La Notte delle Lupe

di
genere
dominazione

Partiamo al trotto verso la steppa. V è al sicuro nel mio zaino, e Adele è agganciata sotto a Caligola con una pelle di mucca a sorreggerla sotto la pancia dello stallone, con piedi e mani legati ad una corda a croce per impedirle di scappare.
Non ci metto molto a riscaldare il mio stallone. Corro per la tundra con Caligola che affonda i suoi zoccoli nella neve. É incredibile sentire il vento freddo tra i capelli e la sella che mi stimola il clito attraverso i pantaloni pesanti. Ben presto il respiro del cavallo si unisce al mio. I nostri cuori accelerano all'unisono. E prima che me ne accorga, siamo già alla nostra prima fermata.
Il lago non si è ancora ghiacciato del tutto. È la mia ultima occasione per farmi una bella nuotata come piace a me. Scendo con V ancora nello zaino. Lego Caligola ad un albero. Adele la lascio sotto di lui. Può ringraziarmi che non l’affogo nel lago.
Sistemo V vicino ad una roccia e le apro lo zaino così che possa guardare senza prendere freddo. Come Adele, anche la mia piccola è nuda. Avrei dovuto prenderle un berretto.
Prendo dalla sacca la mia muta e mi spoglio. V rimane sbalordita dalla mia resistenza al freddo. Un giorno anche lei sarà forte come me.
Cammino a piedi scalzi fino alla fine del ghiaccio. Ammetto che mi sono venuti i brividi. Il trucco è non fermarsi.
Faccio un bel respiro e mi tuffo di testa. Vengo avvolta dal freddo. Devo muovermi affinché la tuta cominci a scaldarmi. Inizio con lo stile.
Sfrutto questi momenti per concentrarmi sugli affari tra un esercizio e l’altro. Devo mettere da parte la mia vendetta e concentrarmi sui veri affari. La Notte d’Inverno è alle porte. Devo selezionare il meglio del mio catalogo e portarlo a Mosca. Oro E Bronzo ormai mi hanno stancata. E anche le mie massaggiatrici si sono meritate dei nuovi padroni. Le ponygirl mi servono ancora. Magari la nuova arrivata potrei venderla. Ma dopo ne dovrei trovare una nuova. Tre delle vacche mi potrebbero fruttare molto. Specialmente se ingravidate. Mi serve del buon sperma però. La riproduzione delle schiave non va presa sotto gamba.
Mentre nuoto a delfino non posso fare a meno di pensare a cosa mi potrò comprare con i guadagni. Vestiti. Trucchi. Arredi costosi. La Aston Martin su cui avevo messo gli occhi. Altre schiave. O l’Mi-24 che dei mafiosi avevano rubato per rivenderlo.
Dopo un’ora ho bruciato abbastanza da sentimi soddisfatta. Mi aggrappo al lastrone ghiacciato e risalgo. Cammino fino a Caligola nascondendo i miei tremori. Prendo dalla sacca un asciugamano e mi sfilo la muta. Mi asciugo davanti a V ancora stupita dalla mia performance. Mi rivesto con gli abiti pesanti, lasciando i capelli bagnati, e mi rimetto in viaggio con V di nuovo in spalla.
Cavalco fino al sentiero per il picco dove mi fermerò. Caligola fa un po fatica a salire il sentiero coperto dalla neve. Non lo biasimo. Il mio maschio con gli zoccoli riesce comunque a portarci a destinazione. La grotta a metà pendio è il mio piccolo segreto. Un nascondiglio dal lavoro e dallo stress, riscaldato da un’altra pozza geo termica che i comunisti non avevano trovato. Lego Caligola appena dentro. Al caldo e vicino a dei ciuffi di felce ancora verde. Merita un premio. Prendo un ovulo vibrante XXXL, lo ungo con del lubrificante preso apposta e stando attenta a non mettermi alla portata degli zoccoli, lo infilo nel culo del cavallo. Da bravo cucciolo Caligola non si muove. A solo un lieve sussulto quando glielo accendo con il telecomando. Sarà un massaggio piacevole per la sua prostata.
Adele invece la lascio sotto di lui. Che si nutri dello sperma equino, dato che non le farò magiare altro per il resto della giornata.
Scendo nella caverna con V nello zaino e la sacca sotto al braccio. Non vedo l’ora di mostrarle il mio segreto. Arrivata in fondo apro lo zaino. V tira fuori la sua testolina e vede lo spettacolo. In fondo alla grotta c’è una spaccatura sul fianco del picco. A trenta metri si può vedere il panorama a sud con il sole che scalda la pelle, e la roccia che protegge dal vento.
