Laila

di
genere
dominazione

Laila.

Tic tac, tic tac, tic.
Ascoltava, come ogni giorno, il ticchettio della lancetta del grande orologio appeso al muro della cucina. Mancavano pochi minuti alle sei. L’ora in cui ogni giorno sentiva la chiave girare nella toppa della porta di casa e lui finalmente tornava. Aspettava, come ogni giorno davanti alla porta, fremente e tremante, il suo ritorno. Ma oggi non era come ogni giorno. Oggi era una giornata speciale. Gliel’aveva detto lui ieri, perché oggi era il loro anniversario e lui le avrebbe fatto una bellissima sorpresa.
Era l’anniversario di quando lei era diventata sua. Di quando lei aveva iniziato a chiamarsi Laila, perché lui le aveva dato quel nome. Insieme a tutto il suo immenso e totalizzante amore che le concedeva ogni giorno.
Sì, perché c’era stato un tempo, che lei ricordava ancora anche se in modo sfocato, in cui lei aveva un altro nome. Si chiamava Beatrice. E un giorno Beatrice, una ragazza piena di vita, ma anche timida e riservata, aveva conosciuto Massimo, l’uomo più grande e più esperto, che l’aveva immediatamente conquistata e sedotta con la sua dolcezza, la sua passione, le sue attenzioni, il suo amore. A quei tempi lui la inondava di messaggi, telefonate, regali, e la amava, la amava moltissimo. E soprattutto sapeva far scivolare le mani sul suo corpo in quel modo unico che le faceva desiderare cose mai desiderate prima. Le prendeva il viso tra le mani, la baciava facendole tremare le ginocchia, faceva letteralmente l’amore con lei, in tutti i modi, e la faceva raggiungere livelli di piacere che non aveva mai sperimentato prima.
Fino a quel giorno. Quel giorno in cui cambiò tutto.
Lo ricordava perfettamente, come fosse accaduto ieri.
Lei lo aspettava a casa, come faceva spesso, aveva riordinato, aveva cucinato, aveva pulito per fargli piacere, per vederlo contento e soddisfatto di lei.
Aveva sentito girare la chiave nella toppa della porta d’ingresso. Lui era entrato, bellissimo e irresistibile come sempre, con i capelli brizzolati e il sorriso che le faceva rimescolare l’anima ogni volta.
Si era tolto il cappotto, aveva posato per terra la borsa e appeso le chiavi al gancetto sulla parete.
Poi l’aveva chiamata, con la voce profonda che lei amava tanto. “Vieni qui. Subito!”
Pareva un ordine. Anzi, era un ordine. Ma a dir la verità a lei un po’ piaceva questo suo modo autoritario. La faceva sentire più donna, più femmina, più sua.
Era quindi accorsa da lui. “Dimmi…” gli aveva risposto.
“Inginocchiati.”
Lei aveva obbedito, come sempre. Perché sapeva che il suo amore per lei era immenso e tutto ciò che lui le chiedeva era una dimostrazione di questo immenso amore. Che lei, spesso, pensava di non meritare.
Si era inginocchiata davanti a lui e aveva osservato i movimenti delle sue mani che si slacciavano la fibbia della cintura, abbassavano la cerniera dei pantaloni ed estraevano il membro che tante e tante volte l’aveva fatta godere.
“Apri la bocca.”
Lei eseguì. Del resto lei amava farlo. Amava tutto di lui, ogni parte del suo corpo. E, un po’ narcisisticamente, adorava la sensazione di averlo in bocca, di sentirlo irrigidirsi fra le sue labbra, di essere così brava da saperglielo far diventare duro ogni volta, diverse volte al giorno se ne aveva voglia, soltanto con i movimenti della sua lingua sulla sua pelle.
E così fece anche quel giorno. Quanto le piaceva sentirlo ansimare sotto le carezze della sua lingua, sentire che il respiro aumentava il ritmo, sentire i mugolii di piacere quando lei indugiava con la punta della lingua in quei posti che lo facevano godere di più… Le piaceva anche sentire le sue dita che si infilavano tra i suoi capelli, la mani che spingevano delicatamente dietro la nuca.
Se c’era una cosa che però non le era mai piaciuto fare, era resistere a bocca aperta fino alla fine. Gliel’aveva detto e lui aveva capito e si era sempre fermato prima, spargendo il liquido caldo sul viso, e vedendolo scendere lungo il collo per scivolare in mezzo ai seni.
