Celestino Cap.: XIV
di
bepi0449
genere
trio
Cap.: XIV
Ouverture ossia momenti magici pre gala.
Sabato ore 20,00
Il caldo torrido imperversava senza pietà: l'estate rovente la stava facendo da padrona in quelle prime settimane della stagione! Celestino oziava in silenzio, sotto una pergola con gli amici, gustando, … godendo della musica della sera. In quel sabato il Professore con Clelia aveva iniziato a preparare il suo fisico all’evento a lui dedicato. Il “canto” delle cicale lo aveva preso, lo cullava, lo portava lontano … ad Antinoo, a Ganimede, a Narciso, … tutti giovinetti come lui, … cicale.
Chi vive, lavora in campagna, sa che i mesi estivi sono accompagnati da una precisa colonna sonora, che si alterna tra ore diurne e ore notturne: le cicale e i grilli. Questi ultimi compaiono già a maggio, cantando nelle notti assieme a ranocchie e rospi, mentre le cicale, con il loro frinire frastornante, perpetuo, esasperante, iniziano verso fine giugno. Il loro canto inizia in un sol giorno, e, se sì ha la fortuna di essere proprio lì nel momento in cui la prima cicala principia a cantare, rileviamo che, nel silenzio, viene seguita, poco dopo, da tutte le sue compagne dandoci l’impressione di vivere un momento fatato, meraviglioso, una prima della natura, a cui siamo stati invitati per privilegio.
Famosa è l'idea della cicala come splendido e imprevidente insetto che non si preoccupa del divenire e dell'avvinarsi dell'autunno, come ci raccontò Esopo nelle sue favole. La cicala effettivamente sembra non fare altro che frinire per tutta l’estate, per poi morire inevitabilmente con il cambio di stagione: è un ciclo naturale che risponde a "regole" ben precise e molto affascinanti: la conservazione della specie. Quel canto è un richiamo sessuale per la cicala femmina nella stagione degli amori.
È tremendamente affascinante l'idea che le cicale vivano con intensità una sola stagione, ma nella terra che pestiamo sotto di noi, anche durante il gelido inverno, ci sono i "frutti" del suo canto, destinati a rinascere nelle estati successive: il frinire della cicala è davvero un inno alla vita, alla rinascita, a cicli naturali che si rinnovano sempre, in continuazione.
“Ti senti una cicala, Celestino? Mmhhhh … È bello stare in silenzio tra il frinire di questi insetti; … anche noi, tuoi precettori, eravamo come te; … come te abbiamo vissuto il tempo che stai passando. Scommetto -proseguì Clelia- che hai delle mialgie al basso ventre: … esse sono dettate dall’ansia dell’attesa. Sei la larva di cicala, che uscita dal terreno e arrampicatasi su un tronco, ora si dibatte, … si agita finché non avrà rotto il guscio per volare su un ramo, vicina al richiamo per essere fecondata. Allungherà le zampette, alzerà il sederino, emetterà profumi particolari … finché sarà presa, riempita, ingravidata. Ecco sei una cicala nel bozzolo: ti agiti per romperlo e prepararti per attrarre, richiamare, invitare, sedurre maschi; invogliandoli a depositare nel tuo intestino il contenuto delle loro bisacce inseminali.
La natura previdente, accorta, saggia, illuminata … usa noi, fuchi della specie umana, per far svuotare i testicoli di maschi, che altrimenti collaborerebbero ad incrementare la specie. Noi fuchi siamo congeniti alle femmine; serviamo ad attrarre.
Il mito di Ganimede, di Narciso, di Antinoo serve a farci riconoscere dai maschi. Sii orgoglioso della missione che la natura ti ha riservato. Non morirai dopo la prima copula, come le cicale-femmine, ma camperai, … vivrai ancora, … tanto, … perché il tuo intestino dovrà essere riempito varie volte e lo sperma sarà uno dei tuoi alimenti, anzi il tuo alimento preferito. Ti posso assicurare che nessuna donna sa gustarlo o sa estrarlo dalla sua custodia come noi: ecco il motivo per cui siamo cercati. Nessuna femmina sa dar piacere come lo diamo noi; perché siamo nati, sbocciati, … ideati e plasmati per dar piacere.
Ora sarà opportuno che si vada a riposare già da ora, visto che la giornata domani e anche le successive, sino a quel giorno, saranno lunghe. Dormiremo assieme, così avrai modo di dar sfogo ai tuoi sogni: serviranno a mitigare le mialgie intestinali.”
Domenica ore 10,00
Su pressione di Camillo, Clelia aveva accettato l’invito a fermarsi sino al post festa per erudire maggiormente il ragazzino, ormai pronto ad essere presentato, offerto, preso, sverginato, sodomizzato e posseduto carnalmente. Avrebbero riposato assieme nel suo grande lettone.
Lo scopo principale di tale richiesta era quello di far avere all’iniziando dei sogni particolari, visto che si sarebbe trovato a dormire e scaldarsi con il sedere sul pube del bibliotecario e con il viso su quello di Clelia.
Lo studioso sapeva che una simile vicinanza di corpi, senza abiti e intimo, avrebbe facilmente provocato delle polluzioni notturne o addirittura un fluire dolce, placido di sperma caldo fra loro, per cui aveva dato disposizioni che il suo letto fosse riparato da eventuali doni, che ognuno di loro avrebbe potuto fare al vicino.
Era un estate molto torrida, per cui non necessitavano di coprirsi, ma solo di godere e scambiarsi il loro tepore. Lo scopo di tale decisione era quello di farsi raccontare e poi trascrivere eventuali visioni oniriche dal forte richiamo erotico, carnale da includere nella collezione della biblioteca.
Si erano svegliati paghi, sereni, sorridenti. Si osservavano felici della loro nudità messa a disposizione del vicino e gioivano del saluto allegro, festoso, scodinzolante di Fedrick, amico di congrega di Camillo.
