Cacciatrici nate.
di
Lady Alexis
genere
saffico
Quante volte mi sono svegliata in un letto caldo con altre bellissimi donne? Di sicuro però non mi sono mai svegliata con una neonata che mi succhiava l’alluce.
Apro gli occhi confusa. Le altre dormono. Sento qualcosa di umido al piede. Alzo la coperta e vedo mia figlia intenta a succhiarmi l’alluce del piede destro.
Non sta fingendo. Sta sognando. Gli occhi sotto le palpebre si muovo. Quanto è bella?
Sveglio Skylar con una spintarella. La fermo prima che mi baci. Mi faccio passare il cellulare. Lo accendo e senza badare ai messaggi di mia madre scatto una foto a V. La luce però non è buona. Skylar mi aiuta e arrotola la coperta, stando attenta a non svegliare Olimpia, fino ad arrivare alle spalle di V.
Eccola. Mia figlia mentre mi succhia l’alluce come un ciuccio. Bellissima. La userò come schermata per il computer a casa.
Tolgo piano il piede e facendo attenzione a non svegliare la mia cucciola, sveglio Olimpia. Noi due andiamo ad allenarci, mentre Skylar resta a letto con V. Olimpia non protesta. Anzi. Sembra contenta di avermi tutta per se.
Skylar non perde un secondo dopo aver sentito la porta chiudersi. Con movimenti delicati e lenti, prende V tra le braccia e se la porta al cuscino.
V per lei è come una bambola. La coccola. La tiene al caldo. Come consigliatole da me, inizia a leccarle la nuca rasata. La mia piccola apre pian piano gli occhi pensando di trovarsi con me, ma appena vede la mano scura di Skylar ha un sussulto.
-Tranquilla sono io.-
V si calma in un istante. Ormai considera Skylar una sua protettrice. Si volta e la abbraccia.
Skylar ricambia mettendosela sopra con la pancia rivolta verso la sua e massaggiandole la schiena con le mani. Non passa molto prima che Skylar tenti di baciare mia figlia.
Il primo è una prova, ma V non si sottrae. Il secondo è un po più deciso. Al sesto V non si stacca più. È assuefatta al sapore dell’indiana. Una nuova bocca da assaporare. Ciuccia le sue labbra. Lecca i denti perfetti. E fonde la sua lingua con quella di Skylar.
Le due vanno avanti così per molto. Poi è di nuovo Skylar a cambiare. Fa scivolare la sua mano tra le gambe di V e comincia ad accarezzarla. Morbida. Bagnata e senza peli.
-Ti piace?-
-Si.- Le risponde V facendo lo stesso con la fica di Skylar.
Una volpina, e una puledra della prateria. Nello sesso letto. Che si toccano.
Skylar scende con V sotto le coperte. Nel buio le due si sfregano. Si baciano. Ognuna tocca l’altra dove la sua curiosità la guida.
Mentre V lecca e succhia il capezzo di Skylar, la pelle rossa inizia a farle un ditalino da favola. Ognuna di noi ha la sua tecnica, e quella di Skylar merita il massimo dei voti. Alterna l'indice al medio e stimola il piccolo clitoride con il pollice. Le sue unghie scivolano tra le morbide carni di V mentre lei geme continuando a succhiare i capezzoli scuri della mia mante.
-Mmmh. Mmmh.-
V viene quasi in silenzio. Il suo orgasmo è soffocato dal seno di Skylar. Le lascia comunque una bella gocciolina sulla mano, che Skylar si porta alla bocca per gustarsela. Ma a lei non basta.
Mette V distesa sul cuscino e restando sotto le coperte prende a leccale la patatina.
V si sente al settimo cielo. Solo io ho saputo farle provare quel piacere. Estasi, caldo e amore.
La lingua di Skylar è per lei come l’acqua di un fiume. Non può fermarla. Può solo lasciarsi trascinare via. Mia figlia si dischiude come un fiore a primavera, e muove il bacino come un ragazzo al suo primo pompino. Deve imparare a controllare il suo corpo. Infatti raggiunge il secondo orgasmo veloce come una lepre, ma almeno ha goduto.
Skylar si gusta l’ultima goccia di nettare e si adagia su V. Sente il suo cuore rallentare piano piano.
V prova a scivolarle sotto per ricambiare, ma Skylar la ferma.
-No piccola. Per adesso mi basta vederti felice. E poi dobbiamo risparmiarci per stasera. Dopo vedrai.-
Le mie due amanti tornano a coccolarsi e a scambiarsi piccoli baci fino alle nove. Skylar porta V in salotto per la colazione. Segue il passaggio in doccia, dove sotto l’acqua calda V abbraccia Skylar in segno di riconoscenza. È talmente piccola che Skylar non può neppure chinarsi senza interrompere quel gesto di puro amore. La sua fica praticamente tocca il mento di V.
Terminata la doccia è il momento di vestirsi.
Skylar veste la sua tuta da caccia bianca mimetica. Ormai la neve ha coperto quasi tutto. Per V invece ci sono dei pantaloni e un cappotto in pelle di capriolo per tenerla al caldo e proteggere la sua pelle. Per i piedi ci sono un paio di mocassini in pelle di vitello senza suola di gomma. L’ideale per tenerle caldi i piedi a cavallo ma non sulla neve. Ho ancora qualche dubbio sulla sua lealtà. Non vorrei che si mettesse in testa di marciare verso il primo centro abitato ad una mia prima distrazione. Anche con delle buone scarpe morirebbe per il freddo ancora prima di trovare una strada sterrata.
Prima di vestirla Skylar le da un paio di leccate alla patatina. Un regalino in previsione dell’ormai noto stanga. La fascetta adesiva è necessaria per proteggere la vagina di V da batteri nei pantaloni di cervo o da altre irritazioni.
Skylar si sofferma anche su quei due piccoli piedini che V non aveva mai considerato sessualmente attraenti. L’indiana bacia ogni dito prima di infilarle i mocassini.
E come ultimo tocco prima di uscire, stampa un ultimo bacio sulle labbra di mia figlia. Questo la terra calda per tutta la mattinata.
Uscite dalla cassa trovano me e Olimpia ad attenderle. Siamo già in tenuta da caccia e abbiamo sellato i cavalli. Adele è sempre sotto a Caligola. La sua presenza mi è indifferente.
-Ecco la sfida di oggi. Chi ucciderà la preda più grossa prima delle undici, si farà una cavalcata con V.-
La mia proposta sembra piacere alle ragazze. Olimpia è già eccitata. Anche Skylar non può nascondere il suo entusiasmo. Quelle due farebbero di tutto per stupirmi. E poi questa volta il premio è V.
Lei è l’unica poco convinta. Le piacerebbe passare un’altra oretta da sola con Skylar, ma sa che anche Olimpia potrebbe vincere la sfida.
Standocene li ferme però non potremmo mai cacciare nulla. Saliamo in sella e ci dirigiamo verso il bosco. V è con me. La sento irrigidirsi quando entriamo nel buio degli alberi. Neppure dopo averle spiegato che i lupi della sera prima se ne sono già andati via da un pezzo si rilassa.
Ma quando arriviamo in una zona aperta finalmente si tranquillizza. Entrambe approfittiamo dello spettacolo offertoci da madre natura. La neve appena caduta si mischia come i colori di un quadro con le macchie di erba secca non ancora coperte.
Certo non posso neppure trascurare V dai nostri giochi. Mi sfilo il guanto dalla mano, e infilandogliela nel colletto vado a palparle una mammella. La mia piccina ha un seno magnifico. Qualcuno direbbe che è troppo per una della sua statura. Ma per me è bello e basta. Sarà perfetto per quando arriverà il momento di allattare la sua prole. Un giorno.