Ma quel giorno aveva sentito la sua stretta farsi più forte. Aveva sentito entrambe le sue mani ai lati del viso. Poi aveva sentito il membro in bocca diventare ancora più duro e gonfiarsi, e aveva cercato istintivamente di reclinare la testa all’indietro, ma le mani di Massimo si erano opposte con forza. Trattenendo la sua bocca incollata al suo corpo, mentre lui raggiungeva un orgasmo lungo, potente e abbondante. Lei non aveva potuto fare niente se non chiudere gli occhi e cercare di chiudere la gola, ma era impossibile, perché lui continuava a tenerla stretta a sé. Aveva quindi sentito il suo sperma caldo scendere nella gola, mentre lui le ripeteva che doveva bere tutto, fino alla fine, perché quello era il suo amore per lei, e voleva che lo avesse tutto dentro, che non ne andasse persa nemmeno una goccia.
Dopo qualche minuto, quel supplizio era finito. Lei era lì, inginocchiata a terra, la bocca ancora spalancata, con il membro che si stava pian piano sgonfiando fra le sue labbra. Allora aveva riaperto gli occhi, la testa ancora saldamente bloccata dalle sue forti mani, aveva potuto soltanto sollevare lo sguardo, i suoi grandi occhi innocenti. E luccicanti, perché si erano leggermente velati di lacrime.
Allora lui l’aveva guardata, la sua espressione si era addolcita. E in un sussurro le aveva detto: “Sei bellissima in questo momento. Hai degli occhi stupendi, così pieni di dolcezza e riconoscenza… sono uguali a quelli di Laila, la cagnolina che avevo da bambino e a cui ero tanto affezionato.”
Lei era stata colta da un caos di sensazioni ed emozioni contrastanti. Non sapeva se essere arrabbiata, eccitata, lusingata o umiliata. Ma si sentiva tutta tremare dentro e le sue parole arrivavano come una scossa lungo la spina dorsale, fino in basso, in mezzo alle gambe.
“Laila. Che bel nome, vero? Da ora in poi ti chiamerai così. Perché da ora in poi sarai sempre la mia cagnolina dolce e ubbidiente. E farai tutto quello che ti chiedo di fare per me, perché vuoi rendermi felice. Vuoi rendermi felice, vero?”
Lei non rispose.
Lui allora alzò il tono della voce: “Vero?”
E lei annuì, docile.
“Brava, la mia piccola e dolce Laila.”
E le aveva dato un bacio sulla fronte.
Quello era stato l’ultimo gesto di tenerezza nei suoi confronti che lei ricordasse.

Tic tac, tic tac.
Ascoltava il rumore delle auto arrivare dalla strada. Che si mescolava al brontolio del suo stomaco vuoto.
Non aveva mangiato nulla per tutto il giorno. Non era stata abbastanza brava, quando si era svegliato, non aveva obbedito subito come le aveva ordinato e quindi l’aveva punita. Lo faceva sempre. Aveva iniziato con piccole punizioni. La faceva stare seduta ai piedi del letto per tutta la notte, mentre lui dormiva. Oppure la faceva mettere in un angolo del salotto mentre lui guardava la televisione. Le punizioni erano poi diventate via via sempre più pesanti e crudeli. Non le faceva mai del male fisico, mai. La puniva con mortificazioni e divieti. All’inizio non si fidava di lei e quindi, quando le ordinava di non mangiare nulla per tutto il giorno, aveva installato delle telecamere in casa con le quali poteva controllare che lei ubbidisse. Ma poi, con il passare dei mesi, aveva visto che era davvero docile e sottomessa, proprio come una brava cagnolina, e quindi non la controllava neanche più. Lei ubbidiva, non tanto perché avesse paura di lui, quanto perché sapeva di essere colpevole, di essersi meritata quelle privazioni e vi si sottoponeva quasi con un sottile piacere autolesionistico. Ma la privazione più crudele e pesante che le aveva inflitto, e che valeva da sempre, ventiquattr’ore su ventiquattro, senza mai nessuna sospensione, era il divieto di avere orgasmi.
Le era assolutamente vietato godere. All’inizio era stato difficilissimo resistere, trattenersi dal desiderio di accarezzarsi il corpo mentre lui non c’era, sperando di non essere vista dalle telecamere… Dopo settimane di astinenza, un pomeriggio prima che lui tornasse, era accovacciata accanto al divano, sul tappeto, e aveva iniziato a sentire un leggero prurito sulla spalla, davanti, appena sopra il seno. Senza pensarci, aveva portato la mano davanti, aveva iniziato a grattarsi, aveva indugiato, scendendo leggermente con le dita fino a sentire il capezzolo che si era inturgidito. L’aveva sfiorato, stretto tra due dita, aveva sentito pulsare il sangue al suo interno. Sentiva il sangue batterle in testa. Avrebbe voluto afferrare il suo grande seno con due mani, guidarlo verso l’alto, abbassare il mento e iniziare a leccare quel capezzolo duro e caldo, a succhiarlo prima piano e poi avidamente, per poter soddisfare quel bisogno disperato di godimento che aveva da settimane. Poi aveva sentito un rumore. La chiave nella porta. Aveva subito ritratto la mano e, mentre lui la chiamava fischiando, due calde lacrime di rabbia e frustrazione le erano scese lungo le guance. Ed era corsa verso l’ingresso, mettendosi subito a quattro zampe, remissiva e pronta a soddisfare il desiderio quotidiano del suo padrone di ricevere un pompino di bentornato a casa.
