L'abito da sposa (parte 1)
di
Laila
genere
saffico
Laura era lì, nel camerino dell’atelier in cui si era fatta cucire il vestito da sposa. Era l’ultima prova prima del grande giorno. La sarta, la signora Vittoria, era la migliore in assoluto della città. I suoi abiti erano perfetti sotto ogni punto di vista, sapeva interpretare i desideri della sposa e aveva un team di dipendenti che confezionavano abiti che sembravano cuciti addosso al corpo.
Erano necessarie numerose prove, per avere un abito così. Laura si era già sottoposta a una ventina di quegli incontri, con sarte e aiutanti che infilavano spilli e imbastivano cuciture. E lei lì, ferma davanti al grande specchio, che si rimirava in quello che sarebbe stato l’abito del suo grande giorno.
E oggi l’ultima prova. Per gli ultimi ritocchi non c’era più bisogno di molte persone, per questo la signora Vittoria l’aveva accompagnata nel camerino e l’aveva affidata a una sua fidata sarta: “Laura, oggi ti affido alle mani di Sara. Vedrai com’è brava. Ha le mani d’oro. Sarà mia cura non farvi disturbare da nessuno. Porta male che qualcuno veda l’abito prima delle nozze!” Laura aveva riso allegramente, la mano sulla bocca, e la padrona dell’atelier aveva chiuso la pesante porta di legno, lasciandole da sole in quella stanza.
Laura aveva dovuto scegliere un abito su misura perché il suo corpo non era propriamente standard. Alta di statura, aveva un sedere ben tornito, gambe snelle e lunghe, vita stretta, e un décolleté che definire generoso sarebbe poco. E che amava molto mettere in mostra. Voleva fosse il centro di tutti gli sguardi nel giorno del suo matrimonio. Tutti, uomini e donne, avrebbero dovuto ammirare il suo seno grande, sodo e dalla forma perfetta. Proprio per esaltarne le dimensioni, aveva scelto un abito con un corsetto molto stretto e scollato. Ogni volta che si guardava allo specchio, vedeva la stoffa combattere per trattenere quei seni dirompenti, che sembravano voler esplodere in tutto il loro vigore da un momento all’altro. Eppure non era mai soddisfatta dell’effetto: per quanto grandi e ben in vista fossero, li avrebbe voluti far emergere ancora di più. Sapeva bene che effetto faceva, in chi guardava, l’orlo di stoffa che sembrava essere sul punto di cedere ogni momento e lasciar scappar fuori un capezzolo turgido. Lo vedeva negli occhi di chi la guardava. Le parve di vederlo anche negli occhi di Sara.
Prima di indossare il vestito, doveva naturalmente indossare l’intimo. Laura era in piedi con addosso il corsetto di raso bianco che aveva scelto. La stoffa quasi rigida era legata dietro da una lunga serie di lacci, sul davanti delle stecche sottili sorreggevano le due coppe che contenevano a stento i grandi seni. Li aveva fatti imbottire ulteriormente all’interno e aveva scelto una taglia più piccola, perché voleva che i seni fossero strizzati in su dalla stoffa, apparendo ancora più grandi.
Sara era in piedi dietro di lei e, con mosse sapienti e decise, stava stringendo il corsetto, tirando i due nastri. Qualcosa non andava come previsto. Sara faceva più fatica del solito a far rientrare il corpo della sposa nel corsetto. Laura si morse il labbro: nell’ultimo mese era leggermente ingrassata e il seno aveva aumentato leggermente la già abbondante taglia. Come se non bastasse, Laura aveva da poco smesso di prendere la pillola e gli ormoni in subbuglio le avevano fatto alcuni scomodi regali: oltre al fatto di avere sempre voglia di fare sesso, i seni erano più tesi, più gonfi e doloranti. Ad ogni strattone di Sara sui lacci, Laura emetteva un lamento di piacere misto a dolore. Man mano che Sara risaliva lungo la schiena, tirando e stringendo, Laura sentiva come se le tette le stessero per scoppiare. La mani di Sara, così delicate e decise allo stesso tempo, le sfioravano ogni tanto la pelle, e Laura sentiva a ogni tocco i capezzoli indurirsi e premere contro la stoffa rigida delle coppe. A ogni stretta dei lacci, un lamento, e una scossa di dolore e piacere che le scendeva fino all’inguine. Si stava bagnando, lo sentiva, e iniziò a pensare all’imbarazzo se Sara se ne fosse accorta.
