L'occasione fa l'uomo... 3

di
genere
dominazione



Alex si sciolse la cintura ed aprì la cerniera dei pantaloni, che furono poi calati insieme ai boxer fino alle ginocchia; il suo cazzo era già al massimo del suo spessore e si ergeva dritto in tutta la sua lunghezza. Allungò una mano alla testa di Monica e prese ad accarezzare i capelli. - “Bene, bene, mia cara porcellina”-, disse con finto fare amichevole, avvicinandosi ancora di più alla sedia, - “visto che ti stavi trastullando con quel aggeggio prima del mio arrivo, suppongo che tu sia calda al punto giusto. Perciò, che ne dici se cominciamo con l’assaggiare il mio amichetto qui sotto? Sai, è da troppo tempo che non vede ora di farcire una zoccola del tuo calibro.” - Mentre diceva ciò, la mano cominciò a far presa sui capelli della donna, in modo più deciso, ma senza troppa durezza.
“Uhmm, mi sembra proprio un’ott… AHIA!” - Monica non fece in tempo a finire la frase che si sentì tirare per i capelli, con la testa che venne tirata all’ingiù. Le corde che le stringevano il torace si fecero sentire a causa del movimento brusco, mentre sentì qualcosa di caldo e pulsante a contatto con la sua guancia.
“Chi ti ha detto di parlare, stupida? Credi che voglia chiacchierare con te? Voglio scoparti e basta, i discorsi da bar tieniteli per qualcun’altro. Adesso apri la bocca e fa lavorare la lingua, adesso!”
“Ahi! Mi fai male. Ahia, ahia! Che fai, non c’è bisogno di… Ahia!”
“Zitta!” -, fece Alex, che tirandola ancora di più per i capelli, le mollò uno schiaffo. - “Non parlare, succhia e basta. Ora!”
“Ahia, Ma non così! Mi fai male. Ahhh!”-, e subito fu colpita da un altro schiaffo sulla guancia opposta, segno che il suo interlocutore stava perdendo la pazienza.
“Succhia, troia, ora!”, - urlò Alex in tono ancora più autoritario.
“Oooh, ok, ok! Calma, va bene, ho capito lo faccio subito”, - rispose Monica, che per il dolore delle due manate cominciò a sentirsi le guance arrossate. Ma che gli prende, pensò. - “Adesso lo succhio, non c’è bisogno di essere così violenti, calma.”- Ma che diavolo, si chiese, e meno male che Teresa mi aveva detto che Luigi ci sarebbe andato leggero. Quando era stata schiaffeggiata, le era parso di sentire qualcosa di strano a contatto con la pelle. Non riusciva a capire cosa, però…

“Oh, bene, visto che così va meglio. In effetti scusa, forse non dovevo tirarti così forte. Ma adesso bando alle ciance, e tira fuori la lingua” -, dichiarò Alex, che con tocco più gentile di prima le guidò la testa verso di sé.
Monica, ancora bendata, si avvicinò più che potè, finché, con le labbra, non tocco lo scroto. Ritirarsi di poco, tirò la lingua e, pur senza vedere, diede una lappata ai testicoli dell’uomo.
“Uhmm, oh sì! Vedo che hai capito, finalmente. Su, da brava, continua in questo modo” -, la incoraggiò il ladro, che in questo modo voleva renderla partecipe inconsapevole dello strupro.

Monica, al massimo della libertà concessagli dalle corde, si mise al lavoro per leccare le parti intime del partner sconosciuto, cercando di metterci il massimo dell’impegno possibile. Iniziò dai testicoli, che al movimento della lingua danzavano avanti e indietro , con la loro pelle raggrinzita che si faceva sentire al contatto delle sue papille gustative. Poi, lentamente, cominciò a salire lungo l’asta del cazzo, rendendosi conto delle sue dimensioni. Era lungo approssimativamente come quello del suo ex-marito, che pure a letto non era mai stato un amante focoso, ma era di gran lunga più grosso, con un diametro che non riusciva a quantificare. Nel corso degli anni Monica era stata penetrata da oggetti di dimensioni ragguardevoli, sia peni veri che simulacri in plastica, ma in quel momento non si ricordava di uno di quella larghezza. C’era da rimanere basiti! Subito cominciò a domandarsi se sarebbe riuscita a prenderlo in bocca senza soffocare, ma soprattutto si chiese, non poco spaventata, che cosa sarebbe successo quando lui avrebbe voluto infilarlo dentro uno degli altri due buchi! Perché Teresa non l’aveva avvertita che il suo amico Luigi era così ben dotato?
D’altra parte, dopo tutto quel tempo che era stata stimolata dal vibratore, e con il plug ancora ben inserito nell’ano, allo stesso tempo non vedeva ora di avere al più presto un vero rapporto, e più si sentiva piena, meglio era. Già così, in quella situazione, si sentiva avvampare dentro ed istintivamente avvertiva l’esigenza di toccarsi la passera, di darsi delle carezze, anche infilarsi qualche dito dentro. Se solo non fosse stata ancora legata. E la benda sugli occhi le impediva di vedere chi ci fosse lì con lei.

Senza fermarsi, continuò a leccare le parti intime dell'uomo come fossero palline di gelato, dando lappate lente, delicate, provando più che poteva di girare intorno all’asta, ben salivandola. Alla cieca, salì con la lingua il pene, finché, finalmente, giunse in cima. Pur non potevo vedere nulla, sapeva cosa fare per dare ancora più piacere a quello sconosciuto, e così, cominciò a baciare il glande. Sentendolo mugugnare di piacere, ebbe la conferma che gradiva moltissimo il trattamento, così proseguì.
Alternando leccate a baci, Monica seguitò ad andare su e giù per il pene, cercando di coprire la maggior superficie possibile. Se prima era lenta ed insicura, per via della vista negata, adesso si muoveva con più sicurezza, velocizzando i movimenti della lingua e i baci. Si sentiva sempre più bagnata in basso, sentiva che presto sarebbe stata di nuovo sul punto di venire, e sotto i morsetti, che continuavano a dolerle, i capezzoli si erano fatti dritti e duri, come se non desiderassero altro di essere liberati.

“Uhmm, oh, sììì! Brava, così, non ti fermare. Ohhh!” -, fece Alex, che ad occhi socchiusi teneva le mani sulla testa di Monica e con quelle l’aiutava a muoversi. Aveva ancora i guanti, per non lasciare impronte, ma gli sembrava di sentire i suoi capelli sotto le mani, e soprattutto, sentiva la lingua che stava gustando il suo cavallo, che diventava sempre più duro alle lappate ed ai baci, pulsando di passione quasi animalesca. Oramai non gli importava più del colpo, o del pericolo di essere scoperto: in quel momento, voleva unicamente rivoltare quella donna che stava facendo sua e fotterla in ogni posizione possibile. Era ormai certo che quella serata non se la sarebbe mai più dimenticata.
“Ohhh, sììì! Ottimo lavoro, troia. Bel servizio che… Ohh! Mi stai facendo. Uhmm, sì. Ma adesso basta con i preamboli, cominciamo a fare sul serio.”
Prendendole la testa in modo più deciso, il ladro la portò ancora più vicina al suo membro, facendoglielo letteralmente finire sotto il naso, e le ordinò: - “Avanti, puttana, apri la bocca, che ti faccio assaggiare qualcosa di buono.”

