Con i collant sul treno
di
Giulia LiberaMente
genere
feticismo
Quest’oggi mi rivolgo a tutti, certo, ma ai lettori amanti dei piedini in particolare.
Già, perché a voi non ho mai prestato particolari attenzioni, e me ne scuso. Ma sapete, il fatto è che nemmeno io ho mai dato molta importanza ai miei piedi; ora però voglio rimediare e raccontarvi un fatto risalente a qualche giorno fa, precisamente un venerdì pomeriggio intorno alle 18 o 18.30.
Ero in stazione, una piccola stazioncina di paese semideserta, ad aspettare al freddo il treno che mi avrebbe riportata a casa; sotto la banchina in cui stavo cercando vanamente un po’ di tepore eravamo solo io e un ragazzo che, per quel che potessi capire malgrado la mascherina, doveva essere di qualche anno più giovane di me. Sì, sapete, ultimamente (ora che i trenta si avvicinano inesorabili) qualche occhiata ai maschietti un po’ più “freschi” la concedo… Ma non divaghiamo. 18 o 25 anni che avesse, poco importa: alto, capelli neri e ricci, occhi azzurrissimi. Era uno spettacolo.
Ci siamo anche sorrisi un paio di volte, ma l’arrivo del treno pareva aver chiuso tutto sul nascere.
Invece no, non per me, che l’ho lasciato salire per primo per poi seguirlo nel suo vagone. Lì, abbiamo chiacchierato un po’ e ho scoperto che effettivamente aveva 20 anni e sta frequentando l’università, che va in palestra e che ha una ragazza di nome Francesca. Io lo ascoltavo rapita da quei suoi occhi di ghiaccio.
Mentre parlava, dato che eravamo soli ad eccezione di una signora anziana che ci dava le spalle, ho appoggiato i piedi sul sedile accanto al suo. Nel farlo, però lui deve aver di certo notato un dettaglio, un qualcosa che ha attirato la sua attenzione. E quel dettaglio è stato un taglietto dietro la caviglia, un arrossamento sopra il calcagno nel punto in cui si allacciavano le scarpe, un paio di decolleté di pelle, nere con un tacco a piccola zeppa di circa 6 cm e un cinturino con fibbia dorata. Il resto del mio outfit era costituito da un cappotto lungo color sabbia, con dei grandi bottoni ornamentali e una cintura per poterlo chiudere; ma in quel momento era aperto e rivelava sotto di sé un vestito a tubino caldo lana color grigio, che mi copriva soltanto fino a metà coscia. Infine, a concludere il quadro, un paio di collant velati tattoo flock da 20 denari. Per chi non lo sapesse, questo tipo di collant ha su di sé delle stampe che simulano, appunto, l’effetto di tatuaggi sulle gambe. I miei, in particolare, erano dei “book flock”, con in bella vista delle frasi ricamate sopra. Solo dopo ho capito, me l’ha fatto notare Gioele, erano smagliati proprio all’altezza del laccetto e attraverso tale minuscolo lembo aveva intravisto il rossore della mia pelle.
“Che occhio… Cos’è, sei esperto di calze? O di piedi, forse?”
Era una battuta, ma una delle mie, una in cui si lascia all’interlocutore tutto il peso del gioco: sceglie di prenderla sul ridere? Bene, amici come prima; ma se, al contrario, avesse l’intuito e la malizia di leggerci un sottotesto, il giusto sottotesto…
“Be’ sai, in un certo senso sì. Li trovo molto interessanti e troppo spesso sottovalutati.”
“Davvero? In che senso?”
Dovevo capire qualcosa in più su quel ragazzo, e per farlo dovevo osservarlo attentamente e ascoltarlo con calma.
“Vorrei diventare fisioterapista e massaggiatore.”
Ah.
Tutte le mie aspettative, tutti i miei castelli in aria stavano crollando velocemente al suolo.
“Interessante, spero che tu ci riesca.”
