L'ospite sottomessa - Capitolo 0:: Monica

di
genere
dominazione

Riprendendo un'idea già venutami in mente, pubblico qui il seguito di "Da amica a schiava", che consiglio di leggere. Premetto che si tratta di un racconto di fantasia. In questo capitolo non c’è molto sesso, né se ne parla molto. Serve unicamente da introduzione per la storia.


L'intesa tra me e Valeria, dopo quel memorabile weekend di sesso e sottomissione, si era fatta sempre più complice e affiatata, non solo sul piano sessuale. Tra noi c'era amore e rispetto, grazie al fatto che per anni eravamo stati amici del cuore e condividevamo tanti interessi. Dopo qualche mese che ci eravamo messi insieme, le nostre vite assunsero una decisa svolta: Valeria venne assunta nello studio notarile in cui era praticante con contratto stabile a tempo indeterminato, con maggiori responsabilità e uno stipendio più alto, mentre io, essendo già inserito in uno studio di architettura ben avviato, ricevetti una promozione, con i miei progetti che ricevettero maggior attenzione. Grazie alla nostra accresciuta disponibilità economica, potremmo così trasferirci in una casa in affitto tutta nostra, alla periferia della nostra città. Si trattava di una costruzione recente, isolata e ad una certa distanza dalla strada provinciale, con un bel giardino e circondata da un alto muro di cinta, lontana da occhi discreti. Era un’abitazione ad un solo piano, e per certi versi modesta, ma a noi piaceva, in quanto si trattava di uno spazio tutto nostro.
E, soprattutto, perfetto per i nostri giochi. Almeno una volta al mese, infatti, ci dedicavamo per un weekend intero a giocare al master ed alla slave, in cui la mia compagna accettava di sottomettersi in tutto e per tutto al volere del sottoscritto e dava tutta sé stessa nell’essere porca. In breve ci eravamo procurati un ricco assortimento di corde, manette, fruste, fruste, plug e quanto altro per divertirci come si doveva. Con il tempo, Valeria aveva accettato di sottoporsi a qualsiasi pratica e di farsi torturare per il piacere d’entrambi. In particolare, era bravissima, ogni tanto, a calarsi nel ruolo di Fuffy la cagna: ubbidiente, si faceva bardare come un cane, con tanto di coda-plug, e come tale si comportava. Si faceva portare al guinzaglio, camminava a quattro zampe, abbaiava, parlava solo quando aveva il permesso, addirittura faceva i propri bisogni come un cane! Era il mio gioco preferito, in cui avevo il pieno controllo su di lei. Bisogna precisare, però, che non lo facevamo spesso, e comunque quasi sempre solo con il bel tempo. Per il resto, avevamo tanti altri modi per godere. Anche quando non praticavamo il BDSM il sesso tra di noi era fantastico e non avevamo mai modo di annoiarci.
Insomma, le cose tra di noi andavano alla grande. I nostri amici e le nostre famiglie erano contenti per noi (naturalmente non sapevano nulla delle nostre sezioni BDSM, anche se penso che qualcuno aveva qualche sospetto) e fra di noi non c’era praticamente un solo motivo di litigio. Il nostro segreto era una cosa esclusivamente nostra e non pensavo che potessimo condividere con altri. Ma poi si verificò un episodio, che mi fece ripensare ai nostri ruoli e che meritò di reinventare le nostre vite sessuali. Tutto ciò venne causato da una persona a noi vicina, e che mi fece praticamente perdere la testa: Monica.
Come ho già avuto modo di spiegare in precedenza, Monica era la sorella di Valeria, di tre anni più giovane di noi. Alta un 1,78 m, è veramente una bella ragazza, più o meno come la sorella: capelli neri tagliati corti che arrivano poco sopra le spalle, occhi verdi, fisico longilineo e sempre in forma, viso ovale, naso all’insù come quello della sorellona. Di seno portava una terza abbondante, che non aveva bisogno del reggiseno in quanto perfettamente di restare sodi, e un culo a mandolino su cui non era possibile non dare un’occhiata. Studentessa in belle arti, sognava di diventare restauratrice e di lavorare un giorno con le antichità greco-romane, sua grande passione fin da piccola. Ma soprattutto, era uno spirito indipendente, che sapeva quello che voleva e sapeva ottenerlo. Da ragazzo non avevo mai fatto attenzione a lei, in quanto mi interessava Valeria, e per la differenza d’età, sebbene non eccessiva, noi tre non passavamo troppo tempo insieme, avendo ognuno dei propri giri di conoscenze. Ma con il tempo, soprattutto dopo che mi ero messo con sua sorella, le occasioni per incontrarci non mancarono e devo dire che rimasi sorpreso nel conoscerla meglio. Era una persona simpatica, intelligente e sapeva essere spiritosa, con cui potevi chiacchierare per ore senza mai stancarsi.