Monica capì cosa volesse dire quando, senza preavviso, si trovò quel cazzo in mezzo alla faccia, e per la prima volta, in quella serata, fu scossa dai dubbi: era un membro dalle dimensioni enormi, come avrebbe potuto prenderlo in bocca? Poteva provarci, ma non si aspettava che fosse così grandi. Almeno, non una previa preparazione. Decise quindi di farglielo notare.
“Ehmm, no, aspetta. Non che mi tiri indietro o chissà cosa, ma mi potresti concedere qualche attimo, prima? Ho paura di slogarmi la mascella, con un affare così grosso. E potresti togliermi la benda, per favore? Non vedo niente così” -, chiese mentre tirava un pò indietro la testa.
Ma Alex, infoiato, non la prese affatto bene. E non solo perché, togliendole la benda, rischiava di farsi riconoscere, in seguito.
“Come? Forse non ho capito bene. Vuoi una pausa?”, - chiese alzando la voce.
“Beh, sì. Così prendo un pò d’aria e cerco di prenderlo meglio in bocca. E basta con questa stupida benda, non…” - Non fece in tempo a finire la frase che subì un violento schiaffo che le fece girare la testa.
“Ahia! Ma che cosa…? Ma sei pazzo?” - E subito, ecco un altro schiaffo. E dopo questo, si sentì tirare violentemente i capelli.
“Ahhh! Cazzo! Lasciami, mi fai male. Ahia!”
“Zitta, stupida vacca!!! Chiudi quella stupida bocca! Prima ti sciogli per fatti fottere, e adesso fai la difficile? Non mi sembra che prima ti dispiacesse a leccarmelo."
“Ahia, lasciami, lasciami! Mi fai male, cazzo! Ma che ti prende, ti ho solo… Ahhh!” - La povera Monica fu colpita da un altro schiaffo, nello stesso punto in cui aveva ricevuto il primo. E subito dopo da un altro. E da un altro ancora. In tutto, cinque o sei schiaffi, che le arrossarono le guance e la indussero a piangere qualche lacrima, che le scese da sotto la benda.
“Eh, no, bella mia! Tu non puoi fare quello che ti pare e piace, capito? Ti sei fatta trovare qui legata come un maiale, a farti trapanare la passera come una forsennata. Questo mi dice che volevi essere fottuta come mi pare e piace, giusto? Di conseguenza, adesso tu sei MIA, ed io voglio divertirmi come mi pare e piace. Quindi, IO decido cosa fare, e TU esegui. Capito?”
La donna, silenziosa, rimase ammutolita da quel discorso, e non sapeva cosa rispondere. Subito, Alex le tirò ancora di più i capelli, fin quasi a strappaglierli dalla testa.
“Capito, sì o no?!?”
“Ahia, io, io… S-sì. D’accordo, va bene, ok, facciamo come dici tu. Ma cazzo, lasciarmi i capelli. Te lo succhio, te lo succhio!” -, rispose Monica, ancora mezza sconvolta e spaventata. Dannazione, pensò, ma che gli prende?
“A-ah, ora ci siamo. Così va bene” -, disse Alex sorridente. - “Non farmi essere violento, non ti piacerebbe. Ora, da brava, apri bene la bocca. Ti assicuro che poi ti farà impazzire.” - Così parlando, cominciò ad avvicinare la testa al cazzo.
“Ok, ok, come v…Mmmmghhfff!” -, e prima che potesse aggiungere altro, Monica si ritrovò quella mazza enorme in bocca.

Essere presa così, alla sprovvista, causò un senso di nausea in lei, e si sentì soffocare dalle dimensioni del pene. Le mani dell’uomo, tenendola saldamente per la testa, la guidavano per inghiottirlo, ma anche così non riuscì a far entrare non più che metà del cazzo. Le labbra si erano gonfiate, mentre lui le concesse un attimo per abituarcisi e prendere una pausa. Ciò le provocò un conato di vomito, che Monica fu costretta a reprimere per non fare brutta figura. Ma non potè fare a meno di farsi qualche domanda.
Che cosa stava succedendo? Teresa aveva detto che Luigi non era un tipo violento, l’aveva rassicurata che ci sarebbe andato piano con lei, e che sarebbe stata slegata quasi subito. Invece, quell’individuo la stava trattando male, aveva esibito nei suoi confronti un atteggiamento violento, e lei era ancora immobilizzata a quella stupida sedia. Poteva essere un caso, che magari lui si era talmente infoiato da prenderla senza tanti complimenti, ma le sembrava comunque strano.
E dove diavolo era finita Teresa? Perché non si era ancora fatta viva? Che fosse lì dentro, in quella stanza, in silenzio, a godersi lo spettacolo? Le aveva tirato un bidone, ed insieme a Luigi aveva ideato qualcun altro dei suoi giochi sadomaso? Se era così, le avrebbe fatta pagare, giurò fra sé e sé.
Poi, ad un tratto, si rese conto di un altro particolare che non quadrava. Sentendo le sue mani a contatto con la pelle, si era resa conto che quell’uomo indossava i guanti. Chi diavolo si mette i guanti per fare sesso, si chiese. C’erano persone che lo facevano nei modi più strani, ma quello le sembrava ancora senza senso. Voleva protestare, chiedere spiegazioni; ma poi, non si sa perché, una parte di lei le consigliò di rimanere in silenzio, che non conveniva far innervosire quell’uomo. Anche perché, in quel momento, aveva la bocca piena.

“Oh, sì! Che te ne pare, sgualdrina? Non ti aspettavi di avere qualcosa di così grosso in bocca, eh? Ah, ah!” -, rise Alex, sorpreso di come quella stupida si stesse facendo trattare come un pezzo di carne senza accorgersene. - “Ti concedo di prenderti un attimo di pausa, per prendere bene le misure. Non voglio mica che strozzi. E mi raccomando,” - aggiunse mentre le premette qualche dito sul collo, come per sottolineare un messaggio, -”niente scherzi con i denti, siamo intesi?”
“Mmmmghhff, mmssìì”, - provò a rispondere Monica.
“Come? Scusa, non ho capito.”
“Mmmsììì”, -farfugliò con la bocca piena, facendo un cenno di assenso con la testa.
“Bene, vedi che, quando vogliamo, possiamo andare d’accordo? Adesso, visto che hai qualche difficoltà, ti voglio dare una mano. Pensavo di farti eseguire un pompino, ma visto che per te non è facile, magari più tardi. Adesso, mi accontenterò di fotterti la bocca.” - Detto questo, senza lasciare la presa, Alex le mosse la testa.

Andarono così per qualche minuto: lui le muoveva la testa, muovendola su e giù lungo la mazza mezza inghiottita, mentre lei, inerme, si faceva guidare come una bambola. Poteva sentire quella bocca calda avvolgere il suo membro, il contatto della lingua con la sua pelle, il respiro affannoso che gli arrivava dal suo naso all’inguine. Si sentiva impotente, libero di decidere della vita e della morte (beh, quasi) di un altro essere umano. Più lei lo riceveva, più il suo gingillo si gonfiava, mandandolo in visibilio.
“Uhmmm, sì, così. Ohhh! Sì,sì! Che sensazione fantastica. Ti faccio mia, troia. Ohhh! Ti riempirò di crema in ogni buco che ti ritrovi. Ohhh, sssììì!”
Monica, d’altro canto, aveva qualche difficoltà. Dapprima lentamente, poi sempre più veloce, quel pezzo di carne saliva e scendeva nella sua bocca, costringendola a respirare unicamente con il naso, mentre si faceva tutta rossa in viso. Quel tipo sembrava non avere remore, non aveva alcun ritegno nei suoi confronti. Doveva impegnarsi per non soffocare sotto le bramosie di quel stallone che si rivolgeva a lei in modo così scurrile.

