Le storie di Iole
di
Biancaneve
genere
etero
Questa è una storia saffica; no, è un racconto etero; no, è un racconto incestuoso. Decidete voi dove collocarlo.
La luce del sole entra dalla finestra. Si fa strada attraverso lo squarcio delle tende e illumina il letto. Sopra vi sono distesi due corpi. Sono il mio e quello di mio figlio. Siamo nudi. Lui è ancora addormentato. Ha la testa poggiata nell’incavo di una mia spalla. Io sono sveglia. Ho gli occhi fissi nel vuoto del soffitto. Il mio cervello è un turbinio di pensieri. Ho trascorso la notte e buona parte del giorno prima a sollazzarmi con mio figlio. Ho fatto sesso con mio figlio. Mi sono fatta possedere. L’ho amato come si può amare un uomo. Il bello è che ho provato piacere. Sento ancora le sensazioni dei baci che la sua calda bocca dava su ogni centimetro del mio corpo. Sento ancora le vibrazioni della sua lingua quando mi titillava i capezzoli. Vedo la sua testa fiondata fra le mie gambe e le sue caldi labbra avvolgere il mio clitoride e succhiarlo strappandomi grida di immenso piacere. Infine rivedo il suo grosso e lungo pene penetrare il mio ventre e chiavarmi fino a procurarmi un’esplosione di orgasmi come mai in vita mia ho avuto. Mai avrei pensato di avere un rapporto sessuale con mio figlio. Come è potuto accadere.
Mi chiamo Iole. Ho 35 anni. Sono la terza figlia di una coppia di benestanti. Prima di me ci sono una sorella ed un fratello. Entrambi felicemente sposati e con figli al seguito. Io non sono sposata ma mi piacciono gli uomini. Ho due figli: un maschio ed una femmina. Entrambi sono il frutto di rapporti avuti con miei coetanei. Il primo l’ho avuto che avevo 16 anni. Accadde durante una vacanza trascorsa con i miei genitori sui Pirenei. Il ragazzo che mi deflorò e che mi ingravidò nemmeno lo ricordo. Di lui so solo che mi piaceva e che era di molti anni più grande. Quando la gravidanza fu scoperta, i miei cercarono di farmi abortire. Io mi opposi. Allora mi mandarono da Erika, la mia nonna materna, che viveva nella parte occidentale della Francia, sulla costa atlantica. Lì, trascorsi tutto il periodo della gestazione. Nel frattempo continuai a studiare con profitto. A scadenza naturale partorii un bel maschietto biondo forte e sano. D’accordo con Erika lo chiamai Brian e gli diedi il cognome della nonna. Dormiva nel mio stesso letto. I miei venivano frequentemente a visitarci. Si innamorarono del bambino. Al suo primo compleanno mi invitarono a fare ritorno nella nostra casa. Rifiutai. Stavo bene con la nonna e poi dovevo sostenere gli esami di diploma. Mi chiesero se potevano portare con loro il mio bebè. Si presero un altro rifiuto. Andarono via. Mi tuffai negli studi. Sostenni gli esami di diploma con il massimo dei voti. La prima ad avere la notizia fu mia nonna. Arrivata che fui a casa sua, entrai. Sapevo che mio figlio era con la governante e che a quell’ora lo portava a casa sua quindi non lo cercai. In casa c’era un silenzio assordante. Mi preoccupai. Mai la casa della nonna era stata muta. Quantomeno si udiva musica uscire dagli altoparlanti diffusi un pò ovunque. Temetti il peggio. Corsi prima in cucina. Niente. Poi nella sua camera da letto. Niente. Usci sul giardino e girai intorno alla casa. Sul retro, a bordo piscina, distesa su un lettino la vidi. Era integralmente nuda. Stava rosolandosi al sole. Mi avvicinai. Era la prima volta che vedevo il corpo nudo di una donna. Pur essendo una donna di 53 anni aveva un corpo marmoreo. Chissà se alla stessa età anche il mio corpo si sarebbe mantenuto integro. Restai incantata a guardarla. Un pizzicorino incominciò a percorrere il mio corpo. Sentii la mia pelle accapponarsi. Ma non era ne il freddo e ne la paura a darmi quella sensazione. Senza conoscerne la natura mi stavo eccitando. Sentii la mia micina lanciare un silenzioso urlo. Che cazzo stava succedendo. Mi stavo eccitando a vedere il corpo nudo di mia nonna. Piccola, svegliati, torna sulla terra. Fu la voce di mia nonna a portarmi alla realtà.
“Alicia, sei qui. Non ti ho sentita arrivare. Vieni, avvicinati.”
Senza staccare gli occhi dal suo magnifico corpo avanzai verso il lettino su cui era distesa.
“Allora come è andata? Possiamo dire che sei diplomata?”
Balbettando le feci partecipe del risultato degli esami. Lei si accorse della direzione del mio sguardo.
“Perché balbetti? Oh, scusami. Sono io che ti faccio balbettare. Non hai mai visto una donna nuda?”