Mentre nella mente di Laura scorrevano questi pensieri, Sara aveva finito con il suo lavoro. Il nodo finale, ben stretto, ed ecco il corsetto finalmente indossato, aderente al corpo della futura sposa. Le tette davanti erano uno spettacolo indescrivibile, al quale Sara, nonostante tutta la professionalità, non riuscì a resistere. “Come ti sta bene, hai un seno stupendo.”
“Grazie,” rispose Laura imbarazzata e lusingata, “però non mi convince, c’è qualcosa da sistemare qui sulla scollatura. Mi puoi aiutare?”
“Certo!” rispose Sara, intimamente stuzzicata dall’idea di poter mettere le mani su quel décolleté.
“Ecco, vedi qui in alto… sento tutto stretto… non è che poi esce davvero tutto? Me li puoi sistemare?”
Sara passò davanti. Era piccola di statura, molto più bassa di Laura, e quelle due enormi tette erano praticamente davanti al suo viso. Il labbro cominciò a tremarle e avvampò in viso.
“Sara, ci sei? Mi aiuti allora?”
Sara alzò le mani delicate e timidamente chiese: “Posso?”
“Certo che puoi! Sei qua per questo!”
Allora Sara appoggiò le mani su quelle due rotondità. Accarezzò la stoffa, sentì quanto erano incredibilmente sode, le afferrò con le mani da sotto, cercando di sistemarle dentro la stoffa.
Un lamento di Laura, non si capiva se di piacere o dolore.
“Scusami…”
“Vai avanti, non preoccuparti. Continua…”
Sara continuò a palpare quei due seni. Con la scusa di sistemare le coppe, non riusciva a fermarsi. Stringeva, accarezzava, toccava.
“Sara, mi sa che c’è qualcosa DENTRO la coppa che non funziona…”
L’aiutante sarta non se lo fece ripetere due volte. Sorpassò l’orlo del corsetto in alto e infilò un dito nelle coppe, alla ricerca dei capezzoli. Li trovò. Duri, ritti, caldi. Allora iniziò a “sistemarli” spingendo con la punta delle dita. Il cuore batteva a mille. E sentiva battere quello di Laura altrettanto velocemente.
I lamenti di Laura aumentavano di pari passo ai battiti del cuore. Sara adesso era davvero eccitata. Era abituata per lavoro a toccare corpi di donne, ma mai si era eccitata prima di quel giorno.
“Perfetto Sara, vai avanti così… sei bravissima… sistemami bene quei capezzoli che non vogliono star buoni…”
Sara allora rischiò e abbassò leggermente l’orlo delle coppe. Con l’indice passava tra la pelle e la stoffa. L’orlo scendeva sempre più, millimetricamente, finché i due capezzoli ribelli fecero finalmente capolino e, liberati da quella stretta prigione, esplosero in tutta la loro irriverenza.
Sara era ammutolita. Davanti al suo viso, a pochi centimetri, c’erano quelle due punte gonfie e calde, che chiedevano solo di essere leccate e succhiate.
“Sara, ti prego, li sento così caldi e doloranti… “
La piccola sarta li prese allora delicatamente tra le dita e, lentissimamente, iniziò a tracciare dei piccoli cerchi con la punta della lingua. Laura ormai aveva gli slip completamente bagnati. Emise un gemito di sollievo e piacere, che Sara interpretò come un invito a proseguire.
Tolse i freni alla lingua, che iniziò a leccare avidamente quei due capezzoli durissimi. Le mani avevano abbassato ulteriormente l’orlo della stoffa, quelle due enormi tette erano quasi del tutto libere, e lei le afferrava con le mani, le stringeva, le spremeva, e contemporaneamente succhiava i capezzoli. Poi ogni tanto si staccava, allontanava il viso, sorrideva e li ammirava, li accarezzava con le dita, e poi si avventava nuovamente su di loro con la lingua e con la bocca.
Laura si godeva quel trattamento speciale con ogni fibra del corpo, ansimando e gemendo, e si godeva lo spettacolo nello specchio che aveva di fronte, dove osservava la piccola e dolce sarta leccarle e succhiarle le tette. E più godeva, più Sara leccava e succhiava e stringeva, e più era bella da guardare nello specchio, e più Laura si eccitava, in un circolo vizioso di godimento e reciproca eccitazione.
Ormai entrambe avevano quasi perso del tutto il controllo. Laura quasi urlava dal piacere, Sara ansimava sopraffatta dall’eccitazione di stringere e succhiare quelle tette straordinarie.
