Le stalle

di
genere
dominazione

Prima di arrivare ai box dove Iskra teneva alcune delle sue proprietà, il gruppo si fermò alla postazione medica di Chanel. La dottoressa aveva appena finito di lavorare la prostituta bionda.
Terminato il breve esame medico ed aver appurato che la donna non soffrisse di malattie appuratili ad occhio, Chanel iniziò a vestirla come richiesto da Iskra. Per gli esami del sangue ci sarebbe voluto qualche giorno, ma per il momento la si poteva lasciare stare nel suo recinto.
Con l’aiuto di una serva da stalla, un altro tipo di schiava al servizio di Iskra, Chanel vesti la bionda da ponygirl.
Per alcuni padroni le ponygirl erano un magnifico esempio di arte feticista e dominazione. Per altri uno sport da competizione. In ogni caso le schiavi o gli schiavi vivevano una vita animalesca. Venivano nutrirti, addestrati e usati come animali.
Quella prostituta ucraina dalle gambe lunghe sarebbe diventata un altro pezzo della collezione di Iskra. Oppure l’avrebbe rivenduta ad un prezzo esorbitante a qualche padrone voglioso di possedere una puledra addestrata e bella. La bionda non era un gran che a bellezza. Ci sarebbero voluti giorni di allenamento per far tornare sodo il suo culo. Magari Chanel avrebbe dovuto usare il suo bisturi su un paio di punti.
Messo il corsetto la donna apparve già molto più magra e il seno più gonfio. Le mani vennero ammanettate davanti al collare sul collo. Le ponygirl non potevano usare le braccia, e neppure parlare. Con un po di educazione la bionda avrebbe imparato a comunicare in altri modi i suoi bisogni. L’ultimo tocco furono gli stivali da ponygirl senza tacco e con i talloni rialzati. Quella calzatura rendeva le ponygirl molto più alte del normale e in gara dava loro anche più slancio. Facendosi aiutare dalla donna del camion, la nuova ponygirl venne accompagnata nel suo recinto. Anche se un impedita all’inizio, presto si sarebbe abituata al quel suo nuovo modo di camminare. E allo stile di vita da animale.
-Prossima.- Disse Chanel cambiando la carta sul lettino.
La pigmea con Asta al cappio spinse la sua vittima ancora intontita sul lettino. Il lettino era molto diverso da quello nell’ufficio di Chanel. Sui bracciali e i poggia gambe erano stati messi dei ceppi di ferro per bloccare le sventurate e gli sventurati che ci capitavano sopra.
Chiusi i ceppi Asta si ritrovò bloccata sul lettino a pancia in su e con le gambe divaricate.
Per prima cosa Chanel uso un forbice per tagliarle il vestito. Ormai era ridotto ad uno straccio.
Tornata in se Asta, andò nel panico vedendosi spogliata davanti alle altre donne.
-No! Lasciatemi!-
Ma nessuna di loro volle sentire le suppliche di quella vacca. Chanel le tappo subito la bocca con un grosso pezzo di nastro. Infilatasi un nuovo guanto infilò le dita nella vagina di Asta senza essersi prima neppure lubrificata, o aver chiesto il permesso. Asta strabuzzò gli occhi sentendosi trafitta dove neppure il cazzo di suo marito era passato da anni.
-Sembra pulita.-
Il prelievo di sangue fu anche peggio. Chanel le piantò un grosso ago nel braccio, col quale riempì qualche fiala per i campioni da analizzare.
Vedendo quel sadico spettacolo V capì di essere stata privilegiata. E vide anche che Skylar era l’unica a non vedervi nulla di piacevole. Lei sembrava molto diversa dalle altre donne di quel posto. Di quelle al comando almeno.
Estratto lago e disinfettata la ferita, Chanel prese delle strisce di carta coperte di colla e cominciò a strappare i peli pubici della sua vittima. La vacca era allo stremo. Chanel proseguì il suo lavoro stando comunque attenta a non strappare la pelle della vacca. Bastava poco per rovinarla.
-Buona vacca!- Le ordinò Nubia strattonandole i capezzoli.