Era quello l’unico rapporto che lui le concedeva e chiedeva. Voleva che lei fosse sempre pronta a prenderlo in bocca. A farglielo venire duro, brava com’era, e a finire come si doveva, ingoiando fino all’ultima goccia. Alle volte, quand’era particolarmente ispirato, le chiedeva anche di pulire tutto per bene. Così lei, dopo aver ripreso a respirare, gli prendeva delicatamente il cazzo tra le mani e, leccando minuziosamente, rimuoveva ogni singola particella di sperma rimasta, fino a lasciarlo completamente pulito. Se l’operazione era condotta a dovere, poteva succedere che lo sentisse inturgidirsi nuovamente sotto la sua lingua. Allora le sue mani la afferravano dietro la nuca e lei doveva ripetere tutto il servizio un’altra volta, da capo a fine.
Lui, ovviamente, poteva invece godere in tutti i modi possibili e desiderabili. C’erano quindi anche le serate in cui tornava a casa accompagnato da qualche donna che voleva scoparsi. Erano di solito bellissime donne, molto intrigate dalla presenza di Laila durante i loro amplessi.
C’era stata una volta in cui era tornato con una donna dai tratti orientali. Aveva chiamato Laila e le aveva detto di seguirli in camera. La donna si era svestita e distesa sul letto. Massimo aveva ordinato a Laila di inginocchiarsi, come sempre. Lei l’aveva docilmente preso in bocca e l’aveva fatto diventare duro in pochi istanti, grazie alla sua maestria. Allora Massimo le aveva detto che bastava così.
“Stai buona, Laila. Accucciati lì e non disturbare.”
Con il membro ben in erezione, preparato a dovere da Laila, si era quindi dedicato per tutta la notte alla donna che era entrata in casa con lui, penetrandola in tutti i modi, mentre Laila era stata costretta a guardare e ascoltare le urla di piacere che accompagnavano i numerosi orgasmi dell’altra donna. Massimo non era mai stanco quella notte. E dopo ogni orgasmo, ordinava a Laila di fargli un altro pompino, per avere un’altra erezione e poter scopare ancora.
Laila avrebbe voluto soltanto godere un po’. Darsi sollievo accarezzandosi, accarezzando quei capezzoli così duri che le facevano quasi male e infilandosi un dito in quella fessura allargata che gocciolava in mezzo alle gambe… Ma non poteva farlo. A lei era vietato godere. Il suo padrone non voleva.
Così aveva soddisfatto il suo padrone tutta la notte, trattenendo il suo desiderio allo stremo, finché al mattino aveva potuto finalmente addormentarsi per qualche ora, accucciata in posizione fetale sul caldo tappeto della camera da letto.

Tic tac, tic.
Erano quasi tutte uguali le sue giornate. Ma non oggi. Oggi sarebbe stato diverso, Massimo gliel’aveva promesso ieri sera, dopo averle eiaculato in bocca. “Sei stata molto brava oggi, cagnolina mia. Domani ti farò una bella sorpresa, ti piacerà, ne sono certo.” E lei aveva annuito, leccandosi le labbra, riconoscente e devota.
Non aveva chiuso occhio tutta la notte. Il cuore le batteva forte nel petto per l’emozione e l’impazienza. Forse l’avrebbe portata fuori a fare una passeggiata. O magari le avrebbe permesso di mangiare seduta a tavola con lui, e non accucciata per terra ad aspettare gli avanzi. Oppure… mamma mia, non poteva pensarci senza avere un fremito. Le avrebbe finalmente permesso di masturbarsi e godere… oppure le avrebbe addirittura concesso di essere scopata da lui! Non stava nella pelle.
A un tratto sentì dei passi salire le scale. Deglutì forte. Sentì la solita chiave girare nella solita toppa. Eppure i passi erano diversi, ma non riusciva a capire perché.
La porta si aprì e lei si mise subito a quattro zampe, avrebbe perfino scodinzolato di gioia se avesse avuto una coda.
Massimo entrò, bellissimo come sempre, ma non era da solo.
Accanto a lui c’era una donna, in piedi. Lui le cingeva la schiena con il braccio.