Ma, allo stesso tempo, quel trattamento la stava eccitando. Sotto le mani esperte di Teresa, che l’aveva introdotta al BDSM, aveva scoperto di provare piacere nell’essere presa con la forza, di essere insultata, accettando di superare i suoi limiti. Come quando la sua padrona, con tanto di strapon, la scopava in fica guardandola in faccia, mentre nel frattempo le palpeggiava e leccava le tette. Oppure, mentre la frustava, la chiamava nei modi più volgari, e lei le dava ragione, gridando di piacere al culmine dell’estasi.
Ora, mentre la sua bocca si riempiva e la saliva le colava giù, sentiva che in basso il clitoride si stava rizzando, e che sotto la sedia si stava formando un lago. Il corpo tremava tutto, madido di sudore, fervente di passione, e si domandava cosa si provasse ad essere dall’altra parte della frusta. Oh, non vedeva ora che, come ricompensa di quell’esperienza, di avere Teresa fra le mani, di farne la sua schiava e di divertirsi con il suo corpo. Così pensando, si bagnò ancora di più, e si sforzò maggiormente di accogliere quel pene in bocca.
“Mmmmghhf,.... Uuuhmmm!”,- mugugnò piacevolmente.
“Bene, bene. Ohh, sììì! Vedo che finalmente hai capito il tuo posto. Così devono essere le donnacce come te, calde ed accoglienti. Ooohhh! E siamo solo all’inizio, bella mia” -, promise Alex.
Detto questo, le prese la testa e la fece staccare dal suo inguine, concedendole di prendere aria. Monica tossì.
“Non credere chi sa cosa, puledra bella. Voglio solo che prendi meglio le misure ed apri di più la bocca. Su, non farmelo ripetere.”
“Cough, cough! Sì, d’accordo. Va bene, ho capito cosa fare… padrone.” - Monica non capì perchè l’avesse detto, e subito si stupì. Forse perchè quell’estraneo la stava trattando come faceva Teresa quando vestiva i panni della mistress?
“Padrone?” -, chiese Alex, che conosceva il sadomaso per le riviste porno che leggeva in gioventù e per qualche video su Internet, ma che certamente non aveva esperienza. Poi, però, per qualche osceno motivo, il suono di quella parola, in quella situazione e in quell’ambiente, gli piaceva. - “Mmmhh… Ma sì, perché no? Non mi dispiace. Rende bene l’idea di quanto sei porca, stupida vacca. Adesso, da brava, obbedisci ed apri la bocca.
“Io… Sì, subito,... padrone”, - rispose Monica e, aperta per bene la bocca, si fece di nuovo condurre nel sesso orale. Poichè sapeva che cosa aspettarsi, questa volta l’accolse meglio, prendendo in bocca ancora più carne.

Ripresi di nuovo i giochi, i due andarono ancora avanti, con la testa di Monica che andava su e giù, prendendo sempre di più il ritmo. A poco a poco, la donna prendeva sempre di più quella mazza in bocca, faticando sì, ma anche provando piacere da tutto ciò. Alex, scopandola in bocca, aveva ormai dimenticato che cosa facesse in quella casa, e grugniva sempre di più. Ogni tanto, la faceva uscire per farle prendere fiato, per poi darle di nuovo in affondo, facendole prendere sempre di più il cazzo. Alla fine, ci riuscì: Monica accolse tutto quanto in bocca, fino in fondo, con il naso che toccava il basso ventre di Alex. Il quale poteva sentirsi orgoglioso delle sue prestazioni.
“Uhhhhmmmm. Brava, cagna. Ci sei riuscita ad arrivare in fondo. E qualcosa mi dice che non è la prima volta. Chissà quanti cazzi hai mangiato in via tua. Ah, ah! Ma adesso, ci sono io a farti la festa.”
Dopo un paio di minuti passati in quella posizione, con Monica che, piegata in avanti, si adattava alle dimensioni del cazzo, rossa in viso e respirando solo con il naso, Alex cominciò a dettare di nuovo il ritmo, facendola risalire di poco, per poi farla scendere di nuovo fino in fondo. Adesso, non voleva più farla uscire finché non fosse venuto.
“Sì, sì, sìììì! Così, avanti cosììì! Sei mia, vacca, tutta mia. Ohhh! Ti riempio la bocca, troia. Ohhh, sììì!”
Progressivamente, Monica accettò il proprio ruolo di passiva in quell’atto. Adesso, non faceva più opposizione. Mentre il pene si ingrossava e pulsava sempre più dentro la sua bocca, lei si sentiva sempre di più un lago in basso, e lentamente assecondò sempre di più il falso Luigi, muovendo la testa indipendentemente. E più passava il tempo, più si trovava a desiderare di trovarsi quel mostro nella fica.
“Uhmmm! Sììì, così. Brava, finalmente hai capito. Ohhh, che bello. Sei proprio una succhiacazzi con i fiocchi. Ohhh, sìììì!”
Alla fine, fu Alex a seguire i movimenti di Monica, invece che il contrario. Il pompino continuò, sempre più veloce, con la donna che ne sprecò, di saliva, su quel arnese. Poi, finalmente, le pulsazioni del cazzo aumentarono e divennero sempre più frequenti, segno che stava per venire.
“Sì, sì, sì! Sto… Ohh! Sto per… venire! Uhmmm! Su, pupa, non ti fermare. Ohhhh! Prendi, prendi tutto. Bevi la mia sborra. Ohhh! Oh, sì! Guai a te se la sprechi. Oh, oh, sìììì! Sto venendo. Sì, sì. Godo, godo, gooooooooooodddddddddddddddddddoooooooooooooo!”

Con un deciso colpo di reni, il malvivente inarcò la schiena ed eruttò il proprio seme dentro la sua vittima. Fu un getto lungo, ininterrotto, consistente, di sborra calda, che si riversò decisa nella cavità orale di Monica. Quest’ultima si trovò con un liquido dal gusto forte, amaro, che per poco non l'affogò. Ma lei, che di sesso orale aveva accumulato una discreta esperienza, riuscì a gestire la situazione, inghiottendo il tutto con calma.
A questo primo getto, che sembrò durare tantissimo, ne seguì un secondo, e poi un terzo, più brevi e meno copiosi. Ed anche se con qualche difficoltà, alla fine riuscì a mandare giù il tutto, senza sprecarne troppo. Qualche goccia, comunque, le uscì dalla bocca, e cominciò a calarle sul mento.

“Oh, sì! Uao! Ragazzi, mi ci voleva proprio. Brava zoccola, così si fa” -, si complimentò Alex, che con il pene ancora mezzo floscio uscì da quella bocca. Notando le poche gocce di sperma sfuggite, le raccolse con un dito, ancora guantato, e lo portò sotto il naso della donna. - “Tieni, cagna. C’è ancora qualcosa per te. Lecca.”
“Sì, d’accordo, come vuoi” - rispose Monica, che si chinò avanti e si mise il dito in bocca, succhiandolo come se fosse un piccolo cazzo. Così facendo, ebbe la conferma che lo sconosciuto indossava i guanti, sentendo la plastica mischiata allo sperma. Ma lì per lì non ci fece caso, ed in breve pulì tutto a dovere.