Sistemo la pelle di mucca e la pelle di alce per terra. La roccia li è fredda. Tiro fuori V dallo zaino e la metto sotto un’altra pelle. Mi spoglio nuda, mi metto qualche goccia di protezione e mi stendo sulla pelle d’alce. Il sole mi scalda subito. Chiamatemi calorosa, ma il freddo non mi ha mai spaventata. I miei genitori mi hanno insegnato già a sei anni a non soffrirne. Dopo un po ci ho fatto l’abitudine.
Passo un’ora e mezza a bearmi di quella pace. Il mio sguardo immerso nel bianco. Le mie mani che accarezzano la mia pelle. E una figlia con cui condividere tutto questo.
V ci mette un po a sgusciare fuori dalla pelliccia. Mi guarda con il suo sguardo da volpina. Non mi serve neppure la coda dell’occhio per vederlo. Aspetto che sia lei a venire da me.
La mia piccola si fa forza e viene a stendersi vicino a me. Ho un fremito.
Vedo che trema. Eppure non va a nascondersi sotto la pelliccia. Ogni momento che passiamo insieme divento sempre più fiera di lei. Una certa Visentin può vantarsi di avere una figlia altrettanto forte?
Ma la mia V è magra. Senza un filo di grasso non può resistere molto all’aria fredda della mia terrazza naturale. Ed è pure pallida. Troppo per non rimanere ustionata. Le spalmo un po di crema solare, anche se sarebbe stato meglio scaldargliela prima. Ma V resiste. E come premio tiro fuori dalla sacca il nostro pranzo al sacco. Galletto al forno con spezie ed erbe per me, e per V del basmati con zenzero in polvere, polpette di asparagi e semi di zucca. Tutto in due bento di bambù come piace a me, a Kimiko e a Skylar.
Mostro a V come usare le bacchette orientali per mangiare il suo pranzo. Ha già fatto un po di pratica in qualche scadente sushi bar di San Pietroburgo.
V è contenta del suo pasto. Almeno fino a quando lo addenta. Il riso leggero e le polpette di sole verdure le fanno perdere tutto l’ottimismo. E anche la fame.
Io invece divoro il mio pollo. Strappo la pelle croccante. Mastico il petto saporito. Spolpo le ali e le zampe. Sgranocchio pure le costole. V finisce prima di me. La vedo con quei suoi occhietti tristi e supplicanti. Sono combattuta. Dovrei educarla per farla crescere come si deve, o dovrei viziarla e rischiare di farla diventare cicciottella. Cosa devo fare? Il mio istinto materno alla fine vince.
Le offro un po di avanzi. Petto, coscia. Qualche costola da rosicchiare. La sua riconoscenza mi ripaga della mia mancanza genitoriale.
V mi sale sopra e si sdraia su di me a pancia in giù. È più fredda di quanto pensavo. Le scaldo la pancia con la mia e la schiena con le mani. Prima però gliele faccio leccare per pulirmele dall’unto. Approfitto anche del suo culetto. Come mi divertivo prima? Quei soffici glutei. Morbidi e allo stesso tempo sodi.
Arrivano le nuvole e il sole non ci scalda più. Allora porto V dentro la caverna. C’è una cosa che non le ho ancora mostrato. La falda di acqua calda che scorre nella grotta non è abbastanza da fare un bagno. Ma i fanghi caldi sono incredibili.
Scivolo con V dentro alla piccola conca naturale che trattiene i fanghi. É come tuffarsi in una vasca di crema calda. Il fango non puzza. E le bolle che scoppiano di continuo al centro emettono dei rumori rilassanti. L’unica cosa da ricordare è di non andare al centro dove l’acqua che mantiene caldo e bagnato il fango esce a cento gradi dalla roccia.
Lascio che V si adagi accanto a me sul bordo. Il contatto col fango le crea sensazioni che l'acqua della vasca da bagno non possono dare.
-Questo fango è ricco di sali minerali. Nutre la pelle e fa bene allo spirito. Ma non andare dove fa più caldo e non farci la pipì.-
Spalmo il fango sulla testa di V. Il calore terapeutico le rilassa la pelle e i nervi. Non c’è niente di meglio per lenire lo stress. E la mia piccola ne ha accumulato parecchio.
Mi soffermo sui suoi piedi. Le piace. Glieli sto massaggiando come mia madre faceva con i miei dopo il pattinaggio. Le controllo la pelle e le unghie. Perfette.
Non resisto. Glieli bacio. Glieli lecco. Ne affondo uno nella mia bocca. In un’altra situazione sarebbe stato sconveniente e inappropriato. Ma adesso sono sola con mia figlia. Nel fango. Voglio essere porca.
Lascio andare i piedi e trascino V per le gambe fino a trovarmela davanti. Lei si avvinghia alla mia vita e iniziamo a limonare come delle lesbiche ingriffate. È come una vera bambina. Ancora inesperta e con una lingua che, per quanto interessata ad esplorare la mia bocca, risulta ancora timida.