Asta mugolò e pianse, facendo colare il mascara sulle guance, ma alla fine si calmò. Chanel nel frattempo non aveva smesso di usare le sue strisce. Facendo comunque attenzione a non lacerare la pelle, strappò grosse strisce di peli pubici una dopo l’altra. Quando ebbe finito anche con l’ano, il pube di Asta era rosso come il fuoco e le lacrime annerite avevano coperto il suo viso paonazzo.
-Da quanto quello al naso?- Domandò Chanel preparando l’ago.
-Grosso. Voglio che lo senta ogni volta che apre la bocca per mangiare o leccare.- Rispose Iskra con sguardo crudele.
Chanel si avvicinò alla testa della vacca, e prima che questa si accorgesse di cosa stesse per accaderle, le infilò il naso l’ago.
Asta andò nel panico completo. Avrebbe voluto urlare, ma lo scotch glielo impedì. Vedendola in quello stato, Nubia diede anche a lei una scarica con il taser. Dopo una breve scarica Asta svenne del tutto.
Chanel concluse l'operazione sostituendo l’ago con un anello abbastanza largo da arrivarle alla bocca, che diede alla schiava un aspetto molto animalesco. Poi toccò alle grandi e labbra e al clitoride.
Per le vacche l’operazione veniva svolta subito al loro arrivo. Con quattro anelli alle grandi labbra e uno al clitoride la sottomissione avveniva più in fretta.
Terminato il lavoro Chanel mostrò alla sua signora e a tutte le altre il suo capolavoro. Iskra non pote che esserne soddisfatta. Col tempo la vacca avrebbe apprezzato quel set di anelli. Lo stesso per il padrone che un giorno l’avrebbe acquistata. Conosceva dei ricchi uomini mediorientali che per una manza di qualità grassa e ben addestrata all’arte del sesso potevano spendere anche il triplo rispetto ad una semplice schiava.
L’ultimo tocco fu diabolico. Usando una siringa, Chanel iniettò un liquido trasparente nelle caviglie di Asta. Fatta rivenire a suon di schiaffi, la vacca venne liberata.
Asta si sentiva a pezzi. Il naso, la vagina, i capezzoli. Era tutto un dolore. Ma il peggio erano le caviglie diventate inspiegabilmente insensibili.
Caduta a terra la vacca riuscì solamente a stare a quattro zampe. Avrebbe voluto chiedere cosa le avessero fatto alle gambe. Ma la pigmea che l’aveva portata dalla sala di prima le rimise il cappio e a suon di strattoni la costrinse a muoversi.
Voltandosi Iskra si accorse che la zingara era rimasta sconvolta da ciò che aveva visto. Divertita la mistress si abbassò per arrivarle all’orecchio con la bocca.
-E a chi tocca adesso?- Le chiese in modo palese.
-No.- Fu l’unica cosa che le uscì dalla bocca.
La giovane zingara tentò di fuggire ma la pigmea che le aveva tenuto il cappio al collo non la lasciò andare. Con un’altra scarica Nubia le fece perdere nuovamente i sensi. Facendosi aiutare dalla sua piccola servitrice caricò la zingara sul lettino.
-A pancia in giù.- Ordinò Iskra. -E mettetele il cavalletto.-
Sia nubia che Chanel rimasero confuse. Quella non era la normale procedura di preparazione per una cagna. Ma senza obbiettare girarono la ragazza e dopo averle messo sotto un cavalletto per alzarle il fondo schiena le bloccarono mani e piedi.
-Aspettate.- Disse V a bassa voce.
Skylar però la interruppe subito.
-Tranquilla. Non le faranno quello che hanno fatto all’altra.-
L’indiana era rimasta sorpresa dalla compassione di quella piccola ragazzina che con la zingara non aveva nulla a che fare. Ma sapeva anche che la sua signora non apprezzava chi interrompeva i suoi giochi. Di sicuro non l’avrebbe punita, ma era meglio non innervosirla. E poi il destino della zingara era segnato.