Sento che sto perdendo la giusta direzione con Caligola, così mi faccio rinfilare il guanto da V e torno a condurre il cavallo in modo corretto. Bisogna stare attente quando si monta in sella.
Qualcuno spara due colpi. È Skylar. Potrebbe avvertire. V si è agitata. Ma devo riconoscere la destrezza della mia amante. Ha colpito due oche selvatiche.
Le poverine piombano poco distanti da noi. Volevano andarsene in Cina per svernare. Peccato che adesso diventeranno il nostro pasto. Skylar le prende per le zampe e le porta al suo cavallo fiera dei suoi due centri.
Mentre penso al grasso d’oca che a breve mi scivolerà tra le labbra riprendiamo a muoverci.
Siamo in mezzo alla radura quando V cerca di girarsi.
-V, ma cosa…..?-
Mia figlia non mi lascia neppure il tempo di fermarla. Me la ritrovo seduta come prima davanti a me, ma ora è rivolta verso di me. La vedo sorridere. E la vedo allungare le mani sulla mia pelliccia d’orso. Sotto porto solo la camicia di seta bianca. Sento le sue mani farsi strada fino ai bottoni. Infila la testa sotto la pelliccia ed ecco che la sento.
V mi sta succhiando il capezzolo. Che dolce. E che brava. È migliorata. Succhia e lecca come una vera amante.
Mi sento come una madre celtica quando allattava la prole stando a cavallo durante uno spostamento. Con questa iniziativa, V ha guadagnato un sacco di punti. Non che lei ne abbia bisogno, ma vederla così attiva dimostra che ho fatto un’ottima scelta.
Arrivate al margine della foresta fermiamo i cavalli. Continuiamo a piedi per qualche metro tra le betulle e ci accampiamo.
-Possiamo iniziare. Ognuna va dove preferisce e torna con quello che centra. Sapete già qual’è il premio.-
Olimpia va a sud con la sua carabina. Skylar a nord ovest con la sua e il fucile a canna liscia. Magari trova qualche altro piumato. Io seguo l’esempio di Olimpia ma vado dritta ad ovest. Prima di partire lascio a V due cose. Un libro preso dalla libreria della casa e una pistola scaccia cani in caso di lupi. Tanto per darle qualcosa da fare e farla sentire al sicuro.
Mi dirigo in solitudine a ovest. Mi allontano per mezzo chilometro e mi apposto sotto ad un abete.
Mentre aspetto che qualche ignaro cinghiale vada a razzolare nell’ultimo strato di fango libero dalla neve, mi godo la solitudine e il silenzio della foresta. A Mosca posso anche essere la figlia di un re del crimine. Ma li, nel mio Regno, sono la regina. E bearmi del mio status, è uno dei piaceri che preferisco.
Un rumore mi distrae dal mio autocompiacimento. Ho fatto tombola. Una famigliola con tre piccoli. Il maschio però non è molto grosso. Un cucciolo in confronto al gigante che ho ucciso a soli tredici anni con mio padre. Quello era un trofeo. Questo basterà solo per saziarci.
Ma prima ancora di mettere l’occhio dietro al mirino, ecco uno sparo. Sento Olimpia esultare. Mi distraggo per due secondi. Lei spara ancora due colpi ad indicare la sua posizione, e le mie prede sono già scappate. Pazienza. Almeno non dovrò trascinarmi dietro cinquanta chili di carne pelosa.
Seguo la voce di Olimpia intenta ad esprimere la sua gioia. Quando la raggiungo capisco il perché. Ha preso un cervo maschio da record. Due metri e mezzo per più di duecento chili. Corna stupende quanto il manto. Nessun segno di malattie o pidocchi. Ha solo il buco del proiettile che gli ha tagliato la gola. Un trofeo notevole.
Quando Skylar arriva io sto già facendo le foto alla tedesca in posa vicino al suo trofeo. Skylar fatica a nascondere la sua delusione. Pure io non sarei riuscita a fare di meglio con il papà cinghiale.
Olimpia non è soddisfatta però. Così si carica sulla schiena l’intero animale e se lo porta da sola all’accampamento. Cosa non farebbe per fare colpo su di me?
Torniamo da V con il cervo e Olimpia rossa paonazza. Ancora una decina di metri e ci avrebbe chiesto aiuto.
Vado subito a vedere come sta V e resto stupita. Me la trovo dietro ad un albero con in grembo un mucchio di funghi. Una dozzina di porcini ancora buoni e grossi. La gelata deve averli congelati subito.
Lei sorride, e io mi inchino davanti a lei per baciarla sulla fronte. Non può battere il cervo di Olimpia, ma è certamente più di quanto mi ero aspettate da lei. Credevo che si sarebbe messa a leggere il libro o a rotolarsi nella neve. Invece ha contribuito anche lei al nostro pranzo. La mia gioia. Certo aver preso tra tutto i libri possibili uno sui funghi locali è stato un colpo di fortuna per lei.
Ma appena vede Olimpia con il cervo tutta felice, capisce chi ha vinto e perde subito il suo sorriso.
La accarezzo sulla la guancia per consolarla mentre Skylar va a stendere una pelle di mucca dietro ad una collinetta tra gli alberi coperta di neve. È giusto lasciare un po di privacy alla vincitrice,
Prendo un sacco a pelo abbastanza grande da starci in tre e lo porto con V sulla pelle di mucca.
Spoglio mia figlia lentamente. Voglio prendermela comoda. Lei ha freddo senza vestiti. Uso la scusa di un breve controllo medico per esaminarla dalla testa ai piedi in tutta la sua bellezza. Mi viene quasi voglia di lasciarla in mezzo la neve perché il ghiaccio la conservi fino a primavera.
No. Mi sto perdendo nelle mie fantasie. V comincia a tremare. La lascio entrare nel sacco e le dico di scendere fino in fondo, dove può scaldarsi più in fretta.
Dentro V torna a scaldarsi. Il sacco a pelo è più vecchio di me. C’è odore di cuoio e disinfettante. Sapesse cosa ci abbiamo fatto.
Nel buoi V prova pure ad appisolarsi, sperando che Olimpia non arrivi mai. Ma la fortuna non le sorride. Dopo un po sente il sacco muoversi e il freddo entrare con Olimpia.
Fin da subito comincia a toccarla per arrivare alla sua testolina. V si chiude in se. Prova a difendersi dalla mia amante irascibile e violenta. Sente l’odore del shottino di vodka appena bevuto per festeggiare la vittoria e il sudore sulla sua pelle.
-Eccoci qua, topo.- La saluta lei leccandole la nuca. -Ne è passato di tempo dall’ultima volta che siamo state sole.-
Olimpia si scalda le mani fredde su di V. La prende a cucchiaio. Le basta toccarla per sentire che ha paura. In un primo momento le accarezza le tettine. Tettine pur sempre più grosse dei suoi due pettorali gonfiati con gli steroidi e gli esercizi alla panca. Poi gliele stringe con forza e V urla.
-Zitta!- Sibilla Olimpia tappandole la bocca. - Zitta……...ho ti faccio male per davvero! Aaaa zitta. Zittaaaaaaa.-
Olimpia allenta la presa. Sicura che V abbia capito, la fa voltare e le accarezza il viso. Anche se non la vede con gli occhi, sente le sue lacrime scivolare dal suo viso.
-Se pensi che Iskra ti terrà con se ti sbagli. Sei soltanto il suo passatempo del momento. E quando si stancherà della sua bambola di merda la darà in pasto ai lupi. Proprio come ha fatto con quella grassona della tata. Abbiamo riso un sacco mentre la sbranavano.-
Olimpia la sta portando allo stremo. Se V non si è ancora messa ad urlare è perché ha paura che Olimpia le spezzi il collo.
