I miei due anni da schiavo - Quarta parte
di
pisellino_umiliato
genere
dominazione
+++ Il racconto che segue è totalmente frutto della fantasia dell'autore. Qualsiasi riferimento a fatti, persone, luoghi o eventi realmente accaduti è da intendersi come puramente casuale e certamente non intenzionale. +++
"Grazie. Questi portali in sala e aspettami lì. Finisco di sistemare qui e parliamo un po', ok?" - mi disse Stefano dopo aver chiuso la porta, indicando i pannolini che avevo appena posato sul pavimento.
"Ok." - gli risposi, prendendo i due pacchi sotto braccio e dirigendomi verso la sala.
Appoggiai i pannolini ai piedi del divano e rimasi lì, in piedi, ad aspettare. Ricominciai ad avvertire lo stimolo forte di dover fare pipì, dopo qualche minuto di pausa dovuto alla distrazione per l'arrivo di Stefano. Lo sentii togliersi le scarpe, riaprire la porta del bagno con le chiavi, entrare e lavarsi le mani. E poi sistemare la spesa in cucina. Arrivò in sala dopo pochi minuti e si sedette sul divano sospirando. Indossava dei pantaloni della tuta grigi chiari, delle calze scure e una felpa blu con il cappuccio. Mi guardò sorridendo, calmo, mentre ancora passeggiavo nervosamente davanti al divano. Non sembrava per nulla arrabbiato, eppure io avevo paura.
"Allora, mi vuoi spiegare cos'è successo stamattina?" - esordì lui.
Feci per sedermi sul divano dalla parte opposta alla sua, ma mi bloccò con un gesto delle mani. "Sei tutto sporco, qui no. Siediti lì, per terra, o rimani in piedi."
"Oddio, scusami." - gli dissi, probabilmente paonazzo in volto. "Anzi, se potessi andare in bagno un attimo a pulirmi..." - provai a dire con molta timidezza.
"Prima voglio che mi spieghi." - tagliò corto Stefano.
Mi sedetti a poca distanza da lui, abbassai lo sguardo e decisi di essere totalmente onesto e sincero: "Sì, guarda... è che c'è veramente poco da spiegare. Mi devo solo scusare, sono stato tremendamente inopportuno e me ne vergogno molto." - dissi di getto, quasi con liberazione, sperando che questo bastasse.
"Ma perché ci stavi spiando?" - mi incalzò Stefano, con il fare di chi cerca sinceramente di comprendere, senza per questo voler giudicare.
"Mi dispiace, davvero. Non avrei dovuto farlo, lo so, ma è stato un momento di debolezza... è solo che è da un po' che non ho... beh, che non ho rapporti." - risposi, con la voce incerta e il fare di chi implicitamente supplica l'interlocutore di andare oltre e lasciar perdere.
Alzai lo sguardo e incrociai il suo. Mi guardava con compassione. Mi sentii piccolo, nonostante avessi 25 anni e lui 19. Mi vergognai ancora di più, se possibile.
"Sicuro che sia solo questo?" - disse Stefano, come se sapesse perfettamente che c'era altro. "E quel disastro che hai combinato? Come e quando è successo?" - continuò, indicando in mezzo alle mie gambe.
"Ti prego, Stefano." - sussurrai, senza il coraggio di guardarlo in faccia.
"Quello non è successo stamattina. Si capisce chiaramente. Perché non ti sei pulito subito?" - mi chiese con tono inquisitorio, ma sempre calmo e disteso.
"Non lo so, è stato stupido." - cercai di minimizzare.
Stefano mi guardò e si fece serio.
"Ale, io penso di aver capito chi sei. E non da stamattina, perché è un po' che mi è chiaro. Voglio che tu sappia che per me non è un problema e, anzi, posso aiutarti, purché non manchi mai il rispetto. Quello che hai fatto stamattina non va bene, ma è successo per un motivo preciso." - mi disse all'improvviso.
"Non capisco..." - tentai invano di interromperlo.
"Tu stai sopprimendo la tua natura e questo credo non ti faccia bene. Ora, se vuoi negare anche a te stesso questa cosa, possiamo far finta di nulla, purché mi giuri che non si ripeterà più. Perché la prossima volta non sarò comprensivo, te lo assicuro." - continuò Stefano. "Ma è questo che vuoi?" - mi chiese.