Ma poteva anche essere insopportabile, a volte. Il suo problema principale erano gli uomini. Come Valeria mi confidò in più di un’occasione, Monica era disinibita in materia sessuale e passava da un ragazzo all’altro con frequenza. Sua sorella stessa mi confidò, con un pizzico d’invidia, che aveva perso la verginità prima di lei, al liceo, e in un paio d’occasioni non aveva esitato a rubarle il fidanzato, o a provarci. Così le due finivano spesso con il litigare, per un numero illimitato di ragioni; questo non vuol dire che non si volessero bene, infatti, alla fine, facevano sempre pace. Il vero problema, quello che preoccupava quelli che li stavano accanto, erano i suoi gusti in fatto di uomini. A volte era lei che li lasciava, spesso senza un valido motivo, e così finiva per farsi odiare da loro; altre, invece, sceglieva proprio dei pessimi soggetti, ragazzi bellocci ma senza arte né parte, scansafatiche e delinquenti, sennò dei veri e propri stronzi che la trattavano malissimo e che la tradivano, facendola così soffrire. Sembrava quasi che se la andasse a cercare, nel farsi maltrattare, e la sua famiglia era in pensiero che potesse finire sola o insieme a qualche brutto soggetto. Come ho avuto modo di spiegare in precedenza, si era messa insieme con il mio coinquilino ed amico Massimo, e io e Valeria eravamo contenti per loro. Ma poi si erano lasciati, per motivi che nessuno dei due ha mai voluto spiegare, e lui si era trasferito all’estero per lavoro. Io, avevo il sospetto che dietro questa scelta ci fosse qualche altra ragione oltre la mancanza di opportunità in Italia…
Monica per noi era una persona speciale perché era stata lei a preparare, insieme a Valeria, quella sorpresa in cui aveva lasciato legata la sorella legata per me affinché la trovassi. Quindi sapeva che il rapporto tra me e lei non era come altri. Quando, alla fine di quell’estate, le due si ritrovarono, sicuramente Valeria avrà confessato tutto a Monica, e chissà cosa avrà pensato. Ma la mia fidanzata non mi aveva mai voluto dire niente, e io questo lo rispettavo: in fondo, si trattava di solidarietà fra sorelle. Anzi, confesso che, ammirando l’abilità con cui aveva eseguito quei nodi, un paio di volte mi erano venuti pensieri sconci su di lei. In ogni caso, non si era mai fatto nulla e non si era mai fatta una sola parola. Ma qualche volta mi era parso che Monica ci rivolgesse uno sguardo languido, come se pensasse chissà che…

Comunque, Monica per me rimaneva solamente la sorella della mia ragazza e non avrei mai potuto fare una carognata simile. Le cose cambiarono una sera di primavera, un anno e mezzo dopo quel famoso fine settimana. Ci eravamo appena trasferiti nella nostra nuova casa e le cose non potevano andare meglio. Vale tornò dopo una dura giornata di duro lavoro. Io ero invece rincasato prima, per preparare la cena.
- “Amore, sono a casa!”
- “Ciao. Sono in cucina, vieni.” - Valeria entrò nella stanza ed appoggiata la borsa sul tavolo mi baciò.
- “Mmhhh, che profumino! Che hai preparato?”
- “Sgombro al forno con patate e carote. Devo solo metterlo in forno. Nel frattempo apparecchia.”
- “Va bene, dammi solo il tempo di rimettere le mie cose a posto e di mettermi comoda.”
Mezz’ora dopo si era fatta la doccia e indossato una maglietta con sotto tuta. Mentre la cena si cuoceva nel forno, parlammo delle nostre giornate.
- “E quindi, ti hanno messo nel gruppo che si occupa della nuova piscina comunale?”
- “Esatto. Ovviamente, non sono il solo, ci sono altri due colleghi che si sono aggiunti, e il mio contributo è minimo. Ma questo è finora il lavoro più importante per il nostro studio, da un po’ di tempo a questa parte. Se va tutto bene e vinciamo la gara, potrebbe essere il trampolino di lancio per la mia carriera.”