Dopo il saluto di bentrovati e una carezza intima, abbinata da una slinguata bavosa del colosso, vestitolo di bianco, si avviarono tutti per la colazione, che persone di servizio alla casa avevano già preparato, trovandovi anche il Conte con l’amministratore dell’azienda.
“Gli avete procurato un bel completino, … così bianco, … con quei pantaloncini che assomigliano ad una gonnellina per la leggerezza e l’eleganza del tessuto. Avvicinati ragazzino! Eri già splendido di tuo, … con il lavoro dell’estetista, che proseguirà l’opera di maquillage in tutti i giorni che precederanno la tua presentazione al nostro pubblico, … farai rinvigorire … riaccendere … risorgere anche i defunti. Sono contento dei tuoi progressi, di cui ero sempre informato, … dei disordini che hai provocato tra il personale… Le mie mani sentono levigatezza, … la perfezione della tua pelle. Sei splendido, mio nuovo acquisto, … mio nuovo collaboratore e dipendente. Mi auguro che la tua psiche, plasmata dagli studi classici, risponda nell’attività per la quale sei qui, come il tuo pisello, … che già gronda e cola … o come il tuo anello che vibra e suda…. e il pancino, qui, -tastando-? Spero di poter, un giorno, gustare e gioire della tua compagnia. Va bene Celestino?”
“Qui mi fa male, … ma spero che loro mi facciano passare, … mi allevino un po’ i fastidi dell’attesa e per quello che mi ha chiesto, … quando vuole signore!”
“Portatemelo via, altrimenti sfascio e sciupo questo capolavoro.” Se ne andarono con Clelia, che raggiunse subito la sua stanza per apprestare tutto l’occorrente da impiegare sul fisico del ragazzo, mentre gli altri due, con Fedrik, uscirono per fare due passi fra il verde del parco, in modo da mitigare l’ansia dell’attesa, prima di riaffidarsi al visagista-massaggiatore.
“Questa è stata la prima volta che il Conte ti ha parlato e palpeggiato. Ho visto che ti sei inarcato sotto le sue attenzioni, quasi … soffrendo. Eccitato?”
“Sì, specialmente quando con la mano, trattomi a sé, dopo avermi rimestato … impastato i glutei e sfiorato la mia umida corona, mi prese nel palmo la sacca testicolare, facendomi ansare e flettere. Le gambe cedevano.”
“Sei come noi: una femmina; ma ora rechiamoci da Clelia, che ci attende.”
Lasciarono il piccolo stagno del parco che sonnecchiava perfettamente immobile nella calura; mentre su una foglia di ninfea, una ranocchia teneva d’occhio un insetto dalle lunghe zampe che pattinava spensieratamente sull’acqua: presto sarebbe stato a tiro e sarebbe stato un ottimo boccone, senza tanta fatica.
“Celestino, sfìlati gli indumenti e pòniti bocconi con il culo in alto. Al tuo fianco, su un treppiede ho posto un contenitore con un liquido saponato alla camomilla, sale e olio d’oliva. Tramite la cannula, che ti mostro, dovrà invaderti irrigandoti tutto l’intestino. … è una pratica di igiene intestinale, utilizzata spesso nei rapporti; in cui si sfiora, si bacia, si lecca, si penetra analmente con le dita, con la lingua e … poi con il membro, la persona con la quale ci uniremo carnalmente. Appoggia la testa sul dorso delle mani, mentre ti spalmo con del burro la rosetta. Rilassati e cerca di defecare. Spingi, … ecco così, … sììì, … bravo, … cosììì. Chiudi. Hai visto che, senza forzare, il becco della cannula oliato lo stai aspirando al tuo interno come si fa di solito con le supposte? … Ora premerò per spingerlo più addentro. Ti ho fatto male?”
“No … mi piace come muovi, sposti le mani sulle natiche …sino alle ginocchia e ritorni per pigiare, spostare l’ugello del tubicino. Percepisco quando lo smuovi. Ora … è tiepida.”
“Respira a fondo e lascia che i liquidi ti invadono. Sarà un’irrorazione profonda, lenta … respira a pieni polmoni. Non distrarti.
Pensa che sia un’anguilla; che entra nel profondo delle tue viscere e si muove, … si gonfia, … si dilata, … s’avvolge, …s’avvoltola e s’incartoccia sbattendo sulle mucose delle colon. Che si nutre di te e cresce dentro di te, … abbandonando, nel suo tragitto di intrusione, feci e urine. Morde, colpisce, cozza, trafigge, provoca dolore, ma … a te piace. Non è più una grossa, grande anguilla, ma una serpe lunga, … che necessita di un nascondiglio per riporre, affidarti le sue uova, … i suoi piccoli che, rotti i gusci, poi guazzeranno nella poltiglia delle tue feci.
Hai crampi, … forti dolori, … non posso riprendere la biscia per la coda, … non me lo permette, mi sfugge. È sdrucciolevole, scivolosa, … unta di burro.
Riesco.
Ha lasciato al tuo interno tutto il contenuto del suo ovario. Tramite il dolore sentirai i piccoli pizzicarti, pungerti, morderti … e dolore.
Distenditi, …
Pensa all’anguilla che cerchi e vuoi dentro di te. La biscia ha terminato di deporre, … ora le uova devono schiudersi tutte e trovare la via di uscita. Il liquido del clisma l’hai tutto dentro; … dobbiamo attendere un po' e poi … ti permetterò di evacuare, … di scaricare, … di defecare, ma lentamente, perché desidero che tu avverta il piacere sottile dello svotamento, dell’espulsione. Ti concedo di trattenere ancora la cannula per farti pensare a quello che brami; … e, quello che agogni, passa anche attraverso un clisma depurativo e doloroso.