Senza staccare gli occhi dal suo poderoso seno le risposi:
“No, nonna. Non solo non ho mai visto una donna nuda, ma neanche ho mai visto, nemmeno in fotografia, una donna con un corpo bello come il tuo. Sei di una bellezza sfavillante. Dimmi? Quanti uomini ti corrono dietro?”
“Bambina mia, sono anni che non frequento un uomo (bugiarda). È da quando tuo nonno si allontanò da casa e non ne fece più ritorno. Non ho più saputo niente di lui. Non credo che sia passato a miglior vita perché lo avrei saputo. Credo che abbia trovato una pulzella più appetitosa di me e sia scappato con lei. Tu, piuttosto, stai guardando le mie mammelle con una strana luce negli occhi. Le trovi attraenti? Ti piacciono? Ti piacerebbe toccarle? Vuoi baciarle?”
Quest’ultima domanda mi sconvolse non poco. Dopo un attimo di esitazione le risposi.
“Posso farlo? Cioè voglio dire mi lasceresti baciare le tue tette? Non ti darebbe fastidio farti baciare le mammelle da tua nipote?”
“E perché mai dovrebbe darmi fastidio. Sei mia nipote. Tua madre lo ha fatto per anni e di tanto in tanto viene ancora a soddisfare la sua voglia di essere allattata.”
“Mamma ti ha succhiato le tette anche da grande e lo fa ancora? Ma è tua figlia come puoi permetterle di succhiarti le zizze?”
Erika si mise seduta. Per un attimo il grosso seno sobbalzò e prese la sua forma naturale. Era magnifico. Non riuscivo a staccare gli occhi da quelle stupende lune. Nonna mi guardò. Sorrise.
“Lo ha fatto da piccola quando aveva fame e l’ho sfamata con il mio latte. Perché non può farlo anche ora che è diventata una donna adulta. Del resto anche tu hai succhiato latte dal seno di tua madre e non ci vedrei niente di strano se tu dicessi a tua madre di voler succhiare le sue mammelle.”
“E credi che mamma me lo lascerebbe fare?”
“Dammi una ragione valida del perché non dovrebbe farsi succhiare le tette da sua figlia. Basta con queste stupide dissertazioni. Vuoi o no giocare con le mie lune.”
“Lo voglio.”
“Spogliati e vieni a stenderti.”
Mi tolsi i vestiti, il reggiseno e gli slip. Ero nuda. Mi stesi sul lettino. Erika mi passò un braccio sotto il collo e mi sollevò la testa. Con la mano libera avvicinò una mammella al mio viso. Fece in modo che il capezzolo strofinasse sulle mie labbra.
“Su, apri la bocca. È tutto tuo. Succhia.”
Desiderosa di assaggiare quel succoso frutto aprii la bocca e lo avvolsi con le mie labbra che si schiacciarono contro la ghiandola mammaria di Erika inglobando buona parte dell’areola che circondava il capezzolo. La mia lingua entrò in azione. Con essa schiacciai il capezzolo contro il palato e iniziai a mungerlo. Latte non ne usciva ma il solo fatto di stare succhiando la tetta di mia nonna mi estasiava. La mano di Erika che reggeva la mammella a cui ero attaccata si staccò e scivolo sul mio corpo; scese sui miei seni che per niente invidiavano quelli di mia nonna e si soffermò a palparli. Le sue dita artigliarono un mio capezzolo e lo sottoposero ad una cruenta tortura. Prima lo strizzò e poi lo fece ruotare su se stesso strappandomi mugolii di piacere misti a grida di dolore soffocati dalla mammella che premeva sul mio viso. Poi la sua mano continuò a scendere carezzando il mio corpo; raggiunse il mio monte di venere. Le dita si avventurarono fra i ricci peli che ornavano la mia vulva. Trovarono il passaggio che conduce all’interno della vagina. Intuii il suo scopo. Allargai le gambe. Nonna introdusse prima un dito facendolo seguire subito da un secondo e poi da un terzo. Cominciò a chiavarmi. Le sue dita entravano ed uscivano dalla mia vulva con una velocità sempre più forte. Smisi di succhiare e cominciai a nitrire e gridare dal piacere che mi stava pervadendo il corpo. Erika si chinò e mi introdusse la sua lingua in bocca. La strinsi fra le mie labbra e la succhiai. Intanto le dita di mia nonna continuavano a stantuffare nella figa. Raggiunsi un primo orgasmo seguito subito dopo da un secondo che fu più sconvolgente del primo e che mi condusse alla perdita della coscienza. Passarono diversi minuti prima che riprendesse a funzionare. Guardai mia nonna negli occhi.
“Grazie nonna. Non ho mai goduto così tanto. Non credevo che una donna potesse dare tanto piacere ad un’altra donna.”
Mia nonna si stese al mio fianco, raccolse le gambe verso il suo corpo e allargò le cosce.
“Sono contenta che ti sia piaciuto. Tocca a te. La mia passera sta aspettando la tua bocca. Vuole essere mangiata. Vieni a leccarmela.”