Poi succede qualcosa di nuovo. V mi afferra una tetta e la stringe nella sua mano. Piccola sfacciata. Stai iniziando a prendere “mano”.
Faccio un finto sospiro per far credere alla mia piccola di aver fatto centro. In un certo senso è così. Ma per me ci vuole ben di più di una strizzatina.
Cominciamo a strusciarci. E ancor prima di dire scopami, ci mettiamo a forbice. Il fango e la conformazione della conca non aiutano. Spingo la mia micia pelosa contro quella liscia di V. Lei scivola ad ogni spinta. Le offro la mano. La tiro a me. La sua statura minuta non mi aiuta cavolo.
Dovremmo fare pratica.
Comincio a sudare. Non è la sforbiciata più complessa della mia vita, ma non è facile.
-Aahh. Aaaaah.-
V se la gode. Beata lei. Io invece sono qui che cerco di stimolarmi la fica, ma ho sopravvalutato le aspettativa.
Non riesco a godere cazzo. Il fango mi fa scivolare e V non si struscia contro di me con abbastanza forza. Merda. Eccola che gode.
-Vengo. Vengo. AaaahhhAAAAAAAHHHHH! MamamamiiiinaaAAAAA!-
Come temevo V si ferma. Non ho un frustino, ne uno strapon. Ma in ogni caso non voglio forzare mia figlia. Oggi è un giorno troppo bello per essere rovinato.
Lascio che V riposi sul bordo della conca. Non perdo tempo neppure a farmi un ditalino. Preferisco essere carica per stasera.
Restiamo in ammollo per quella che penso sia una mezz’ora. Poi porto fuori V e insieme ci laviamo sotto la piccola cascata di acqua calda.
Le mie mani scivolano sulla sua pelle togliendole il fango. Mi inginocchio sulla pietra bagnata e lei mi pulisce come una vera serva da bagno. Così piccola. Così sexy.
Devo controllarmi. O finirò col masturbarmi come una scimmia davanti a mia figlia. O a stuprarla.
Metto via le mie cose, V compresa, e torno da Caligola. Il mio bambino ha evacuato. Il vibratore è per terra che si agita sotto una pila di feci. Estraggo i guanti, un sacchetto di plastica e metto via il giocattolo. Accarezzo Caligola sul fianco e guardo sotto la pancia.
Adele è sempre stesa sulla pelle di mucca. Ha il pene moscio di Caligola sulla pancia. È tutta ricoperta di sborra tiepida. Il cavallo dev’essere venuto almeno tre volte. Merito del vibratore. Non l’ha trombata. Sarebbe stato troppo complicato per lui. Il mio intento era solo quello di umiliare questa puttana di una traditrice.
Adele dorme tranquilla. E la cosa mi urta.
Prendo una manciata di sperma e gliela spalmo con forza sulla faccia.
Lei si sveglia tossendo. Ha l’aria incazzata, ma si ricompone appena mi vede.
-Buono il sapore della tua nuova vita?- Le chiedo.
Non attendo una risposta. Salto in sella e guido Caligola sul sentiero. Probabilmente non riuscirò a tornare al mio posto segreto prima di primavera. Almeno sono riuscita a farmi un’ultima uscita con V.
Il tragitto per la nostra destinazione finale non è molto lungo. Anzi è meno arduo di quello della mattinata.
Arriviamo alla casa nel bosco poco prima del tramonto. Ad accoglierci ci sono Skylar e Olimpia in tenuta da caccia. Le mie amanti sono felicissime di vedermi.
La casa era stata abbandonata anni prima della base in cui avevo fondato il Regno. Non era segreta alla Sorellanza. Era il luogo dove, quando potevo, fuggivo con le mie amiche per poter passare un weekend senza cellulari, lavoro, famigliari e schiave da punire. La casa aveva una cucina, il salotto, il bagno e una camera da letto. L’avevo fatta restaurare e pulire senza però togliere il tocco di rustico.
Doveva essere una piccola fattoria vista la stalla vicina.
-Temevamo non arrivassi più.- Mi fa Olimpia.
Scendo da cavallo, bacio entrambe e do le redini ad Olimpia. Mentre lei porta Caligola nella stalla, io entro con Skylar in casa. Appena dentro chiudiamo la porta e ci baciamo con passione.
-Non potevi resistere un altro minuto vero?- Le chiedo accarezzandole la patta dei pantaloni.
Lei ride.
-L’hai portata?-
Mi sfilo lo zaino e mostro alla pelle rossa la testolina di V. Sono entrambe felici di vedersi.
Tiro fuori la mia piccola e ci accomodiamo in salotto.
Certe bambine hanno una casa delle bambole. Io ho una casa nella foresta. L’abbiamo tutta arredata noi da sole. Per il sistema di riscaldamento, la luce e il bagno ci siamo affidate alle mie addette specializzate nei lavori di carpenteria. Le stesse che hanno rimesso a nuovo la mia stanza dopo l’inferno di V.