-Adesso ti trombo merda.-
Olimpia si avventa su V. La stringe a se. Le blocca la testa e la bacia come se fosse un’arancia da spremere. La sua lingua sin intrufola nella sua bocca, mentre le sue labbra premono su quelle di V con tale forza da impedirle di bloccare la lingua.
V ha comunque uno stimolo. Apre la bocca per assecondare Olimpia. E in un attimo la sua bocca si riempe del fiato amaro di Olimpia. Dopo un po Olimpia diventa più dolce, ma la puzza di alcol fatto in casa e fumo non smette di pervadere la bocca di V.
Mia figlia sta già pregando che tutto finisca quando la tedesca le infila due dita in bocca senza troppi complimenti. Le dita però hanno un sapore rancido e amaro. Quando vi ne sente l’odore, capisce che Olimpia se le è infilate nell’ano.
-AAHH! MMAAG!-
V riesce solo a mugugnare disgustata. È talmente disgustata da non riuscire neppure a difendersi.
-Buono? Scommetto che ti sditalini il culo dalla mattina alla sera. Vediamo se ho ragione.-
Olimpia riporta le dita in basso e infila l’indice nell’entrata posteriore di V. Il dito è umido dopo essere stato nel culo della tedesca e nella bocca di V. Ma per mia figlia è troppo. Lo sente entrare fino a toccarle qualcosa nell'intestino.
-Uhh senti cosa c’è qui dentro. Una merda dentro una merda. Sembri ancora vergine qui, ma non temere. Tempo un mese e ci passerà anche il cazzo di Caligola.-
Olimpia costringe V ad aprire la bocca con la mano pulita. E con l’altra ci ficca le il dito sporco. V non reagisce. Non muove neppure la lingua. Non riesce neppure a credere che quello che ha in bocca le è appena uscito dal culo.
Non sentendo la reazione sperata, Olimpia la capovolge e le assapora la pesca senza peli. Per quanto possa odiarla, non può resistere al suo dolce frutto appena maturo. Ma il momento di dolcezza dura poco. V è troppo piccola per un sessantanove con Olimpia, e la tatuata pretende di essere servita.
-Leccami! O ti mangio.- Fa lei con voce da lupa cattiva e azzannando il piedino di V.
Mia figlia non perde un attimo e infila la testa tra le cosce di Olimpia. La prima cosa che trova è il clitoride di Olimpia. Piccolo. Come i suoi capezzoli. Lo lappa con passione. Ma per soddisfare la tedesca, ci vuole di più.
-Infila la lingua nel buco ratto!-
Olimpia sbrana l’alluce di V, e lei capisce al volo.
La cosa non va avanti per molto. V non è ancora un’esperta, ma Olimpia sa che non ha tutto il giorno. Infilandosi il piedino di V in bocca fino a metà prova a pensare di avere tra i denti un bel cazzo. A differenza di Skylar, Olimpia è ancora bisex.
-GULH! GULH! RAGH!-
Olimpia gorgoglia come una baldracca mentre simula un soffocamento dal cazzo col piede di mia figlia. Le piace quando qualcuno la maltratta. Sarà per questo che prima di incontrarmi e unirsi a me è rimasta per anni con quel hooligan tedesco del suo ragazzo. Un cocainomane skinhead che amava spadroneggiare mentre la picchiava o la scopava brutalmente. Si Olimpia era una masochista, anche se non lo dava a dimostrare. Aveva anche perso il conto delle gang bang fatte con gli amici del suo ex ovunque capitasse.
Sarà per questo che si comporta così con V. La mia piccola lecca e succhia, mentre Olimpia è ormai al traguardo. La rasata si torce anche un capezzolo per raggiungere l’estasi.
Olimpia alla fine ha uno dei suoi raptus erotici. Afferra V per la testa e se la grattugia sulla fica fino all’orgasmo.
-AUG! AUG! AUG! AUG!- Prova ad urlare V sentendosi la faccia spremuta sulla vagina di Olimpia.
-PUTTANA ZINGARA SCIMMIA PEDOFILA LECCA CAZZI CIRCONCISI!!! VENGOAAA!-
Questa è Olimpia. Alle volte non capisco neppure io cosa dice mentre viene. MA il suo orgasmo è appagante. Soddisfa sufficientemente le fatiche fatte per sopportare la mia bambina nelle ultime settimane. Getta a lato del sacco V e allunga una mano sul suo clitoride per gustarsi il post orgasmo.
V può solo sperare che quell’agonia sia finita.
-Se dici a qualcuno…..chiunque…...che ti ho picchiata…….prendo quella negra della tua amica dalle tette enormi e gliele taglio.-
Detto questo Olimpia sputa in faccia a V, spalma per bene la saliva sulla sua faccia con le mani ed esce dal sacco.
V si sente lercia. Ha male alla bocca, al piede sinistro e al cuore. Sente Olimpia urlare entusiasta fuori dal sacco e allontanarsi sulla neve. Vuole uscire anche se fuori fa freddo. E anche se fuori c’è Olimpia.
Striscia fuori dal sacco e si alza in piedi sopra al cappuccio per la testa. Solo adesso si accorge che sono appena dietro la collinetta di neve che ci separa. Sono nuda e la aspetto per portarla nel nostro giaciglio di fortuna.
Lei però si incammina nella direzione opposta. Resto un pizzico dispiaciuta per la sua reazione. La seguo. Per un attimo temo che voglia scappare, ma in realtà vuole solo nascondere la sua vergogna dietro ad un albero.
Cammino con scioltezza sul manto di neve bianca. Mi sorprende che V riesca a starci sopra senza soffrire.
La raggiungo da dietro. Lei è ricurva sul tronco. Si copre la testa con le braccia. Non sta piangendo. Ma non sta neppure bene.
La abbraccio. Lei prova a divincolarsi come a dire di lasciarla in pace. Non la lascio, ma non la stritolo. Aspetto. E alla fine si lascia prendere.
La porto in braccio fino al fuoco. Li le lavo la bocca e il viso con la borraccia, e ci avvolgiamo dentro ad un cappotto di pelliccia grande abbastanza da contenere un uomo più grosso di me. Seduta sopra alle mie gambe incrociate V sembra tornare tranquilla. Skylar sta finendo di cuocere la carne e i funghi sulla griglia, mentre Olimpia fuma un cannolo soddisfatta all’altro lato del fuoco. Prima di conoscerla non avrei pensato che una skinhead come lei fumasse la “merda dei bugabuga”. Io sono sempre stata più fedele alla classica coca e all’oppio. Stando sempre attenta a non esagerare. Più avanti dovrò introdurre anche V a questa mia passione. Sempre che Skylar non la conduca prima sulla via della sua “foglia magica”.
V resta chiusa nel mio caldo abbraccio fino a quando il pranzo non è pronto. Ha perfino paura ad incrociare lo sguardo di Olimpia.
Skylar ci porta una ciotola con i funghi cotti per contorno e un bel cosciotto di cervo. Prendo il pasto per l’osso e gli do un bel morso. Apro un po la pelliccia e invito V a servirsi. Lei come ogni volta che prova cose nuove è titubante. Ma l’odore della carne e il mio sorriso bastano a convincerla. Prende il cosciotto con entrambe le mani e inizia a mangiarlo. Ha fame la mia piccola. Come una lupa.
Skylar resta compiaciuta nel vedere che le sue doti di cuoca sono apprezzate. Olimpia invece mi fissa con un sorriso dal doppio senso. Gli piace vedermi felice. Ma non le pisce vedere felice V.
