica cosa che sai fare bene”
Scappo distrutta, ferita, afflitta dall’incapacità di immaginare una vita senza di te ma con la certezza che non ci potrebbe essere vita con te.
di
scritto il
2019-05-28
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