Rifletti: il piacere è sempre preceduto dal dolore.
Come può uno congiungersi con te, penetrarti, mettere la lingua nel tuo foro, … sul tuo sfintere … se il tuo intestino è ingombro, pieno di rifiuti? … se aspiri, … se vuoi essere donna, come il tuo corpo chiede, … questi dolori, questi crampi sono inezie, … bazzecole, ma servono … per condurti a piaceri sublimi, umidi, … estasi bagnate, … piaceri intensi su prati di sperma, … cremosi, caldi, inebrianti …
Andrai più di qualche volta in trance.
Hai il viso rigato di lacrime, … ora, mi raccomando… lentamente.
Ho sfilato il tubicino, … non importa se t’insozzi. Camillo, poi pulirà e ti laverà, mentre io preparerò un ulteriore servizio.”
Con l’aiuto dell’uomo, serrati i glutei, il ragazzo si dispose steso sul dorso e sui gomiti, come chiedevano i precettori, con le gambe rialzate, con una mano dello studioso posata sul suo foro anale con lo scopo di facilitare lo scivolamento, lo scorrimento delle melme, delle poltiglie calde sul corpo … Con quella postura gli avrebbero insegnato a godere dell’evacuazione dei suoi fanghi su se stesso e di non opporsi a simili richieste di clienti, considerate umilianti, degradanti: alle femmine piace essere sottomesse.
Di tanto in tanto un dito della mano sul suo sfintere lo penetrava, stantuffando e scopandolo. Ansava e respirava affannosamente, muoveva la testa da una parte all’altra per non ricevere sul volto o sulle labbra i suoi escrementi, mentre l’altra mano, su istruzioni della massaggiatrice, doveva spostarsi sul fisico del giovinetto come un rettile: zigzagando, ondeggiando, scivolando, senza guardare a dove si muoveva, ma avente come tacita meta l’apertura orale, per rintanarsi e farsi succhiare.
Sorrideva, scorreggiava e rumoreggiava come una consumata, esperta puttana; ansimava, boccheggiava, piangeva, … godeva del trattamento e implorava di continuare, ..., di ungerlo, … di impiastricciarlo, … di farlo ciucciare, … di sfamarlo, … di saziarlo.
Non connetteva.
Il piacere dello svuotamento, del tamburellare nell’ano, … del massaggio con i suoi limi caldi e cremosi sulle sue aree fortemente erogene, … della visione del suo adorato, sognato seviziatore, … lo aveva condotto ad un’estasi sublime, mirabile, incredibile, straordinaria, … tanto da non distinguere, da non riconoscere più il limo fecale da creme pasticcere.
Lo lasciarono riposare un attimo, e poi rifecero il clisma per sciacquargli l’interno, facendolo defecare successivamente in piedi in un catino di coccio, per fargli avere il piacere dello scarico abbinato al suo scorrere giù per le gambe, tenute vicine.
Terminata la lavanda interna, gli indicarono un altro lettino per riprendersi, per recuperare energie e ricominciare, dopo averlo lavato, con un massaggio a base di crema idratante, nutriente, elasticizzante, perfezionata con prodotti da rendere la pelle ultrasensibile ai tocchi, agli sfioramenti, all’impastamento e l’ano a cedere, … ad aprirsi, anche nel sogno per ricevere o far defluire liquidi, sostanze, sfiati umidi e untuosi.
“Anche domani …?”
“Sì, … anche domani, ma solo che cambieremo un ingrediente del clisma ogni giorno sino a giovedì; mentre venerdì e sabato i clisteri saranno composti solo da acqua, sale e olio per non sfibrarti. Dobbiamo farteli, per aiutarti a rendere più flessibili, più plastici, più sciolti, più estensibili i tuoi muscoli sfinterici, per evitarti strappi o lacerazioni alle mucose intestinali.
Ti faremo soffrire … tanto, ma salirai tanto in alto nelle trance da appagamento.
Camillo ti ha lavato bene ogni parte del tuo fisico, per cui possiamo aiutarci anche con la lingua nel prossimo servizio.
Mettiti con la pancia in giù per ricevere il massaggio programmato.” Clelia gli versò dell’olio caldo sulla colonna iniziando dal collo a manipolare con sfregamenti ed impastamenti le masse muscolari dorsali per scendere verso i lombi e i fianchi. Scivolava con energia, avanti e indietro, avvolgendolo, affondando la pressione ai lati e sui glutei e rilasciando.
Aveva subito vari tipi di massaggio da quando, giunto in azienda, era stato iniziato con una formazione particolare; ma quello era il suo primo trattamento completo per idratare, nutrire, elasticizzare la muscolatura, avente lo scopo di prepararla ad una maggior sensibilità, a cedere agli sfiori, alle carezze, alle improvvise palpate di glutei, per farsi aprire e inculare.
Respirava per la prima volta il dolce profumo emanato dalle candele in quella stanza in penombra, preparata appositamente per lui.
Quel massaggio dolce sul dorso o energico sulle chiappe lo conducevano ad abbandonarsi, a concedersi a quelle mani, consegnando ogni resistenza a quelle braccia che non lo lasciavano un istante.
Ancora olio.
Quelle mani sgusciavano non una, ma tre, quattro, cinque, sei volte dal collo e braccia ai lombi e quando scendeva verso quelle masse muscolari rotonde, non trascurava di passare al loro interno e verso il centro, con entrambe le mani per pochi istanti, perché, subito dopo, ritornava sulla parte più bassa della schiena. Di nuovo e ancora per smuovere e far accrescere il calore dell’attesa al basso ventre e all’interno dello sfintere.
Attimi di estasi nell’infinito.