Lo guardai. Mi sentii indifeso e finalmente compreso allo stesso tempo. Da un lato non vedevo l'ora di arrendermi e confessare un aspetto di me che tenevo nascosto da sempre. Dall'altro, non sapevo minimamente cosa dire e quali sarebbero state le conseguenze.
"Qual è l'alternativa?" - chiesi a Stefano, in cerca di una guida, preso dallo sconforto per la mia incapacità di affrontare questa situazione.
"Accettarti e fidarti di me, lasciando che ti aiuti." - mi rispose.
"Ma in che modo? Io non so che intendi, io non..." - balbettai confusamente.
"L'ultimo passo lo devi fare tu. Vuoi andare in bagno? Prego, sei libero di farlo. Ma sei altrettanto libero di sottometterti a me e lasciare che sia io a decidere cosa è meglio per te." - disse Stefano, con una maturità e una consapevolezza che credevo impossibili da trovare in una persona della sua età.
Abbassai nuovamente lo sguardo e mi sentii pervaso un mix di umiliazione ed eccitazione, che faticavo a spiegarmi. Non ero fisicamente attratto da Stefano, ma la situazione era tale che lo stimolo di fare pipì fu sostituito da una timida erezione, ben nascosta dai pantaloni della tuta che indossavo e che erano larghi a sufficienza per non rivelarmi.
"Avvicinati." - mi disse Stefano, improvvisamente, con un sorriso.
Mi misi carponi e gattonai nella sua direzione, fermandomi in ginocchio proprio davanti a lui. Stefano mi alzò delicatamente il mento per costringermi a guardarlo. Non riuscivo a dire nulla, ma nemmeno a ribellarmi. Avrei potuto alzarmi e andare in bagno, pulire quello schifo e fare pipì, far finta di nulla e provare a continuare la mia vita come se nulla fosse successo. Eppure ero lì, che ubbidivo a un ragazzino di 19 anni che disponeva della mia intimità.
Stefano, senza dire nulla, mi mise una mano in mezzo alle gambe, per controllare in che stato fossi. Quel gesto, nelle sue intenzioni, non aveva niente di erotico. Eppure tremai. Ero come paralizzato, incapace di fermarlo, nonostante la vergogna che provavo. Sentì chiaramente la mia erezione, nonostante le dimensioni imbarazzanti del mio pene.
Fu in quel momento che crollai, guardandolo negli occhi, senza riuscire a trattenere le lacrime. "Scusami, Padrone." - dissi umiliato.
"Grazie. Questi portali in sala e aspettami lì. Finisco di sistemare qui e parliamo un po', ok?" - mi disse Stefano dopo aver chiuso la porta, indicando i pannolini che avevo appena posato sul pavimento.
"Ok." - gli risposi, prendendo i due pacchi sotto braccio e dirigendomi verso la sala.
Appoggiai i pannolini ai piedi del divano e rimasi lì, in piedi, ad aspettare. Ricominciai ad avvertire lo stimolo forte di dover fare pipì, dopo qualche minuto di pausa dovuto alla distrazione per l'arrivo di Stefano. Lo sentii togliersi le scarpe, riaprire la porta del bagno con le chiavi, entrare e lavarsi le mani. E poi sistemare la spesa in cucina. Arrivò in sala dopo pochi minuti e si sedette sul divano sospirando. Indossava dei pantaloni della tuta grigi chiari, delle calze scure e una felpa blu con il cappuccio. Mi guardò sorridendo, calmo, mentre ancora passeggiavo nervosamente davanti al divano. Non sembrava per nulla arrabbiato, eppure io avevo paura.
"Allora, mi vuoi spiegare cos'è successo stamattina?" - esordì lui.
Feci per sedermi sul divano dalla parte opposta alla sua, ma mi bloccò con un gesto delle mani. "Sei tutto sporco, qui no. Siediti lì, per terra, o rimani in piedi."
"Oddio, scusami." - gli dissi, probabilmente paonazzo in volto. "Anzi, se potessi andare in bagno un attimo a pulirmi..." - provai a dire con molta timidezza.
"Prima voglio che mi spieghi." - tagliò corto Stefano.
Mi sedetti a poca distanza da lui, abbassai lo sguardo e decisi di essere totalmente onesto e sincero: "Sì, guarda... è che c'è veramente poco da spiegare. Mi devo solo scusare, sono stato tremendamente inopportuno e me ne vergogno molto." - dissi di getto, quasi con liberazione, sperando che questo bastasse.