-Cominciamo con i capelli. Falle un taglio cagna di strada.-
La dottoressa prese un rasoio elettrico e regolata l’altezza iniziò a tagliare i lunghi capelli della zingara. Quando Chanel ebbe finito, alla ragazza rimasero tre o cinque centimetri di capelli spettinati e tagliati male che le davano un’immagine poco raffinata.
Terminati i controlli medici Chanel fu certa che la ragazza non avesse parassiti, la gonorrea o altre malattie sessuali visibili ad occhio. Presi i campioni di sangue con un ago piccolo si preparò per la ceretta. Non le capitava spesso una selva così giovane e rigogliosa.
Nel frattempo la zingara era rivenuta, e scoprendo dove si trovava andò anche lei nel panico. Avrebbe voluto urlare pietà, ma il morso glielo impedì. Vedere la dottoressa preparare le strisce di cera calda non fece altro che peggiorare la situazione.
Ma appena Chanel fu pronta avvenne l’impensabile.
-Solo l’ano.- Ordinò Iskra.
Tutte le donne erano rimaste scioccate. Ad eccezione delle due giovani schiave, tutte le altre presenti sapevano cosa intendesse Iskra.
-Solo l’ano?- Chiese Chanel per essere sicura.
-Si. Così ho deciso.-
Anche se ancora sconvolta, la dottoressa ubbidì alla sua signora, e con estrema delicatezza iniziò a strappare i folti peletti attorno al buchino della zingara.
Il dolore si fece sentire, ma fu sopportabile. Iskra si avvicinò all’orecchio della schiave e le sussurrò dolci parole.
-Oggi è il giorno che non dimenticherai mai. Il giorno che io ti ho graziata.- Sussurrando quelle parole Iskra le accarezzò la chioma appena accorciata. -I prossimi giorni li passerai nella tua gabbietta, ma se farai la brava, e se ti dimostrerai capace, ti darò una vita che neanche puoi immaginare.-
La zingara era diventata una statua di sale. Tra tutte le persone che aveva conosciuto, la stessa donna che l’aveva schiavizzata, ora le stava dando più valore di chiunque altro. Possibile che non stesse scherzando? O come i suoi parenti avevano sempre fatto la stava solo usando?
L’ultimo passaggio fu dare una passata di alcol sul boschetto, tanto per essere sicuri che non nascondesse qualche sorpresina, e iniettarle la stessa sostanza paralizzante di prima.
La zingara non percepì neppure l’ago della siringa nelle caviglie, ma quando venne liberata non riuscì a stare eretta. Resasi conto di ciò che le era accaduto scoppiò nuovamente in lacrime.
-Smettila di frignare.- La rimproverò Chanel. -L’effetto della dose svanirà tra cinque giorni.-
Anche se ancora scossa da quella terribile esperienza, Tiana venne costretta dal cappio della pigmea a muoversi gattonando come una neonata.
Iskra e la sua comitiva lasciarono Chanel alla pulizia dei suoi strumenti per seguire Tiana al suo nuovo alloggio. La zingara faticò non poco a gattonare sulle tavole di legno del pavimento. Le ginocchia le dolevano e la pigmea non prestava alcun interesse alle sue sofferenze.
Quando arrivarono alla porta del suo stallo, la pigmea le apri la porta e la costrinse ad entrare. Li dentro trovò della paglia, un abbeveratoio, uno scolo per i liquidi e una lampada riscaldante che teneva lo stallo al caldo.
Liberata dal cappio e dal morso Tiana venne costretta a giacere sulla paglia. Uscita la pigmea, Iskra entrò con V mentre Nubia e Iskra rimasero alla porta.
-Lo so che non è un alloggio a cinque stelle, ma per i prossimi giorni andrà bene. Se farai la brava ti troverò una sistemazione più accogliente.-
-Padrona Iskra.- La chiamò qualcuno da fuori.
Iskra uscì lasciando V in compagnia della zingara. V stava in un angolo cercando di apparire il più amichevole possibile alla ragazza sdraiata sulla paglia con l’aria incazzata. Quando Tiana incrociò il suo sguardo, non pote fare a meno di chiedersi chi fosse quella ragazzina di uno o due anni più piccola di lei e come mai la valchiria la trattasse meglio.