Faccio segno a Skylar e lei ci porta una bottiglia di champagne tenuta in fresco nella neve. La foresta ci nutre, ma a dissetarci ci pensiamo noi. La prima a bere sono io. Poi tocca a V. Scambia la bottiglia con il cosciotto e inizia a bere. Mi distraggo un attimo per dare qualche altro morso mentre lei ci da dentro col gomito. Pensavo che Skylar l’avrebbe fermata, invece è rimasta a guardarla divertita. La fermo io. V si è bevuta un quarto di bottiglia in un attimo. Che per lei è anche troppo viste le sue dimensioni. Una parte di me la vorrebbe rimproverare per aver esagerato, ma vederla mangiare i suoi funghetti come un topolino innocente me lo impedisce.
Continuiamo a mangiare fino a che della carne non restano piccole briciole attaccate all’osso. Poi ci mettiamo distese con la pelliccia sulle radici di un albero e schiacciamo un pisolino. Il tempo che Skylar scaldi l’acqua.
Quando la neve inizia sciogliersi dentro alla pentola, porto V a fare i suoi bisogni dietro ad un albero. Mi chino sui talloni e la faccio sedere sulle mani. Basta allargarle i glutei un pochino e lasciare che lei faccia il resto. Un bacino alla francese basta a farle superare l’imbarazzo e il freddo.
Appena V si è liberata, la porto nella tenda di fortuna montata da me mentre era nel sacco a pelo con Olimpia. Con qualche pelle e fune sono riuscita a creare un piccolo rifugio temporaneo. Dentro ci sono delle candele di c’era d’api e vasetti di erbe e oli profumati.
Prima le pulisco con estrema delicatezza il culetto. Il freddo non le fa bene alla digestione. E poi mi accovaccio su di lei.
Appena lei sente i miei seni scaldarle la schiena, capisce che voglio farla stare bene. Bene come piace ad entrambe.
La lecco sulla nuca e dietro alle orecchie. Tocco anche le sue mammelle giovani e fresche. Mi sposto dietro, la faccio stare a quattro zampe e inizio a leccarla li in mezzo. Quanto è passato dall’ultima volta che l’ho fatto con lei? Troppo. Credo che ormai sia diventata dipendente dalla figa di mia figlia.
Lei mugola come una cagnolina, ma so che vorrebbe latrare come una cagna in calore. Si vede che è una signorina educata. Arriva anche ad abbassare il pube per farsi leccare l’ano. Sfacciata, ma brava. E poi se lo merita. Quel buchetto merita un trattamento da spa.
Sputo sulla mano, e mentre lecco il culo di V, massaggio la sua patatina con amore. V fa appello a tutte le sue forze e resta in quell’oscena posa animalesca, fino alla fine.
Viene soffocando a stento l’orgasmo nella sua gola e bagnandomi la mano con i suoi umori. La lascio a godersi l’estasi accucciata sulla pelle di mucca che la separa dal freddo strato di neve, e nel farlo accarezzo anche la sua schiena. Perfetta come tutto il resto.
Poi V si alza e abbracciandomi mi bacia in bocca. Sento il suo monte di venere strofinarsi sui miei addominali mentre le sue gambe mi ghermiscono la vita. Sono in trappolata. E mi piace.
-Ancora. Ti prego mamma ancora. Facciamo l’amore.-
V mi stupisce. Ha il clitoride duro come il nocciolo di una ciliegina. E la sua bocca è bagnata quanto la sua micia. Non me l’aspettavo che qualche candela e la mia esperienza bastassero a farle perdere la testa. Che sia lo champagne? No, è l’amore. Mia figlia è pazza di me. E io lo sono di lei. Ma purtroppo non abbiamo tempo.
-Posso leccarti la cosina?- Mi chiede lei agguantandomi la papaia rossa senza neppure darmi il tempo di risponderle.
Per poco non gemo. Non sarà stata la zampata di un orso, ma per poco quella manina birichina mi ha quasi fatto desistere dal fermare la sua frenesia.
-No. Aspetta V. Aspetta. Dobbiamo andare adesso.-
-Ma…….ma……...-
-Non possiamo farlo adesso. Stasera la mamma deve essere fresca per la cerimonia. E per l’appunto dobbiamo andare.-
V lascia andare la mia cosina e si porta le mani a petto. Ha le lacrime agli occhi.
-È colpa mia? Scusami.-
V inizia a piangere. Cazzo. Ho sbagliato. Finalmente la vedo partecipe, anzi più che partecipe, e io le dico no?
Provo a rimediare abbracciandola e cullandola.
-No. Ma che dicci. Piccola mia. Dai non dire queste cose. Mi hai resa molto felice invece. È solo che dobbiamo andare e alla mamma bastava vederti appagata.-
Le lecco le carmie sulle guance e lei sembra calmarsi.
-Possiamo baciarci ancora un po? Cinque minuti.- Mi implora lei con quei suoi due occhi azzurri celesti.
-Mmmh, ma si. Va bene.-
Il sorriso torna a splendere sul volto di V. Si distende sulla schiena invitandomi a starle sopra. Le nostre poppe si strusciano tra di loro, e le nostre labbra si fondono in un caldo bacio. V aveva ragione. Ne è valsa la pena. Le nostre lingue sono come due anguille che si litigano le caverne. Quando V mi succhia il labbro inferiore come una ventosa ho un gemito.
Se solo avessimo più tempo. Ma quando arriva Skylar capisco che i giochi sono finiti. Devo preparare V.
La porto fuori e la immergo nella pentola dell’acqua grande abbastanza da ospitarla. Skylar si è assicurata che la temperatura non sia troppo alta. Ha anche preparato le saponette a base di grasso di mucca fatte dalle mie schiave.
Il bagno è diviso a metà da un rapido clistere curativo che serve a liberare la pancia di V. Mia figlia sembra riprendere vita. L’acqua calda le ha fatto bene alla digestione, che da quello che vedo sulla neve dove l’ho portata nuovamente a liberarsi, è messa a dura prova dal freddo.
Finito il risciacquo la riporto nella tenda e li la lascio per lavarmi con la stessa acqua. Non è che V l’abbia sporcata più di tanto. Anzi, credo che l’abbia insaporita.
Mentre Olimpia inizia a raccogliere le nostre cose e Skylar prepara l’acqua per loro due, io torno alla tenda ancora bagnata e sgocciolante. Oltre alle candele nella tenda avevo già portato le creme e li oli. È il momento di profumarsi.
Prendo una manciata di lillà essiccata mischiata a olio di giglio, e me lo spalmo sul mio boschetto rosso. Esiste un pennello migliore?
Mi metto a quattro zampe sulle dita dei piedi e delle mani come V aveva fatto prima. Passo sopra la pelle di V il mio pelo senza quasi toccarla. Lo ammetto. È difficile. Ma mi sono allenata per anni a schivare i laser degli allarmi. Questo è solo un piccolo esercizio di resistenza.
Per tutto il tempo V resta con gli occhi chiusi. Solo quando le passo sopra il nasetto riesce a percepisce l’odore della mia fica. Devo ammettere che tutto quello sfregare mi ha fatta bagnare. Ma devo trattenermi per stasera. Come detto poco prima c’è qualcosa di speciale in programma.
Appena ho finito con V, la avvolgo in un manto di seta. Non troppo stretta. La riporto fuori e con l’aiuto di Skylar la metto dentro allo zaino. Lei ancora non capisce il perché di tutte quelle cose, ma stasera capirà.
Torno dentro la tenda un’ultima volta e mi cospargo di olio di rose rosse mischiato a ginseng. Al resto ci penserò una volta a destinazione. Mi rivesto e do una mano alle altre con l’accampamento. Che lente che sono quando non le supervisiono.
