Il viaggio

occhi chiusi mi abbandono a te; ginocchio piegato, alto; ti sento che mi osservi sostenendoti gomito sul letto, un soffio tuo sui miei seni, nuovi colli irti per le tue dita erranti;

sospiro;

segui il mio profilo, luoghi da esplorare per dita curiose in lieve tocco;
sorvolano, planano, silenziose rapaci, dalle vette ampie della fronte lungo il dorso del risalente picco dei nari;
precipitano, decise artemidi, al cospetto dell'orlo d'amore, morbido, suadente, ne seguono il contorno, per anelare un contatto con la ninfa rosa che vi dimora e sfiorarne l'umida cuspide;

un bacio rubato;

celano alla vista la loro essenza nella discesa a valle, rametti in acqua di torrente, prendere velocità dalla rupe del mento per trovarsi a galleggiare, in circolo, nell'amena fossetta del giugolo;
serpeggiando sull'altopiano, risalgono il colle aureo dell'infante, e percorrono, bramose e smarrite, il dedalo areolico fino alla roccia della vetta;
sommità per rimirare, all'orizzonte, il monte di venere e il suo boschetto della passione mai sopita;
rifocillatesi alle bianche gocce della sorgente gala, ridiscendono a valle arabescando i tocchi in spire e sfiori;

accenno di scossa e leggero lamento, e la piccola oasi esposta al passaggio della brezza si contrae, brivide increspature vestono la pianura liscia e delicata;

s'inoltrano su quel morbido manto, timorose e vorticose, in voluttuosi giri, giungendo alla piccola oasi del'ombelico;
diramandosi lungo la linea alba, le erranti dita si separano, trascinate dal desiderio, verso la sottile altura del pube, cingendo d'assedio il monte di venere;
fremito e sospiro guidano le impavide nella mitologica selva rubra, fino alle balze del piacere;
e li, libere di perdersi nell'umido e caldo anfratto, inebriarsi, donando, alla fonte dell'orgasmo profondo.