Appena V le fece un lieve ciao con la mano in segno di solidarietà, Tiana le rispose tirando su col naso e sputandole addosso. Lo schizzo di catarro e muco arrivò dritto sulla pelliccia di volpe di V, che rimasta sconcertata da quella risposta uscì dallo stallo senza neanche chiedere il perché di quel gesto.
La zingara era fatta così. Detestava la compassione degli altri. Un tratto che aveva giocato a suo sfavore ogni volta che la madre l’aveva costretta a mendicare per le strade insieme alle altre ragazze del suo clan.
Appena V fu fori, venne subito individuata dall’occhio onnisciente di Iskra. Prima che la ragazza potesse voltarsi per pulirsi dal catarro Iskra le arrivò alle spalle e incuriosita la costrinse a voltarsi.
Alla valchiria apparve evidente cosa fosse accaduto. Offesa e irritata tornò dentro lo stallo, agguantò la zingara per il collo e schiacciò contro la parete di compensato.
-MAI! Hai capito? Mai.-
La zingara capì di aver fatto il passo più lungo della gamba. Come tante altre volte il suo orgoglio l’aveva appena messa nei guai.
Per essere sicura di avere la sua attenzione Iskra le infilzò la fica pelosa con l’indice e il medio dell’altra mano. Sentendosi trafitta in quel modo, Tiana si immobilizzò. Le unghie della rossa erano ben affilate.
-Lei vale molto più di te. E il solo fatto che io ti abbia graziata non ti da il permesso di aggredirla così. Mi sono spiegata?-
-Si.- Le rispose Tiana cercando di prendere aria.
-Bene. Ora tu te ne resti qui per una settimana. Vivrai e mangerai come un a cagna e se farai la brava ti darò una nuova vita. Per adesso fatti una dormita.-
Iskra lasciò andare la zingara sulla paglia facendole battere la schiena sul compensato. E senza dirle altro uscì sbattendo la porta dello stallo.
Da brava servitrice, Skylar aveva già ripulito la pelliccia di V con uno straccetto. La ragazzina era ancora turbata dal gesto della zingara.
-Se qualcuno ti fa del male, me lo devi venire a dire subito.-
-Va bene.-
-Nuovo animaletto padrona?- Domandò Olena.
Olena era un’ex schiava di Iskra. Una quarantenne dai capelli bruni tagliati corti, una scarsa terza di seno già in fase di abbassamento, gli occhi marroni, la pelle chiara e come unico tocco di femminilità un rossetto cremisi sulle labbra. Vestiva con una tuta di latex nero lucente. Più che una tuta era un intero pezzo composto da stivali tenuti alti fino alle cosce da due bretelle unite alla maschera in testa. Questo abbigliamento le lasciava scoperti i genitali, la pancia, la schiena e le braccia. Oltre a non indossare le mutande la donna aveva un paio di anelli a metà delle bretelle al cui interno stavano le tette flaccide.
Ella gestiva le stalle di Iskra. Dopo aver servito per anni un’amica di Iskra come schiava, Olena era diventata succube di quello stile di vita. Vedendo in lei del potenziale, Iskra la comprò e la trasformò in una mistress. Trasformandola in una delle sue servitrici più fedeli.
-Questa è mia figlia. V.- La corresse Iskra.
-Ciao bella bambina. Vuoi vedere i miei animali?- Le chiese Olena abbassandosi per guardarla in faccia.
V rabbrividì vedendo lo sguardo di Olena. Sotto quella maschera di gomma era celato un volto folle e crudele. E sudato viste le gocce che le scorrevano sulla pelle nuda.
-Non me la spaventare Olena.- La pregò Iskra prendendo in braccio V. -Facci strada.-
L’addestratrice obbedì subito. Camminando con Skylar, Nubia, le due pigmee e V in braccio, Iskra diede le indicazioni sulla zingara a Olena. Chiarì che non le sarebbe stato fatto del male, se si fosse comportata bene. E che avrebbe mangiato solo il pastone vegetariano. Una brodaglia di avanzi vegetali triturati data alle schiave come punizione.
