Napoli - MIlano.
di
Tibet
genere
etero
Napoli-Milano.
L'uomo percorre il corridoio della carrozza Napoli-Milano, tiene in mano il biglietto, trova lo scompartimento che cercava.
-Buongiorno.-.
Tre persone occupano altrettanti posti, una signora di mezz'età e due giovani sui ventotto, trentanni, un maschio e una femmina, accanto ai finestrini.
Guarda i posti e rivolto al ragazzo...
-Mi scusi, sta occupando il posto che ho prenotato.-.
-Veramente? Ma ci sono tanti posti liberi-.
-Si, lo so, mi spiace fare il pignolo, è che se non viaggio nel posto n. 48... non viaggio affatto, è una questione scaramantica-.
Il giovane lascia il posto e si siede di fronte alla signora.
Chiede allora lei... la signora.
-Ma veramente credete a queste cose?-
-Ma come diceva il grande Eduardo De Filippo: "non sarà vero ma io ci credo...", la ritenga una mia piccola mania, signora.-.
L'accento lo colloca al nord, regione indefinita.
Posa la valigetta sul ripiano. Si toglie la giacca e l'appende, si siede, guarda la sua dirimpettaia di posto e le sorride.
Apre il portatile che ha con sé, poi come preso da un pensiero immediato, una sensazione, alza di nuovo gli occhi e riguarda la ragazza.
Scuote leggermente la testa preso dai suoi pensieri.
Anche questa lo sta studiando.
L'uomo sente su di sé lo sguardo indagatore, alza gli occhi e le sorride, il sorriso gli rischiara il viso e ora ne è certa... è lui!
Mentre lei abbassa gli occhi, ora è lui ad esaminarla, una bruna, interessante, bella, non certo una che fa girare per strada, ma si nota, ha qualcosa di magnetico e lui ne sente l'influenza.
Veste un abito lungo di maglia di cotone, con i bottoni per tutta la lunghezza, ne tiene aperti tre sulle gambe e un paio sul petto, le gambe che tiene accavallate mostrano due bei polpacci e l'inizio della coscia, la guarda ma non vuole sembrare invadente e sposta lo sguardo.
La signora ha voglia di chiacchierare.
-Era a Napoli per lavoro?-.
-Si... purtroppo per lavoro, solo per un giorno e una notte-.
-E che le è sembrato?-.
-Mi piace e mi piacciono i napoletani, squisiti, trovo che siano fra le persone più colte e intelligenti che conosco e pazienti.-.
-Eh... si, con i problemi che ci ritroviamo.-
L'uomo non ha voglia di continuare e abbassa lo sguardo sul computer, gli occhi si posano sulle mani della ragazza, le studia, ora è perplesso, possibile che...?
No!
Però fra di loro corre qualcosa di indefinibile, una corrente di pensieri, di sensazioni, i loro occhi si incontrano e si interrogano.
Lui ha bisogno di una conferma, si... la cosa che spesso hanno fatto per gioco e per eccitarsi, fa cadere la penna a terra e si abbassa a raccoglierla, lei scavalla le gambe e le apre, lui scorge fra le cosce il colore delle mutandine, allora il più delle volte non le portava, le piaceva mostrarsi, dare sfogo alla sua mania esibizionistica.
Si rialza, il ragazzo e la donna non si sono accorti di nulla.
Il suo sguardo incredulo interroga quello della ragazza, mentalmente le parla.
-Sei veramente tu? Non ti ho mai cercata dopo di allora e ti trovo qui per puro volere del destino.-.
Poi sente la sua voce.
-Dove scendete...?-.
Si accorgono dell'affanno che lo ha preso?
I due no, ma la giovane donna si e sente la sua voce, è la sua.
-A Villa Literno, siamo quasi arrivati, tra pochi minuti.-.
Si accoda la signora.
-Abitiamo lì, la conosce?-.
L'uomo è preso da una inquietudine strana, vorrebbe fermare il tempo, fermare il treno, avere il tempo di... no! Non è possibile! Il loro rapporto di allora, lei giovane universitaria diciannovenne e lui trentacinquenne non era comunque destinato a diventare qualcosa d'altro, erano i patti di allora, era solo sesso, il loro pazzo sesso.