Alex poteva sentirsi soddisfatto: quella stupida ninfomane lo aveva spompato come si doveva, l’aveva fatto godere come non mai, e non sospettava minimamente che lui non era affatto la persona che lei credeva. Nel corso della sua vita aveva conosciuto donne, più o meno volgari, che glielo avevano leccato, alcune con esperienza di lungo corso, altre schifate, altre ancora maldestramente. Quella che si trovava di fronte in quel momento poteva collocarsi fra le prima: non una campionessa, certo, ma ci sapeva fare.
Come aperitivo poteva dirsi soddisfacente: vedendola così esposta, legata e bendata, esattamente come mamma l’aveva fatta, con la pelle sudata e due meloni che si muovevano al ritmo del suo respiro, i suoi peggiori istinti si facevano sentire preponderanti. Quella stupida vacca si era fatta impacchettare come un regalo di Natale? Ebbene, lui non aveva alcuna intenzione di deluderla: voleva scartarla e giocarci finché ne avrebbe avuto voglia. Al diavolo farsi beccare dalla padrona di casa: aveva troppa voglia repressa di sesso. Con questi pensieri, si sfilò del tutto i pantaloni, si tolse le scarpe e gettò via la maglietta, rimanendo completamente nudo. Dopodiché, decise di passare alla fase successiva.
“Non ti credere che sia finita, troia, che la serata è ancora lunga. Non immagini che cosa ti voglio fare” - le disse Alex, che chinatosi cominciò a trafficare con i nodi.
“Mmm, sì, certo Luigi, era quello che pensavo anch’io. Abbiamo tutto il weekend solo per noi due. E quando Teresa scenderà… Oh, ragazzi!” -, rispose Monica sorridente, ancora inconsapevole della verità sulla situazione.
Weekend? Questi pazzi volevano chiudersi qui sotto per due giorni interi a fare le loro porcherie? Allora, significa che non c’è nessuno che l’aspetta. Buono a sapersi, pensò Alex. Ma temo che dovrò accontentarmi di molto meno tempo.
In breve, riuscì a sciogliere le corde che legavano la donna, meno quelle che le immobilizzavano le braccia dietro la schiena, e le lasciò la benda addosso. Alzatosi, le mise l mani sotto le ascelle e la sollevò.
“Ohhh, aspetta. No, aspetta, mi… Ahhh!” -, fece Monica, la quale, una volta in piedi, fece un suono come di tappo di bottiglia strappato.
Quel rumore sorprese Alex, ma poi vide sulla sedia uno strano oggetto attaccato al piano della seduta. Aveva una forma curiosa, a forma di cuneo. Poi, il suo sguardo ricade sul lato B della donna, e notò il buchino posteriore leggermente aperto, che sembrava pulsare di vita propria. Tornò a guardare lo strano oggetto e, considerata la posizione, con un sorriso capì. Hai capito le zoccole qui dentro, pensò.
“Guarda, guarda” -, dichiarò, mentre con la mano scese su una natica e brevemente la massaggiò. - “Non ti sei fatta mancare proprio nulla prima del mio arrivo, eh? Capisco la specie di trapano che avevi lì sotto, ma anche dietro. La nostra Teresa è proprio una che sa farti il culo. Ah, ah!”
“Beh, ecco” -, fece Monica imbarazzata, - “è stata tutta una sua idea conciarmi così,e…”
“Shhh! Non ti preoccupare, pupa. Non so se quel coso ti faceva più male o altro, ma credimi. Tra poco, avrai di meglio qui a trapanarti.” - E detto questo le diede una sonora manata sul culo, avendo già deciso il suo prossimo obiettivo.

Tenendola per le braccia, Alex la fece camminare verso il letto nell’angolo, e lì la fece stendere, per poterla possedere. La prigioniera, in silenzio, eseguì senza discutere, ed ancora bendata era in attesa di quello che stava per succedere.
Il ladro, ammirandola ancora una volta, non poteva credere che quella donna così prosperosa, inerme, fosse tutta sua. Quelle curve gli stavano facendo venire l’acquolina in bocca, e già sentiva che gli stava tornando duro. Se l’avesse raccontato a qualcuno, probabilmente non ci avrebbe creduto nessuno; ma forse, era più conveniente mantenere il segreto, per non rischiare di compromettersi in vista di un eventuale processo. Era sicuro che anche a distanza di anni, pensando a quella serata…
Ad un tratto, ebbe un’idea. Ricordandosi di ciò che aveva preso di sopra, tornò verso il sacco per la refurtiva che aveva abbandonato sul pavimento, e da lì tirò fuori la macchina fotografica digitale. Accesa, si assicurò che avesse la batteria carica, poi controllò la memoria: c’era ancora spazio sufficiente per quello che voleva fare. Per pura curiosità, accedete alle fotografie che si trovavano e…
Ed ebbe una piacevolissima sorpresa: in esse riconobbe la donna bionda che abitava in quella casa, e non era certo impegnata in attività da suora. In quelle foto era nuda, e sorrideva maliziosa verso l’obiettivo, sia che fosse lei a fotografarsi, sia che si trovasse qualcun altro al suo posto. In pose oscene, si mostrava senza timore e senza veli, mentre si masturbava. A gambe aperte, dall’alto o dal basso, metteva in bella vista tette, figa, culo; in altre, era in compagnia di altre persone, di cui non si vedeva il volto, e c’era sempre lei che spompinava cazzi, leccava cazzi, eseguiva spagnole, dove sorrideva alla macchina con il viso e il petto sporchi di sperma. Che porca!
E c’erano altre foto, molto più intime, dove dimostrava la sua passione per il bondage: uomini e donne, giovani o maturi, legati in posizioni delle più assurde, bendati, con ball-gag o anelli che costringevano a tenere aperta la bocca, immobilizzati al letto o quell’assurda gogna, ed in alcune si vedevano anche quelle che Alex sapeva chiamarsi gabbie di castità o plug. In una serie, c’era addirittura un uomo, di 30 anni circa, bardato come un cavallo, con morso in bocca, cazzo legato in una gabbietta e coda finta che gli usciva dal culo, dove era legato ad un calesse o mentre veniva sodomizzato. Semplicemente pazzesco, pensò Alex. Certa gente non sa che cosa inventarsi. Ma lui, non era certo tipo da fare la morale.
E in quelle foto, c’era anche lei, la donna che in quel momento era sua preda, che veniva esibita in ogni posizione oppure diventava una vera e propria slave.

“Ah, ah! Che porche lesbiche, queste qui”, si disse Alex, che mentre controllava le foto non perdeva di vista la donna. Questa, a sua volta, aspettava ancora sul letto, a domandarsi sicuramente quello che stava succedendo. “Bene”, pensò il ladro, “queste qui saranno proprio un piacevolissimo souvenir."
“Ehi! Scusa, va tutto bene? Che cosa fai? Non voglio fare polemiche, ma io sono qui che aspetto. Mi vuoi o no?”, chiese lei, che stava cominciando ad innervosirsi. Nel rivolgere la domanda, si era messa a sedere sul letto, con la schiena appoggiata alla testata.
“Ah, sì. Scusa”, - fece Alex fingendosi dispiaciuto. - “Stavo controllando qualche messaggio sul telefonino. Uhmm, scusa, temo di non ricordarmi. Mi puoi ridire il tuo nome, per favore?”
“Il mio nome?”, - replicò Monica sorpresa. - “Io sono Monica. Scusa, ma che domanda è? Teresa non ti ha parlato di me?”
“Ahhh! Monica. Sì, certo. Scusa, è che con i nomi sono un disastro. A volte faccio fatica a ricordarmeli”, - mentì lui, avvicinandosi al letto. Il suo sguardo ricade sugli anelli che si trovavano sul muro, e capì che cosa potessero essere. - “Tranquilla, adesso arrivo”-, fece lui sornione.
“Beh, vorrei ben vedere, visto come mi sono fatta conciare per questi giorni. Mi potresti togliere la benda, per favore. Non vedo niente, con questa cosa addosso.”
“Beh, sì. Abbi ancora un pò di pazienza, che così dà un pizzico in più ai giochi. Ah, ha detto Teresa” –, mentì Alex, - “Che tra poco scende. Nel frattempo, possiamo divertirci noi due.” Fermatosi sopra di lei, mise a fuoco la fotocamera.
“Ehrmm, scusa, io preferirei vederti, se non ti dispiace. E poi, che cosa ha Teresa, che non scende…”
“Shhh! Tranquilla, ci sono io, e ti assicuro che basto e avanzo. E ora, sta buona”-, e detto questo, cominciò ad armeggiare con la macchinetta.