Risposta fredda, gesto di stizza. Ho abbassato immediatamente le gambe, pronta a stare zitta per il resto del viaggio; mi sentivo respinta, quasi offesa. Il mio modo di vedere il mondo, sempre attraverso un velo di latente e malcelata sensualità mi aveva già esposto a situazioni simili; sono stata spesso ignorata, non capita, fraintesa o persino insultata per il mio carattere malizioso e senza tabù. Ma in quel momento mi sono accorta di aver sentito ancor più amaro il boccone della sconfitta. Forse per via dell’aspetto affascinante del ragazzo, sui cui - lo ammetto – avevo fatto più di un pensiero, o forse perché per la prima volta stava nascendo in me un sospetto, un sospetto terribile. Che potessi non piacere più? Che la differenza d’età potesse iniziare ad essere un problema? Non potevo nemmeno giocare la carta della Milf, non avendo figli.
“Ehi, che c’è? Ti ho offesa in qualche modo?”
Mi guardava, il mio amante mancato. Aveva lo sguardo dolce da cucciolo innocente, forse troppo innocente per la donna che sono io.
“Mh? No, perché?”
“Perché la mia risposta ti ha fatta allontanare da me, e non lo volevo.”
“Senti, lascia perdere, ok? È evidente che…”
Mi ha tagliato le parole in gola, con un gesto che mi ha fatto sorridere, sotto la mia FFP2 bianca. Mi aveva preso un piede fra le mani, portandoselo sulle ginocchia.
“Che cazzo fai?”
Deve aver sorriso anche lui, l’ho intuito dagli occhi.
“Mi faccio perdonare. Devi essere una ragazza a cui non piace essere fraintesa.”
Ragazza. Forse avevo esagerato, via non sono poi così da buttare, no?
“No, non mi piace. Ma tu cosa sei, uno psicologo o cosa?”
“Solo uno attento ai segnali degli altri.”
Era premuroso, il ragazzo, dolce e attento come pochi altri incontri del mio passato.
“Uno a cui piace qualcosa che forse piace ad entrambi, ma uno che sa soppesare bene la situazione prima di correre il rischio di scoprire le sue carte.”
L'ho guardato. Non sorrideva più, e nemmeno io.
L'ho ascoltato, rapita. Aspettando e riflettendo.
Chi sei, ragazzino? Chi sei per essere tanto profondo alla tua età? Chi sei per avermi capita così bene?
Chi sei, per essere tanto simile e tanto diametralmente opposto da me?
“Scoprile .”
Cosa abbia inteso lui, se ‘carte’ oppure ‘calze’ non lo so, ma tanto l’esito è stato lo stesso.
Mi ha sfilato le scarpe, slacciandole con attenzione. Non attenzione verso le scarpe, come a non volerle rovinare, no, attenzione verso di me.
“È questo che volevi?”
L'ho guardato, senza rispondere.
“Sì o no?”
“Se lo fai solo per darmi il contentino puoi anche andare affanculo.”
Risposta secca, brusca, decisa. Forse troppo, ma era necessaria. Lui mi ha fissata, occhi negli occhi.
Poi scoppia a ridere.
“Non sei il tipo eh? Tu devi essere una monella...”
Si è scostato la mascherina, rivelando un paio di baffi scuri e un leggero velo di barba che prima non potevo notare; se così non è apparso più bello, di certo è sembrato subito più interessante.
“No. Non ho bisogno della carità di nessuno. Quello che cerco è… altro. E chissà perché ho pensato che tu fossi… Altro. Ma forse sbagliavo.”
“E cosa pensavi di me, bella signorina?”
“Pensavo che, oltre che simpatico, fossi anche malizioso al punto giusto. Invece ti diverti solo a fare scena, a fingere di essere un ometto vissuto che ci sa fare con le donne più grandi. Invece sei solo un ragazzino che se la tira e se la fa sotto.”
Chissà perché ho risposto, poi. Chissà perché me la sono presa tanto. Chissà perché l'ho provocato.
Ok, a quest’ultima domanda so rispondere senza difficoltà.
“Pensavi che salissi sul treno e leccassi i piedi a una sconosciuta trovata per caso alla banchina?”
Mi stava forse prendendo in giro?
“Sì, lo pensavo.”
O ci speravo, ma non l’ho detto. Anche perché, cosa mi autorizzava a pensarlo? Era qualcosa di assurdo.
“Dammi il tuo numero.”
“Cosa?”
“Fallo e basta.”
Ho ubbidito, forse perché sembrava diverso da prima.