Un sesso trasgressivo e senza futuro, con lei che pur giovane aveva saggezza per ambedue nel non volere un seguito.
Quanti anni sono passati? Nove o dieci? Ora sarà laureata e forse sposata con il giovane uomo.
Lei si alza, quando il suo ragazzo la interroga con lo sguardo, con la mano fa segno che vuole raggiungere la ritirata.
La sua figura, si... è lei.
Il viso? E' cambiato da allora ma ora ne rivede i tratti giovanili.
Rientra, ora l'abito è chiuso fino all'ultimo bottone, si risiede, pochi minuti che corrono veloci, fatti di sguardi, di richieste, di rifiuti e il treno inizia a rallentare, il giovane e la signora si alzano, si preparano per scendere.
-Buon proseguimento-.
-Grazie, è stato un piacere.-.
Si muovono per scendere, l'ultima è lei, controlla e non vista gli allunga la mano, lui porge la sua aperta e lei gli pone qualcosa nella palma, lui stringe il pugno e poi la guarda scendere.
Porta la mano vicino al viso, allarga le dita, è il suo perizoma celeste, colore che usava e preferiva anche allora, quello che avrebbe voluto avere durante l'ultimo tempestoso colloquio, che le aveva chiesto e non ricevuto, la guarda, transitare sotto di se, porta la mano al naso e aspira il suo afrore.
lei proprio sotto di lui, alza gli occhi e gli sorride.
Legge dalle sue labbra:
-Addio... mio camionista.-.
La segue con gli occhi fino a quando sparisce nel sottopassaggio.
-Addio Francesca...-.
Come non rivivere la loro pazzia sessuale di allora? Come non ricordare la sua torbida sessualità? Come non esserne ancora eccitato? Le pazze corse in autostrada, l'affiancarsi ai grossi mezzi, lei che si mostrava ai conducenti e il gioco successivo con loro.
Scuote la testa, si risiede.
La vita continua, deve continuare. Sempre.
L'uomo percorre il corridoio della carrozza Napoli-Milano, tiene in mano il biglietto, trova lo scompartimento che cercava.
-Buongiorno.-.
Tre persone occupano altrettanti posti, una signora di mezz'età e due giovani sui ventotto, trentanni, un maschio e una femmina, accanto ai finestrini.
Guarda i posti e rivolto al ragazzo...
-Mi scusi, sta occupando il posto che ho prenotato.-.
-Veramente? Ma ci sono tanti posti liberi-.
-Si, lo so, mi spiace fare il pignolo, è che se non viaggio nel posto n. 48... non viaggio affatto, è una questione scaramantica-.
Il giovane lascia il posto e si siede di fronte alla signora.
Chiede allora lei... la signora.
-Ma veramente credete a queste cose?-
-Ma come diceva il grande Eduardo De Filippo: "non sarà vero ma io ci credo...", la ritenga una mia piccola mania, signora.-.
L'accento lo colloca al nord, regione indefinita.
Posa la valigetta sul ripiano. Si toglie la giacca e l'appende, si siede, guarda la sua dirimpettaia di posto e le sorride.
Apre il portatile che ha con sé, poi come preso da un pensiero immediato, una sensazione, alza di nuovo gli occhi e riguarda la ragazza.
Scuote leggermente la testa preso dai suoi pensieri.
Anche questa lo sta studiando.
L'uomo sente su di sé lo sguardo indagatore, alza gli occhi e le sorride, il sorriso gli rischiara il viso e ora ne è certa... è lui!
Mentre lei abbassa gli occhi, ora è lui ad esaminarla, una bruna, interessante, bella, non certo una che fa girare per strada, ma si nota, ha qualcosa di magnetico e lui ne sente l'influenza.
Veste un abito lungo di maglia di cotone, con i bottoni per tutta la lunghezza, ne tiene aperti tre sulle gambe e un paio sul petto, le gambe che tiene accavallate mostrano due bei polpacci e l'inizio della coscia, la guarda ma non vuole sembrare invadente e sposta lo sguardo.