“Sara, ti prego, non smettere…”
“No, non smetto… dio mio, che tette meravigliose… le ho desiderate dal primo momento che ti ho vista.”
“Davvero?”
“Sì… non l’ho mai fatto prima… non ho mai provato attrazione per una donna… ma quando ho visto le tue tette, non ho potuto fare a meno di volerle tra le mie mani e tra le mie labbra…”
“Oddio Sara, mi farai venire così…”
“Magari, vorrei davvero farti venire… e tu, l’avevi mai fatto?”
“No, mai prima d’ora… ho avuto diversi uomini, ma nessuno mai così bravo come te a leccarmele… mi stai facendo impazzire… le tue mani, la tua lingua… succhiami ancora, Sara, ti prego… voglio essere la tua bella puttana oggi…”
“Sei una bellissima puttana… la più bella che abbia mai visto…”
Laura era a un millimetro dall’orgasmo. Sentiva le tette enormi e tese e calde, le mani di Sara che spremevano, i capezzoli così duri da fare male che chiedevano disperatamente di potersi sfogare in un orgasmo.
Era come se Sara capisse perfettamente cosa fare. Si fermò un momento. Ammirò ancora una volta quei due seni pronti a scoppiare. Poi si leccò la punta di indici e pollici, li avvicinò lentamente ai capezzoli di Laura e, guardandola negli occhi, le disse: “Adesso vieni, mia bellissima puttana.”
Li prese tra le due dita, stringendo e ruotando, mentre fissava Laura negli occhi, e le ripeteva: “Godi, puttana, godi come ti meriti…”
Laura non l’aveva mai provato e non sapeva nemmeno che fosse possibile, ma sentì il piacere scenderle dai capezzoli all’inguine, come una scossa dirompente. Sentì tutti i muscoli contrarsi in uno spasmo, le gambe che le tremavano, e poi il piacere risalì nuovamente al seno, rendendolo turgido e gonfio tra le mani di Sara: “Oh sì, vieni così… godi, godi più che puoi… sono qui per farti godere…”
Laura ebbe un orgasmo lunghissimo e violento. Non riusciva a trattenersi, ansimava, urlava, il corpo scosso da sussulti. Sara sorrideva soddisfatta, e continuava a torturarle i capezzoli, leccandone la punta stretta tra le dita.
Ma le urla di Laura non erano passate inosservate e la porta si aprì.
Erano necessarie numerose prove, per avere un abito così. Laura si era già sottoposta a una ventina di quegli incontri, con sarte e aiutanti che infilavano spilli e imbastivano cuciture. E lei lì, ferma davanti al grande specchio, che si rimirava in quello che sarebbe stato l’abito del suo grande giorno.
E oggi l’ultima prova. Per gli ultimi ritocchi non c’era più bisogno di molte persone, per questo la signora Vittoria l’aveva accompagnata nel camerino e l’aveva affidata a una sua fidata sarta: “Laura, oggi ti affido alle mani di Sara. Vedrai com’è brava. Ha le mani d’oro. Sarà mia cura non farvi disturbare da nessuno. Porta male che qualcuno veda l’abito prima delle nozze!” Laura aveva riso allegramente, la mano sulla bocca, e la padrona dell’atelier aveva chiuso la pesante porta di legno, lasciandole da sole in quella stanza.
Laura aveva dovuto scegliere un abito su misura perché il suo corpo non era propriamente standard. Alta di statura, aveva un sedere ben tornito, gambe snelle e lunghe, vita stretta, e un décolleté che definire generoso sarebbe poco. E che amava molto mettere in mostra. Voleva fosse il centro di tutti gli sguardi nel giorno del suo matrimonio. Tutti, uomini e donne, avrebbero dovuto ammirare il suo seno grande, sodo e dalla forma perfetta. Proprio per esaltarne le dimensioni, aveva scelto un abito con un corsetto molto stretto e scollato. Ogni volta che si guardava allo specchio, vedeva la stoffa combattere per trattenere quei seni dirompenti, che sembravano voler esplodere in tutto il loro vigore da un momento all’altro. Eppure non era mai soddisfatta dell’effetto: per quanto grandi e ben in vista fossero, li avrebbe voluti far emergere ancora di più. Sapeva bene che effetto faceva, in chi guardava, l’orlo di stoffa che sembrava essere sul punto di cedere ogni momento e lasciar scappar fuori un capezzolo turgido. Lo vedeva negli occhi di chi la guardava. Le parve di vederlo anche negli occhi di Sara.