La sua fu una richiesta che non aspettavo. La guardai sorpresa. Lei stava sorridendo.
“Dai muoviti, non farla aspettare.”
Mi misi carponi e mi sistemai fra le due bianche cosce e guardai. Una magnifica visione si mostrò ai miei occhi. La vulva di Erika era completamente depilata. Due gonfie e grosse grandi labbra erano tenute aperte dalla pressione delle dita che nonna esercitava sui lati mettendo in mostra tutti gli splendidi organi di cui era formata. Le piccole labbra erano di un colore violaceo ed erano belle gonfie. Sembravano due ali di farfalla messe lì a protezione dell’antro da cui veniva al mondo la vita e che in quel momento un rivoletto di bianco liquido colava dall’interno verso l’esterno. Era il segnale della sua eccitazione. Qualche cm più su si vedeva la sua gonfia uretra sormontata da un lucente e splendido clitoride che era completamente libero dal cappuccio. Si ergeva per circa due cm ed era bello gonfio. Sembrava il glande di un piccolo cazzo. Tutto l’insieme era una cosa da immortalare. Mi ripromisi di farle una serie di scatti fotografici e trasferire sul web quella meraviglia. Tutti dovevano sapere che al mondo non c’è vulva più bella di quella di mia nonna Erika.
“E allora ti muovi. Quanto devo ancora aspettare per sentire la tua lingua rovistare la mia pussy.”
Senza ulteriori tentennamenti fiondai la testa in direzione della grossa conchiglia; la baciai facendo scorrere la mia bocca in lungo ed in largo. Aveva un dolce sapore. Al mio primo bacio Erika ebbe un sussulto. Con un pizzico di sadismo le morsi le grandi labbra strappandole grida di dolore e subito dopo sostituii i morsi con ampie leccate che la facevano miagolare. La mia lingua spaziava veloce su tutta la superficie di quella succosa cozza. Le titillai le piccole labbra e gliele succhiai strappandole ulteriori gemiti di piacere. Con la punta della lingua valicai le piccole labbra e la penetrai. L’orifizio vaginale si mostrò pronto a riceverla. Esplorai il magnifico antro in tutti i suoi punti. Erika era un continuo nitrire di piacere. Lappai le secrezioni vaginali che si mostrarono essere squisite pur essendo di sapore acro. Poi il clitoride attirò la mia attenzione. Iniziai a leccarlo e qui mia nonna si lasciò andare in un lungo ululato che solo una cagna in calore poteva emettere. Lo titillai con la punta della lingua facendolo vibrare come una corda di violino. Lo circondai con le labbra e cominciai a succhiarlo. Dio, stavo facendo un pompino a mia nonna. Allo stesso tempo le infilai in figa tre mie dita e la chiavai. Dalla gola di Erika uscivano suoni e grida che era difficile dire a cosa somigliassero. So solo che il corpo di mia nonna fu preda di un forte tremore. La sua vagina si riempi di umori che tracimarono verso l’esterno. Era un fiume in piena. Poi un urlo più forte degli altri mi annunciò che mia nonna stava per avere un orgasmo e di quelli sconvolgenti. Così avvenne. Dalla sua uretra usciva un denso e cremoso liquido giallognolo. Sembrava magma che usciva da una fenditura della terra. Era il suo sperma. Mi precipitai a lapparlo. Era squisito. Quando l’ultima goccia di quel nettare raggiunse il mio stomaco sollevai la testa per guardare mia nonna. Fu allora che mi accorsi che Erika era svenuta. Mi misi dritta e sculettando e con le tette che sobbalzavano ad ogni passo che facevo rientrai in casa. Ero soddisfatta. Avevo fatto svenire mia nonna. Da quel giorno il mio rapporto con Erika si rafforzò. Diventai la sua amante donna. Si, mia nonna aveva anche un’amante maschio. Questi era l’uomo a cui mia nonna aveva affidato la direzione delle sue attività che andavano dalla cura dei terreni agli allevamenti di animali. Era un uomo di qualche anno più piccolo. Aveva un suo fascino. Biondo, alto, ben piantato fisicamente. Ogni volta che mi capitava di incontrarlo il mio stomaco gorgogliava. Erika, però, nonostante lo ospitasse frequentemente nel suo letto, esercitava un discreto controllo sulle iniziative e sulla conduzione del suo direttore amante. L’idillio si concluse anni dopo a causa mia. Con grande soddisfazione di mia nonna mi iscrissi alla facoltà agraria. Andavo a gonfie vele. Erika mi affiancò un vecchio contadino per farmi conoscere i segreti della terra. I miei studi erano coronati da successi. Superavo gli esami con il massimo dei voti. Arrivai al quarto anno universitario e accadde il fattaccio. Era un giorno dei tanti giorni primaverili. Stavo al recinto dove avvenivano le monte