Le mistress camminarono tranquillamente. V invece restò tesa. Ma quando arrivarono agli stalli dei cavalli trovò un pizzico di serenità. Iskra possedeva otto magnifici esemplari. Due portoghesi, quattro austriaci, il suo Caligola e un arabo. Furono però i quattro pony a far gongolare la ragazzina. Quando Iskra gliene fece avvicinare uno con dell’avena per farglielo accarezzare per poco non se la fece addosso.
In un’altra stalla erano tenute invece le galline, i maiali, le mucche e i manzi di Kobe. L'odore non era di certo dei migliori, ma le uova e sopratutto la carne erano tutta roba di qualità. Merito del foraggio di prima scelta e delle cure che le due aiutanti di Olena, le due schiave meno attraenti di tutto il Regno, riservavano a quei preziosi animali. Sarebbe bastata un’epidemia o un’errore nel razionamento delle riserve di foraggio per far morire tutti gli animali e costringere la sorellanza a mangiare cibo in scatola invece che prodotti freschi.
L’ultima grande stanza era invece quella riservata agli essere umani. Cinque stalli usati per contenere le ponygirl, le cagne, le vacche e i mandingo di Iskra.
Le cagne erano state tutte sottoposte ad un estenuante lavaggio del cervello. Il loro stallo era sovrastato da una rete che le costringeva a stare basse. Oltre a non potersi alzare in piedi, Olena le aveva costrette a comunicare come dei veri cani. Quando Iskra voleva giocarci venivano legate al guinzaglio e costrette a gattonare con delle ginocchiere e dei guanti per non farle rovinare la pelle. Il loro tempo libero lo passavano sempre accucciate e muovendosi come delle scimmie. A differenza di molte loro simili non erano docili e domate. Erano invece violente e selvagge come a Iskra piacevano. Ubbidivano solo alla frusta e quando veniva loro concessa un’altra schiava la violentavano come degli uomini. Quelle quattro stavano sempre a dormire, a giocare tra loro o a lesbicare nella penombra dello stallo.
Le due ponygirl non erano poi tanto diverse. Sicuramente più docili e domate, ma sotto tutto quel cuoio nascondevano l’orgoglio della loro casta. Anche se costrette a non avere rapporti sessuali liberi, erano comunque trattate e curate meglio. La prostituta era stata appena portata nel loro stallo. Rannicchiata in un angolo aveva già perso l’interesse delle su due compagne. La sud africana dalla pelle nera e la pallida inglese erano delle formidabili maratonete. Veloci e resistenti venivano allenate periodicamente con pellicce logore per proteggerle dal freddo. La nuova arrivata avrebbe dovuto darsi da fare con gli esercizi, altrimenti avrebbe assaggiato la frusta della sua istruttrice. E in oltre non avrebbe ricevuto alcun tipo di particolare attenzione da essa. Gli orgasmi e i momenti di piacere per loro erano delle ricompense. Non un diritto.
Le vacche erano invece l’esatto opposto. Grasse, pigre e destinate ad un’unica classe di acquirenti. Passavano gran parte della loro giornata a dormire, mangiare cibi ricchi di calorie e a masturbarsi. Per loro erano state messe delle sexmachine ai lati dello stallo con le quali potevano raggiungere facilmente l’orgasmo. Facevano comunque anche loro attività fisica, e d’estate venivano fatte anche “pascolare” nel prato di fuori. La cosa più assurda era però la mungitura. Le serve della stalla mischiavano al loro cibo dei farmaci speciali per la produzione di latte, e due volte al giorno le mungevano con delle pompe speciali fatte su misura per le loro enormi mammelle. Il loro latte veniva poi usato da un’altra dipendente di Iskra per vari scopi e nelle cucine del Ragno per saziare gli appetiti più feticisti delle mistress.
V trovò disumano il loro modo di vivere. Eppure quelle cinque zoccole paffute sembravano godersela. Una si stava pure facendo trapanare la figa dal didlo di una sexmachine. E se lo godeva platealmente ansimando e muggendo.
-Vogliate scusarmi ma devo far ambientare la nuova arrivata.- Disse Olena entrando nello stallo.