“Ehi, ma che cosa succede?”, - chiese Monica, quando sentì il rumore della macchina fotografica che scattava. Che storia era quella? - “Che cosa è quel rumore?”
“Oh, tranquilla, cagna. Si tratta solo di un ricordo della serata”,- rispose sarcastico Alex, che si concentrava sul lavoro.
“Ma… Mi stai fotografando?” - Al quel pensiero, Monica si mise in allarme.
“Ed anche se fosse? Sei una bella donna, non hai nulla di cui vergognarti.”
“No, aspetta. Questo non era previsto. Smettila subito, non voglio che… AHHHH! Ma cosa…?!?”
Alex si aspettava quella reazione, non appena lei si fosse accorta di essere fotografata. Nemmeno lui sapeva bene che cosa gli fosse venuto in mente, o di che cosa volesse fare di quelle immagini. Ma, oramai, era in ballo, ed era deciso a tutto a ballare. Così, alla prima avvisaglia di protesta, si chinò in avanti e, preso uno dei morsetti che ornavano il seno della preda, lo tirò, facendola urlare di dolore.
“Non mi rompere le palle, stronza succhiacazzi. Volevi farti sbattere, no? E ti sbatto, come e quando voglio. Inoltre, come premio, adesso mi prendo un ricordo di te e delle tue forme. E tu non mi dici che cosa posso o non posso fare. Chiaro?” -, fece Alex, che assunto un tono autoritario alzò la voce.
“N-no, ti prego. Non farlo. Ahi, ahi! Non voglio. Non… Ahhhhh!” - Le proteste non fecero altro che farsi tirare ancora più forte il morsetto. Era come se gli stessero strappando il capezzolo con una pinza, e questo le riempì gli occhi di lacrime.
“No un cazzo! Adesso ti fotografo per bene, puttana, e tu non fai storie. Altrimenti, prima ti strappo le zinne con questi stupidi così attaccati, poi ti fotografo lo stesso, ed infine ti posto su Internet. Sono stato chiaro?”
“Come su Internet? Non fa sul serio, vero?” Monica sperò che quello facesse parte del gioco. Già in passato si era fatta delle foto osé da giare tra innamorati, ed aveva pure acconsentito a Teresa di riprenderla in situazioni umilianti, ma nel primo caso aveva distrutto le immagini o se le era fatte restituire, nel secondo l’amica/padrona/amante aveva giurato di tenerle nascoste. Si era sempre imbarazzata per ciò, ma nulla di più. Se invece quelle foto fossero girate, la sua vita e reputazione sarebbero state rovinate: avrebbe persino potuto perdere il lavoro, o mettere addirittura in discussione l’affidamento del figlio. D’altra parte, il dolore che provava nel farsi tirare era insopportabile, anche se nelle varie sessioni con Teresa avrebbe dovuto abituarcisi, e sembrava che quel uomo facesse sul serio.
“Hai capito o no, cagna?” - A questa domanda, Alex tirò ancora più forte.
“Io, nnggh! Ok, va bene” -, rispose Monica, vinta.
“Come, scusa? Ripeti” -, chiese lui torcendo il morsetto.
“Va bene, cazzo! Fai quello che vuoi, ma bastaaaaaa!” -, urlo Monica.
“Eh, eh! Lo sapevo”, - disse Alex allentando la presa, ma non lasciandola. - “Visto che non devi farmi arrabbiare? Spero che non ci siano altri problemi.” - Con un semplice clic, aprì la piccola tenaglia e la mise da parte, notando che si era formato un piccolo segno, quasi impercettibile, dal quale usciva una goccia di sangue. Con lo stesso gesto, tolse l’altro morsetto. Monica apprezzò, finalmente libera da quelle cose che si portava dietro da tutta la serata.
Alex riprese la macchina fotografica in mano e scattando, disse: - “Sorridi, topona!”
Monica cercò un’ultima volta di opporre resistenza, chiudendo le gambe, e timidamente chiese: - “Ma,... poi le foto rimangono fra di noi, vero? non le fai vedere a nessun’altro?” - Come unica risposta, ricevette un colpo di mano sul seno, che la fece sobbalzare.
“Questo non ti riguarda. Potrei tenermele per me, sì,” -, rispose Alex, questa volta sinceramente, - “ma adesso non ricominciare a fare la difficile ed apri le gambe, che voglio immortalarti fino all’ultimo centimentro.” - Monica eseguì, e lui ricominciò a scattare.

Le fece una mezza dozzina di foto, prima prendendola per intero, poi scendendo di più nei dettagli, immortalandole viso, tette, fica, gambe. Non erano immagini da professionista, ma avrebbero sicuramente fatto sognare più di un ragazzino intento a farsi le seghe.
Poi la girò, senza che si opponesse, mettendola a pancia in giù sul materasso, e scattò altre foto da dietro, soffermandosi in particolare sul deretano. Si stava divertendo, e il cazzo di nuovo eretto non potevano che essere una prova migliore.
Monica, da parte sua, provò sentimenti contrastanti: aveva ancora paura che quelle foto potessero finire nelle mani sbagliate, sputtanarla, si sentiva delusa da Luigi, che credeva essere un galantuomo; ma allo stesso tempo, si sentì stranamente orgogliosa. Donna vanitosa, cominciava a sentirsi troppo vecchia, specie con un matrimonio e una gravidanza alle spalle, anche se sapeva che era una sciocchezza. Essere desiderata in quel modo, ammirata da un uomo che si era rivelato ben dotato, le faceva, stranamente, onore, ed ancora una volta gli insulti e i gesti fisici le avevano fatto capire che era una masochista. Infine, dopo il sesso orale non si sentiva affatto soffisfatta, voleva essere presa lì e subito. “O mamma”, pensò, “devo essere proprio una povera pervertita senza cervello per sentirmi così. Smettila con quelle foto, coglione, e vieni qui. Fottiti di brutto.”
E pur avendo le mani ancora legate dietro, cominciò a cercare la sua figa, almeno per sollecitarla. Se ne fregò dello spettacolo che dava, e per mettersi comoda, inavvertitamente, si mise alla pecorina, mostrando il lato B in bella mostra.
“Oh, oh! Guarda, guarda. Fai tanto la santarellina, ma poi ti riveli peggio della peggiore mignotta di strada. Altro che foto, meriti che ti girino un film e ti trasformino in una pornostar.”
“Uhmm, zitto, stronzo. Non sei affatto come mi diceva Teresa, ma almeno ce l’hai gigantesco. Adesso butta quella stupida foto macchina e prendimi, sono tutta tua. Ti prego!”
“Oh, cara la mia cagna, pensavo che l’avessi già capito. Tu, stasera, sei mia in tutto e per tutto. Eccome, se mi divertirò con te.” - Detto questo, Alex, posò l’apparecchio a terra e salì sul letto.