Il salotto è caldo e accogliente. I cappi nel caminetto bruciano bene. Ci accomodiamo e attendiamo l’arrivo di Olimpia. Nell’attesa scopro che a V piace la lettura. Non smette di fissare la libreria. Ma abbiamo una cosa da fare.
Appena Olimpia rientra, lei e Skylar vanno in bagno.
Passa il tempo. V non capisce il motivo della nostra attesa.
Sento bussare alla porta del bagno. È il segnale. Prendo V per mano e la porto in bagno. Non c’è nulla di speciale dentro, ma Olimpia e Skylar sono uscite dalla finestra. Fuori è già buio.
Mi spoglio. Faccio sedere V e mi sistemo davanti a lei con una ciotola lasciataci dalle altre. Dentro c’è una pasta nera.
Io e V ci guardiamo negli occhi. Sorridiamo entrambe. La giornata insieme ci ha fatto solo bene.
Poi, lentamente divento seria. Appena V se ne accorge smette di sorridere. Non ha paura, ma capisce che qualcosa è cambiato.
Infilo la mano nella ciotola e comincio a spalmare lentamente V con la pasta nera. Un miscuglio di carbone vegetale, grasso di mucca, crema idratante, tinta per capelli nera e menta piperita per attutire l’odore del carbone bruciato.
Comincio dal petto e pian piano ricopro il copro di mia figlia. La testa e il pube senza peli mi aiutano. Uso un pennellino da trucco per gli occhi e le piccole labbra. V diventa nera come la notte. Poi tocca a me.
V non si fa pregare. Usa le sue piccole manine per cospargermi di pasta nera da testa a piedi. Ma come sempre devo finire io il lavoro. Riempio gli spazzi vuoti. Curo i dettagli. Alla fine divento la donna nera. Lascio solo i capelli e i peli della papaja al loro colore naturale. Sembro una di Xman. Ma nera. E più bella.
Apro la porta e faccio segno a V di uscire. Senza smettere di essere seria.
Sul pavimento è stata messa della plastica fino alla porta. Magia. La pasta non si toglie senza il solvente, ma è meglio non sporcare il parche.
Arriviamo alla porta. Le dico di aprirla. Lei tira la maniglia coperta di plastica. Il freddo entra subito, ma noi siamo protette dal grasso nella pasta.
V si spaventa appena vede le due donne fuori dalla porta. Skylar e Olimpia sono in posa come due statue di marmo nero. Tengono in mano delle torce di legno.
Olimpia va avanti per prima. Do una spintarella a V per farla andare avanti. Seguo la mia piccola con Skylar appena dietro.
Il motivo di questo rituale? Vedrete.
Camminiamo a piedi nudi sulla neve fresca fino alla stalla. V non ne soffre. Olimpia ci apre il portone scorrevole e lo richiude sbattendolo con forza. V ha un sussulto. Dentro la temperatura è buona. Caligola è nel suo stallo con la buryat di Olimpia e tersk di Skylar.
In quello a fianco c’è Adele. Indossa una maschera di cuoio marrone vecchio senza buchi che le permette solo di respirare quel tanto che basta per non morire. Ha dei bracciali ai polsi con delle catene che arrivano alle pareti dello stallo. È pronta.
Indossiamo degli strapon, sempre neri, e li cospargiamo di vasellina. Aiuto V con il suo. Col tempo imparerà ad indossarlo con disinvoltura e ad usarlo. Per adesso tende perfino a coprirlo come se fosse un maschietto imbarazzato per le dimensioni del suo grosso pene.
La prima a partire è Olimpia. Va dietro ad Adele e le sfonda il culo con un solo fendente.
-UUUHHHHHH!-
Adele geme dentro al suo sacco. Ha il culo allenato, ma una penetrazione simile senza dei veri preliminari……….è uno stupro.
Olimpia la prende saldamente per i fianchi e inizia a spingere. Avanti e indietro. Non è violenta. Non è cattiva. Si muove solo come se quella sotto di lei fosse una cosa, invece di una persona.
Io intanto accarezzo il seno di V e il cazzo di Skylar. Non è la prima volta che facciamo questa cosa. Skylar mi stimola i capezzoli mentre i nostri occhi non si staccano dall’irruenza della tedesca. È raro vederla scopare senza poter ammirare i suoi tatuaggi prendere vita. Rune ariane e pentacoli a parte. Assomiglia quasi a V. Muscoli a parte.
V come al solito partecipa poco. Questa volta però il suo sguardo sembra più rapito dalla scena.