- “Ma è fantastico! E me lo dici così? Dobbiamo festeggiare.”
- “Calma, ho detto che non è ancora sicuro. Comunque, è vero, si tratta di una grossa opportunità. Purtroppo, non è stata tutta rose e fiori.”
- “Perché?”
- “Bè, succede che abbiamo scoperto che le tubature dell’impianto idrico, nel palazzo dove siamo, sono vecchie e che proprio oggi sono scoppiate. Non da noi, ma un paio di piani sopra. Risultato, si è creata una perdita che rischia di trasformarci tutti in un acquario.”
- “Cavolo! Ma si tratta di una cosa grave?”
- “Spero di no. Alcuni, nel nostro palazzo, avevano già cambiato i tubi, e allo studio abbiamo digitalizzato tutto il lavoro in un cloud esterno. Ma se la perdita è di una certa intensità, rischia di compromettere la stabilità dell’edificio. Così dobbiamo stare tutti a casa in attesa che verifichino la stabilità e valutino i danni.”
- “E per il lavoro come fate?”
- “Non c’è problema, posso lavorare da casa. Non mi pesa per niente.”
Detto questo, le sorrisi e mi avvicinai a lei, mettendole un braccio intorno alla vita. – “E poi, non tutto il male viene per nuocere. Potremmo approfittarne.”
- “Approfittarne? E come?”
- “Mmmhh! Che domande che fai.” – Mossi la mano e la spostai sul didietro di Valeria, saggiandone la consistenza. – “Mi è venuta in mente un’idea. Domani è mercoledì, e lavorando anche giovedì posso mettermi avanti con il lavoro. Così” – Mi avvicinai con la bocca al collo di Valeria e le infilai il naso nei capelli. – “Ho deciso di prendermi il venerdì libero. Visto il buon lavoro che ho fatto, il dott. Ghisoni me lo ha concesso. Ho pensato che, se anche te prendi qualche giorno libero, potrebbe essere una buona occasione. Se non ricordo male, è passato un mese esatto dai nostri “giochi” spinti…”
- “Venerdì, hai detto? Ma…”
- “Lo so, fanno tre giorni esatti. Uno in più per dedicarci l’uno all’altra. E solo al pensiero…”
Pensavo che Valeria potesse essere contenta della cosa, che l’accogliesse a braccia aperte. Invece, arrivò la doccia gelata che mandò all’aria i miei progetti. Si staccò da me e giratasi sulla sedia si fece seria.
- “Ma io questo weekend non posso. Era di questo che ti volevo parlare.”
- “Come non puoi? Che vuoi dire, che il notaio ti fa lavorare anche di sabato e domenica?”
- “Notaia, prego. Ti ricordo che la Bonetti ha rilevato da poco lo studio del padre, che è andato in pensione. Proprio per questo, deve finire di sistemare alcune pratiche con i clienti storici. Uno di questi è un personaggio veramente importante, a Roma, uno che ha agganci con il Governo. Ha molte proprietà che deve sistemare e ancora non si fida del tutto di una donna notaio. Perciò, la Bonetti deve andare da lui per qualche giorno. E, visto che mi ha notato, ha chiesto di accompagnarla.”
- “A Roma? Ma proprio te?”
- “Bè, ma daì, che le dovevo dire? Non posso mettermi contro il mio capo. Anch’io, come te, cerco la mia occasione, e questa non posso farmela sfuggire. Morale della storia: mi dispiace, niente sesso, amore!” – E con un gesto allontanò il mio braccio da lei.
- “No. Non volevo dire questo. Solo… Bè… No, scusa, hai ragione, il lavoro prima di tutto. Non posso chiederti questo.”
- “Grazie, sono contenta che lo capisci.”
In quel momento suonò il timer del forno. Mi alzai e andai a ritirare il pesce. – “E quando dovresti partire?”
- “La Bonetti ed io dobbiamo vederlo giovedì mattina, perciò domani vado allo studio per vedere alcune cose, poi torno a casa per preparare le valigie, e nel pomeriggio prendiamo il treno.”
- “E starete via per molto?”
- “Speriamo di cavarcela in pochi giorni, ma da quello che ho capito dobbiamo vedere due o tre avvocati che il cliente ha lì e ritirare da loro dei documenti. Perciò torniamo lunedì, massimo martedì.”
- “Restate lì anche il fine settimana?”