Sedutosi a fianco della donna, Alex appoggiò le sue mani sul seno, saggiando la consistenza. Monica ebbe un sussulto al tatto.
“Uhmm, complimenti per le tette. Da vera vacca che sei. Chissà se stringendole, esce fuori il latte? Ah, ah!”-, fece scherzando il ladro. La palpò, stringendo lievemente, ma deciso, quel seno prosperoso, strusciando le dita su ogni centimetro di pelle, giocherellando con le dita i capezzoli. Se c’era una cosa che faceva impazzire non solo lui, ma parecchi uomini, erano delle “poppe” enormi.
Monica restò in silenzio, mordendosi il labbro, mentre lasciava fare allo sconosciuto quello che voleva. Quel tocco le piaceva, la faceva sentire sporca, ma allo stesso tempo desiderata, e i suoi capezzoli, sensibilissimi, la solleticavano quando sentiva sulla punta le dita. Quelle mani, così ruvide, forti, la stavano possedendo, e lei, già eccitata da diverse ore per merito del vibratore, si stava sciogliendo. Non stette a chiedersi come mai un avvocato, che lavorava in ufficio, avesse delle mani rozze e piene di calli: semplicemente, non se ne accorse.

”Oooohhhh, sìì! Che bello, hai davvero delle mani decise. Oh! Non ti fermare, mi piace” -, fece lei supplicando.
“Ti piace, eh? Beh, questo è solo un assaggio, puttana. Aspetta che ti rompa i buchi con il mio bastone” -, rispose Alex, che detto questo, con una mano scese verso il basso, mentre con l’altra continuava a toccarla.
“Mmmhh! La tua passera gronda di umori. Vediamo quanto ti piace.”


Innanzitutto, appoggiò le dita sulle labbra della vagina, e le fece rimanere per qualche decina di secondi, per percepire i tremiti di piacere che quella creatura provava. Prendendo nell’altra mano una tetta, la soppesò come si fa con un’arancia per capire quanto è matura. Bella soda, gli dava un piacere perverso, una sensazione di possesso su un altro essere umano.
Poi, si mosse in basso, e con la mano cercò e trovò il clitoride. Si accorse che era ingrossato, gonfio e ritto, segno inequivocabile di piacere. Lo prese con le dita, lo strinse e ci giocherellò un pò, provocando in Monica piccoli gridi di dolore (per quando stringeva troppo), alternati a mugugni di piacere.
Infine, si decise a provare il passo successivo: appoggiò l’indice sulla vulva, inserendolo nel solco della carne. Poi prese a girare intorno alla vagina, percorrendone i bordi con la punta, tracciando un’elisse che provocava in lei una sensazione estatica, piacevole. Finalmente, puntando verso l’apertura, di colpo, mise il dito al centro e lo spinse dentro.

La mossa a sorpresa fece venire un colpo a Monica, che emise un “Ah!” più per la sorpresa che per il dolore. Alex aveva infilato l’indice per un pezzo, quasi per metà, lasciandolo per un attimo fermo, affinché la donna si abituasse alla presenza del corpo estraneo. Lasciato passare qualche secondo, lo ritirò indietro, scivolando lentamente fuori, ma non uscì fuori del tutto, lasciando inserita la punta. A quel punto, lo spinse dentro di nuovo, scivolando ancora più dentro, sempre lentamente, entrando così del tutto.
“Bello, eh, cagna? Ho sentito dire che voi donne andate pazze per queste cose. Non sono grandi quanto un uccello, ma devo ammettere che è piacevole giocare con le mani nelle vostre parti intime. Credo che così siete più pronte per essere trapanate, è così?”
“Ah! Sì… è meraviglioso. Dà una sensazione che non ti immagini, e lo possono fare tutti, sia uomini che donne. Dovresti vederci, me e Teresa. Siamo entrambe bravissime, e ci diamo un piacere reciproco da matte. Nella posizione del sessantanove ed aiutandoci con le lingue…Mmmmhhh!” -. ammise Monica, che con la memoria andava indietro a quei momenti. In quello, era molto più brava di Teresa, ed andava fiera di come, in passato, avesse fatto venire come delle fontane le sue amanti. - “Ma ti prego, non ti fermare. Continua, che voglio godere.”
“Ok, dolcezza. Adesso andiamo” -, fece Alex, che immaginandosi due lesbiche milf che se la spassavano si sentì di nuovo il pene mettersi sull’attenti.

Prese allora a stantuffarla con l’indice, mandandolo avanti ed indietro dentro la passera. Dapprima lentamente, poi prese sempre di più velocità, girandolo e rigirandolo, muovendolo in quello spazio dalle pareti strette, ma accogliente, che avvolgevano il dito. Lo usava come se fosse un piccolo pene, e nel frattempo, con l’altra mano, le toccava le tette, passando da una all’altra, massaggiandole e lisciandole. Inutile dire che tutto ciò a Monica piaceva da morire, emettendo sospiri uno dopo l’altro, fremendo dalla testa ai piedi, e con gli umori che le fuoriuscivano, oliando così il dito che poteva, in questo modo, muoversi con più facilità e più in profondità.
Quando credette che Monica fosse sul punto di venire, Alex decise di metterci più pepe. Fermatosi con ancora il dito nell’orifizio, distese in avanti il medio ed in un colpo solo lo inserì dentro. La donna gemette per essere stata riempita ancora di più.
“Oh! Sì, che bello. Ti prego, non ti fermare, riprendi a… Ahia!” - Non riuscì a finire la frase, perché Alex le mollò uno schiaffo su una tetta.
“Silenzio, troia! Non serve che mi dici che cosa fare. Tu sei mia e faccio di te quello che voglio. Ora zitta e fammi godere” -, le intimò lui, che riprese a scoparla con due dita.
Per diversi minuti, Alex continuò a scoparla con due dita, prendendo sempre di più il ritmo e mandando l’inconsapevole Monica in visibilio, la quale mugolava e sospirava di piacere, mentre tutto il suo corpo tremava ed inarcava la schiena. Poi, ad un certo punto, le dita divennero tre, quando lui infilò dentro anche l’anulare. Aggiungendo anche il continuo tocco delle mani sul seno, Monica si avvicinava sempre di più all’estasi.

“Oh, oh! S-sìì! Sì, sì! Continua, oh,... Continua. Sto… Ohh! Sto, sto… venendoooooh!”
“Sì, puttana! Vieni, gronda da quella bella fegna che c’hai. Vieni per me!”
“I-io, io….. Ohhhh! Sì, sì, sì! Vengo, vengo, veeeeeeeennnnnnnnnggggggggoooooooooo!” -, urlò Monica, che a quelle parole eruppe in un orgasmo pieno, completo, esaustivo. I suoi umori, come veri e propri schizzi, fuoriuscirono come una fontana dalla vagina rasata a zero, sporcando la mano di Alex ed impegnando di umori il materasso su cui si trovavano. Il primo getto, il più potente, durò quasi un minuto, ed altrettanto fece il secondo, poco più debole, che seguì subito dopo. Il terzo, l’ultimo, si esaurì invece in 10, 15 secondi, scaricando gli ultimi schizzi. Una volta finiti, con la schiena Monica ricade sul letto, soddisfatta e felice. Ma sapeva che non finiva lì.

“Uao! Complimenti, bella maiala” -, fece sarcastico Alex, che tirò fuori la mano dalla vagina, - “Non si può certo dire che non ti sei divertita. Di sicuro, me la sono goduta. Ho la punta del cazzo che gocciola. E adesso, tieni: assaggia un po' come sei bona. Eh, eh!” - Tenendo la mano ben alzata, mise le dita ancora sporche sotto il naso di Monica, che fu colpita dall’odore, ma non più di tanto. Una parte di sé lo aspettava.
“Avanti, bella: apri la bocca per bene.”
Non ci fu bisogno di dire altro: senza proferire parola, Monica aprì la bocca e prese le dita, per ripulirle dal suo seme. Il famigliare sapore amarognolo, che più volte aveva gustato, le riempì completamente la bocca, con la lingua che muovendosi leccava le dita, aiutandosi con la testa che con piccoli movimenti andava su e giù. In breve, il lavoro fu portato a termine, e le dita, salvo un po ' di saliva, erano di nuovo pulite.