“Ohh Clelia, mandami via. Ohhh non smettere, prosegui, … fammi volare. Sono tutto unto d’olio, … il mio corpo è nelle tue mani: lo stai trasformando. Mi sento perso, prono ad occhi chiusi, e mentre il fisico si liquefa, … si scioglie, … si squaglia, tu scendi con una mano e me lo impugni, da sotto, per ungerlo, … per constatare il suo stato di tensione e poi … l’abbandoni per pungermi, … penetrarmi con un dito per vedere la mia, … sua capacità di dilatazione; e colpisci, … entri ed esci … e ruoti … e artigli; … e, poi, con l’aiuto di un altro dilati, tiri, spingi.
Ohhhh sììììììì desiderio, struggimento, fregola, acme di piaceri, fatemi volare.
Mi giri, consegnando i miei piedi al mio precettore per farti aiutare a spingermi, a scagliarmi, tramite la fionda del piacere, sulle vette più alte dell’estasi.
Hai ripreso a strofinarmi le braccia, il collo; mi pizzichi e tiri i capezzolini; passi sull’addome, mentre Camillo, ora, usa la lingua sulle piante dei piedi.
Solletico, tortura, contrazioni, spasmi, parole del vocabolario della carne, della lascivia, della lussuria, … parole che ho imparato a conoscere, quando il vento della vita ha iniziato ad aprire i miei petali.
Non smettere Clelia.
Ungimi ancora.
Camillo ha preso le dita dei miei piedi per capezzoli, … per biberon; succhia, ciuccia, aspira e sfrega con la rasposa lingua.
Sussulto, guizzo, tremo, ondeggio, … mi liquefo.
Le tue dita, mia Clelia, - ti devo chiamare amore, mamma, padre, … non so- le sento passare sull’addome verso l’inguine. Gli girano attorno, lo accarezzano e tu, chinandoti, gli soffi sopra per gioire dei suoi sobbalzi, dei suoi sussulti … e poi vai oltre, … e il confine con la zona proibita si fa sottile, … sottile.
Lavori il mio corpo come fosse tuo, lo tratti con spigliatezza ed estrema padronanza. Diventano tuoi il mio sedere, le mie cosce, aperte prima una e poi l’altra per offrirmi alla libidine, come sua sposa, in una posa oscena.
Sento sempre più forte ogni cellula del mio corpo vibrare e bramare che tutto ciò non finisca mai. Non deve terminare. I battiti del cuore accelerano, il respiro aumenta. So cosa succederà, ma tu non me lo concedi. Me lo stringi; mi fai male e l’acme, … il cielo si allontana.
Mi sposti di traverso il lettino, con la testa in fuori, subito coperta da un profumo che conosco, mentre tu mi sollevi le gambe e me le divarichi, facendomi flettere le ginocchia.
Osservi, sorridi dei suoi, miei tremori, … delle sue palesi lacrime, dei suoi radiosi pianti. Ti alzi e mi accarezzi le cosce e poi una tua mano me lo prendi per schiacciarlo, comprimerlo, mentre, sollevatomi il bacino, la tua testa curiosa si avvicina per vedere meglio quello che fluisce radioso dal mio buchino.
Aliti, … e poi con la lingua limi, moli, freghi i miei vasti mediali sino alle ginocchia. Trasalisco, oscillo, mugugno, bofonchio, … la mia bocca è piena, invasa.
Camillo pompa, stantuffa, mi tromba in bocca. Sento il suo glande sull’ugola; me lo spinge dentro e lo ritrae per ripenetrare.
Ohhhhh piaceri immani: sarà questo il mio lavoro in questa casa?
“Bevi, inghiottisci, inizia a pascerti del tuo cibo preferito. Ecco … ragazzo la mia parte, il mio dono.” Se questi sono i massaggi li voglio quotidiani, sempre.
Le mie cosce vengono lappate, leccate, morse, … e quello, … lacrima sempre più forte.
La lingua non gli dà tregua; gli gira attorno; lo percuote, lo pulisce … e poi, che fa? Ohhh noooooooo, …. entra guizzando, dibattendo, serpeggiando. È grossa, … si gonfia, … si ferma: mi blocca il respiro.
Là, … sento un pieno, un gonfiore, un …
Non riesco a capire, perché la sua mano ha abbandonato il mio lui, per farla entrare in una tana calda che in breve mi conduce in paradiso.
Languisco, muto con gli occhi nel vuoto, mentre apro le labbra per ricevere quello che Clelia mi ha strappato, estorto, aspirato; … e poi, lei stessa riprende l’azione di Camillo prima, per regalarmi, a sua volta, il suo nettare.
Mi sento l’ampolla retale piena, dilatata, gonfiata, … mi tocco al basso ventre; … non so, … non capisco.
Avverto che devo mangiare, bere, succhiare.
Riconosco una lingua che mi raspa il volto, che mi slingua. È calda, grande, lunga. La conosco. Apro gli occhi e vedo lui, Fedrik che mi osserva e mi copre di bave.
Una voce, un comando e lui si gira per pulirmi il basso ventre, mentre una mano mi porge il suo pungolo alle labbra.
“Lo sappiamo … sei sfinito, debilitato, spossato, ma devi nutrirti, alimentarti per sostenerti. Succhialo come una tetta di una vacca, … muovi la lingua tutto lungo il membro: fatti pompare … fottere. Per lui sei una cagna da ingravidare; … bevi quello che inizia a darti.”
“Non riesco, … sto … ohhhhhhh … noooooooo ooooo, … sto …pis……ndo ... Siiiiiiiiiiii … Fedrik fottimi … in bocca, … siiiiiiiiiiiii, … Fedrik mi piace, … riempimi lo stomaco, …riem …. Hooo … faaame, … hooo seeeeeete della tua sborra. Dammela in fondo alla gola, … spingi, anche se ti si è ingrossato e stenta a stare fra lingua e palato.
Non lo gusto, perché è tanto e spruzza di continuo, senza sosta e non voglio perderne neanche un po'.”