- “Sì, non possiamo fare le pendolari. In più, la dottoressa è già stata invitata ad un ricevimento. Non so se mi porta oppure no, ma tanto vale farci un giro turistico per la Capitale, non ti pare?”
- “Ho capito. E così, resto qui in bianco.” – disi scherzando, mentre poggiai la teglia calda sul tavolo e impiattai il pesce. In realtà, mi dispiaceva un po’. Avevo preso tre giorni liberi proprio per sfogare sulla mia compagna/schiava le mie fantasie oscene, e invece scoprivo di dovervi rinunciare. Che sfiga!
Valeria aveva capito che non mi andava giù il fatto di stare da solo, ma sapeva che ero una persona aperta e comprensibile, su cui poteva contare. Così, appoggiando la mano sul mio braccio, mi parlò. – “Lo so che non ti va di restare a bocca asciutta, ma non te la prendere. Ti prometto che al mio ritorno recupereremmo.” – Dicendo questo, mi accarezzò la gamba con un piede, sotto il tavolo, e assunse un sorriso malizioso, che avevo già avuto il piacere di conoscere. – “Ma, ciò non significa che non possa concedermi a te. Non ho molta voglia di vedere la Tv stasera, quindi, se non ti dispiace, potremmo fare qualcosa più… tradizionale…”
Bastò questo a riportarmi il buonumore, e al pensiero della serata che ci aspettava il membro cominciò a dare segni di vita dentro i pantaloni. – “Uhm… Concesso! Ma non ti illudere che mi basti. Quando torni, il prossimo fine settimana ci diamo sotto.”
- “Ricevuto,… padrone! Ma adesso mangiamo, che ho una fame da lupi!”
Mangiammo la cena, chiacchierando del più e del meno e fantasticando del futuro delle nostre rispettive carriere. Dopodiché, lavati i piatti e sparecchiata la tavola, ci ritirammo in camera da letto e fino a mezzanotte ci dedicammo l’una all’altro, dandoci piacere a vicenda e suggellando ancora una volta il nostro amore.

L’indomani, come aveva anticipato, Valeria si recò allo studio per sbrigare alcune pratiche prima di partire, mentre io, con il computer, rimassi a casa a sistemare il progetto della piscina comunale e mi collegai in videoconferenza con il resto del gruppo. All’una Valeria tornò e per pranzo ci arrangiammo con gli avanzi dei giorni precedenti. Poi lei preparò il trolley, ci mise i vestiti e lo stretto necessario e alle tre ci salutammo. Avrei voluto accompagnarla alla stazione, ma rifiutò, preferendo che mi dedicarsi al lavoro. E così, eccomi del tutto solo, a lavorare e a rimpiangere il fine settimana saltato. Ormai il venerdì libero me lo ero preso e non potevo certo rinunciarci. Ma tant’è! Voleva dire che mi sarei dedicato ad altro, coltivando altri interessi.
Verso le 18 finì di lavorare. Stavo pensando a cosa fare per la serata quando suonò il citofono. Chi poteva essere? Non aspettavo nessuno. Non mi feci troppe domande e andai a rispondere: - “Sì? Chi è?”
- “Carlo, sono io, Monica. Mi apri, per favore?”
- “Monica, ciao. Che piacevole sorpresa. Sì, ora ti apro.” – Aprì il cancello, dopodiché andai alla porta. Monica entrò con la sua smart e io la accolsi.
- “Monica. A che devo la visita? Se cerchi tua sorella, non…”
Ma prima di finire la frase mi accorsi che era d’umore nero. Scese dalla macchina sbattendo la porta ed aveva una faccia cupa. Sembrava proprio che avesse litigato. Senza salutarmi, passò oltre ed entrò dentro casa come una furia.
- “Ehi! Ma ti sembra il modo? Non si usa più salutare?” – le disi mentre la seguì. Si era già seduta sul divano a braccia incrociate e tenendo il broncio. Non ci voleva un genio per capire che c’era qualcosa che non andava.
- “Cazzo! Coglione! Pezzo di…”
- “Ohh! Ma dico, modera il linguaggio? Ti sembra il modo? Che ti prende?”
- “Oh, scusa, Carlo, non ce l’ho con te. Affari miei.”