Appena pronte ci rimettiamo in sella e torniamo a casa. Quella di stasera sarà una lungaaaaa notte.
Apro gli occhi confusa. Le altre dormono. Sento qualcosa di umido al piede. Alzo la coperta e vedo mia figlia intenta a succhiarmi l’alluce del piede destro.
Non sta fingendo. Sta sognando. Gli occhi sotto le palpebre si muovo. Quanto è bella?
Sveglio Skylar con una spintarella. La fermo prima che mi baci. Mi faccio passare il cellulare. Lo accendo e senza badare ai messaggi di mia madre scatto una foto a V. La luce però non è buona. Skylar mi aiuta e arrotola la coperta, stando attenta a non svegliare Olimpia, fino ad arrivare alle spalle di V.
Eccola. Mia figlia mentre mi succhia l’alluce come un ciuccio. Bellissima. La userò come schermata per il computer a casa.
Tolgo piano il piede e facendo attenzione a non svegliare la mia cucciola, sveglio Olimpia. Noi due andiamo ad allenarci, mentre Skylar resta a letto con V. Olimpia non protesta. Anzi. Sembra contenta di avermi tutta per se.
Skylar non perde un secondo dopo aver sentito la porta chiudersi. Con movimenti delicati e lenti, prende V tra le braccia e se la porta al cuscino.
V per lei è come una bambola. La coccola. La tiene al caldo. Come consigliatole da me, inizia a leccarle la nuca rasata. La mia piccola apre pian piano gli occhi pensando di trovarsi con me, ma appena vede la mano scura di Skylar ha un sussulto.
-Tranquilla sono io.-
V si calma in un istante. Ormai considera Skylar una sua protettrice. Si volta e la abbraccia.
Skylar ricambia mettendosela sopra con la pancia rivolta verso la sua e massaggiandole la schiena con le mani. Non passa molto prima che Skylar tenti di baciare mia figlia.
Il primo è una prova, ma V non si sottrae. Il secondo è un po più deciso. Al sesto V non si stacca più. È assuefatta al sapore dell’indiana. Una nuova bocca da assaporare. Ciuccia le sue labbra. Lecca i denti perfetti. E fonde la sua lingua con quella di Skylar.
Le due vanno avanti così per molto. Poi è di nuovo Skylar a cambiare. Fa scivolare la sua mano tra le gambe di V e comincia ad accarezzarla. Morbida. Bagnata e senza peli.
-Ti piace?-
-Si.- Le risponde V facendo lo stesso con la fica di Skylar.
Una volpina, e una puledra della prateria. Nello sesso letto. Che si toccano.
Skylar scende con V sotto le coperte. Nel buio le due si sfregano. Si baciano. Ognuna tocca l’altra dove la sua curiosità la guida.
Mentre V lecca e succhia il capezzo di Skylar, la pelle rossa inizia a farle un ditalino da favola. Ognuna di noi ha la sua tecnica, e quella di Skylar merita il massimo dei voti. Alterna l'indice al medio e stimola il piccolo clitoride con il pollice. Le sue unghie scivolano tra le morbide carni di V mentre lei geme continuando a succhiare i capezzoli scuri della mia mante.
-Mmmh. Mmmh.-
V viene quasi in silenzio. Il suo orgasmo è soffocato dal seno di Skylar. Le lascia comunque una bella gocciolina sulla mano, che Skylar si porta alla bocca per gustarsela. Ma a lei non basta.
Mette V distesa sul cuscino e restando sotto le coperte prende a leccale la patatina.
V si sente al settimo cielo. Solo io ho saputo farle provare quel piacere. Estasi, caldo e amore.
La lingua di Skylar è per lei come l’acqua di un fiume. Non può fermarla. Può solo lasciarsi trascinare via. Mia figlia si dischiude come un fiore a primavera, e muove il bacino come un ragazzo al suo primo pompino. Deve imparare a controllare il suo corpo. Infatti raggiunge il secondo orgasmo veloce come una lepre, ma almeno ha goduto.
Skylar si gusta l’ultima goccia di nettare e si adagia su V. Sente il suo cuore rallentare piano piano.
V prova a scivolarle sotto per ricambiare, ma Skylar la ferma.
-No piccola. Per adesso mi basta vederti felice. E poi dobbiamo risparmiarci per stasera. Dopo vedrai.-
Le mie due amanti tornano a coccolarsi e a scambiarsi piccoli baci fino alle nove. Skylar porta V in salotto per la colazione. Segue il passaggio in doccia, dove sotto l’acqua calda V abbraccia Skylar in segno di riconoscenza. È talmente piccola che Skylar non può neppure chinarsi senza interrompere quel gesto di puro amore. La sua fica praticamente tocca il mento di V.
Terminata la doccia è il momento di vestirsi.
Skylar veste la sua tuta da caccia bianca mimetica. Ormai la neve ha coperto quasi tutto. Per V invece ci sono dei pantaloni e un cappotto in pelle di capriolo per tenerla al caldo e proteggere la sua pelle. Per i piedi ci sono un paio di mocassini in pelle di vitello senza suola di gomma. L’ideale per tenerle caldi i piedi a cavallo ma non sulla neve. Ho ancora qualche dubbio sulla sua lealtà. Non vorrei che si mettesse in testa di marciare verso il primo centro abitato ad una mia prima distrazione. Anche con delle buone scarpe morirebbe per il freddo ancora prima di trovare una strada sterrata.
Prima di vestirla Skylar le da un paio di leccate alla patatina. Un regalino in previsione dell’ormai noto stanga. La fascetta adesiva è necessaria per proteggere la vagina di V da batteri nei pantaloni di cervo o da altre irritazioni.
Skylar si sofferma anche su quei due piccoli piedini che V non aveva mai considerato sessualmente attraenti. L’indiana bacia ogni dito prima di infilarle i mocassini.
E come ultimo tocco prima di uscire, stampa un ultimo bacio sulle labbra di mia figlia. Questo la terra calda per tutta la mattinata.
Uscite dalla cassa trovano me e Olimpia ad attenderle. Siamo già in tenuta da caccia e abbiamo sellato i cavalli. Adele è sempre sotto a Caligola. La sua presenza mi è indifferente.
-Ecco la sfida di oggi. Chi ucciderà la preda più grossa prima delle undici, si farà una cavalcata con V.-
La mia proposta sembra piacere alle ragazze. Olimpia è già eccitata. Anche Skylar non può nascondere il suo entusiasmo. Quelle due farebbero di tutto per stupirmi. E poi questa volta il premio è V.
Lei è l’unica poco convinta. Le piacerebbe passare un’altra oretta da sola con Skylar, ma sa che anche Olimpia potrebbe vincere la sfida.
Standocene li ferme però non potremmo mai cacciare nulla. Saliamo in sella e ci dirigiamo verso il bosco. V è con me. La sento irrigidirsi quando entriamo nel buio degli alberi. Neppure dopo averle spiegato che i lupi della sera prima se ne sono già andati via da un pezzo si rilassa.
Ma quando arriviamo in una zona aperta finalmente si tranquillizza. Entrambe approfittiamo dello spettacolo offertoci da madre natura. La neve appena caduta si mischia come i colori di un quadro con le macchie di erba secca non ancora coperte.
Certo non posso neppure trascurare V dai nostri giochi. Mi sfilo il guanto dalla mano, e infilandogliela nel colletto vado a palparle una mammella. La mia piccina ha un seno magnifico. Qualcuno direbbe che è troppo per una della sua statura. Ma per me è bello e basta. Sarà perfetto per quando arriverà il momento di allattare la sua prole. Un giorno.