I gemiti di Olimpia ci fanno bagnare tutte e tre. Respiri profondi sincronizzati con le spinte. Anche i muggiti di Adele aiutano. Vedo il cappuccio gonfiarsi e sgonfiarsi con il suo respiro.
-OOH! OOH! OOH! OOH! OOUUUUUH!-
La schiava di un tempo non si sarebbe mai messa a gemere in quel modo. Avrebbe sospirato. Non latrato. Non ci vuole nulla per ridurre una concubina di prima scelta allo stato di animale da monta.
Olimpia non finisce. Si è solo riscaldata. Lascia il posto a Skylar e via che si ricomincia.
Adele apprezza i modi dell’indiana. E la nuova dose di vasellina per il suo buco slabbrato.
Skylar la scopa più lentamente, ma sempre con affondi continui e profondi. La sua schiena si copre in fretta di sudore. E i suoi gemiti diventano rabbiosi.
-Mh. Mhrrr. Si. Mhh. Mhhh.-
Non parliamo molto. Questa volta non è per il piacere. Almeno non quello che pensate.
Prendo la mano di V e me la appoggio sull’asta. V capisce e comincia a toccarmi come se il mio fosse un vero cazzo. In realtà lei non ne ha mai toccato uno, e comunque la masturbazione con lo strapon è diversa da quella vera.
La mano di V basta comunque a scaldarmi prima del mio turno. Skylar mi lascia un buco allargato e rosso come il sangue. No. Non le ha fatto male a tal punto. Quello spetta a me.
Mi inginocchio dietro di lei e la penetro in un baleno. Le mie amanti me l’hanno allargata per bene. Lei rantola sofferente, ma tanto so che le piace. Piace sempre essere trattati come animali. Ora che Adele non ha più niente, può solo godere di ogni singolo piccolo piacere.
Dalla mia posizione riesco ad artigliarle le tette. Come poteva pensare questa schiava di essere la mia preferita e avere queste due bocce da misera seconda. Io amo i seni gonfi. Perfino le tette di mia figlia sono più grosse di queste collinette. E forse le sue non hanno ancora smesso di crescere.
Mi muovo dentro al culo di Adele fino a trovare la giusta posizione. Eccolo. Il dildo interno mi sta toccando nei pressi del punto G. Cosa farei senza di esso?
Mi volto un attimo a controllare mia figlia. Vedo che Skykar le sta facendo una sega da esperta mentre lei si tocca i capezzoli con lo sguardo rapito dalla sottoscritta.
Torno a concentrarmi sulla mia vittima. Sta sudando freddo. Le mordo la schiena bruciata dal sole. Lei vorrebbe difendersi, ma ha le mani bloccate dalle catene. Le passo anche i capelli sulla pelle per farle capire che si tratta di me.
La sento fremere. Sta per raggiungere il traguardo dal buco del culo. Ho sempre saputo che era una puttana sodomita.
Le do un paio di ultime botte e poi mi fermo un istante prima di venire. Non ho goduto in tutta la giornata. Cazzo quanto è insopportabile. Ma voglio che tutto vada come programmato.
Mi sfilo da Adele con uno scatto che le fa vedere le stelle e faccio segno a V di avvicinarsi. Stringo mia figlia a me e con l’altra mano l’aiuto a puntare la sua lancia di gomma.
-Vai.- Le sussurro.
Come era da immaginarsi V comincia piano e dolcemente. Ma non ci mette molto a prendere velocità. Prima che la inciti ad accelerare lei ha già affondato le unghie nella pelle di Adele e si è messa a staffarla da dietro.
-Spingi. Spingi. Spingi. Spingi. Spingi- Le ripeto io all’orecchio.
Le massaggio le tette spalmandole le mie sulla schiena. Il grasso nella pasta è abbastanza unto da farci scivolare. Le mie mani accarezzano anche il pancino di mia figlia. Sento i suoi addominali. Così piccini. Per un attimo mi distraggo a pensare quanto sarà bello fare palestra insieme a lei.
Lascio che mia figlia si sfoghi con la schiava che ha aiutato la sua aguzzina.
Vado davanti ad Adele e le libero la testa dal cappuccio. É paonazza e ansimante. Mi guarda lo strapon sporco di merda con desiderio e sguardo lussurioso. A saperlo non avrei sprecato la vasellina.
La prendo per le orecchie e glielo ficco in gola. Non mi importa se le faccio male alle tonsille. Ne se il gusto del suo stesso ano le fa schifo. Mi importa solo di raggiungere l’orgasmo con uno dei suoi buchi.
Lo sento. Ci sono quasi. Faccio segno a Skylar e a Olimpia di avvinarsi. Loro si mettono ai miei lati e ricominciano a masturbarsi prendendo gli strapon in mano.
Prima di venire però voglio vedere V. La mia volpina si sta impegnando. Si piega in avanti. Stinge la presa. Geme come una ninfa. É il suo secondo strapon e già sta dando uno spettacolo meraviglioso. Ma questa è un’eccezione. Una schiava se lo deve guadagnare il cazzo di gomma.
