Come mi vuoi

di
genere
etero

Non so come dire. Quello che so è che ho smesso da tempo di dare un nome alle cose. Dare un nome alle cose e richiuderle in definizioni troppo strette per contenerle tutte come si deve. Non so come dire. È che certe cose le senti. In un posto indefinito, nascosto. In un posto dove non conta un cazzo la cognizione di causa. In un posto dove non contano un cazzo le spiegazioni logiche.
“Verrò a Napoli settimana prossima. Ho degli appuntamenti di lavoro.”
Hai detto mezza frase senza fare minimamente riferimento a me. Hai detto mezza frase e quella frase mi è bastata. E se ti avessi ascoltato con le orecchie attente della donna scettica che so essere quando voglio, non me ne sarei fatta niente delle tue parole insipide, vuote.
Se mi fossi guardata con gli occhi increduli della donna razionale che so essere quando voglio, non avrei trovato nulla, per me, nelle tue fredde e distaccate espressioni.
E invece sono qui. Sono qui perché da qualche parte, in profondità, sotto la pelle, le sensazioni vecchie e nuove hanno la meglio sul disincanto.
Sono fradicia. Schifosamente fradicia. Da ieri mattina quando ho lasciato tutto a metà per vagare senza meta fra i vicoli e le strade di Napoli. Sono fradicia. Oscenamente fradicia. Da quando ti ho visto, ieri sera, al ristorante e mi hai concesso solo 5 fottuti minuti del tuo fottutissimo poco tempo.
Sono fradicia. Indecentemente fradicia. Da quando, stamattina, con tono risoluto, mi hai detto che ci saremmo visti al nostro albergo. A mezzogiorno. E forse dovrei cancellare dal viso il sorriso stampato che ho da quando ho messo il piede fuori casa per raggiungere questa stanza. Dovrei asciugarmi la fica e non bagnare copiosamente le mutande al solo pensiero di cavalcarti senza tregua. Tanto non verrai qui per me. Non hai voglia di sentire le mie storie. Non hai voglia di precipitare insieme a me nell’ormai conosciuto abisso delle mie paranoie.
“Sai chi ho voglia di scoparmi?” Mii hai detto mentre cercavo di capire le tue intenzioni.
“Chi?” Ti ho chiesto sorpresa.
“Malena. Una sana e sporca scopata con Malena me la farei subito! Lei si che mi farebbe divertire!”
È questo l’unico pensiero che hai avuto per me. Ed è per questo che oggi non mi faccio fottere da nulla. Oggi mi diverto. Oggi ho lasciato l’amore a casa per essere qui e per offrirmi a te nuda e cruda. Perché se è un pompino da Malena che vuoi, un pompino da Malena avrai. Perché se è Malena che vuoi, bastardo figlio di puttana, Malena avrai.
Sorrido pensando a quanto sai essere stronzo e ridivento seria guardando il brutto orologio alla parete che batte il tempo del tuo ritardo.
Sento dei passi e cerco di capire se sei tu. Perché se sei tu non voglio darmi il tempo di pensare. Bussi. Apro. Ti chiudi la porta alle spalle e mi guardi appena, giusto il tempo di scoprirmi in balconcino nero di pizzo e brasiliana. Incrocio il tuo sguardo per un secondo e come sempre mi inchioda. Ho una fottuta voglia di te, di scendere giù fra le tue cosce e farti un pompino con devozione. Lentamente mi abbasso senza staccare gli occhi dai tuoi. Ti tocco, poi ti apro i jeans per accoglierti nella mia bocca.
Rimani così, dove sei, senza spostarti. Senza dire una sola fottuta cosa che potrebbe rendere diverso questo momento. Perché è così che vuoi. Perché è così che voglio.
Scosto le mutande senza neanche abbassarle. Impugno il tuo cazzo vincendo la resistenza del cotone elastico che vuole tornare al suo posto. Ti ingoio e ti lecco, ti bagno della mia saliva con movimenti lenti ed estenuanti. Ti succhio avida e godo. Godo della tua carne viva, della tua carne turgida. Della tua carne gonfia e pulsante che entra ed esce dalla mia bocca scopandola con foga. Godo del tuo respiro intenso che sta diventando affanno. Della tua mano nei capelli che senza grazia mi spinge fino ad averti tutto in gola, senza fiato.