Sento che sto perdendo la giusta direzione con Caligola, così mi faccio rinfilare il guanto da V e torno a condurre il cavallo in modo corretto. Bisogna stare attente quando si monta in sella.
Qualcuno spara due colpi. È Skylar. Potrebbe avvertire. V si è agitata. Ma devo riconoscere la destrezza della mia amante. Ha colpito due oche selvatiche.
Le poverine piombano poco distanti da noi. Volevano andarsene in Cina per svernare. Peccato che adesso diventeranno il nostro pasto. Skylar le prende per le zampe e le porta al suo cavallo fiera dei suoi due centri.
Mentre penso al grasso d’oca che a breve mi scivolerà tra le labbra riprendiamo a muoverci.
Siamo in mezzo alla radura quando V cerca di girarsi.
-V, ma cosa…..?-
Mia figlia non mi lascia neppure il tempo di fermarla. Me la ritrovo seduta come prima davanti a me, ma ora è rivolta verso di me. La vedo sorridere. E la vedo allungare le mani sulla mia pelliccia d’orso. Sotto porto solo la camicia di seta bianca. Sento le sue mani farsi strada fino ai bottoni. Infila la testa sotto la pelliccia ed ecco che la sento.
V mi sta succhiando il capezzolo. Che dolce. E che brava. È migliorata. Succhia e lecca come una vera amante.
Mi sento come una madre celtica quando allattava la prole stando a cavallo durante uno spostamento. Con questa iniziativa, V ha guadagnato un sacco di punti. Non che lei ne abbia bisogno, ma vederla così attiva dimostra che ho fatto un’ottima scelta.
Arrivate al margine della foresta fermiamo i cavalli. Continuiamo a piedi per qualche metro tra le betulle e ci accampiamo.
-Possiamo iniziare. Ognuna va dove preferisce e torna con quello che centra. Sapete già qual’è il premio.-
Olimpia va a sud con la sua carabina. Skylar a nord ovest con la sua e il fucile a canna liscia. Magari trova qualche altro piumato. Io seguo l’esempio di Olimpia ma vado dritta ad ovest. Prima di partire lascio a V due cose. Un libro preso dalla libreria della casa e una pistola scaccia cani in caso di lupi. Tanto per darle qualcosa da fare e farla sentire al sicuro.
Mi dirigo in solitudine a ovest. Mi allontano per mezzo chilometro e mi apposto sotto ad un abete.
Mentre aspetto che qualche ignaro cinghiale vada a razzolare nell’ultimo strato di fango libero dalla neve, mi godo la solitudine e il silenzio della foresta. A Mosca posso anche essere la figlia di un re del crimine. Ma li, nel mio Regno, sono la regina. E bearmi del mio status, è uno dei piaceri che preferisco.
Un rumore mi distrae dal mio autocompiacimento. Ho fatto tombola. Una famigliola con tre piccoli. Il maschio però non è molto grosso. Un cucciolo in confronto al gigante che ho ucciso a soli tredici anni con mio padre. Quello era un trofeo. Questo basterà solo per saziarci.
Ma prima ancora di mettere l’occhio dietro al mirino, ecco uno sparo. Sento Olimpia esultare. Mi distraggo per due secondi. Lei spara ancora due colpi ad indicare la sua posizione, e le mie prede sono già scappate. Pazienza. Almeno non dovrò trascinarmi dietro cinquanta chili di carne pelosa.
Seguo la voce di Olimpia intenta ad esprimere la sua gioia. Quando la raggiungo capisco il perché. Ha preso un cervo maschio da record. Due metri e mezzo per più di duecento chili. Corna stupende quanto il manto. Nessun segno di malattie o pidocchi. Ha solo il buco del proiettile che gli ha tagliato la gola. Un trofeo notevole.
Quando Skylar arriva io sto già facendo le foto alla tedesca in posa vicino al suo trofeo. Skylar fatica a nascondere la sua delusione. Pure io non sarei riuscita a fare di meglio con il papà cinghiale.
Olimpia non è soddisfatta però. Così si carica sulla schiena l’intero animale e se lo porta da sola all’accampamento. Cosa non farebbe per fare colpo su di me?
Torniamo da V con il cervo e Olimpia rossa paonazza. Ancora una decina di metri e ci avrebbe chiesto aiuto.
Vado subito a vedere come sta V e resto stupita. Me la trovo dietro ad un albero con in grembo un mucchio di funghi. Una dozzina di porcini ancora buoni e grossi. La gelata deve averli congelati subito.
Lei sorride, e io mi inchino davanti a lei per baciarla sulla fronte. Non può battere il cervo di Olimpia, ma è certamente più di quanto mi ero aspettate da lei. Credevo che si sarebbe messa a leggere il libro o a rotolarsi nella neve. Invece ha contribuito anche lei al nostro pranzo. La mia gioia. Certo aver preso tra tutto i libri possibili uno sui funghi locali è stato un colpo di fortuna per lei.
Ma appena vede Olimpia con il cervo tutta felice, capisce chi ha vinto e perde subito il suo sorriso.
La accarezzo sulla la guancia per consolarla mentre Skylar va a stendere una pelle di mucca dietro ad una collinetta tra gli alberi coperta di neve. È giusto lasciare un po di privacy alla vincitrice,
Prendo un sacco a pelo abbastanza grande da starci in tre e lo porto con V sulla pelle di mucca.
Spoglio mia figlia lentamente. Voglio prendermela comoda. Lei ha freddo senza vestiti. Uso la scusa di un breve controllo medico per esaminarla dalla testa ai piedi in tutta la sua bellezza. Mi viene quasi voglia di lasciarla in mezzo la neve perché il ghiaccio la conservi fino a primavera.
No. Mi sto perdendo nelle mie fantasie. V comincia a tremare. La lascio entrare nel sacco e le dico di scendere fino in fondo, dove può scaldarsi più in fretta.
Dentro V torna a scaldarsi. Il sacco a pelo è più vecchio di me. C’è odore di cuoio e disinfettante. Sapesse cosa ci abbiamo fatto.
Nel buoi V prova pure ad appisolarsi, sperando che Olimpia non arrivi mai. Ma la fortuna non le sorride. Dopo un po sente il sacco muoversi e il freddo entrare con Olimpia.
Fin da subito comincia a toccarla per arrivare alla sua testolina. V si chiude in se. Prova a difendersi dalla mia amante irascibile e violenta. Sente l’odore del shottino di vodka appena bevuto per festeggiare la vittoria e il sudore sulla sua pelle.
-Eccoci qua, topo.- La saluta lei leccandole la nuca. -Ne è passato di tempo dall’ultima volta che siamo state sole.-
Olimpia si scalda le mani fredde su di V. La prende a cucchiaio. Le basta toccarla per sentire che ha paura. In un primo momento le accarezza le tettine. Tettine pur sempre più grosse dei suoi due pettorali gonfiati con gli steroidi e gli esercizi alla panca. Poi gliele stringe con forza e V urla.
-Zitta!- Sibilla Olimpia tappandole la bocca. - Zitta……...ho ti faccio male per davvero! Aaaa zitta. Zittaaaaaaa.-
Olimpia allenta la presa. Sicura che V abbia capito, la fa voltare e le accarezza il viso. Anche se non la vede con gli occhi, sente le sue lacrime scivolare dal suo viso.
-Se pensi che Iskra ti terrà con se ti sbagli. Sei soltanto il suo passatempo del momento. E quando si stancherà della sua bambola di merda la darà in pasto ai lupi. Proprio come ha fatto con quella grassona della tata. Abbiamo riso un sacco mentre la sbranavano.-
Olimpia la sta portando allo stremo. Se V non si è ancora messa ad urlare è perché ha paura che Olimpia le spezzi il collo.