Una delle serve aveva fatto entrare da una stanzetta a parte la povera Asta. La schiava era stata appena nutrita a forza con un tubo e vestita solamente con delle bende e un pannolone per adulti in modo da coprirle gli anelli appena messi. Ancora disorientata dal trattamento subito e dall’eccessiva nutrizione barcollò per un metro fino a sdraiarsi sulla paglia.
Olena sarebbe stata un’ora con lei per farla ambientare, conoscere le sue nove amiche di stalla e come comportarsi. Come tutte le schiave non poteva pisciare dove voleva. La paglia veniva fatta portare li da un camion periodicamente, quindi era meglio non sprecarla. E cosa più importante, per una settimana non avrebbe avuto orgasmi. Il rischio di infettarsi i nuovi buchi degli anelli ai genitali era troppo alto.
Il gruppo continuò il giro seguendo la serva all’ultimo stallo. Li V vide per la prima volta il pene di un uomo dal vivo. E ne rimase sbalordita. Un membro scuro di trenta centimetri stava spingendo dentro un contenitore rivolto verso il basso. Il proprietario di quell'ariete era Mongo. Un nerboruto schiavo nigeriano comprato da Iskra all’inizio della sua carriera. Mongo e altri tre suoi compagni erano dei veri mandingo. Dei tori da monta ben attrezzati e quasi instancabili. Oltre ad essere violenti, i quattro bronzi di Riace amavano violentare le loro vittime fino ad ucciderle. Solo la loro padrona e altre tre mistress di quel posto erano state capaci di piegarli senza impugnare la frusta. E ogni volta che una di loro aveva il coraggio di provare le loro possenti doti, venivano legati saldamente e costretti a dei rapporti che il più delle volte non li soddisfacevano neppure.
Il loro piacere giornaliero si basava sui rapporti omosessuali che praticavano nel loro stallo ben sbarrato e sigillato, e sulle “mungiture” mattutine e pomeridiane offertegli dalle serve di stalla. Era raro che gli venisse offerto un pezzo di carne con cui divertirsi entro certi limiti. E altrettanto raro quando Iskra gli concedeva una povera disgraziata da violentare fino ad uccidere. Una volta alla settimana ricevevano comunque una manza con cui divertirsi uno alla volta e in sicurezza. Dei veri accoppiamenti tra mucche in calore e tori arrapati ai quali Olena assisteva con la frusta sempre pronta e una mano sulla fica.
In quel momento Mongo, il più forte e dotato tra i mandingo, stava ricevendo la sua mungitura. Tenendo il culo e il pene fuori da un largo glory hole nella parete dello stallo, il negrone si stava facendo fare una sega anale dalla serva della stalla. La serva usava un lungo didlo, duro, ricoperto da linguette di soffice gomma rosa per stimolare la prostata del bestione, mentre con l’altra mano gli massaggiava lo scroto prossimo a scoppiare.
-Che … che gli fa?- Domando V confusa e scioccata.
-Gli fa un massaggino alla prostata. È una ghiandolina vicina al buco che se toccata nel modo giusto fa impazzire gli uomini.- Le spiegò Iskra con tono dolce.
Quando l’uomo raggiunse il limite, si udì un forte urlo dall’altro lato della parete. Nello stesso istante la sua proboscide proiettò una sostanziosa dose di bianco sperma nel contenitore fino ad affievolirsi di qualche centimetro.
La schiava allora mise da parte il contenitore, pulì i genitali del negrone con una salvietta e con una pacca su quel grosso culo sodo lo licenziò.
Subito dopo comparve al buco nella parete un nuovo culo nero in attesa di attenzioni con appresso un’asta dalle discrete dimensioni. La schiava pulì il didlo e ricominciò il lavoro. Tutti e quattro avrebbero goduto prima di notte.
-Potreste lasciarci sole?- Domandò Iskra. -Andate pure a prepararvi per stasera.-
Quando le due rosse rimasero sole, Iskra portò V in una stanzetta che affiancava lo stallo dei mandingo. La stanza era buia, e non appena la porta si chiuse, V iniziò a tremare.