Ouverture ossia momenti magici pre gala.
Sabato ore 20,00
Il caldo torrido imperversava senza pietà: l'estate rovente la stava facendo da padrona in quelle prime settimane della stagione! Celestino oziava in silenzio, sotto una pergola con gli amici, gustando, … godendo della musica della sera. In quel sabato il Professore con Clelia aveva iniziato a preparare il suo fisico all’evento a lui dedicato. Il “canto” delle cicale lo aveva preso, lo cullava, lo portava lontano … ad Antinoo, a Ganimede, a Narciso, … tutti giovinetti come lui, … cicale.
Chi vive, lavora in campagna, sa che i mesi estivi sono accompagnati da una precisa colonna sonora, che si alterna tra ore diurne e ore notturne: le cicale e i grilli. Questi ultimi compaiono già a maggio, cantando nelle notti assieme a ranocchie e rospi, mentre le cicale, con il loro frinire frastornante, perpetuo, esasperante, iniziano verso fine giugno. Il loro canto inizia in un sol giorno, e, se sì ha la fortuna di essere proprio lì nel momento in cui la prima cicala principia a cantare, rileviamo che, nel silenzio, viene seguita, poco dopo, da tutte le sue compagne dandoci l’impressione di vivere un momento fatato, meraviglioso, una prima della natura, a cui siamo stati invitati per privilegio.
Famosa è l'idea della cicala come splendido e imprevidente insetto che non si preoccupa del divenire e dell'avvinarsi dell'autunno, come ci raccontò Esopo nelle sue favole. La cicala effettivamente sembra non fare altro che frinire per tutta l’estate, per poi morire inevitabilmente con il cambio di stagione: è un ciclo naturale che risponde a "regole" ben precise e molto affascinanti: la conservazione della specie. Quel canto è un richiamo sessuale per la cicala femmina nella stagione degli amori.
È tremendamente affascinante l'idea che le cicale vivano con intensità una sola stagione, ma nella terra che pestiamo sotto di noi, anche durante il gelido inverno, ci sono i "frutti" del suo canto, destinati a rinascere nelle estati successive: il frinire della cicala è davvero un inno alla vita, alla rinascita, a cicli naturali che si rinnovano sempre, in continuazione.
“Ti senti una cicala, Celestino? Mmhhhh … È bello stare in silenzio tra il frinire di questi insetti; … anche noi, tuoi precettori, eravamo come te; … come te abbiamo vissuto il tempo che stai passando. Scommetto -proseguì Clelia- che hai delle mialgie al basso ventre: … esse sono dettate dall’ansia dell’attesa. Sei la larva di cicala, che uscita dal terreno e arrampicatasi su un tronco, ora si dibatte, … si agita finché non avrà rotto il guscio per volare su un ramo, vicina al richiamo per essere fecondata. Allungherà le zampette, alzerà il sederino, emetterà profumi particolari … finché sarà presa, riempita, ingravidata. Ecco sei una cicala nel bozzolo: ti agiti per romperlo e prepararti per attrarre, richiamare, invitare, sedurre maschi; invogliandoli a depositare nel tuo intestino il contenuto delle loro bisacce inseminali.
La natura previdente, accorta, saggia, illuminata … usa noi, fuchi della specie umana, per far svuotare i testicoli di maschi, che altrimenti collaborerebbero ad incrementare la specie. Noi fuchi siamo congeniti alle femmine; serviamo ad attrarre.
Il mito di Ganimede, di Narciso, di Antinoo serve a farci riconoscere dai maschi. Sii orgoglioso della missione che la natura ti ha riservato. Non morirai dopo la prima copula, come le cicale-femmine, ma camperai, … vivrai ancora, … tanto, … perché il tuo intestino dovrà essere riempito varie volte e lo sperma sarà uno dei tuoi alimenti, anzi il tuo alimento preferito. Ti posso assicurare che nessuna donna sa gustarlo o sa estrarlo dalla sua custodia come noi: ecco il motivo per cui siamo cercati. Nessuna femmina sa dar piacere come lo diamo noi; perché siamo nati, sbocciati, … ideati e plasmati per dar piacere.
Ora sarà opportuno che si vada a riposare già da ora, visto che la giornata domani e anche le successive, sino a quel giorno, saranno lunghe. Dormiremo assieme, così avrai modo di dar sfogo ai tuoi sogni: serviranno a mitigare le mialgie intestinali.”
Domenica ore 10,00
Su pressione di Camillo, Clelia aveva accettato l’invito a fermarsi sino al post festa per erudire maggiormente il ragazzino, ormai pronto ad essere presentato, offerto, preso, sverginato, sodomizzato e posseduto carnalmente. Avrebbero riposato assieme nel suo grande lettone.
Lo scopo principale di tale richiesta era quello di far avere all’iniziando dei sogni particolari, visto che si sarebbe trovato a dormire e scaldarsi con il sedere sul pube del bibliotecario e con il viso su quello di Clelia.
Lo studioso sapeva che una simile vicinanza di corpi, senza abiti e intimo, avrebbe facilmente provocato delle polluzioni notturne o addirittura un fluire dolce, placido di sperma caldo fra loro, per cui aveva dato disposizioni che il suo letto fosse riparato da eventuali doni, che ognuno di loro avrebbe potuto fare al vicino.
Era un estate molto torrida, per cui non necessitavano di coprirsi, ma solo di godere e scambiarsi il loro tepore. Lo scopo di tale decisione era quello di farsi raccontare e poi trascrivere eventuali visioni oniriche dal forte richiamo erotico, carnale da includere nella collezione della biblioteca.
Si erano svegliati paghi, sereni, sorridenti. Si osservavano felici della loro nudità messa a disposizione del vicino e gioivano del saluto allegro, festoso, scodinzolante di Fedrick, amico di congrega di Camillo.