“Bel lavoro, Monica” -, disse Alex, che per la prima volta in tutta la serata chiamò la donna con il suo nome. - “Sai dare un trattamento completo, a chi te lo chiede. E lo ammetto, farti godere mi è piaciuto molto. Ma adesso, tocca a me.”
Mentre diceva questo, si mise a cavalcioni di lei, distesa a pancia in su, e le aprì le gambe. Monica capì subito cosa stava per succedere. Non lo poteva vedere, ma l’uccello di Alex era di nuovo gonfio, pronto ad esplodere. E lui lo appoggiò lentamente, sfiorando con la punta il clitoride.
Poi, senza preavviso, prese una decisione senza pensarci. Allungò una mano verso la benda e, con un solo colpo, la strappò via.

Finalmente libera di vedere di nuovo, all’inizio Monica fu accecata dalla luce artificiale che proveniva soffusa dalle lampade del dungeon. Poi, lentamente, i suoi occhi si abituarono alla fine dell’oscurità, e mettendo a fuoco i dettagli, inquadrò il suo partner.
Doveva dire che non fu delusa: si trattava sicuramente di un uomo di discreta bellezza, con la barba un pò incolta, sui 40 anni circa, più giovane di quanto si fosse immaginata, muscoloso e con mani possenti che le cingevano i fianchi. Sul petto e sulle braccia notò dei tatuaggi vistosi, che rappresentavano soggetti che non riusciva a riconoscere. Le parve strano che un avvocato, stimato professionista, si tatuasse il corpo, ma forse erano un ricordo di gioventù, e poi in tribunale, con il completo e la toga addosso, mica si vedevano. Non vide alcuna traccia di grasso in tutto il corpo, e questo la fece sorridere. Doveva riconoscere che Teresa aveva buon gusto per gli uomini.
Già, Teresa. Ma lei dov’era, dannazione? Spaziando con lo sguardo la stanza da una parte all’altra, non la vide. Aveva immaginato che fosse rimasta in disparte, fino a quel momento, in silenzio, a godersi lo spettacolo a luci rosse e a sditalinarsi. Certo però, che sarebbe stato un pò difficile rimanere in silenzio per tutto quel tempo.
“Ehi, finalmente! Era ora che ti facessi vedere. Non sei affatto male” -, le disse Monica in tono scherzoso. - “Sei anche meglio di come immaginavo.”
“Ah, sì?” -, le fece Alex, con finta noncuranza. Probabilmente, a scopare quella matta ci sarebbe stato qualche ciccione sessantenne calvo, con un cazzo più ridotto del suo. Capitando lui lì, forse lei aveva fatto un bel guadagno. - “Sono contento di sentirtelo dire, perché non ho finito con te. Oh, no! Proprio per niente.”
A queste parole, si chinò in avanti e prima che lei potesse reagire la baciò. Le sue labbra si stamparono con quelle della donna, rimanendo così per qualche istante. Monica, presa di sorpresa, non ebbe neanche la forza di rifiutarsi. Ma poi, con la punta del cazzo che la puntava, sollecitandola in basso, si ammorbidì, e lo lasciò fare.
Dietro quel gesto apparentemente dolce, si celava in realtà il proposito del ladro di prenderla alla sprovvista. Così, continuando a baciarla, spinse in avanti il bacino e, lentamente, il pene cominciò ad entrare di punta.

Monica se ne accorse subito, percependo le pareti vaginali che cominciarono a cedere all’organo sessuale maschile. Con la bocca tappata, non riuscì altro che emettere un mugugno, mentre lui, con la lingua, cominciò a cercare la sua per darle sollecito. Il dolore, però, non era eccessivo come aveva temuto, perché lui la stava penetrando lentamente, dandole così modo di abituarsi.
Centimetro dopo centimetro, Alex scivolò dentro di lei senza alcuna fretta, e progressivamente la figa si aprì a lui, dandogli modo di farsi strada. In questo modo, riuscì ad arrivare fino a metà pene, e lì si fermò, staccandosi allo stesso tempo dal bacio. Per pochi attimi, i due rimasero immobili, senza parlare, scambiandosi gli sguardi ed ignari l’uno dei pensieri dell’altro, con il ladro che sorrideva al fatto che la stava facendo franca, fino a quel momento.
Poi, lentamente, con un movimento del bacino, Alex cominciò ad indietreggiare, ritirando fuori il pene di poco, suscitando il piacere della donna mentre le loro carni si strusciavano a vicenda. Si fermò quando la cappella ed un quarto del membro si trovavano ancora dentro e, con un colpo di reni deciso, spinse in avanti, riuscendo ad infilare un altro pò dentro. Monica si lasciò scappare un “Ahh!” e spalancò gli occhi, più per la sorpresa che per il dolore.
“Visto che ci vado piano, pupa? Non voglio mica romperti in due, sarebbe un peccato rovinare un così bel bocconcino come te. Ma sta tranquilla, questo non significa che non ti stantufferò a dovere come meriti. Ah, ah!”
“Ah, mmhh… Sì, va bene. Come vuoi tu. Ohhh!” - Prima che Monica potesse finire la frase, Alex indietreggiò di nuovo, deciso a ripetere la stessa manovra di prima, quando si era fatto spompinare.

Come prima, tirò fuori un pezzo di pene, si fermò per qualche secondo e, con un colpo più deciso, spinse di nuovo avanti. Ripetendo la manovra cinque o sei volte, non solo prolungava il piacere di entrambi prolungando la sua permanenza, ma con un lavoro lento e delicato abbatte una dopo l’altra le resistenze fisiche della donna, che riuscì ad accogliere sempre di più quel grosso cazzo senza provare dolore. Alla fine, con un ultimo, deciso colpo di reni, esso entrò dentro per tutta la lunghezza della sua radice, con i testicoli che finirono a contatto con il piccolo spazio che separava l’ano dalla vagina.
Monica, a bocca aperta e con gli occhi non troppo spalancati, si ritrovò piena come un uomo, con le pareti allargate fino al massimo per accogliere quella cosa. Era un bene che lui si fermò per qualche secondo per riprendere fiato e farlo riprendere a lei, altrimenti…
“Oh, mamma! é, ah! é proprio… grande.”
“Non fare l’ingenua, stupida vacca. Scommetto che ne hai presi anche di più grandi, puttana come sei. Ma grazie per il complimento, sono contento che ti piaccia. Perché adesso, si fa sul serio.”
Con queste parole, riprese a muoversi, prendendola saldamente per i fianchi e con uno sguardo famelico negli occhi.

Andarono avanti ininterrottamente per non si sa per quanto, con il falso Luigi che avanti avanti e indietro con la cavalcata e la sua preda immobile, con le braccia indolenzite legate dietro la schiena, che progressivamente gemeva sempre meno per il dolore della penetrazione, e sempre di più per il piacere. Avvolgendo quel pezzo di carne dentro di sé, Monica poteva provare una stimolazione continua, incessante, al proprio punto G, che cresceva mentre la scopata prendeva velocità, con le palle che sbattevano avanti e indietro.
Si sentiva lacerare, portata al massimo della sopportazione, con un corpo in fiamme che sosteneva colpo dopo colpo, con lampi di piacere che arrivavano dritti al cervello come fulmini, mentre si sentiva i propri umori che, accumulandosi, volevano di nuovo uscire, ma a cui il pene faceva da tappo.
“Ohhhhh, S–sìììì! Sìììììì! Così. Ohhh! Continua, ti prego. Ahhh! Continuaaa! é proprio quello che volevo. Ohhhhh!”
“Puttana, troia, cagna! Ti piace, eh? Ti avevo detto che ti facevo ballare. Ohhhh, sììììì! Ti monto come la vacca che sei!” -, disse in modo volgare Alex, che sudando come un maiale, la stava facendo sua, la possedeva, ne faceva un suo giocattolo. Aveva deciso di farsi usare come una bambola? Beh, lui non l’avrebbe certo delusa.