-Vai V. Spingi amore. Spingi per la tua mamma.-
La vedo accelerare, ma non abbastanza. Eppure non ha goduto tanto oggi.
Decido di passare alle maniere forti.
-Avanti piccola. Lo sai che ti ha fatto del male. Fottila allora. Violentala. Falle sanguinare il culo. VIOLENTALA!-
V accelera ancora. Pompa come una macchina da cucire. Digrigna i denti. Strizza gli occhi. La vedo sudare.
Ecco. Ci siamo. Il suo respiro si fa più veloce. I suoi capezzoli sembrano puntine da disegno. Sta per mettersi ad urlare.
-HHIIIII! HHHHHIII! IIIIMMMMMMHHHHH!!
Improvvisamente rallenta i colpi e ne assesta altri quattro più forti.
-OOOOOH! OOOOH! OOOOOOOOOOH! OOOOOOOOOH!-
La mia V. Il mio tesoro. Ha appena goduto come una vera mistress. Il suo orgasmo è stato un po stonato, ma mi ha riempita di orgoglio materno. E mi ha elettrizzata.
Smetto di andarci leggera con Adele, e anche rischiando di strapparle le orecchie, mi scopo la sua bocca fino a raggiungere l’orgasmo.
-Aaah! Aaaaah! Aaaaaaaaaaaah! AAAAAAAAHHHHH!-
Ho una scossa che mi attraversa la pancia e mi arriva quasi alle tette. Mi tremano le gambe. E per poco non strappo veramente le orecchie della schiava.
Adele ha le lacrime agli occhi, le orecchie rosse e la bava che le esce come un fiume dalla bocca. Ha pure vomitato la bastarda. Mi sembra di vedere anche del sangue.
Lascio che le mie amanti facciano i loro comodi e vado a prendermi cura di V.
Mi chino dietro di lei e la prendo tra le braccia. Senza volerlo tocco i suoi capezzoli. Due diamanti.
Le sfilo lo strapon e i suoi umori iniziano a colarle in mezzo alle gambe come se stesse facendo la pipì. Ne approfitto per passargli la mano sulla patatina e annusare la sua linfa. Sarebbe da farne un’essenza.
Mi siedo sulla paglia dello stallo e la coccolo, mentre Olimpia si fotte la testa di Adele prendendola da dietro con le mani unite. Brutale.
Calmo V con le mie carezze fino all’orgasmo di Skylar. Anche lei non si risparmia, ma è meno brutale.
È il momento di finirla. Olimpia e Skylar tolgono i bracciali ad Adele. Ma solo per metterla a pancia in su. Lei non ha goduto. Dobbiamo rimediare.
Prendo la mano di V e mi metto a baciarla. Dita. Nocche. Lecco anche i polpastrelli e le unghie tagliate da poco. Non smetto finché lei non alza lo sguardo e mi guarda negli occhi. Lei mi sorride, ma capisco che è stanca.
La metto a quarto zampe e guido la sua manina in mezzo alle gambe di Adele. La rasata e l’indiana alzano le gambe della schiava fino a mostrarci il suo ano slabbrato e oltraggiato.
-Spingi.-
V all’inizio non capisce. Ma Adele capisce subito.
-NO! VI IMPLORO PADRONA!-
Ci pensa Olimpia a zittirla. La colpisce due volte all’occhio destro e una al labbro superiore con il tallone. Domani avrà ancora più male. Ma per adesso sta zitta.
V è insicura. Devo darle la spinta. Accosto la sua mano al buco, la invito a chiudere il pugno e spingo. Spingo. Spingo.
La piccola mano di V scivola piano piano dentro ad Adele. Lei è svenuta. Per adesso.
Il primo fisting di V. Perché non mi sono portata una videocamera? O il cellulare?
Lascio che V giochi con Adele. É pur sempre una lezione. In futuro dovrà farlo più spesso con schiave e padrone.
Vado a sedermi sul petto della schiava. Non la schiaccio.
Olimpia e Skylar le alzano le gambe, sempre prendendole per le caviglie, fino a portare la vagina della puttana in alto. V non smette comunque di tenere la mano nel suo culo.
Mi sfrego per bene le mani. Mi siedo meglio. Inarco la schiena. Agguanto la coscia di Adele con una mano. Alzo l’altra in alto. La irrigidisco. E con essa do un sberla secca sulla fica esposta di Adele.
-AAAAAAAAHHHH!-
La schiava riviene preda del dolore. Quando mi ci metto le mie sberle sono più dolorose di un vero spanker. Il trucco sta tutto nel tendere le dita fino a tirare la pelle del palmo come quella di un tamburo. E colpire con forza.