-Adesso ti trombo merda.-
Olimpia si avventa su V. La stringe a se. Le blocca la testa e la bacia come se fosse un’arancia da spremere. La sua lingua sin intrufola nella sua bocca, mentre le sue labbra premono su quelle di V con tale forza da impedirle di bloccare la lingua.
V ha comunque uno stimolo. Apre la bocca per assecondare Olimpia. E in un attimo la sua bocca si riempe del fiato amaro di Olimpia. Dopo un po Olimpia diventa più dolce, ma la puzza di alcol fatto in casa e fumo non smette di pervadere la bocca di V.
Mia figlia sta già pregando che tutto finisca quando la tedesca le infila due dita in bocca senza troppi complimenti. Le dita però hanno un sapore rancido e amaro. Quando vi ne sente l’odore, capisce che Olimpia se le è infilate nell’ano.
-AAHH! MMAAG!-
V riesce solo a mugugnare disgustata. È talmente disgustata da non riuscire neppure a difendersi.
-Buono? Scommetto che ti sditalini il culo dalla mattina alla sera. Vediamo se ho ragione.-
Olimpia riporta le dita in basso e infila l’indice nell’entrata posteriore di V. Il dito è umido dopo essere stato nel culo della tedesca e nella bocca di V. Ma per mia figlia è troppo. Lo sente entrare fino a toccarle qualcosa nell'intestino.
-Uhh senti cosa c’è qui dentro. Una merda dentro una merda. Sembri ancora vergine qui, ma non temere. Tempo un mese e ci passerà anche il cazzo di Caligola.-
Olimpia costringe V ad aprire la bocca con la mano pulita. E con l’altra ci ficca le il dito sporco. V non reagisce. Non muove neppure la lingua. Non riesce neppure a credere che quello che ha in bocca le è appena uscito dal culo.
Non sentendo la reazione sperata, Olimpia la capovolge e le assapora la pesca senza peli. Per quanto possa odiarla, non può resistere al suo dolce frutto appena maturo. Ma il momento di dolcezza dura poco. V è troppo piccola per un sessantanove con Olimpia, e la tatuata pretende di essere servita.
-Leccami! O ti mangio.- Fa lei con voce da lupa cattiva e azzannando il piedino di V.
Mia figlia non perde un attimo e infila la testa tra le cosce di Olimpia. La prima cosa che trova è il clitoride di Olimpia. Piccolo. Come i suoi capezzoli. Lo lappa con passione. Ma per soddisfare la tedesca, ci vuole di più.
-Infila la lingua nel buco ratto!-
Olimpia sbrana l’alluce di V, e lei capisce al volo.
La cosa non va avanti per molto. V non è ancora un’esperta, ma Olimpia sa che non ha tutto il giorno. Infilandosi il piedino di V in bocca fino a metà prova a pensare di avere tra i denti un bel cazzo. A differenza di Skylar, Olimpia è ancora bisex.
-GULH! GULH! RAGH!-
Olimpia gorgoglia come una baldracca mentre simula un soffocamento dal cazzo col piede di mia figlia. Le piace quando qualcuno la maltratta. Sarà per questo che prima di incontrarmi e unirsi a me è rimasta per anni con quel hooligan tedesco del suo ragazzo. Un cocainomane skinhead che amava spadroneggiare mentre la picchiava o la scopava brutalmente. Si Olimpia era una masochista, anche se non lo dava a dimostrare. Aveva anche perso il conto delle gang bang fatte con gli amici del suo ex ovunque capitasse.
Sarà per questo che si comporta così con V. La mia piccola lecca e succhia, mentre Olimpia è ormai al traguardo. La rasata si torce anche un capezzolo per raggiungere l’estasi.
Olimpia alla fine ha uno dei suoi raptus erotici. Afferra V per la testa e se la grattugia sulla fica fino all’orgasmo.
-AUG! AUG! AUG! AUG!- Prova ad urlare V sentendosi la faccia spremuta sulla vagina di Olimpia.
-PUTTANA ZINGARA SCIMMIA PEDOFILA LECCA CAZZI CIRCONCISI!!! VENGOAAA!-
Questa è Olimpia. Alle volte non capisco neppure io cosa dice mentre viene. MA il suo orgasmo è appagante. Soddisfa sufficientemente le fatiche fatte per sopportare la mia bambina nelle ultime settimane. Getta a lato del sacco V e allunga una mano sul suo clitoride per gustarsi il post orgasmo.
V può solo sperare che quell’agonia sia finita.
-Se dici a qualcuno…..chiunque…...che ti ho picchiata…….prendo quella negra della tua amica dalle tette enormi e gliele taglio.-
Detto questo Olimpia sputa in faccia a V, spalma per bene la saliva sulla sua faccia con le mani ed esce dal sacco.
V si sente lercia. Ha male alla bocca, al piede sinistro e al cuore. Sente Olimpia urlare entusiasta fuori dal sacco e allontanarsi sulla neve. Vuole uscire anche se fuori fa freddo. E anche se fuori c’è Olimpia.
Striscia fuori dal sacco e si alza in piedi sopra al cappuccio per la testa. Solo adesso si accorge che sono appena dietro la collinetta di neve che ci separa. Sono nuda e la aspetto per portarla nel nostro giaciglio di fortuna.
Lei però si incammina nella direzione opposta. Resto un pizzico dispiaciuta per la sua reazione. La seguo. Per un attimo temo che voglia scappare, ma in realtà vuole solo nascondere la sua vergogna dietro ad un albero.
Cammino con scioltezza sul manto di neve bianca. Mi sorprende che V riesca a starci sopra senza soffrire.
La raggiungo da dietro. Lei è ricurva sul tronco. Si copre la testa con le braccia. Non sta piangendo. Ma non sta neppure bene.
La abbraccio. Lei prova a divincolarsi come a dire di lasciarla in pace. Non la lascio, ma non la stritolo. Aspetto. E alla fine si lascia prendere.
La porto in braccio fino al fuoco. Li le lavo la bocca e il viso con la borraccia, e ci avvolgiamo dentro ad un cappotto di pelliccia grande abbastanza da contenere un uomo più grosso di me. Seduta sopra alle mie gambe incrociate V sembra tornare tranquilla. Skylar sta finendo di cuocere la carne e i funghi sulla griglia, mentre Olimpia fuma un cannolo soddisfatta all’altro lato del fuoco. Prima di conoscerla non avrei pensato che una skinhead come lei fumasse la “merda dei bugabuga”. Io sono sempre stata più fedele alla classica coca e all’oppio. Stando sempre attenta a non esagerare. Più avanti dovrò introdurre anche V a questa mia passione. Sempre che Skylar non la conduca prima sulla via della sua “foglia magica”.
V resta chiusa nel mio caldo abbraccio fino a quando il pranzo non è pronto. Ha perfino paura ad incrociare lo sguardo di Olimpia.
Skylar ci porta una ciotola con i funghi cotti per contorno e un bel cosciotto di cervo. Prendo il pasto per l’osso e gli do un bel morso. Apro un po la pelliccia e invito V a servirsi. Lei come ogni volta che prova cose nuove è titubante. Ma l’odore della carne e il mio sorriso bastano a convincerla. Prende il cosciotto con entrambe le mani e inizia a mangiarlo. Ha fame la mia piccola. Come una lupa.
Skylar resta compiaciuta nel vedere che le sue doti di cuoca sono apprezzate. Olimpia invece mi fissa con un sorriso dal doppio senso. Gli piace vedermi felice. Ma non le pisce vedere felice V.