"Ma perché ci stavi spiando?" - mi incalzò Stefano, con il fare di chi cerca sinceramente di comprendere, senza per questo voler giudicare.
"Mi dispiace, davvero. Non avrei dovuto farlo, lo so, ma è stato un momento di debolezza... è solo che è da un po' che non ho... beh, che non ho rapporti." - risposi, con la voce incerta e il fare di chi implicitamente supplica l'interlocutore di andare oltre e lasciar perdere.
Alzai lo sguardo e incrociai il suo. Mi guardava con compassione. Mi sentii piccolo, nonostante avessi 25 anni e lui 19. Mi vergognai ancora di più, se possibile.
"Sicuro che sia solo questo?" - disse Stefano, come se sapesse perfettamente che c'era altro. "E quel disastro che hai combinato? Come e quando è successo?" - continuò, indicando in mezzo alle mie gambe.
"Ti prego, Stefano." - sussurrai, senza il coraggio di guardarlo in faccia.
"Quello non è successo stamattina. Si capisce chiaramente. Perché non ti sei pulito subito?" - mi chiese con tono inquisitorio, ma sempre calmo e disteso.
"Non lo so, è stato stupido." - cercai di minimizzare.
Stefano mi guardò e si fece serio.
"Ale, io penso di aver capito chi sei. E non da stamattina, perché è un po' che mi è chiaro. Voglio che tu sappia che per me non è un problema e, anzi, posso aiutarti, purché non manchi mai il rispetto. Quello che hai fatto stamattina non va bene, ma è successo per un motivo preciso." - mi disse all'improvviso.
"Non capisco..." - tentai invano di interromperlo.
"Tu stai sopprimendo la tua natura e questo credo non ti faccia bene. Ora, se vuoi negare anche a te stesso questa cosa, possiamo far finta di nulla, purché mi giuri che non si ripeterà più. Perché la prossima volta non sarò comprensivo, te lo assicuro." - continuò Stefano. "Ma è questo che vuoi?" - mi chiese.
Lo guardai. Mi sentii indifeso e finalmente compreso allo stesso tempo. Da un lato non vedevo l'ora di arrendermi e confessare un aspetto di me che tenevo nascosto da sempre. Dall'altro, non sapevo minimamente cosa dire e quali sarebbero state le conseguenze.
"Qual è l'alternativa?" - chiesi a Stefano, in cerca di una guida, preso dallo sconforto per la mia incapacità di affrontare questa situazione.
"Accettarti e fidarti di me, lasciando che ti aiuti." - mi rispose.
"Ma in che modo? Io non so che intendi, io non..." - balbettai confusamente.
"L'ultimo passo lo devi fare tu. Vuoi andare in bagno? Prego, sei libero di farlo. Ma sei altrettanto libero di sottometterti a me e lasciare che sia io a decidere cosa è meglio per te." - disse Stefano, con una maturità e una consapevolezza che credevo impossibili da trovare in una persona della sua età.
Abbassai nuovamente lo sguardo e mi sentii pervaso un mix di umiliazione ed eccitazione, che faticavo a spiegarmi. Non ero fisicamente attratto da Stefano, ma la situazione era tale che lo stimolo di fare pipì fu sostituito da una timida erezione, ben nascosta dai pantaloni della tuta che indossavo e che erano larghi a sufficienza per non rivelarmi.
"Avvicinati." - mi disse Stefano, improvvisamente, con un sorriso.
Mi misi carponi e gattonai nella sua direzione, fermandomi in ginocchio proprio davanti a lui. Stefano mi alzò delicatamente il mento per costringermi a guardarlo. Non riuscivo a dire nulla, ma nemmeno a ribellarmi. Avrei potuto alzarmi e andare in bagno, pulire quello schifo e fare pipì, far finta di nulla e provare a continuare la mia vita come se nulla fosse successo. Eppure ero lì, che ubbidivo a un ragazzino di 19 anni che disponeva della mia intimità.
Stefano, senza dire nulla, mi mise una mano in mezzo alle gambe, per controllare in che stato fossi. Quel gesto, nelle sue intenzioni, non aveva niente di erotico. Eppure tremai. Ero come paralizzato, incapace di fermarlo, nonostante la vergogna che provavo. Sentì chiaramente la mia erezione, nonostante le dimensioni imbarazzanti del mio pene.
Fu in quel momento che crollai, guardandolo negli occhi, senza riuscire a trattenere le lacrime. "Scusami, Padrone." - dissi umiliato.
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