Prima di indossare il vestito, doveva naturalmente indossare l’intimo. Laura era in piedi con addosso il corsetto di raso bianco che aveva scelto. La stoffa quasi rigida era legata dietro da una lunga serie di lacci, sul davanti delle stecche sottili sorreggevano le due coppe che contenevano a stento i grandi seni. Li aveva fatti imbottire ulteriormente all’interno e aveva scelto una taglia più piccola, perché voleva che i seni fossero strizzati in su dalla stoffa, apparendo ancora più grandi.
Sara era in piedi dietro di lei e, con mosse sapienti e decise, stava stringendo il corsetto, tirando i due nastri. Qualcosa non andava come previsto. Sara faceva più fatica del solito a far rientrare il corpo della sposa nel corsetto. Laura si morse il labbro: nell’ultimo mese era leggermente ingrassata e il seno aveva aumentato leggermente la già abbondante taglia. Come se non bastasse, Laura aveva da poco smesso di prendere la pillola e gli ormoni in subbuglio le avevano fatto alcuni scomodi regali: oltre al fatto di avere sempre voglia di fare sesso, i seni erano più tesi, più gonfi e doloranti. Ad ogni strattone di Sara sui lacci, Laura emetteva un lamento di piacere misto a dolore. Man mano che Sara risaliva lungo la schiena, tirando e stringendo, Laura sentiva come se le tette le stessero per scoppiare. La mani di Sara, così delicate e decise allo stesso tempo, le sfioravano ogni tanto la pelle, e Laura sentiva a ogni tocco i capezzoli indurirsi e premere contro la stoffa rigida delle coppe. A ogni stretta dei lacci, un lamento, e una scossa di dolore e piacere che le scendeva fino all’inguine. Si stava bagnando, lo sentiva, e iniziò a pensare all’imbarazzo se Sara se ne fosse accorta.
Mentre nella mente di Laura scorrevano questi pensieri, Sara aveva finito con il suo lavoro. Il nodo finale, ben stretto, ed ecco il corsetto finalmente indossato, aderente al corpo della futura sposa. Le tette davanti erano uno spettacolo indescrivibile, al quale Sara, nonostante tutta la professionalità, non riuscì a resistere. “Come ti sta bene, hai un seno stupendo.”
“Grazie,” rispose Laura imbarazzata e lusingata, “però non mi convince, c’è qualcosa da sistemare qui sulla scollatura. Mi puoi aiutare?”
“Certo!” rispose Sara, intimamente stuzzicata dall’idea di poter mettere le mani su quel décolleté.
“Ecco, vedi qui in alto… sento tutto stretto… non è che poi esce davvero tutto? Me li puoi sistemare?”
Sara passò davanti. Era piccola di statura, molto più bassa di Laura, e quelle due enormi tette erano praticamente davanti al suo viso. Il labbro cominciò a tremarle e avvampò in viso.
“Sara, ci sei? Mi aiuti allora?”
Sara alzò le mani delicate e timidamente chiese: “Posso?”
“Certo che puoi! Sei qua per questo!”
Allora Sara appoggiò le mani su quelle due rotondità. Accarezzò la stoffa, sentì quanto erano incredibilmente sode, le afferrò con le mani da sotto, cercando di sistemarle dentro la stoffa.
Un lamento di Laura, non si capiva se di piacere o dolore.
“Scusami…”
“Vai avanti, non preoccuparti. Continua…”
Sara continuò a palpare quei due seni. Con la scusa di sistemare le coppe, non riusciva a fermarsi. Stringeva, accarezzava, toccava.
“Sara, mi sa che c’è qualcosa DENTRO la coppa che non funziona…”
L’aiutante sarta non se lo fece ripetere due volte. Sorpassò l’orlo del corsetto in alto e infilò un dito nelle coppe, alla ricerca dei capezzoli. Li trovò. Duri, ritti, caldi. Allora iniziò a “sistemarli” spingendo con la punta delle dita. Il cuore batteva a mille. E sentiva battere quello di Laura altrettanto velocemente.
I lamenti di Laura aumentavano di pari passo ai battiti del cuore. Sara adesso era davvero eccitata. Era abituata per lavoro a toccare corpi di donne, ma mai si era eccitata prima di quel giorno.