La signora ha voglia di chiacchierare.
-Era a Napoli per lavoro?-.
-Si... purtroppo per lavoro, solo per un giorno e una notte-.
-E che le è sembrato?-.
-Mi piace e mi piacciono i napoletani, squisiti, trovo che siano fra le persone più colte e intelligenti che conosco e pazienti.-.
-Eh... si, con i problemi che ci ritroviamo.-
L'uomo non ha voglia di continuare e abbassa lo sguardo sul computer, gli occhi si posano sulle mani della ragazza, le studia, ora è perplesso, possibile che...?
No!
Però fra di loro corre qualcosa di indefinibile, una corrente di pensieri, di sensazioni, i loro occhi si incontrano e si interrogano.
Lui ha bisogno di una conferma, si... la cosa che spesso hanno fatto per gioco e per eccitarsi, fa cadere la penna a terra e si abbassa a raccoglierla, lei scavalla le gambe e le apre, lui scorge fra le cosce il colore delle mutandine, allora il più delle volte non le portava, le piaceva mostrarsi, dare sfogo alla sua mania esibizionistica.
Si rialza, il ragazzo e la donna non si sono accorti di nulla.
Il suo sguardo incredulo interroga quello della ragazza, mentalmente le parla.
-Sei veramente tu? Non ti ho mai cercata dopo di allora e ti trovo qui per puro volere del destino.-.
Poi sente la sua voce.
-Dove scendete...?-.
Si accorgono dell'affanno che lo ha preso?
I due no, ma la giovane donna si e sente la sua voce, è la sua.
-A Villa Literno, siamo quasi arrivati, tra pochi minuti.-.
Si accoda la signora.
-Abitiamo lì, la conosce?-.
L'uomo è preso da una inquietudine strana, vorrebbe fermare il tempo, fermare il treno, avere il tempo di... no! Non è possibile! Il loro rapporto di allora, lei giovane universitaria diciannovenne e lui trentacinquenne non era comunque destinato a diventare qualcosa d'altro, erano i patti di allora, era solo sesso, il loro pazzo sesso.
Un sesso trasgressivo e senza futuro, con lei che pur giovane aveva saggezza per ambedue nel non volere un seguito.
Quanti anni sono passati? Nove o dieci? Ora sarà laureata e forse sposata con il giovane uomo.
Lei si alza, quando il suo ragazzo la interroga con lo sguardo, con la mano fa segno che vuole raggiungere la ritirata.
La sua figura, si... è lei.
Il viso? E' cambiato da allora ma ora ne rivede i tratti giovanili.
Rientra, ora l'abito è chiuso fino all'ultimo bottone, si risiede, pochi minuti che corrono veloci, fatti di sguardi, di richieste, di rifiuti e il treno inizia a rallentare, il giovane e la signora si alzano, si preparano per scendere.
-Buon proseguimento-.
-Grazie, è stato un piacere.-.
Si muovono per scendere, l'ultima è lei, controlla e non vista gli allunga la mano, lui porge la sua aperta e lei gli pone qualcosa nella palma, lui stringe il pugno e poi la guarda scendere.
Porta la mano vicino al viso, allarga le dita, è il suo perizoma celeste, colore che usava e preferiva anche allora, quello che avrebbe voluto avere durante l'ultimo tempestoso colloquio, che le aveva chiesto e non ricevuto, la guarda, transitare sotto di se, porta la mano al naso e aspira il suo afrore.
lei proprio sotto di lui, alza gli occhi e gli sorride.
Legge dalle sue labbra:
-Addio... mio camionista.-.
La segue con gli occhi fino a quando sparisce nel sottopassaggio.
-Addio Francesca...-.
Come non rivivere la loro pazzia sessuale di allora? Come non ricordare la sua torbida sessualità? Come non esserne ancora eccitato? Le pazze corse in autostrada, l'affiancarsi ai grossi mezzi, lei che si mostrava ai conducenti e il gioco successivo con loro.
Scuote la testa, si risiede.
La vita continua, deve continuare. Sempre.
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