Dopo il saluto di bentrovati e una carezza intima, abbinata da una slinguata bavosa del colosso, vestitolo di bianco, si avviarono tutti per la colazione, che persone di servizio alla casa avevano già preparato, trovandovi anche il Conte con l’amministratore dell’azienda.
“Gli avete procurato un bel completino, … così bianco, … con quei pantaloncini che assomigliano ad una gonnellina per la leggerezza e l’eleganza del tessuto. Avvicinati ragazzino! Eri già splendido di tuo, … con il lavoro dell’estetista, che proseguirà l’opera di maquillage in tutti i giorni che precederanno la tua presentazione al nostro pubblico, … farai rinvigorire … riaccendere … risorgere anche i defunti. Sono contento dei tuoi progressi, di cui ero sempre informato, … dei disordini che hai provocato tra il personale… Le mie mani sentono levigatezza, … la perfezione della tua pelle. Sei splendido, mio nuovo acquisto, … mio nuovo collaboratore e dipendente. Mi auguro che la tua psiche, plasmata dagli studi classici, risponda nell’attività per la quale sei qui, come il tuo pisello, … che già gronda e cola … o come il tuo anello che vibra e suda…. e il pancino, qui, -tastando-? Spero di poter, un giorno, gustare e gioire della tua compagnia. Va bene Celestino?”
“Qui mi fa male, … ma spero che loro mi facciano passare, … mi allevino un po’ i fastidi dell’attesa e per quello che mi ha chiesto, … quando vuole signore!”
“Portatemelo via, altrimenti sfascio e sciupo questo capolavoro.” Se ne andarono con Clelia, che raggiunse subito la sua stanza per apprestare tutto l’occorrente da impiegare sul fisico del ragazzo, mentre gli altri due, con Fedrik, uscirono per fare due passi fra il verde del parco, in modo da mitigare l’ansia dell’attesa, prima di riaffidarsi al visagista-massaggiatore.
“Questa è stata la prima volta che il Conte ti ha parlato e palpeggiato. Ho visto che ti sei inarcato sotto le sue attenzioni, quasi … soffrendo. Eccitato?”
“Sì, specialmente quando con la mano, trattomi a sé, dopo avermi rimestato … impastato i glutei e sfiorato la mia umida corona, mi prese nel palmo la sacca testicolare, facendomi ansare e flettere. Le gambe cedevano.”
“Sei come noi: una femmina; ma ora rechiamoci da Clelia, che ci attende.”
Lasciarono il piccolo stagno del parco che sonnecchiava perfettamente immobile nella calura; mentre su una foglia di ninfea, una ranocchia teneva d’occhio un insetto dalle lunghe zampe che pattinava spensieratamente sull’acqua: presto sarebbe stato a tiro e sarebbe stato un ottimo boccone, senza tanta fatica.
“Celestino, sfìlati gli indumenti e pòniti bocconi con il culo in alto. Al tuo fianco, su un treppiede ho posto un contenitore con un liquido saponato alla camomilla, sale e olio d’oliva. Tramite la cannula, che ti mostro, dovrà invaderti irrigandoti tutto l’intestino. … è una pratica di igiene intestinale, utilizzata spesso nei rapporti; in cui si sfiora, si bacia, si lecca, si penetra analmente con le dita, con la lingua e … poi con il membro, la persona con la quale ci uniremo carnalmente. Appoggia la testa sul dorso delle mani, mentre ti spalmo con del burro la rosetta. Rilassati e cerca di defecare. Spingi, … ecco così, … sììì, … bravo, … cosììì. Chiudi. Hai visto che, senza forzare, il becco della cannula oliato lo stai aspirando al tuo interno come si fa di solito con le supposte? … Ora premerò per spingerlo più addentro. Ti ho fatto male?”
“No … mi piace come muovi, sposti le mani sulle natiche …sino alle ginocchia e ritorni per pigiare, spostare l’ugello del tubicino. Percepisco quando lo smuovi. Ora … è tiepida.”
“Respira a fondo e lascia che i liquidi ti invadono. Sarà un’irrorazione profonda, lenta … respira a pieni polmoni. Non distrarti.
Pensa che sia un’anguilla; che entra nel profondo delle tue viscere e si muove, … si gonfia, … si dilata, … s’avvolge, …s’avvoltola e s’incartoccia sbattendo sulle mucose delle colon. Che si nutre di te e cresce dentro di te, … abbandonando, nel suo tragitto di intrusione, feci e urine. Morde, colpisce, cozza, trafigge, provoca dolore, ma … a te piace. Non è più una grossa, grande anguilla, ma una serpe lunga, … che necessita di un nascondiglio per riporre, affidarti le sue uova, … i suoi piccoli che, rotti i gusci, poi guazzeranno nella poltiglia delle tue feci.
Hai crampi, … forti dolori, … non posso riprendere la biscia per la coda, … non me lo permette, mi sfugge. È sdrucciolevole, scivolosa, … unta di burro.
Riesco.
Ha lasciato al tuo interno tutto il contenuto del suo ovario. Tramite il dolore sentirai i piccoli pizzicarti, pungerti, morderti … e dolore.
Distenditi, …
Pensa all’anguilla che cerchi e vuoi dentro di te. La biscia ha terminato di deporre, … ora le uova devono schiudersi tutte e trovare la via di uscita. Il liquido del clisma l’hai tutto dentro; … dobbiamo attendere un po' e poi … ti permetterò di evacuare, … di scaricare, … di defecare, ma lentamente, perché desidero che tu avverta il piacere sottile dello svotamento, dell’espulsione. Ti concedo di trattenere ancora la cannula per farti pensare a quello che brami; … e, quello che agogni, passa anche attraverso un clisma depurativo e doloroso.
Rifletti: il piacere è sempre preceduto dal dolore.