Uno. Due. Tre. Quattro. Arrivate alla quinta la zona uretrale di Adele è rossa fuco. La vedo bene perché la mano di V spinge da dietro e la fica si dischiude. Che è praticamente quello che succede quando si ha un grosso cazzo nel culo. In questo caso la mano di una bambina. Le si sono pure rotti dei capillari e un po di sangue le sgorga giù lungo la pancia.
Ma io non mi fermo. Non ancora.
Sei. Sette. Otto. Adele si dimena sotto di me, ma le miei amanti e le catene bastano a tenerla ferma. Deve farle male anche il sottile strato di carne che separa l’ano dalla fica. Il braccio di V sobbalza ad ogni mio colpo. Adele urla a squarcia gola. Ma io non mi fermo!
-AAAAAAGGGGGRRRRRRRRH!- Non riesce più neppure ad urlare come si deve.
Nove. Ecco! È svenuta. Non la sento più urlare. E neppure dimenarsi sotto di me. Vedo uscirle l’urina dall’uretra in fiamme. Fantastico. O dovrei dire fantastica. Esiste un’altra donna in grado di tirare sberle talmente potenti?
Direi che Adele a subito abbastanza. Aiuto V a tirare fuori la sua mano senza che si porti via un pezzo di intestino. È lercia. E vedo del rosso sul pollice. Gliela faccio pulire sulla faccia di Adele.
Lasciamo la schiava a dormire incatenata nello stallo. Olimpia va a preparare l’acqua. Noi tre invece ci stendiamo nel fienile.
V è tra me e Skylar. Sembra confusa. Tutte queste nuove esperienze devono averla spinta a porsi diverse domande. Ci pensiamo noi a distrarla.
Ora siamo tornate amorevoli e di buon cuore. Le sorridiamo. La accarezziamo. Le lecchiamo la pelle. Ha le spalle sensibili.
Le appoggio una gamba sopra. Scotta come la brace. La pasta nera sta facendo ancora da isolante naturale. V si strofina su di me. Ma allunga le sue piccole mani anche sul corpo di Skylar.
Prima che me ne accorga, ci ritroviamo con una cucciola di volpe intenzionata a giocare nel nostro giaciglio. La mia piccola rotola e scivola tra di noi come se lo stupro di poco fa non fosse mai accaduto. Come se il nostro fosse un vero nido familiare.
Ma arriva anche per noi il momento di andare a fare il bagno. Lasciamo una luce accesa nella stalla e ci chiudiamo la porta alle nostre spalle.
Appena fuori dalla porta di ingresso della casa, troviamo delle tinozze con dell’acqua calda mischiata a del diluente per pelli. Ci laviamo prima io e Skylar. Poi prendo V e le do una bella inzuppata con tanto di spugna. Appena fuori V sente subito la mancanza della pasta. Il freddo della notte la fa rabbrividire in un istante.
Ammetto che ho anch’io ho freddo. Entriamo subito in casa e andiamo dritte in bagno.
Con la casa abbiamo dovuto fare un pizzico di economia. Non c’è una vasca da mezzo milione di rubli ad attenderci. Ma una doccia abbastanza accettabile. Entriamo tutte e tre insieme e ci sciacquiamo tra di noi. V pensa alle nostre gambe mentre io e Skylar ci puliamo la schiena. Come ricompensa ci chiniamo e strofiniamo V su tutto il corpo. Com’è bella quando sorride.
Ci asciughiamo e indossiamo le nostre vestaglie. Per V ne abbiamo presa una rosa. Io ho la mia rossa. E Skylar una nera come la notte che risalta i suoi capelli e la sua pelle scura da pocahontas.
Andiamo in salotto, e mentre aspettiamo che Olimpia finisca di cucinare, Skylar mi pettina i capelli con una spatola morbida. Io intanto continuo il mio romanzo e V inizia un libro sull’ornitologia preso a caso dalla vecchia libreria. Vederla sorridere per un semplice vecchio libro sulla natura mi fa quasi ridere.
Olimpia porta in tavola uno spezzatino di lepre che Skylar aveva colpito stamane con il suo fucile. Dritto negli occhi. Ma il piatto non basta per tutte quattro. Olimpia ha preparato per V un brodino semplice. Senza carne. Senza pasta. E senza sputo.
Deve capire che quando ci allontaniamo dai nostri soliti comfort bisogna dare una mano. Bisogna cacciare per nutrire il nostro gruppo.
Ma a V va bene così. Le devo solo insegnare a non aspirare dal cucchiaio come una vecchia senza dentiera. Le offro anche qualche briciolina di pane da mettere nel piatto. Si lo so. La sto viziando.