tra animali. C’era, legata ad un palo, una vacca in calore in attesa. Dopo poco fu introdotto nel recinto un possente toro che annusò l’aria e senti gli afrori della vacca. Lanciò un lungo e forte muggito. Fra le sue gambe cominciò ad allungarsi un affare che credo dovesse superare i 50 cm e aveva un glande grande come una piccola noce di cocco. Il toro fu accompagnato al posteriore della vacca. Si sollevò sulle gambe e poggiò quelle anteriori sulla groppa della vacca. Il grosso fallo ondeggiava in ogni direzione. Fu allora che vidi un addetto che prese in mano il cazzo del toro e lo guidò alla vagina. Il toro fece un saltello in avanti ed il suo cazzo affondò nelle viscere della vacca. Dopo un minuto lo vidi indietreggiare con il cazzo penzoloni. L’atto si era così concluso. La vacca era stata fecondata. Ne rimasi colpita. Quella scena si fissò nella mia mente. Mi incamminai verso casa. Arrivata al fienile vi entrai. Guardai in giro e non vidi nessuno. Allora sollevai la gonna e mi sfilai gli slip. Incominciai a masturbarmi. Mentre ero preda del vortice del piacere sentii due forti braccia cingermi la vita. Un corpo premeva contro la mia schiena costringendomi a piegarmi in avanti. Avvertii qualcosa premere contro la mia vagina. Mi resi conto che stavo per essere posseduta. Non mi ribellai. Avevo il sangue in ebollizione e gli ormoni erano impazziti. Lasciai che il cazzo dello sconosciuto avanzasse nel mio corpo. Giunse a fine corsa e si fermò. Fu un attimo e poi riprese a chiavarmi. Aveva un modo tutto particolare di stantuffarmi il cazzo nel ventre. Mi penetrava con violenza e poi lentamente indietreggiava sfilandomelo per poi riaffondare di colpo. Mi piaceva come mi stava chiavando e glielo feci capire lanciando continui mugolii di piacere. Fu una lunga chiavata. Ci sapeva fare. Raggiunsi più di un orgasmo. Quando l’amplesso giunse a conclusione, mi ricomposi e guardai l’uomo che mi aveva presa da dietro. Era l’amante di Erika. Non ne fui sorpresa. Già da tempo sentivo i suoi occhi spogliarmi. Gli lanciai un sorriso.
“Grazie per averlo fatto. Ne avevo bisogno.”
“Scusami, ma non ho potuto frenarmi. Sei troppo bella. È da quando sei arrivata che ho desiderato amarti.”
“Non scusarti. Mi è piaciuto. Quando vuoi rifarlo basta che me lo dici. Sarò sempre pronta a riceverti.”
Iniziò così la mia avventura con l’amante di mia nonna. Un’avventura che non ebbe vita lunga. Dopo tre mesi di lunghe e sfrenate galoppate mi accorsi di essere nuovamente incinta. Il problema che si pose era doverlo dire a mia nonna. Del suo direttore non me ne fregava niente, non lo amavo. Con Erika non ci fu bisogno di parlare. Se ne accorse subito. Mi disse che ero stata una cretina. Che potevo farmi chiavare da chi volessi purché mettessi al sicuro il mio ventre. Poi pretese di sapere chi era lo stallone che mi montava. Non volli dirglielo. Lei insistette senza avere successo. Pochi giorni dopo cercai il mio amante. Non lo trovai. Chiesi ad Erika se lo avesse visto. Mia nonna mi rispose che lo aveva licenziato e mi pregava di non andare alla sua ricerca. Capii che sapeva chi era il padre del bambino che portavo in grembo. Non ribattei. Fu lei a parlare.
“Io un cazzo come il suo posso sempre trovarlo; per lui invece sarà difficile trovare una donna come lo sono io. L’ho licenziato perché mi ha tradito. L’avesse fatto con una sciacquetta qualsiasi l’avrei anche perdonato, ma chiavarsi mia nipote e ingravidarla è stato troppo; non potevo in alcun modo fargliela passare liscia. Se tu sei una sconsiderata che si è fatta mettere incinta lui è un uomo maturo, doveva premunirsi per evitare di renderti pregna. Piuttosto parliamo di te. Che intenzioni hai? Lo vuoi tenere? Ti dico subito che se decidi di averlo sarò contenta. Così come ho fatto con il primo ti aiuterò anche con il secondo che considero anche un pò figlio mio. Non è stato forse il mio amante ad inseminarti?”
Mi precipitai a baciarla.
“Nonna, tranquillizzati. Il tuo amante non lo amo. Mi sono servita di lui per calmare i miei bollori. Hai ragione, non sono stata accorta. Oramai la frittata è fatta. Il bambino lo terrò; lo faremo nascere. Quando sarà il momento voglio che siano le tue mani le prime a toccarlo.”
Erika rispose al mio bacio infilandomi la lingua in bocca. Poi si staccò.
“Vieni. Andiamo a letto. Ho bisogno di stringerti con le mie braccia. Voglio sentire la vita pulsare nel tuo ventre.”
Fu la volta che nonna mi fece partecipe di suoi segreti.