La stanza si riempì dei sospiri, delle urla, dei mugugni e degli insulti di tutti e due, mentre la scopata prendeva sempre più velocità, con lui che stantuffava lei come se fosse un treno lanciato a tutta corsa. Ad ogni colpo, sentiva il fondo della figa, bagnata e calda come non mai, che l’avvolgeva come se volesse farne suo. Sentiva i suoi succhi scivolargli addosso, uscire sotto forma di goccioline per poi finire sul materasso, allargando ancora di più la macchia di prima.
Sentiva che non avrebbe retto ancora a lungo, si sentiva già trattenuto a forza, pronto ad esplodere come un vulcano in eruzione. Si chiese se preferisse venirle in figa, riempirle la pancia come un bigné di crema, oppure se uscire da lì e farsi fare di nuovo un pompino, per poi farle ingoiare tutto. Alla fine, decise che non valeva la pena rischiare di metterla incinta, creando tutto un insieme di stupide complicazioni.

“Ohhhhh! Sììììììì! A-avanti. Ohhhh! Ahhhh!” -, lo supplicò la donna, che a quanto pare era anche lei sul punto di non ritorno. - “Mi stai facendo impazzire. Ohhhh! Sto… per… venireeee!”
“Ohhhh! Non… fare scherzi, puttana. Ohhhh! Prima vengo io, altrimenti ti faccio passare un mare di guai. Ohhhh! Sìììì. Aspetta.”

Seppur con dispiacere, Alex cominciò ad uscire da lei, finché non fu del tutto fuori. Il movimento fu talmente veloce che si sentì un rumore osceno, come di tappo di bottiglia che viene strappato. L’orifizio restò aperto, come se avesse preso le dimensioni dell’intruso che lo aveva invaso, ed anzi vibrò come di vita propria, come se gli dispiacesse di essere stato abbandonato. Ciò al ladro non importò un fico secco: alzatosi sulle ginocchia, salì sul letto, sovrastando la donna, e si menò il proprio gingillo per finire il lavoro.
“Uhmmm, sìììì! Ohhh, dai! Preparati troia, che… Ohhh! Che… adesso… veeeeeeeeennnngggoooooooooooooo!”
Dopo pochi colpi di mano, ci fu l’erezione e ci furono uno, due, tre schizzi di sborra, lunghi e copiosi, che ricaddero sulla poveretta che stava sotto. Dirigendo il getto, la colpì in viso, sulle spalle, sul seno, sulla pancia, stando bene attento a coprirla più che possibile dove gli piaceva. Voleva umiliarla, ricoprirla del proprio seme, darle una crosticina bianca che la degradasse, sancendo così il suo dominio su di lei.
Allo stesso tempo Monica, ancora stimolata dalla penetrazione, chiuse gli occhi e subì quella doccia di sperma che, a poco a poco, la rendeva appiccicosa, e, senza sapere bene neanche lei, venne, bagnando di nuovo il letto sotto di lei.
Alla fine, dopo pochi minuti e con un lungo urlo liberatorio, entrambi si svuotarono. Monica, dal canto suo, era conciata davvero male, con sperma che la ricopriva dalla testa fin nell’ombelico, combinandosi con il sudore e con i capelli in disordine, appiccicosi. Quella vista allegrò in modo perverso Alex.

“Ah, ah! Sei proprio carina, conciata così. La perfetta puttana che sei e che meriti di essere. Anzi, sai che c’è? Quasi, quasi, mi faccio un ricordino.”
Il malvivente scese dal letto, recuperò la macchina fotografica, la riaccese e si mise in azione. Scattò una decina di foto, di cui cinque o sei veramente soddisfacenti, dove si vedeva lei bianca di seme che le colava addosso, e con il volto in sospeso, con punto interrogativo, timorosa di che fine avrebbero potuto fare quelle foto.

“Ehmm, scusa? Ma è proprio necessario? Insomma, non voglio che escano in giro immagini di me, dove…” -, provò a balbettare Monica, ma Alex le rispose subito in malo modo.
“Ti ho detto di fatti gli affari tuoi, mignotta che non sei altro! Queste me le faccio per me, voglio avere un ricordo di questo nostro incontro. Ma se continui a rompermi le palle, sono dolori. Capito?”
“Ma, io… Ok” -, fece Monica, che all'improvviso si sentì intimorita da quell’uomo. Come era possibile che fosse così volgare e maleducato? Non combaciava con quello che le aveva detto Teresa. La cui assenza, del resto, sembrava sempre più strana.

“Uffa! Che stanchezza, mi è venuta sete. Tu aspettami qui, che ritorno subito” -, disse Alex, che ritornando verso i suoi vestiti recuperò le mutande e le rimise. Stava per salire di sopra, quando si fermò: meglio essere sicuri che lei non scappasse, nel caso capisse qualche cosa.

Prese in mano le corde che aveva sciolto prima, scelse quella che faceva al caso suo e ritornò verso il letto.
“Chiudi gli occhi.”
“Perchè?” -, chiese Monica, che in realtà aveva capito benissimo.
“Non fare domande ed obbedisci. Su, muoviti.”
Di fronte a quella risposta così seccata, non fece altre obiezioni. Fece come aveva detto, e lui ne approfittò per legare il nodo che le cingeva i polsi alla corda, che fu poi unita ad uno dei ganci che sovrastava il letto.
“Fatto!” -, fece Alex soddisfatto. - “Ora, vado a bere. Torno appena posso e ricominciamo. Mi raccomando, non ti muovere. Ah, ah!” - E detto questo, risalì fischiettando, lasciando la povera Monica di nuovo sola.


Quando fu di nuovo al piano di sopra ed entrò in cucina, a luci spente - ormai, dopo tanti anni, aveva imparato a muoversi al buio -, la sua tracotanza sparì e, riflettendo bene su quello che aveva fatto, imprecò fra sé e sé. “Merda! Coglione che non sei altro, che hai fatto?”
Aveva ceduto ai suoi istinti più bassi, violentando quella sgualdrina senza che se ne accorgesse. Si era divertito, questo sì, ma rimanere in quella casa troppo a lungo lo metteva a rischio di essere scoperto dalla padrona di casa quando sarebbe tornata. Se poi non era da sola, rischiava di trovarsi in inferiorità numerica, e di essere sopraffatto fino all’arrivo della polizia.
Poteva andarsene, ma come farlo senza che quella stupida sospettasse qualcosa? E poi, scemata delle scemate, le aveva tolto la benda consentendogli di vederlo in faccia! Con quello, un identikit agli sbirri era assicurato. Come uscire da quella situazione?

Si mise a riflettere. Si ricordò delle foto. Non aveva idea perché le avesse fatte, o almeno, non una consapevole, né che cosa volesse farci. Ma dato quello che aveva visto sulla memory card e quello che lui stesso aveva scattato, forse…

Non riuscì a finire il pensiero che sopraggiunse un’altra complicazione. Sentì la porta d’ingresso aprirsi, ed una persona entrare in casa.

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scritto il
2023-08-05
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