Alpeggio Cap.: IX

di
genere
incesti

Incesto, etero e misteri


- “Zio, … osserva la pancia di Margherita; dentro, il piccolo si agita, scalcia.”
- “Dalia, … Dalia! Sai cosa ci vuole per far star bene quel cucciolo vivace e forse un po’ impaziente?”
- “No!”
- “Un buon massaggio e, visto che il forellino crespo della madre è ancora da aprire, consiglierei di farglielo schiudere da chi l’ha messa incinta.”
- “Così io mi godrò lo spettacolo e tu, zio Tonio, potrai divertirti con me.”
- “… ma il tuo suggerimento implica che dopo lasceremo Dalia per ritornare alla montagna con lo scopo di ritrovare Tulio, tuo nonno.”
- “Ohhhhh, … ma io stavo bene con il nonno e poi vorrei percepirlo ancora dentro di me. Non era solo la carne, allora, che lo bramava, ma tutto il mio essere; per cui lo Spirito della Montagna mi concederà, anche là, di essere preso, posseduto, sodomizzato, buggerato, abbracciato, legato a lui.”
- “Ti piaceva?”
- “Sì … tanto. Ho vissuto momenti indimenticabili tra le sue braccia. Era il nonno e non avevo timore, paura, titubanza con lui, come l’ape con il fiore. Lui, l’ape che aspirava, prendeva il mio nettare, la mia gioia di essere visitato, esaminato, guardato, … curato dalle sue mani, dalle sue labbra, dal suo vigoroso, gagliardo, maestoso, valente membro apri-sfinteri; era venerato, coccolato, bagnato dalle mie lacrime, dalle mie salive e dai miei umori. Lo ricevevo e lo stringevo, lui già caldo di suo, per infiammarlo di più. Ohh Tonio, non avevo ami fatto sesso con alcuno, mai mi ero concesso e mai avevo masturbato o spompinato alcuno, perché non mi attirava; ma con lui mi sono aperto senza pudore, senza vergogna; … il mio cedere era casto, innocente, di estrema fiducia, puro; … e tu, zio, eri là e hai visto quando mi ha preso. Non mi sono lamentato, non ho pianto, … era naturale, giusto, logico quel passaggio e il mio animo era colmo di gioia. Ohhhhhhh, … chissà!”
- “Ti capisco, nipote caro, ce ne andremo assieme a Dalia quando avrà depositato le sue uova; ma ora godiamoci lo spettacolo che i nostri beniamini ci stanno offrendo: Margherita è fra le braccia di Ennio, … le loro lingue si sono intrecciate, annodate, avviluppate. Sono in piedi e si stanno letteralmente divorando le bocche in un bacio lussurioso, sfrenato, carnale: le lingue sembrano giocare a rimpiattino ed entrano ed escono da una o dall’altra bocca leccandosi, succhiandosi, martellandosi e contemporaneamente le loro mani non stanno ferme e tutte esplorano il corpo dell’una o dell’altro quasi a cercare non si sa cosa: ma dai gemiti delle loro gole si capisce che sono in piena estasi. Ebbrezza, rapimento, trance resa più accentuata, ampliata anche dalla lingua di Remigio sulla fava dell’uomo per pulire, massaggiare, leccare, lappare quelle grandi stille trasparenti che ormai fluiscono abbondanti dalla piccola sovrastante apertura; e da quella di Lucia, su sua figlia, a preparare il roseo plissettato fiore alla dolce, ansante, spiritosa apertura; da quella di Giovannino, osservato da Nicolas, su suo padre per rendergli l’omaggio a lui fatto, quando lo sodomizzò la prima volta. E’ meglio che ci discostiamo da questa scena, Gigi caro, per non … e lasciamo a loro raccontarci le emozioni che vivono.”
Sembravano abituati a quelli esercizi. Margherita si era abbandonata alle mani della madre; … mani che frugavano … esploravano la sua area anale e perineale; si inarcava o offriva le sue natiche ai morsi della genitrice, mentre l’uomo, baciandola e impastandole i seni, gradiva le attenzioni del figlio al suo anello. Si limitavano a mormorare suoni senza senso con il viso al cielo e gli occhi sconvolti di chi vive un’estasi per scendere poi e …
“Marghy lo desideri veramente, … vuoi?”
“Sì Ennio, la mamma lo sta preparando con la lingua, con le dita ed io vivo ora in un languore incredibile, assurdo … tanto che se questa tua carne vorrà entrare, facilmente scivolerà senza sforzo. Sarà sufficiente che tu l’appoggi, come fosse una supposta, e per il resto saranno i miei muscoli ad invitarlo, ad aspirarlo tutto sino in fondo. Enniooo …”