“Perfetto Sara, vai avanti così… sei bravissima… sistemami bene quei capezzoli che non vogliono star buoni…”
Sara allora rischiò e abbassò leggermente l’orlo delle coppe. Con l’indice passava tra la pelle e la stoffa. L’orlo scendeva sempre più, millimetricamente, finché i due capezzoli ribelli fecero finalmente capolino e, liberati da quella stretta prigione, esplosero in tutta la loro irriverenza.
Sara era ammutolita. Davanti al suo viso, a pochi centimetri, c’erano quelle due punte gonfie e calde, che chiedevano solo di essere leccate e succhiate.
“Sara, ti prego, li sento così caldi e doloranti… “
La piccola sarta li prese allora delicatamente tra le dita e, lentissimamente, iniziò a tracciare dei piccoli cerchi con la punta della lingua. Laura ormai aveva gli slip completamente bagnati. Emise un gemito di sollievo e piacere, che Sara interpretò come un invito a proseguire.
Tolse i freni alla lingua, che iniziò a leccare avidamente quei due capezzoli durissimi. Le mani avevano abbassato ulteriormente l’orlo della stoffa, quelle due enormi tette erano quasi del tutto libere, e lei le afferrava con le mani, le stringeva, le spremeva, e contemporaneamente succhiava i capezzoli. Poi ogni tanto si staccava, allontanava il viso, sorrideva e li ammirava, li accarezzava con le dita, e poi si avventava nuovamente su di loro con la lingua e con la bocca.
Laura si godeva quel trattamento speciale con ogni fibra del corpo, ansimando e gemendo, e si godeva lo spettacolo nello specchio che aveva di fronte, dove osservava la piccola e dolce sarta leccarle e succhiarle le tette. E più godeva, più Sara leccava e succhiava e stringeva, e più era bella da guardare nello specchio, e più Laura si eccitava, in un circolo vizioso di godimento e reciproca eccitazione.
Ormai entrambe avevano quasi perso del tutto il controllo. Laura quasi urlava dal piacere, Sara ansimava sopraffatta dall’eccitazione di stringere e succhiare quelle tette straordinarie.
“Sara, ti prego, non smettere…”
“No, non smetto… dio mio, che tette meravigliose… le ho desiderate dal primo momento che ti ho vista.”
“Davvero?”
“Sì… non l’ho mai fatto prima… non ho mai provato attrazione per una donna… ma quando ho visto le tue tette, non ho potuto fare a meno di volerle tra le mie mani e tra le mie labbra…”
“Oddio Sara, mi farai venire così…”
“Magari, vorrei davvero farti venire… e tu, l’avevi mai fatto?”
“No, mai prima d’ora… ho avuto diversi uomini, ma nessuno mai così bravo come te a leccarmele… mi stai facendo impazzire… le tue mani, la tua lingua… succhiami ancora, Sara, ti prego… voglio essere la tua bella puttana oggi…”
“Sei una bellissima puttana… la più bella che abbia mai visto…”
Laura era a un millimetro dall’orgasmo. Sentiva le tette enormi e tese e calde, le mani di Sara che spremevano, i capezzoli così duri da fare male che chiedevano disperatamente di potersi sfogare in un orgasmo.
Era come se Sara capisse perfettamente cosa fare. Si fermò un momento. Ammirò ancora una volta quei due seni pronti a scoppiare. Poi si leccò la punta di indici e pollici, li avvicinò lentamente ai capezzoli di Laura e, guardandola negli occhi, le disse: “Adesso vieni, mia bellissima puttana.”
Li prese tra le due dita, stringendo e ruotando, mentre fissava Laura negli occhi, e le ripeteva: “Godi, puttana, godi come ti meriti…”
Laura non l’aveva mai provato e non sapeva nemmeno che fosse possibile, ma sentì il piacere scenderle dai capezzoli all’inguine, come una scossa dirompente. Sentì tutti i muscoli contrarsi in uno spasmo, le gambe che le tremavano, e poi il piacere risalì nuovamente al seno, rendendolo turgido e gonfio tra le mani di Sara: “Oh sì, vieni così… godi, godi più che puoi… sono qui per farti godere…”
Laura ebbe un orgasmo lunghissimo e violento. Non riusciva a trattenersi, ansimava, urlava, il corpo scosso da sussulti. Sara sorrideva soddisfatta, e continuava a torturarle i capezzoli, leccandone la punta stretta tra le dita.
Ma le urla di Laura non erano passate inosservate e la porta si aprì.
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