Come può uno congiungersi con te, penetrarti, mettere la lingua nel tuo foro, … sul tuo sfintere … se il tuo intestino è ingombro, pieno di rifiuti? … se aspiri, … se vuoi essere donna, come il tuo corpo chiede, … questi dolori, questi crampi sono inezie, … bazzecole, ma servono … per condurti a piaceri sublimi, umidi, … estasi bagnate, … piaceri intensi su prati di sperma, … cremosi, caldi, inebrianti …
Andrai più di qualche volta in trance.
Hai il viso rigato di lacrime, … ora, mi raccomando… lentamente.
Ho sfilato il tubicino, … non importa se t’insozzi. Camillo, poi pulirà e ti laverà, mentre io preparerò un ulteriore servizio.”
Con l’aiuto dell’uomo, serrati i glutei, il ragazzo si dispose steso sul dorso e sui gomiti, come chiedevano i precettori, con le gambe rialzate, con una mano dello studioso posata sul suo foro anale con lo scopo di facilitare lo scivolamento, lo scorrimento delle melme, delle poltiglie calde sul corpo … Con quella postura gli avrebbero insegnato a godere dell’evacuazione dei suoi fanghi su se stesso e di non opporsi a simili richieste di clienti, considerate umilianti, degradanti: alle femmine piace essere sottomesse.
Di tanto in tanto un dito della mano sul suo sfintere lo penetrava, stantuffando e scopandolo. Ansava e respirava affannosamente, muoveva la testa da una parte all’altra per non ricevere sul volto o sulle labbra i suoi escrementi, mentre l’altra mano, su istruzioni della massaggiatrice, doveva spostarsi sul fisico del giovinetto come un rettile: zigzagando, ondeggiando, scivolando, senza guardare a dove si muoveva, ma avente come tacita meta l’apertura orale, per rintanarsi e farsi succhiare.
Sorrideva, scorreggiava e rumoreggiava come una consumata, esperta puttana; ansimava, boccheggiava, piangeva, … godeva del trattamento e implorava di continuare, ..., di ungerlo, … di impiastricciarlo, … di farlo ciucciare, … di sfamarlo, … di saziarlo.
Non connetteva.
Il piacere dello svuotamento, del tamburellare nell’ano, … del massaggio con i suoi limi caldi e cremosi sulle sue aree fortemente erogene, … della visione del suo adorato, sognato seviziatore, … lo aveva condotto ad un’estasi sublime, mirabile, incredibile, straordinaria, … tanto da non distinguere, da non riconoscere più il limo fecale da creme pasticcere.
Lo lasciarono riposare un attimo, e poi rifecero il clisma per sciacquargli l’interno, facendolo defecare successivamente in piedi in un catino di coccio, per fargli avere il piacere dello scarico abbinato al suo scorrere giù per le gambe, tenute vicine.
Terminata la lavanda interna, gli indicarono un altro lettino per riprendersi, per recuperare energie e ricominciare, dopo averlo lavato, con un massaggio a base di crema idratante, nutriente, elasticizzante, perfezionata con prodotti da rendere la pelle ultrasensibile ai tocchi, agli sfioramenti, all’impastamento e l’ano a cedere, … ad aprirsi, anche nel sogno per ricevere o far defluire liquidi, sostanze, sfiati umidi e untuosi.
“Anche domani …?”
“Sì, … anche domani, ma solo che cambieremo un ingrediente del clisma ogni giorno sino a giovedì; mentre venerdì e sabato i clisteri saranno composti solo da acqua, sale e olio per non sfibrarti. Dobbiamo farteli, per aiutarti a rendere più flessibili, più plastici, più sciolti, più estensibili i tuoi muscoli sfinterici, per evitarti strappi o lacerazioni alle mucose intestinali.
Ti faremo soffrire … tanto, ma salirai tanto in alto nelle trance da appagamento.
Camillo ti ha lavato bene ogni parte del tuo fisico, per cui possiamo aiutarci anche con la lingua nel prossimo servizio.
Mettiti con la pancia in giù per ricevere il massaggio programmato.” Clelia gli versò dell’olio caldo sulla colonna iniziando dal collo a manipolare con sfregamenti ed impastamenti le masse muscolari dorsali per scendere verso i lombi e i fianchi. Scivolava con energia, avanti e indietro, avvolgendolo, affondando la pressione ai lati e sui glutei e rilasciando.
Aveva subito vari tipi di massaggio da quando, giunto in azienda, era stato iniziato con una formazione particolare; ma quello era il suo primo trattamento completo per idratare, nutrire, elasticizzare la muscolatura, avente lo scopo di prepararla ad una maggior sensibilità, a cedere agli sfiori, alle carezze, alle improvvise palpate di glutei, per farsi aprire e inculare.
Respirava per la prima volta il dolce profumo emanato dalle candele in quella stanza in penombra, preparata appositamente per lui.
Quel massaggio dolce sul dorso o energico sulle chiappe lo conducevano ad abbandonarsi, a concedersi a quelle mani, consegnando ogni resistenza a quelle braccia che non lo lasciavano un istante.
Ancora olio.
Quelle mani sgusciavano non una, ma tre, quattro, cinque, sei volte dal collo e braccia ai lombi e quando scendeva verso quelle masse muscolari rotonde, non trascurava di passare al loro interno e verso il centro, con entrambe le mani per pochi istanti, perché, subito dopo, ritornava sulla parte più bassa della schiena. Di nuovo e ancora per smuovere e far accrescere il calore dell’attesa al basso ventre e all’interno dello sfintere.
Attimi di estasi nell’infinito.