“Lo sapevo. Lo sapevo che sei brava a succhiare il cazzo, Malena.” Le parole ti muoiono in gola, mi guardi dritto negli occhi ed esplodi il tuo orgasmo trattenendomi a te perché ne ingoi ogni goccia densa.
Mi alzo e finalmente lasci il posto vicino alla porta per seguirmi in camera. Finalmente sfili via i jeans e ti metti comodo. Sono bagnata e le mutande nere appiccicate alla fica non mi danno tregua. Ti voglio dentro, in ogni buco, senza più aspettare.
Guardi il mio telefono sul letto. Lo prendi.
“Visto che sono qui, mi fai vedere la chat con quel ragazzo che ti sta dietro? Sono curioso.” Dici dal nulla porgendomi l’I phone per sbloccarlo.
“Dai fammi leggere che ti scrive, lo sai che sono curioso.” Ripeti divertito.
Mi siedo vicino a te mentre le tue dita veloci scorrono il display.
“Dovresti scrivergli qualcosa di carino. Dovresti mandargli una foto. Questo sì che mi farebbe ritornare il cazzo duro. Dovresti essere più accomodante.”
“Ti ho detto che è un cretino. Scordatelo.” Replico infastidita.
“E non hai voglia di un cazzo nuovo? Come? Ti eccita così tanto quando ti dico che sei troia. Zoccola. Puttana. E non desideri un cazzo nuovo?”
Mi alzo e mi posiziono davanti a te. Ti avvicino le tette alla bocca, te le passo sul viso. Ci affondi il naso. Le mordi.
“È un cretino lui. Se ho voglia di un altro cazzo seguo il consiglio che mi hai dato ieri. Pago qualcuno e mi faccio scopare come voglio essere scopata! Senza complicazioni. Senza strascichi.”
Apro le cosce e mi metto a cavalcioni su di te. Ti struscio addosso la fica e ti metto la lingua in bocca. Mi sposti le mutande con forza e il contatto con la tua pelle calda mi fa colare copiosamente. Ti stringo le braccia intorno al collo, sollevo il bacino leggermente per poi riscendere veloce e impalarmi sul tuo cazzo più duro di prima. Affondi dentro di me con i tuoi colpi decisi mentre ti sputo in bocca tutta la mia voglia. Mi sbatti sul letto e sei sopra di me. La tua bocca nella mia bocca, il tuo fiato nel mio.
“Allora? Pagherai per avere un cazzo nuovo? Pagherai per sentirti più puttana di adesso?”
Ti tiro a me stringendoti fra le cosce.
“Si, ho detto di sì. Ora, però, voglio godere con il tuo cazzo dentro!”
Mi afferri il collo e mi restituisci con decisone ogni goccia della saliva che ti ho sputato in bocca. Mi entri dentro furioso e mi scopi sbattendo il tuo corpo sul mio.
Sento l’orgasmo montare, un calore intenso mi investe, ti stringo il culo per non farti più uscire. Gemo e godo piena del tuo cazzo mentre le unghie corte ti graffiano la carne. Mi sento molle e in preda ad un piacere che sento ancora vivo sulla pelle.
“Alzati.” La tua voce calda mi investe. Ti osservo e gli occhi accesi di una profondità sconvolgente non mi permettono di staccare lo sguardo dal tuo.
In piedi in questa camera così anonima eppure così familiare, il disegno si fa chiaro. Sei alle mie spalle. La bocca sul collo e le mani che stringono le braccia. Mi poggi il cazzo dietro, ancora duro, ancora esigente. Mi spingi verso la porta del bagno. Mi arrendo e ti lascio fare quello che voglio tu mi faccia.
Mi poggi allo stipite della porta. Sento il peso del tuo corpo schiacciare il mio. Mi parli piano all’orecchio raccogliendo con le dita l’orgasmo che ancora sento scorrere fra le cosce.
“Com’era quel video? Me lo fai rivedere? Cosa ti eccitava così tanto?”
Con le mani ti fai strada. Le tue parole mi battono in testa e non voglio fare nient altro che non sia ciò che mi chiedi.
“Allora? Voglio sentire di quel video ancora una volta, raccontami.”
Ti sento addosso e sento il tuo cazzo duro sfiorarmi il buco del culo. Mi perdo.
Un brivido violento e prepotente come te mi percorre la schiena. Sono di nuovo fradicia.
“Allora? Sto aspettando. Non era così che volevi prenderlo nel culo? Io non mi faccio pagare ma ti scopo come vuoi essere scopata.”
scritto il
2019-06-03
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