“Hai proprio un bel sederino e mi piacerebbe profanarlo, sfasciarlo, violarlo come si deve; ma non voglio farti male. Ecco, per il momento prendilo …” -spingendo la sua testa verso il basso, … verso un membro magnifico, splendido, enorme-. La giovane gestante non fece resistenza, anzi si accostò alla cappella con venerazione, sino ad appoggiarvi le labbra, per schiuderle subito dopo. Quell’asta le forzò delicatamente il palato, entrava per farsi limare, succhiare, ciucciare, vellicare. Ennio la guidava e gliela spingeva verso l’ugola e le tonsille, provocandole anche dei semplici conati. Progressivamente, percepì quella fava impossessarsi della cavità orale e muoversi fra le labbra come tra le mani quando lo venerava. Quando l’uomo prese dimestichezza col movimento, la sollevò e togliendola alle mani della madre, la ruotò: “Il pompino può anche bastare, ma lo considero preparatorio all’ispezione, all’esame, all’indagine del tuo anello sfinterico.” … e inclinatala con tutto il sedere aperto sul suo volto, la attirò a sé per lappare, leccare, perforare con la lingua l’adorabile invito e darle amorosamente piacere. La giovane si inarcava, spingeva contro la lingua il suo buco, invitando con urla l’uomo a stuprarla, seviziarla, a brutalizzarle l’ano e lui la mordeva, la schiaffeggiava lustrandola sino a percepire il suo completo abbandono, il suo totale rilassamento. Leccava dall’alto in basso e viceversa, sollecitandole il culo e la figa; e lei gemeva continuamente e talvolta urlava per piccoli orgasmi che le deflagravano nel ventre. La prese in quella posizione sotto gli occhi dei presenti, mentre gridava, gemeva, urlava: “Sì … sì, … sì!”
Ennio si apprestava con molta dedizione e affetto a buggerare quella dolce, fresca femmina: la unse ancora a lungo di salive e degli umori degli orgasmi fattile avere precedentemente, le strusciò più volte la cappella intorno all’ano, poi gliela accostò e presala per i seni senza staccarsi dal suo sedere, giratole il viso verso di sé, la baciò con tenerezza spingendole con prudenza, la punta al suo interno.
Marghy sentì distintamente la massa enorme distenderle le grinze dello sfintere che si schiudeva e si dilatava millimetro dopo millimetro. Respirò profondamente, spinse all’indietro e avvertì nettamente il culo aprirsi ed allargarsi per ricevere l’eccitato ospite. Quel fallo poderoso le invadeva l’intestino con tutta la sua forza, con tutta la sua virilità e i muscoli dell’orifizio pulsavano dilatandosi man mano che l’asta si spingeva più in profondità. Avvertì i tessuti interni cedere ed estendersi, abbracciare il bastone di carne e le viscere ribellarsi e spingere tutto il ventre verso lo stomaco e quando lei gemeva, quello si ritraeva per riprendere a penetrarla finché, con un piagnucolio più lungo di lei, il ventre dell’uomo non si schiacciò contro quelle natiche sode e accoglienti.
Ennio si fermò un momento quasi a godersi la pienezza della penetrazione, poi cominciò a dondolarsi avanti e indietro con il membro che scorreva, slittava nel buco con estrema naturalezza, mentre le pastrugnava le tette o gli tormentava i capezzoli stringendoli o tirandoli e dai xciaff-xciaff capì che lo aveva tutto dentro.
Il dolore si mescolava all’intenso piacere senza che uno si imponesse. Si capiva dalle espressioni della giovenca che quel movimento favoriva la sua eccitazione; per cui si abbandonò a quelle intrusioni, a quei massaggi, a quelle carezze invasive, muovendo il sedere per stimolare quel membro ben inserito in lei. Le piaceva godersi il membro in tutta la sua possanza e, quasi involontariamente, i muscoli dell’intestino cominciarono a contrarsi ritmicamente praticando un risucchio curioso sulla mazza che li aveva dilatati, come succede di solito con le supposte. Fu dominata, soggiogata per qualche minuto con Lucia che le lappava, succhiava, da sotto, il clitoride per accrescere e moltiplicare, così, le vibrazioni e i fremiti dell’orgasmo in arrivo. Il suo anello palpitava e si contraeva continuamente e tutto il suo basso ventre era percorso da fitte di piacere.
Quando lui si rese conto che l’eiaculazione stava per esplodere nella morbidezza di quell’intestino, sfilatole di colpo la mazza e presala con una mano gliela rivolse verso il volto. La sborra eruppe come da un vulcano, calda, bianca, densa, impetuosa, cremosa, con schizzi in rapida successione, accompagnata dalle urla gutturali dell’uomo in estasi, dai guaiti e dalle urla stridule di Marghy che la riprendeva per spalmarsela sulle poppe, sul ventre e sulla figa. Un nuovo intensissimo acme di piacere spasmodico le esplose nel ventre … violento, feroce, irrefrenabile. Poi ambedue crollarono soddisfatti, beati, abbandonati l’uno sul dorso dell’altro, … cazzo in camicia e culo spanato.
La danza delle stelle si accompagnava sinuosa, languida, vibrante con quella dei prati. Erano onde che si specchiavano e rispendevano, come non mai, in quell’altura guidate e addolcite da voci e canti notturni e che mostravano altre dolci, armoniose, serene silhouette in leggero, tranquillo, pulsato movimento.
scritto il
2020-08-09
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