-Mamma?-
-Tranquilla. Non ci sono quei bruti.-
Fidandosi della sua padrona V restò calma. Da dietro la parete si udivano solo i grugniti degli uomini.
Il vero intento di Iskra era mostrare a V i suoi stalloni. Non i tori. Attraverso uno specchio finto Iskra le fece vedere l’ultimo stallo di Bronzo e Oro. Due mandingo che a differenza degli altri erano più civili e loquaci. Iskra gli aveva comprati nello stesso periodo già addomesticati da una coppia di padroni dai gusti esotici e raffinati. I due non erano dei bestioni violenti, ma dei veri adoni africani con dei randelli notevoli. La risposta a tutte le richieste delle socie della sorellanza non votate al culto di Saffo. Iskra le pagava e gli offriva una vita agiata, ma ciò non significava che tutte le sue amiche e dipendenti fossero delle totali lesbiche. Di tanto in tanto ognuna di loro aveva bisogno di essere posseduta da un vero uomo. O da due. Solo Skylar e altre sei mistress non amavano l’altro sesso.
In quel momento i due stalloni africani si stavano gustando il piacevole massaggio delle gemelle colombiane di Iskra completamente nude. Oro e Bronzo erano gli unici schiavi ai quali veniva permesso di ricevere le attenzioni delle due esperte milf. E anche gli unici ad avere uno stallo attrezzato come una reggia, invece che una stanza di complessato con della paglia e un buco per i rifiuti. Inoltre erano gli unici schiavi ad avere libero accesso alla palestra.
-Loro sono gli unici veri uomini che vedrai qui. Ma sappi che comunque non ti avranno mai. Nessun uomo ti avrà mai.-
Quella notizia tranquillizzò V. L’idea di essere trapanata da una di quelle possenti aste l’aveva fatta impallidire. Non pote comunque fare a meno di chiedere il perché.
-Perché?-
-Perché tu sei mia. Sei la mia proprietà, la mia schiava, la mia amante. Sei mia figlia. E io non ti condividerò con nessun uomo. Così io ho deciso.-
Iskra non odiava gli uomini. Ma li considerava comunque inferiori alle donne. Solo suo padre meritava il suo rispetto. Gli unici che erano stati in grado di darle piacere si contavano sulle dita della mani.
-Ciò non significa che tu non possa godere di questi spettacoli.-
Iskra prese a massaggiare il seno di V assicurandosi che la ragazzina continuasse a vedere lo spettacolo dal lato opposto del vetro. V ci fece caso solo quando l’indice della mano su cui sedava iniziò a stimolarle la fica.
Nello stesso momento Bronzo si alzò dal suo lettino e indicò alla massaggiatrice ad impalarsi sulla sua asta. Sorridendo la milf fu più che lieta di soddisfare il maschio. Oliandosi le grandi labbra si calò sul grosso cazzo e in un lampo si portò la cappella lucente a pochi centimetri dalla cervice.
Anche l’altra coppia non rimase ferma molto a lungo. Oro fece distendere l’altra gemella di pancia e dopo essersi cosparso il cazzo con l’olio per i massaggi scivolò sulla donna fino a penetrarle la fica da dietro. La donna sembrò apprezzare l’intrusione tra le sue gambe. Tanto da ringraziare l’uomo voltando la testa e invitandolo a limonare.
I due mandingo usufruivano spesso delle due massaggiatrici. Ogni giorno ricavavano la visita di una o due mistress come minimo. Ma loro gli dominavano spesso con fruste, manette e legature. Le due colombiane invece passavano a trovarli tre volte a settimana per alleviare la loro prigionia senza fine. Per ringraziarle delle loro cure i due stalloni le facevano godere come dei veri amanti.
Iskra aveva vietato i rapporti amorosi tra schiavi, ma quelle due potevano permettersi le carezze dei suoi stalloni da monta. Magari un giorno gli avrebbe fatto sfornare un paio di piccoli per averne dei nuovi in previsione della sua vecchiaia.
-Guarda come si muovono. Con quei loro bei piselloni di cioccolata pronti ad esplodere. E quelle tettone che gemono come delle vacche montate da dei tori.-
Iskra sussurrò quelle parole nell’orecchio di V stimolando anche la sua immaginazione.