“Ohh Clelia, mandami via. Ohhh non smettere, prosegui, … fammi volare. Sono tutto unto d’olio, … il mio corpo è nelle tue mani: lo stai trasformando. Mi sento perso, prono ad occhi chiusi, e mentre il fisico si liquefa, … si scioglie, … si squaglia, tu scendi con una mano e me lo impugni, da sotto, per ungerlo, … per constatare il suo stato di tensione e poi … l’abbandoni per pungermi, … penetrarmi con un dito per vedere la mia, … sua capacità di dilatazione; e colpisci, … entri ed esci … e ruoti … e artigli; … e, poi, con l’aiuto di un altro dilati, tiri, spingi.
Ohhhh sììììììì desiderio, struggimento, fregola, acme di piaceri, fatemi volare.
Mi giri, consegnando i miei piedi al mio precettore per farti aiutare a spingermi, a scagliarmi, tramite la fionda del piacere, sulle vette più alte dell’estasi.
Hai ripreso a strofinarmi le braccia, il collo; mi pizzichi e tiri i capezzolini; passi sull’addome, mentre Camillo, ora, usa la lingua sulle piante dei piedi.
Solletico, tortura, contrazioni, spasmi, parole del vocabolario della carne, della lascivia, della lussuria, … parole che ho imparato a conoscere, quando il vento della vita ha iniziato ad aprire i miei petali.
Non smettere Clelia.
Ungimi ancora.
Camillo ha preso le dita dei miei piedi per capezzoli, … per biberon; succhia, ciuccia, aspira e sfrega con la rasposa lingua.
Sussulto, guizzo, tremo, ondeggio, … mi liquefo.
Le tue dita, mia Clelia, - ti devo chiamare amore, mamma, padre, … non so- le sento passare sull’addome verso l’inguine. Gli girano attorno, lo accarezzano e tu, chinandoti, gli soffi sopra per gioire dei suoi sobbalzi, dei suoi sussulti … e poi vai oltre, … e il confine con la zona proibita si fa sottile, … sottile.
Lavori il mio corpo come fosse tuo, lo tratti con spigliatezza ed estrema padronanza. Diventano tuoi il mio sedere, le mie cosce, aperte prima una e poi l’altra per offrirmi alla libidine, come sua sposa, in una posa oscena.
Sento sempre più forte ogni cellula del mio corpo vibrare e bramare che tutto ciò non finisca mai. Non deve terminare. I battiti del cuore accelerano, il respiro aumenta. So cosa succederà, ma tu non me lo concedi. Me lo stringi; mi fai male e l’acme, … il cielo si allontana.
Mi sposti di traverso il lettino, con la testa in fuori, subito coperta da un profumo che conosco, mentre tu mi sollevi le gambe e me le divarichi, facendomi flettere le ginocchia.
Osservi, sorridi dei suoi, miei tremori, … delle sue palesi lacrime, dei suoi radiosi pianti. Ti alzi e mi accarezzi le cosce e poi una tua mano me lo prendi per schiacciarlo, comprimerlo, mentre, sollevatomi il bacino, la tua testa curiosa si avvicina per vedere meglio quello che fluisce radioso dal mio buchino.
Aliti, … e poi con la lingua limi, moli, freghi i miei vasti mediali sino alle ginocchia. Trasalisco, oscillo, mugugno, bofonchio, … la mia bocca è piena, invasa.
Camillo pompa, stantuffa, mi tromba in bocca. Sento il suo glande sull’ugola; me lo spinge dentro e lo ritrae per ripenetrare.
Ohhhhh piaceri immani: sarà questo il mio lavoro in questa casa?
“Bevi, inghiottisci, inizia a pascerti del tuo cibo preferito. Ecco … ragazzo la mia parte, il mio dono.” Se questi sono i massaggi li voglio quotidiani, sempre.
Le mie cosce vengono lappate, leccate, morse, … e quello, … lacrima sempre più forte.
La lingua non gli dà tregua; gli gira attorno; lo percuote, lo pulisce … e poi, che fa? Ohhh noooooooo, …. entra guizzando, dibattendo, serpeggiando. È grossa, … si gonfia, … si ferma: mi blocca il respiro.
Là, … sento un pieno, un gonfiore, un …
Non riesco a capire, perché la sua mano ha abbandonato il mio lui, per farla entrare in una tana calda che in breve mi conduce in paradiso.
Languisco, muto con gli occhi nel vuoto, mentre apro le labbra per ricevere quello che Clelia mi ha strappato, estorto, aspirato; … e poi, lei stessa riprende l’azione di Camillo prima, per regalarmi, a sua volta, il suo nettare.
Mi sento l’ampolla retale piena, dilatata, gonfiata, … mi tocco al basso ventre; … non so, … non capisco.
Avverto che devo mangiare, bere, succhiare.
Riconosco una lingua che mi raspa il volto, che mi slingua. È calda, grande, lunga. La conosco. Apro gli occhi e vedo lui, Fedrik che mi osserva e mi copre di bave.
Una voce, un comando e lui si gira per pulirmi il basso ventre, mentre una mano mi porge il suo pungolo alle labbra.
“Lo sappiamo … sei sfinito, debilitato, spossato, ma devi nutrirti, alimentarti per sostenerti. Succhialo come una tetta di una vacca, … muovi la lingua tutto lungo il membro: fatti pompare … fottere. Per lui sei una cagna da ingravidare; … bevi quello che inizia a darti.”
“Non riesco, … sto … ohhhhhhh … noooooooo ooooo, … sto …pis……ndo ... Siiiiiiiiiiii … Fedrik fottimi … in bocca, … siiiiiiiiiiiii, … Fedrik mi piace, … riempimi lo stomaco, …riem …. Hooo … faaame, … hooo seeeeeete della tua sborra. Dammela in fondo alla gola, … spingi, anche se ti si è ingrossato e stenta a stare fra lingua e palato.
Non lo gusto, perché è tanto e spruzza di continuo, senza sosta e non voglio perderne neanche un po'.”
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