Continua
P.S. Racconto fantasia. Ogni riferimento a persone viventi o decedute è puramente casuale.
La luce del sole entra dalla finestra. Si fa strada attraverso lo squarcio delle tende e illumina il letto. Sopra vi sono distesi due corpi. Sono il mio e quello di mio figlio. Siamo nudi. Lui è ancora addormentato. Ha la testa poggiata nell’incavo di una mia spalla. Io sono sveglia. Ho gli occhi fissi nel vuoto del soffitto. Il mio cervello è un turbinio di pensieri. Ho trascorso la notte e buona parte del giorno prima a sollazzarmi con mio figlio. Ho fatto sesso con mio figlio. Mi sono fatta possedere. L’ho amato come si può amare un uomo. Il bello è che ho provato piacere. Sento ancora le sensazioni dei baci che la sua calda bocca dava su ogni centimetro del mio corpo. Sento ancora le vibrazioni della sua lingua quando mi titillava i capezzoli. Vedo la sua testa fiondata fra le mie gambe e le sue caldi labbra avvolgere il mio clitoride e succhiarlo strappandomi grida di immenso piacere. Infine rivedo il suo grosso e lungo pene penetrare il mio ventre e chiavarmi fino a procurarmi un’esplosione di orgasmi come mai in vita mia ho avuto. Mai avrei pensato di avere un rapporto sessuale con mio figlio. Come è potuto accadere.
Mi chiamo Iole. Ho 35 anni. Sono la terza figlia di una coppia di benestanti. Prima di me ci sono una sorella ed un fratello. Entrambi felicemente sposati e con figli al seguito. Io non sono sposata ma mi piacciono gli uomini. Ho due figli: un maschio ed una femmina. Entrambi sono il frutto di rapporti avuti con miei coetanei. Il primo l’ho avuto che avevo 16 anni. Accadde durante una vacanza trascorsa con i miei genitori sui Pirenei. Il ragazzo che mi deflorò e che mi ingravidò nemmeno lo ricordo. Di lui so solo che mi piaceva e che era di molti anni più grande. Quando la gravidanza fu scoperta, i miei cercarono di farmi abortire. Io mi opposi. Allora mi mandarono da Erika, la mia nonna materna, che viveva nella parte occidentale della Francia, sulla costa atlantica. Lì, trascorsi tutto il periodo della gestazione. Nel frattempo continuai a studiare con profitto. A scadenza naturale partorii un bel maschietto biondo forte e sano. D’accordo con Erika lo chiamai Brian e gli diedi il cognome della nonna. Dormiva nel mio stesso letto. I miei venivano frequentemente a visitarci. Si innamorarono del bambino. Al suo primo compleanno mi invitarono a fare ritorno nella nostra casa. Rifiutai. Stavo bene con la nonna e poi dovevo sostenere gli esami di diploma. Mi chiesero se potevano portare con loro il mio bebè. Si presero un altro rifiuto. Andarono via. Mi tuffai negli studi. Sostenni gli esami di diploma con il massimo dei voti. La prima ad avere la notizia fu mia nonna. Arrivata che fui a casa sua, entrai. Sapevo che mio figlio era con la governante e che a quell’ora lo portava a casa sua quindi non lo cercai. In casa c’era un silenzio assordante. Mi preoccupai. Mai la casa della nonna era stata muta. Quantomeno si udiva musica uscire dagli altoparlanti diffusi un pò ovunque. Temetti il peggio. Corsi prima in cucina. Niente. Poi nella sua camera da letto. Niente. Usci sul giardino e girai intorno alla casa. Sul retro, a bordo piscina, distesa su un lettino la vidi. Era integralmente nuda. Stava rosolandosi al sole. Mi avvicinai. Era la prima volta che vedevo il corpo nudo di una donna. Pur essendo una donna di 53 anni aveva un corpo marmoreo. Chissà se alla stessa età anche il mio corpo si sarebbe mantenuto integro. Restai incantata a guardarla. Un pizzicorino incominciò a percorrere il mio corpo. Sentii la mia pelle accapponarsi. Ma non era ne il freddo e ne la paura a darmi quella sensazione. Senza conoscerne la natura mi stavo eccitando. Sentii la mia micina lanciare un silenzioso urlo. Che cazzo stava succedendo. Mi stavo eccitando a vedere il corpo nudo di mia nonna. Piccola, svegliati, torna sulla terra. Fu la voce di mia nonna a portarmi alla realtà.
“Alicia, sei qui. Non ti ho sentita arrivare. Vieni, avvicinati.”
Senza staccare gli occhi dal suo magnifico corpo avanzai verso il lettino su cui era distesa.
“Allora come è andata? Possiamo dire che sei diplomata?”
Balbettando le feci partecipe del risultato degli esami. Lei si accorse della direzione del mio sguardo.
“Perché balbetti? Oh, scusami. Sono io che ti faccio balbettare. Non hai mai visto una donna nuda?”