-Ti piacerebbe esserli a fartela leccare? Magari da un maschio?-
V per poco non si tradì pensando che Iskra intendesse farsela leccare da una delle due donne.
-No. Non voglio i maschi.-
-Brava. Brava V. La mamma ti permetterà sempre di godere. Ma mai per mano di uomo.-
Le due continuarono a guardare l’eccitante spettacolo fino quando i due maschi non eiacularono nelle viscere delle gemelle. Queste godettero in silenzio, percependo ognuna la sua ricca dose di sborra nell’utero. Stremati e soddisfatti i vari amanti restarono sui lettini assaporando il piacere e la fatica della corsa.
Iskra e V invece erano ancora alla linea di partenza. Quando Iskra iniziò a sentire troppa umidità sulle dita della mano, decise di portare V in un’altra stanza. Quella del fienile.
Li Iskra tolse la pelliccia di volpe a V e distese la sua pelle di orso sul fieno nella vasca del foraggio. Spogliatasi anche lei dei pantaloni e degli stivali, lanciò la ragazzina sul giaciglio improvvisato di erba secca, per poi andarsi a distendersi con lei.
La prima cosa che Iskra fece fu mettersi una mano di V sulla fica. A differenza di V lei non era stata ancora stimolata e la sua cucciola era molto più sensibile.
Le due si strusciarono a lungo. V per poco non venne quando strofinò la fica sugli addominali di Iskra, la quale scoppiò a ridere venendo la piccola scia luccicante sulla sua pancia. Come se una lumachina le fosse passata sopra.
Tra la penombra della stanza, l’aroma del fieno e tutte quelle effusioni di piacere, le due si trovarono in uno stato di estasi e lussuria senza fine. Solo quando qualcuno aprì la porta le due vennero risvegliate da quel sogno senza fine.
-FUORI DAL CAZZO!- Sbraitò Iskra allarmando V.
La porta venne subito richiusa e Iskra baciò la sua piccola amante cercando di riportarla nel loro sogno.
Dopo un’interminabile mezz’ora di carezze e baci, Iskra si accucciò sopra a V e tenendosi la sua schiena attaccata al petto prese a masturbarla velocemente e al tempo stesso delicatamente.
-Mamma!-
-Tranquilla. Godi. Voglio che godi.-
Con quel ritmo frenetico e il contatto dei capezzoli di Iskra sulla schiena, V venne tremando e ansimando. Quando i muscoli delle gambe si rilassarono la ragazza si adagiò sulla pelliccia ansimante e ancora calda. Ma non volle lasciare la sua padrona in quello stato. Con stupore di Iskra, V le stimolò il clitoride come meglio pote. Colpita da quell'intraprendenza Iskra la guidò con la mano e dopo qualche passata di palmo più profonda anche la valchiria venne schizzando con qualche goccia di squirt la mano di V e la pelliccia.
Soddisfatta e assuefatta al piacere, Iskra si abbatté sulla pelliccia. Non fece neppure in tempo a prenderla che V andò a ripulirle la vagina bagnata dagli umori.
-No. Aspetta.-
-Ho sbagliato!?- Chiese V spaventata.
-No. Tranquilla. Hai fatto bene invece. Ma adesso voglio che tu ti rilassi con me.-
Con la dolcezza di una vera madre con la sua bambina, Iskra portò V al suo fianco. Coprendosi con i lati della pelliccia Iskra si accoccolò con V sul fieno.
-Ora facciamo un riposino. Dopo andiamo a cena.-
Iskra lasciò la sua cucciola sonnecchiare leccandole le spalle e il collo. Quella sua miniatura non smetteva di eccitarla neppure dopo una scopata. E V non smetteva di apprezzare quelle amorevoli cure.
Nella penombra del fienile però, Iskra ponderò anche un’altra possibile vendetta contro la donna italiana che le aveva sfregiato il volto. L’idea di farla ingrassare come una delle sue vacche e darla ai suoi quattro bruti come regalo tornò a farle battere forte il cuore.
scritto il
2019-11-27
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