Finita la lepre andiamo tutte in salotto per passare il resto della sera in tranquillità. Skylar ed io ci destreggiamo in una partita di scacchi mentre Olimpia cerca di finire il suo romanzo storico. So che lo legge solo per far colpo su di me. Va avanti da un mese nel tentativo di finire quel mattone senza sbuffare ad ogni pagina.
La mia V invece è tutt’altro che annoiata. Sembra che i germani reali la riempiano di vita. Sarà perché ultimamente non ha visto molti colori. E siamo solo in autunno.
Sorseggio il mio te mentre i miei neuroni cercano una contromossa valida allo schema di Skylar. La mia amante ha messo i miei pezzi all’angolo. Ultimamente non vinco molto spesso. Sarà perché un’amazzone italiana mi ha quasi strappato la faccia catalizzando i miei pensieri.
L’orologio a pendolo suona le undici di sera. È ora di coricarsi.
Saliamo le scale ed entriamo in camera da letto. Subito V sale sul grande letto matrimoniale. Ma Olimpia interviene battendo il pugno sul materasso. V quasi cade.
-NO! TU NON DORMI CON NOI!-
V si sente mortificata. Scivola giù dal letto e si nasconde in un angolo della stanza come un cucciolo appena sgridato.
-Mi spiace amore, ma stasera dovrai dormire senza di me.- Le dico accarezzandole la testa. -Ti abbiamo comunque preparato un bel giaciglio.-
Skylar le mostra una vecchia cesta di vimini con una coperta. É più la cuccia per un animale domestico, ma per V può bastare. Non dimentichiamo che V è anche una schiava. In circostanze simili non posso lasciare che il mio amore materno metta in dubbio la mia autorità davanti alle mie amanti. E poi devo far felice anche Olimpia qualche volta. Se lei non vuole stare stretta, e se non vuole dormire con una schiava……….
Ci spogliamo tutte e ci mettiamo sotto le coperte. Le mani delle mie amanti massaggiano il mio corpo per qualche minuto. È un servile rituale che Skylar ha iniziato quando ancora eravamo ai primi baci. Io mi rilasso e loro si gongolano sapendo di avermi resa contenta.
Spegniamo le luci e chiudiamo gli occhi abbracciate in un trio a cucchiaio. Scorgo un’ultima volta V raggomitolata nella sua cesta. Forse avremmo dovuto darle anche una coperta per coprirsi. Ma la casa è calda e questo basta.
Passa un quarto d’ora prima di sentire gli ululati. Qualche segugio dei boschi sta portando il suo branco in caccia nei pressi della casa. Non abbiamo da temere. La casa è sicura. Lo stesso vale per la stalla. E quei maschi pelosi mangia ex tate hanno paura ad avvicinarsi. Se non ben motivati. Ma non siamo tutte dello stesso avviso.
V ci mette un po a trovare il coraggio per venire da noi.
-Mamma? Mamma?-
Skylar accende la sua vecchia bajour. Alzo la testa e vedo V li a fianco con le lacrime agli occhi e il corpo che trema come folgorato.
-Che succede?- Le chiedo dolcemente.
-Ho paura. Ci sono i lupi.- Singhiozza lei.
- Ma sono chiusi fuori. E poi non si avvicineranno mai.-
Ma proprio in quel momento, sentiamo un ululato più forte. E vicino. Stanotte ci stanno dando dentro o cosa?
- Ti prego mamma.-
Sento Olimpia sbuffare alle mie spalle. Ma V sta per farsela addosso. Decido di fare un’eccezione e la invito a salire.
-Puoi stare qui.- Le dico indicandole lo spazio tra i miei piedi e quelli di Skylar copra le coperte.
V si raggomitola come una brava cagnolina e cerca di dormire li. Direi che può bastare. A nessun’altra schiava sarebbe stato concesso un simile regalo. Almeno non con Olimpia.
Ma gli ululati non si fermano. I lupi staranno regolando i conti tra di loro sul sentiero che conduce alla casa.
Olimpia dorme come una bambina, mentre la mia …. non smette di tremare. Si sforza. Lo sento. Ma è come avere un grosso vibratore rimasto acceso sopra al letto.
Skylar allora mi sussurra qualche dolce parola all’orecchio e mi convince a sedare la donna autoritaria dentro di me.
-V. Dai vieni qui dentro.- Le faccio alzando la coperta tra me è la pelle rossa.
V si fionda sotto la stoffa calda, e prima che io possa elencarle le regole, lei si raggomitola nuovamente attorno ai miei piedi. Resto smarrita. Ma è come avere una boule calda e morbida che mi scalda i piedi. Contenta lei. Lascio uno spazio tra la coperta e il lenzuolo del materasso per farle arrivare un filo d’aria e mi abbandono al cuscino.
Prima di addormentarmi sento le labbra di Skylar baciarmi la fronte.
-Brava.- Mi sussurra lei. -Sei la mamma migliore al mondo.-
scritto il
2020-09-14
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