- “Veramente, mi sembra che siano anche i miei. Piombi qui in casa senza preavviso, senza salutare, entri come un fulmine e poi ti siedi lì ad imprecare. Ti sembra il caso?” – Rimproverandola, mi misi davanti a lei in piedi. In quel momento la osservai: indossava una giacchetta di jeans con brillantini, aperta sul davanti, abbinata con una maglietta rosa confetto, e un paio di pantaloni blu. A completare l’abbigliamento, c’era un paio di scarpe da ginnastica. Di fronte alla mia reazione, si calmò un po’ e mi rivolse lo sguardo.
- “Sì, è vero, ancora mille scuse. Hai ragione a lamentarti. Ti sarò sembrata una pazza furiosa. Ma il fatto è che oggi il mondo mi sembra sia di…, di… Oh, insomma! Hai capito!”
- “Veramente, no!” – feci sedendomi accanto a lei. – “Ti dispiace spiegarmi cosa ti prende?”
- “Sì, scusa, hai diritto di avere spiegazioni. Ma” – interrompendosi si guardò intorno – “Ma Valeria non c’è?”
- “No, non te lo ha detto? È partita proprio oggi. Aveva degli impegni di lavoro a Roma.”
- “Cosa? E… Quando torna?”
- “Neanche lei ha saputo dare una stima precisa. Dovrebbe essere questione di qualche giorno.”
- “Accidenti! Proprio ora che mi serviva qualcuno con cui confidarmi!”
Sembrava proprio che avesse avuto una pessima giornata. A sentirla parlare in quel modo mi preoccupai un poco. Che fosse nei guai? Eppure, a detta di tutti, era sempre stata una studentessa modello e, nonostante le sue storie burrascose, mi risultava che fosse sempre riuscita a cavarsela con gli uomini. Ora, aveva bisogno di qualcuno con cui sfogarsi, e sua sorella non c’era. Però, c’ero io, e anche se non eravamo amici stretti, poteva contare su qualcuno che la comprendesse.
- “Ma, dimmi, è successo qualcosa di grave?”
- “No. Grave, no. Però,… Scusa, non so se ne posso parlare.”
- “Non puoi? Veramente, sei piombata qui in casa mia cercando Valeria, sperando nel suo conforto. O mi sbaglio? Bè, lei non c’è, ma ci sono io. Se ti serve una spalla su cui piangere…”
- “Piangere? Oh, no!” – rispose sorridendo. Almeno ero riuscito a strapparle il buon umore. – “No, nulla di così drammatico. Si tratta di un ragazzo, uno stronzo che non vale la pena. Ma, non so se ne posso parlare.”
- “Puoi, puoi. Tranquilla, se non ti confidi con me, che sono il ragazzo di tua sorella. Sempre se non sono indiscreto.”
- “Grazie, sei gentile. Ma sì! A te posso parlarne. Si tratta del mio ex, Manuel. Un poco di buono, di quelli che solo io riesco a trovare. Ma non è una questione di cuore: ci siamo lasciati una settimana fa.”
- “Allora, di cosa si tratta?”
- “Bè, io… Oddio, mi vergogno! Il fatto, bè, ecco… Il fatto è che ieri i carabinieri lo hanno arrestato. Lo hanno beccato con 500 grammi di coca addosso. Droga, capisci? E lui che mi giurava che non spacciava!”
- “Uao! Hai ragione, sembra proprio uno stronzo! Ma tu che c’entri?”
- “C’entro eccome, perché stamattina mi hanno convocata in caserma. Tranquillo, non sono nei guai, se è quello che ti stai chiedendo. Semplicemente, mi hanno fatto qualche domanda, se sapevo di quello che lui faceva, roba così. Io li ho detto la verità, che ne ero completamente all’oscuro. Ma il fatto è, sembra, che Manuel fosse recidivo, e già una volta è stato beccato insieme ad un’altra ragazza. Ragazza nel cui scooter lui aveva nascosto la roba, a sua insaputa! Capisci! Poteva averlo fatto anche con me.”
- “Oh cazzo! Ma stai scherzando?”
- “Magari! Ho perso la mattinata in caserma a rispondere domande, mentre i cani antidroga perlustravano la mia auto! Che umiliazione!”
- “E tu dicevi che non era grave? Ma è gravissimo, ti rendi conto! Rischi…”
- “Non farmi la paternale, ti prego! Te lo giuro, non ci sono problemi. Alla fine si sono resi conto che non c’entravo niente e mi hanno lasciato andare con tanto di scuse. Non c’è stato nemmeno bisogno di chiamare un avvocato.”