Entrarono nell’appartamento e, non appena la porta si richiuse dietro di loro, Laila capì che lui non le cingeva teneramente la schiena, ma, con una mano, teneva una lunga catenella che scendeva lungo la spina dorsale di quella donna, sotto il cappotto, e che, in alto, si collegava a un elegante collare che le circondava il collo. Infatti bastò un gesto deciso della mano per far mettere la donna a quattro zampe, di fronte a Laila.
Massimo allora le spiegò: “Questa è Ketty, la mia nuova cagnolina. Così non sarai più sola, potrete farvi compagnia mentre io non ci sarò…”
Laila non sapeva come accogliere quella novità. Sperava in cuor suo che non fosse quella la bella sorpresa che aveva atteso per un intero anno…
“… è questa la bella sorpresa che ti avevo promesso. Ti piace, vero? Sei felice, VERO?”
Laila soffocò la delusione e annuì sottomessa, come faceva sempre. Massimo faceva tutto questo perché la amava, era così generoso con lei, che invece non si meritava il suo amore, e quindi doveva essere felice.
Allora Massimo si abbassò e, con pochi gesti sbrigativi, sfilò il cappotto dal corpo di Ketty, lasciandola nuda, con collare e guinzaglio, davanti a Laila. Ketty era minuta come Laila, ma la carnagione era più scura, i lunghi capelli neri e lisci le ricadevano ai lati del collo, nascondendo parzialmente due seni molto grandi che, a giudicare da come mantenevano intatta la loro forma in quella posizione, dovevano essere ben sodi.
“E ora da brave, fate amicizia, annusatevi…”
E loro obbedirono. Si avvicinarono piano, annusandosi il viso, fermandosi con le labbra a pochi centimetri dalle labbra dell’altra. Gli occhi negli occhi. L’aria che usciva animalescamente dalle narici. Laila pensò che Ketty aveva un odore buono, di profumo esotico e pelle calda.
“Dai, coraggio, fatemi vedere che siete diventate amiche… fate come le brave cagnette, avvicinatevi e leccatevi il muso.”
E loro eseguirono.
Massimo, in piedi nel suo completo elegante, osservava soddisfatto - e con il membro già in prepotente erezione dentro i pantaloni - quelle due devote schiave che si leccavano freneticamente l’un l’altra, lingua contro lingua, lingue sulle labbra, lingue dentro la bocca…
Allora non resistette più e si slacciò i pantaloni, estraendo maestosamente il cazzo ben duro e richiamando l’attenzione delle due donne con un fischio: “Guardate cosa ho per voi… lo so che vi piace… adesso ve ne do un po’ a ciascuna: Laila apri la bocca...” disse infilandole il cazzo tra le labbra. “E tu Ketty, da brava, vieni qui e inizia a leccarmi le palle…” le ordinò indicandosi i testicoli.
Le due obbedirono all’istante. Laila aprì la bocca e lo accolse caldamente e morbidamente come sapeva fare. Mentre Ketty iniziò a passare la lingua umida sui testicoli già ben gonfi.
Massimo si godeva lo spettacolo dall’alto. Non c’era godimento più grande che avere due cagnoline devote inginocchiate ai suoi piedi. Sentiva la bocca di Laila scivolare lungo l’asta del suo membro ormai durissimo e al limite dell’orgasmo, sentiva la lingua umida e calda di Ketty leccargli avidamente i testicoli. E la cosa più bella era ascoltare quelle due donne che mugolavano e guaivano di piacere, che godevano nell’essere le sue schiave ubbidienti, che avevano i capezzoli duri e le vagine bagnate di eccitazione e che soffrivano al tempo stesso di non poter avere un orgasmo, mentre erano costrette ad assistere al suo di orgasmo.
Fu a quel punto, con quei pensieri di onnipotenza, che Massimo sentì quel brivido e quel turgore che precedevano l’eiaculazione. Allora estrasse rapidamente il cazzo dalla bocca di Laila e, con un urlo animalesco e ansimante, si liberò sborrando potentemente, inondando quelle due bocche aperte, senza controllo, schizzando tra i capelli, sui loro visi, con lo sperma caldo che scendeva lungo il collo e le spalle.
Fu un orgasmo lungo e intenso, che lo fece godere come mai prima e che lo lasciò per qualche istante con la mente annebbiata.
Non appena si riebbe, guardò le sue due schiave in basso che lo guardavano timorose e riconoscenti e ordinò: “Adesso pulite tutto per bene, non voglio che ne resti nemmeno una goccia. Tirate fuori la lingua e mettetevi tutte e due a leccare…”
E loro eseguirono, mentre lui osservava con estremo appagamento e soddisfazione quelle due brave cagnette devote che si leccavano l’un l’altra il viso bagnato, i capezzoli gocciolanti, e ogni singolo millimetro del suo cazzo, che sentiva già pronto per un’altra erezione.
di
scritto il
2021-12-14
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