Faccio segno a Skylar e lei ci porta una bottiglia di champagne tenuta in fresco nella neve. La foresta ci nutre, ma a dissetarci ci pensiamo noi. La prima a bere sono io. Poi tocca a V. Scambia la bottiglia con il cosciotto e inizia a bere. Mi distraggo un attimo per dare qualche altro morso mentre lei ci da dentro col gomito. Pensavo che Skylar l’avrebbe fermata, invece è rimasta a guardarla divertita. La fermo io. V si è bevuta un quarto di bottiglia in un attimo. Che per lei è anche troppo viste le sue dimensioni. Una parte di me la vorrebbe rimproverare per aver esagerato, ma vederla mangiare i suoi funghetti come un topolino innocente me lo impedisce.
Continuiamo a mangiare fino a che della carne non restano piccole briciole attaccate all’osso. Poi ci mettiamo distese con la pelliccia sulle radici di un albero e schiacciamo un pisolino. Il tempo che Skylar scaldi l’acqua.
Quando la neve inizia sciogliersi dentro alla pentola, porto V a fare i suoi bisogni dietro ad un albero. Mi chino sui talloni e la faccio sedere sulle mani. Basta allargarle i glutei un pochino e lasciare che lei faccia il resto. Un bacino alla francese basta a farle superare l’imbarazzo e il freddo.
Appena V si è liberata, la porto nella tenda di fortuna montata da me mentre era nel sacco a pelo con Olimpia. Con qualche pelle e fune sono riuscita a creare un piccolo rifugio temporaneo. Dentro ci sono delle candele di c’era d’api e vasetti di erbe e oli profumati.
Prima le pulisco con estrema delicatezza il culetto. Il freddo non le fa bene alla digestione. E poi mi accovaccio su di lei.
Appena lei sente i miei seni scaldarle la schiena, capisce che voglio farla stare bene. Bene come piace ad entrambe.
La lecco sulla nuca e dietro alle orecchie. Tocco anche le sue mammelle giovani e fresche. Mi sposto dietro, la faccio stare a quattro zampe e inizio a leccarla li in mezzo. Quanto è passato dall’ultima volta che l’ho fatto con lei? Troppo. Credo che ormai sia diventata dipendente dalla figa di mia figlia.
Lei mugola come una cagnolina, ma so che vorrebbe latrare come una cagna in calore. Si vede che è una signorina educata. Arriva anche ad abbassare il pube per farsi leccare l’ano. Sfacciata, ma brava. E poi se lo merita. Quel buchetto merita un trattamento da spa.
Sputo sulla mano, e mentre lecco il culo di V, massaggio la sua patatina con amore. V fa appello a tutte le sue forze e resta in quell’oscena posa animalesca, fino alla fine.
Viene soffocando a stento l’orgasmo nella sua gola e bagnandomi la mano con i suoi umori. La lascio a godersi l’estasi accucciata sulla pelle di mucca che la separa dal freddo strato di neve, e nel farlo accarezzo anche la sua schiena. Perfetta come tutto il resto.
Poi V si alza e abbracciandomi mi bacia in bocca. Sento il suo monte di venere strofinarsi sui miei addominali mentre le sue gambe mi ghermiscono la vita. Sono in trappolata. E mi piace.
-Ancora. Ti prego mamma ancora. Facciamo l’amore.-
V mi stupisce. Ha il clitoride duro come il nocciolo di una ciliegina. E la sua bocca è bagnata quanto la sua micia. Non me l’aspettavo che qualche candela e la mia esperienza bastassero a farle perdere la testa. Che sia lo champagne? No, è l’amore. Mia figlia è pazza di me. E io lo sono di lei. Ma purtroppo non abbiamo tempo.
-Posso leccarti la cosina?- Mi chiede lei agguantandomi la papaia rossa senza neppure darmi il tempo di risponderle.
Per poco non gemo. Non sarà stata la zampata di un orso, ma per poco quella manina birichina mi ha quasi fatto desistere dal fermare la sua frenesia.
-No. Aspetta V. Aspetta. Dobbiamo andare adesso.-
-Ma…….ma……...-
-Non possiamo farlo adesso. Stasera la mamma deve essere fresca per la cerimonia. E per l’appunto dobbiamo andare.-
V lascia andare la mia cosina e si porta le mani a petto. Ha le lacrime agli occhi.
-È colpa mia? Scusami.-
V inizia a piangere. Cazzo. Ho sbagliato. Finalmente la vedo partecipe, anzi più che partecipe, e io le dico no?
Provo a rimediare abbracciandola e cullandola.
-No. Ma che dicci. Piccola mia. Dai non dire queste cose. Mi hai resa molto felice invece. È solo che dobbiamo andare e alla mamma bastava vederti appagata.-
Le lecco le carmie sulle guance e lei sembra calmarsi.
-Possiamo baciarci ancora un po? Cinque minuti.- Mi implora lei con quei suoi due occhi azzurri celesti.
-Mmmh, ma si. Va bene.-
Il sorriso torna a splendere sul volto di V. Si distende sulla schiena invitandomi a starle sopra. Le nostre poppe si strusciano tra di loro, e le nostre labbra si fondono in un caldo bacio. V aveva ragione. Ne è valsa la pena. Le nostre lingue sono come due anguille che si litigano le caverne. Quando V mi succhia il labbro inferiore come una ventosa ho un gemito.
Se solo avessimo più tempo. Ma quando arriva Skylar capisco che i giochi sono finiti. Devo preparare V.
La porto fuori e la immergo nella pentola dell’acqua grande abbastanza da ospitarla. Skylar si è assicurata che la temperatura non sia troppo alta. Ha anche preparato le saponette a base di grasso di mucca fatte dalle mie schiave.
Il bagno è diviso a metà da un rapido clistere curativo che serve a liberare la pancia di V. Mia figlia sembra riprendere vita. L’acqua calda le ha fatto bene alla digestione, che da quello che vedo sulla neve dove l’ho portata nuovamente a liberarsi, è messa a dura prova dal freddo.
Finito il risciacquo la riporto nella tenda e li la lascio per lavarmi con la stessa acqua. Non è che V l’abbia sporcata più di tanto. Anzi, credo che l’abbia insaporita.
Mentre Olimpia inizia a raccogliere le nostre cose e Skylar prepara l’acqua per loro due, io torno alla tenda ancora bagnata e sgocciolante. Oltre alle candele nella tenda avevo già portato le creme e li oli. È il momento di profumarsi.
Prendo una manciata di lillà essiccata mischiata a olio di giglio, e me lo spalmo sul mio boschetto rosso. Esiste un pennello migliore?
Mi metto a quattro zampe sulle dita dei piedi e delle mani come V aveva fatto prima. Passo sopra la pelle di V il mio pelo senza quasi toccarla. Lo ammetto. È difficile. Ma mi sono allenata per anni a schivare i laser degli allarmi. Questo è solo un piccolo esercizio di resistenza.
Per tutto il tempo V resta con gli occhi chiusi. Solo quando le passo sopra il nasetto riesce a percepisce l’odore della mia fica. Devo ammettere che tutto quello sfregare mi ha fatta bagnare. Ma devo trattenermi per stasera. Come detto poco prima c’è qualcosa di speciale in programma.
Appena ho finito con V, la avvolgo in un manto di seta. Non troppo stretta. La riporto fuori e con l’aiuto di Skylar la metto dentro allo zaino. Lei ancora non capisce il perché di tutte quelle cose, ma stasera capirà.
Torno dentro la tenda un’ultima volta e mi cospargo di olio di rose rosse mischiato a ginseng. Al resto ci penserò una volta a destinazione. Mi rivesto e do una mano alle altre con l’accampamento. Che lente che sono quando non le supervisiono.
Appena pronte ci rimettiamo in sella e torniamo a casa. Quella di stasera sarà una lungaaaaa notte.
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