- “Fiuuu, che sollievo.” – E lo era davvero. Sarebbe stata una catastrofe se Valeria si fosse rovinata la vita per colpa di un avanzo di galera. – “Sono contenta per te. Ma, scusami, te lo devo chiedere. Non è che, anche solo per provare, hai… sniffato?”
- “No! Te lo giuro! Sono pulitissima! Anche per questo ho lasciato Manuel: ero sicura che prima o poi mi sarei incassinata con lui. E avevo ragione. Ma il vero problema è stato quando sono tornata a casa.”
Monica era studentessa fuori città. Seguiva l’università a Firenze, dove alloggiava alla Casa dello Studente, e tornava a casa solo ogni tanto. Se mi ricordavo bene, in quel periodo non aveva lezioni e, come ebbe modo di spiegarmi dopo, era già piuttosto avanti con gli esami, perciò si era presa qualche giorno per fare visita ai suoi genitori. E subito capì che erano loro il problema. – “Fammi indovinare: i tuoi non l’hanno presa bene che sei stata dai carabinieri.”
- “Infatti! Quando mi hanno convocata erano preoccupati, ma dopo che gli ho spiegato la situazione sono andati su tutte le furie. Hanno detto che me l’ero cercata, che mi avevano avvertita che Manuel non faceva per me. Da lì è partita tutta una discussione su come non sapessi scegliere gli uomini, che ero una povera stupida, eccetera, eccetera. Sono volate parole grosse, e alla fine non ce l’ho fatta più e me ne sono andata.”
- “Poverina, non mi sorprende che fossi su tutte le furie prima. Però, se mi posso permettere, non hanno tutti i torti. I tuoi genitori sono preoccupati per te, e se continui a scegliere le compagnie così…”
- “Ti prego, basta! Non ne posso più! Non ne voglio parlare, ok?”
- “Ok, ok! Come vuoi. Ma, adesso, che vuoi fare?”
A questa domanda Monica si imbarazzò un po’. – “Bè, ecco… Proprio di questo volevo parlare. Non è che, sì, insomma, che mi puoi ospitare per qualche giorno?”
A questa richiesta rimasi sorpreso. Davvero si era arrivati a questo punto? Doveva essere stata una discussione bella grossa, per levare le tende così, di punto in bianco. – “Qui?”
- “Sì, hai sentito, qui! So che chiedo troppo, ma non posso tornare a casa dei miei dopo quello che è successo. Non so perché, ma tu e Valeria siete stati i primi che mi siete venuti in mente. Volevo chiedere a lei, ma visto che non c’è…”
Come potevo rifiutarmi? Mi sentì vicino a Monica nella sua disavventura, se le avessi risposto di no, sarebbe stata l’indegna conclusione di una giornataccia da dimenticare, e io non me la sentivo affatto di metterla alla porta. Così, acconsentì. – “D’accordo, puoi restare. Del resto, che male può esserci?”
- “Sì! Grazie, grazie, grazie! Sei un angelo!” – E mi abbracciò strettamente a lei in segno di riconoscenza, prima che mi potessi accorgere. Tale mossa mi prese completamente di sorpresa, e sentì il seno di lei schiacciarsi contro il mio petto. Ciò mi mise a disagio, e subito mi staccai da lei.
- “Prego, non c’è di che! Ma, scusa, tu come fai? Hai portato qualcosa con te?”
- “Sì, ho preso il beauty case e qualche vestito, sono in macchina. Dopo li scarico. Vedrai, non ti accorgerai nemmeno che sono qui. Mi accontento di poco.”
- “Bene. Ma se fossi in te, avvertirei i tuoi genitori che stai qui, in modo da non farli stare in pensiero. E sarebbe anche il caso di sentire Valeria, per metterla a corrente della situazione. Magari lei può aiutarti a chiarirti con i tuoi.”
- “Sì, era proprio quello che avevo in mente. Anzi, lo faccio subito. Con permesso.” – E si alzò, andando nell’altra stanza per telefonare.
Anch’io mi alzai, contento di aver fatto un’opera di bene. Ma nel farlo, mi accorsi di una cosa strana: notai, dentro i pantaloni, un ringonfiamento. Che imbarazzo! Il contatto con il seno di Monica mi aveva fatto semi-rizzare il pene nelle mutande. Ma che mi prendeva? Era la sorella di Valeria, non potevo pensare a certe cose! Mentre la sentivo parlare al telefono, sperai che non si fosse accorta di niente. Non avevo il minimo sospetto che quei giorni sarebbero stati speciali.

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scritto il
2021-01-18
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