Senza staccare gli occhi dal suo poderoso seno le risposi:
“No, nonna. Non solo non ho mai visto una donna nuda, ma neanche ho mai visto, nemmeno in fotografia, una donna con un corpo bello come il tuo. Sei di una bellezza sfavillante. Dimmi? Quanti uomini ti corrono dietro?”
“Bambina mia, sono anni che non frequento un uomo (bugiarda). È da quando tuo nonno si allontanò da casa e non ne fece più ritorno. Non ho più saputo niente di lui. Non credo che sia passato a miglior vita perché lo avrei saputo. Credo che abbia trovato una pulzella più appetitosa di me e sia scappato con lei. Tu, piuttosto, stai guardando le mie mammelle con una strana luce negli occhi. Le trovi attraenti? Ti piacciono? Ti piacerebbe toccarle? Vuoi baciarle?”
Quest’ultima domanda mi sconvolse non poco. Dopo un attimo di esitazione le risposi.
“Posso farlo? Cioè voglio dire mi lasceresti baciare le tue tette? Non ti darebbe fastidio farti baciare le mammelle da tua nipote?”
“E perché mai dovrebbe darmi fastidio. Sei mia nipote. Tua madre lo ha fatto per anni e di tanto in tanto viene ancora a soddisfare la sua voglia di essere allattata.”
“Mamma ti ha succhiato le tette anche da grande e lo fa ancora? Ma è tua figlia come puoi permetterle di succhiarti le zizze?”
Erika si mise seduta. Per un attimo il grosso seno sobbalzò e prese la sua forma naturale. Era magnifico. Non riuscivo a staccare gli occhi da quelle stupende lune. Nonna mi guardò. Sorrise.
“Lo ha fatto da piccola quando aveva fame e l’ho sfamata con il mio latte. Perché non può farlo anche ora che è diventata una donna adulta. Del resto anche tu hai succhiato latte dal seno di tua madre e non ci vedrei niente di strano se tu dicessi a tua madre di voler succhiare le sue mammelle.”
“E credi che mamma me lo lascerebbe fare?”
“Dammi una ragione valida del perché non dovrebbe farsi succhiare le tette da sua figlia. Basta con queste stupide dissertazioni. Vuoi o no giocare con le mie lune.”
“Lo voglio.”
“Spogliati e vieni a stenderti.”
Mi tolsi i vestiti, il reggiseno e gli slip. Ero nuda. Mi stesi sul lettino. Erika mi passò un braccio sotto il collo e mi sollevò la testa. Con la mano libera avvicinò una mammella al mio viso. Fece in modo che il capezzolo strofinasse sulle mie labbra.
“Su, apri la bocca. È tutto tuo. Succhia.”
Desiderosa di assaggiare quel succoso frutto aprii la bocca e lo avvolsi con le mie labbra che si schiacciarono contro la ghiandola mammaria di Erika inglobando buona parte dell’areola che circondava il capezzolo. La mia lingua entrò in azione. Con essa schiacciai il capezzolo contro il palato e iniziai a mungerlo. Latte non ne usciva ma il solo fatto di stare succhiando la tetta di mia nonna mi estasiava. La mano di Erika che reggeva la mammella a cui ero attaccata si staccò e scivolo sul mio corpo; scese sui miei seni che per niente invidiavano quelli di mia nonna e si soffermò a palparli. Le sue dita artigliarono un mio capezzolo e lo sottoposero ad una cruenta tortura. Prima lo strizzò e poi lo fece ruotare su se stesso strappandomi mugolii di piacere misti a grida di dolore soffocati dalla mammella che premeva sul mio viso. Poi la sua mano continuò a scendere carezzando il mio corpo; raggiunse il mio monte di venere. Le dita si avventurarono fra i ricci peli che ornavano la mia vulva. Trovarono il passaggio che conduce all’interno della vagina. Intuii il suo scopo. Allargai le gambe. Nonna introdusse prima un dito facendolo seguire subito da un secondo e poi da un terzo. Cominciò a chiavarmi. Le sue dita entravano ed uscivano dalla mia vulva con una velocità sempre più forte. Smisi di succhiare e cominciai a nitrire e gridare dal piacere che mi stava pervadendo il corpo. Erika si chinò e mi introdusse la sua lingua in bocca. La strinsi fra le mie labbra e la succhiai. Intanto le dita di mia nonna continuavano a stantuffare nella figa. Raggiunsi un primo orgasmo seguito subito dopo da un secondo che fu più sconvolgente del primo e che mi condusse alla perdita della coscienza. Passarono diversi minuti prima che riprendesse a funzionare. Guardai mia nonna negli occhi.
“Grazie nonna. Non ho mai goduto così tanto. Non credevo che una donna potesse dare tanto piacere ad un’altra donna.”
Mia nonna si stese al mio fianco, raccolse le gambe verso il suo corpo e allargò le cosce.
“Sono contenta che ti sia piaciuto. Tocca a te. La mia passera sta aspettando la tua bocca. Vuole essere mangiata. Vieni a leccarmela.”
La sua fu una richiesta che non aspettavo. La guardai sorpresa. Lei stava sorridendo.
“Dai muoviti, non farla aspettare.”
Mi misi carponi e mi sistemai fra le due bianche cosce e guardai. Una magnifica visione si mostrò ai miei occhi. La vulva di Erika era completamente depilata. Due gonfie e grosse grandi labbra erano tenute aperte dalla pressione delle dita che nonna esercitava sui lati mettendo in mostra tutti gli splendidi organi di cui era formata. Le piccole labbra erano di un colore violaceo ed erano belle gonfie. Sembravano due ali di farfalla messe lì a protezione dell’antro da cui veniva al mondo la vita e che in quel momento un rivoletto di bianco liquido colava dall’interno verso l’esterno. Era il segnale della sua eccitazione. Qualche cm più su si vedeva la sua gonfia uretra sormontata da un lucente e splendido clitoride che era completamente libero dal cappuccio. Si ergeva per circa due cm ed era bello gonfio. Sembrava il glande di un piccolo cazzo. Tutto l’insieme era una cosa da immortalare. Mi ripromisi di farle una serie di scatti fotografici e trasferire sul web quella meraviglia. Tutti dovevano sapere che al mondo non c’è vulva più bella di quella di mia nonna Erika.
“E allora ti muovi. Quanto devo ancora aspettare per sentire la tua lingua rovistare la mia pussy.”
Senza ulteriori tentennamenti fiondai la testa in direzione della grossa conchiglia; la baciai facendo scorrere la mia bocca in lungo ed in largo. Aveva un dolce sapore. Al mio primo bacio Erika ebbe un sussulto. Con un pizzico di sadismo le morsi le grandi labbra strappandole grida di dolore e subito dopo sostituii i morsi con ampie leccate che la facevano miagolare. La mia lingua spaziava veloce su tutta la superficie di quella succosa cozza. Le titillai le piccole labbra e gliele succhiai strappandole ulteriori gemiti di piacere. Con la punta della lingua valicai le piccole labbra e la penetrai. L’orifizio vaginale si mostrò pronto a riceverla. Esplorai il magnifico antro in tutti i suoi punti. Erika era un continuo nitrire di piacere. Lappai le secrezioni vaginali che si mostrarono essere squisite pur essendo di sapore acro. Poi il clitoride attirò la mia attenzione. Iniziai a leccarlo e qui mia nonna si lasciò andare in un lungo ululato che solo una cagna in calore poteva emettere. Lo titillai con la punta della lingua facendolo vibrare come una corda di violino. Lo circondai con le labbra e cominciai a succhiarlo. Dio, stavo facendo un pompino a mia nonna. Allo stesso tempo le infilai in figa tre mie dita e la chiavai. Dalla gola di Erika uscivano suoni e grida che era difficile dire a cosa somigliassero. So solo che il corpo di mia nonna fu preda di un forte tremore. La sua vagina si riempi di umori che tracimarono verso l’esterno. Era un fiume in piena. Poi un urlo più forte degli altri mi annunciò che mia nonna stava per avere un orgasmo e di quelli sconvolgenti. Così avvenne. Dalla sua uretra usciva un denso e cremoso liquido giallognolo. Sembrava magma che usciva da una fenditura della terra. Era il suo sperma. Mi precipitai a lapparlo. Era squisito. Quando l’ultima goccia di quel nettare raggiunse il mio stomaco sollevai la testa per guardare mia nonna. Fu allora che mi accorsi che Erika era svenuta. Mi misi dritta e sculettando e con le tette che sobbalzavano ad ogni passo che facevo rientrai in casa. Ero soddisfatta. Avevo fatto svenire mia nonna. Da quel giorno il mio rapporto con Erika si rafforzò. Diventai la sua amante donna. Si, mia nonna aveva anche un’amante maschio. Questi era l’uomo a cui mia nonna aveva affidato la direzione delle sue attività che andavano dalla cura dei terreni agli allevamenti di animali. Era un uomo di qualche anno più piccolo. Aveva un suo fascino. Biondo, alto, ben piantato fisicamente. Ogni volta che mi capitava di incontrarlo il mio stomaco gorgogliava. Erika, però, nonostante lo ospitasse frequentemente nel suo letto, esercitava un discreto controllo sulle iniziative e sulla conduzione del suo direttore amante. L’idillio si concluse anni dopo a causa mia. Con grande soddisfazione di mia nonna mi iscrissi alla facoltà agraria. Andavo a gonfie vele. Erika mi affiancò un vecchio contadino per farmi conoscere i segreti della terra. I miei studi erano coronati da successi. Superavo gli esami con il massimo dei voti. Arrivai al quarto anno universitario e accadde il fattaccio. Era un giorno dei tanti giorni primaverili. Stavo al recinto dove avvenivano le monte tra animali. C’era, legata ad un palo, una vacca in calore in attesa. Dopo poco fu introdotto nel recinto un possente toro che annusò l’aria e senti gli afrori della vacca. Lanciò un lungo e forte muggito. Fra le sue gambe cominciò ad allungarsi un affare che credo dovesse superare i 50 cm e aveva un glande grande come una piccola noce di cocco. Il toro fu accompagnato al posteriore della vacca. Si sollevò sulle gambe e poggiò quelle anteriori sulla groppa della vacca. Il grosso fallo ondeggiava in ogni direzione. Fu allora che vidi un addetto che prese in mano il cazzo del toro e lo guidò alla vagina. Il toro fece un saltello in avanti ed il suo cazzo affondò nelle viscere della vacca. Dopo un minuto lo vidi indietreggiare con il cazzo penzoloni. L’atto si era così concluso. La vacca era stata fecondata. Ne rimasi colpita. Quella scena si fissò nella mia mente. Mi incamminai verso casa. Arrivata al fienile vi entrai. Guardai in giro e non vidi nessuno. Allora sollevai la gonna e mi sfilai gli slip. Incominciai a masturbarmi. Mentre ero preda del vortice del piacere sentii due forti braccia cingermi la vita. Un corpo premeva contro la mia schiena costringendomi a piegarmi in avanti. Avvertii qualcosa premere contro la mia vagina. Mi resi conto che stavo per essere posseduta. Non mi ribellai. Avevo il sangue in ebollizione e gli ormoni erano impazziti. Lasciai che il cazzo dello sconosciuto avanzasse nel mio corpo. Giunse a fine corsa e si fermò. Fu un attimo e poi riprese a chiavarmi. Aveva un modo tutto particolare di stantuffarmi il cazzo nel ventre. Mi penetrava con violenza e poi lentamente indietreggiava sfilandomelo per poi riaffondare di colpo. Mi piaceva come mi stava chiavando e glielo feci capire lanciando continui mugolii di piacere. Fu una lunga chiavata. Ci sapeva fare. Raggiunsi più di un orgasmo. Quando l’amplesso giunse a conclusione, mi ricomposi e guardai l’uomo che mi aveva presa da dietro. Era l’amante di Erika. Non ne fui sorpresa. Già da tempo sentivo i suoi occhi spogliarmi. Gli lanciai un sorriso.
“Grazie per averlo fatto. Ne avevo bisogno.”
“Scusami, ma non ho potuto frenarmi. Sei troppo bella. È da quando sei arrivata che ho desiderato amarti.”
“Non scusarti. Mi è piaciuto. Quando vuoi rifarlo basta che me lo dici. Sarò sempre pronta a riceverti.”
Iniziò così la mia avventura con l’amante di mia nonna. Un’avventura che non ebbe vita lunga. Dopo tre mesi di lunghe e sfrenate galoppate mi accorsi di essere nuovamente incinta. Il problema che si pose era doverlo dire a mia nonna. Del suo direttore non me ne fregava niente, non lo amavo. Con Erika non ci fu bisogno di parlare. Se ne accorse subito. Mi disse che ero stata una cretina. Che potevo farmi chiavare da chi volessi purché mettessi al sicuro il mio ventre. Poi pretese di sapere chi era lo stallone che mi montava. Non volli dirglielo. Lei insistette senza avere successo. Pochi giorni dopo cercai il mio amante. Non lo trovai. Chiesi ad Erika se lo avesse visto. Mia nonna mi rispose che lo aveva licenziato e mi pregava di non andare alla sua ricerca. Capii che sapeva chi era il padre del bambino che portavo in grembo. Non ribattei. Fu lei a parlare.
“Io un cazzo come il suo posso sempre trovarlo; per lui invece sarà difficile trovare una donna come lo sono io. L’ho licenziato perché mi ha tradito. L’avesse fatto con una sciacquetta qualsiasi l’avrei anche perdonato, ma chiavarsi mia nipote e ingravidarla è stato troppo; non potevo in alcun modo fargliela passare liscia. Se tu sei una sconsiderata che si è fatta mettere incinta lui è un uomo maturo, doveva premunirsi per evitare di renderti pregna. Piuttosto parliamo di te. Che intenzioni hai? Lo vuoi tenere? Ti dico subito che se decidi di averlo sarò contenta. Così come ho fatto con il primo ti aiuterò anche con il secondo che considero anche un pò figlio mio. Non è stato forse il mio amante ad inseminarti?”
Mi precipitai a baciarla.
“Nonna, tranquillizzati. Il tuo amante non lo amo. Mi sono servita di lui per calmare i miei bollori. Hai ragione, non sono stata accorta. Oramai la frittata è fatta. Il bambino lo terrò; lo faremo nascere. Quando sarà il momento voglio che siano le tue mani le prime a toccarlo.”
Erika rispose al mio bacio infilandomi la lingua in bocca. Poi si staccò.
“Vieni. Andiamo a letto. Ho bisogno di stringerti con le mie braccia. Voglio sentire la vita pulsare nel tuo ventre.”
Fu la volta che nonna mi fece partecipe di suoi segreti.
Continua
P.S. Racconto fantasia. Ogni riferimento a persone viventi o decedute è puramente casuale.
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