Ora so, ma solo ora che racconto a posteriori, che mi stava studiando. Stava valutando se poteva fidarsi davvero, se poteva realmente scoprire le sue carte.
Si è portato il piede alla bocca, ne ha baciato la pianta velata dal collant. È stato delicato, come e più di prima.
Un tocco appena sfiorato delle sue labbra sopra il nylon, tanto è bastato a darmi un brivido.
Devo aver emesso un qualche tipo di suono acuto, una specie di gemito, perché lui mi ha guardato; allora ho tolto la mascherina e gli ho mostrato il mio viso, in una specie di strano strip tease versione 2022.
Gli ho sorriso, mi sono morsa un labbro.
"Continua..."
Non so se l'ho sussurrato o l'ho solo pensato, ma sta di fatto che lui ha proseguito; la sua lingua è salita sino alle dita velate, accarezzandole prima tutte insieme, poi una alla volta soffermandosi in particolare sull'alluce. A lui ha dedicato le maggiori attenzioni, leccandolo con calma e dovizia, succhiandolo anche, appena, per quanto la calza glielo permettesse.
È stato semplice notare la possente erezione nei suoi jeans, crescente ad ogni leccata.
"Sbottonali e liberalo."
Non che fosse un ordine, ma lui ha obbedito con particolare rapidità.
Avevo percepito bene, l'erezione era intensa, il suo membro importante.
Strano, ho pensato per un attimo, di solito nei film erotici e nei racconti i feticisti sono ipodotati... Stronzate e stereotipi.
Gioele aveva un cazzo magnifico, eppure amava anche i piedi. Perfetto.
Perfetto doveva essere anche il mio footjob, malgrado la mia inesperienza, glielo leggevo negli occhi. Il suo pene era incastonato perfettamente nell'incavo dei miei piedini, che lo massaggiavano senza fretta. I collant si sono bagnati in fretta, grazie al precum che produceva in abbondanza; la sensazione di umido sui piedi mi dava quasi fastidio, provocandomi qualche brivido di freddo, ma non mi importava granchè.
Poi è successo qualcosa, qualcosa che non mi sarei aspettata, un'attenzione da parte sua quasi fuori contesto.
Anzi no, ma questo posso dirlo solo ora, nel presente.
Si è tolto la giacca e me l'ha appoggiata sul ventre e sulle cosce. No, non per celare il nostro gioco a sguardi indiscreti, perché cazzo e piedi sono rimasti scoperti e bene in vista, proprio per me, per i miei brividi.
"Non prendere freddo, piccola"
Gli ho sorriso. L'avrei baciato.
Ma no, non c'era tempo.
La solita voce metallica aveva appena annunciato che ci trovavamo nell'ultima fermata prima della mia.
Ho sospirato, lui deve averlo percepito.
Mi ha sorriso lui, allora, e ha chiuso gli occhi.
Mi ha sfiorato i piedi, aiutandomi nei movimenti, per aumentare il proprio piacere.
Lo sentivo caldo, in diretto contrasto col freddo che sentivo io; almeno fuori, perché dentro ero fuoco e fiamme.
È stato in quell'attimo che ho compreso che i piedi sono una mia zona erogena; in quell'attimo che ho pensato a come mi sarei masturbata quella sera, ripensando alla nostra avventura.
Ma quel momento era il loro, di Gioele, del suo cazzo e dei miei piedi. Sì, perché guidati dalla mano esperta del ragazzo, anche loro si stavano godendo la loro fetta di piacere.
Lentamente si muovevano su, sino a coprire per intero una cappella ormai gonfia e rossa, quasi violacea, poi giù sino a sfiorare i testicoli perfettamente depilati, sodi e gonfi di sperma. Poi ancora, su e giù, in un massaggio erotico ed eccitante, reso perversamente magico dal contesto.
Non lo stavo masturbando, no, stavamo facendo sesso, solo che stava scopando una parte inusuale del mio corpo.
Sì, perché i piedi contengono nervi recettori che raggiungono e stimolano l'intero corpo, avevo letto da qualche parte. Non so se sia vero oppure no, ma per assurdo che possa sembrare, mentre il ragazzo del treno raggiungeva l'orgasmo, schizzando il suo piacere sul tessuto dei miei collant, mi sono sentita pervadere dai brividi.
Sarebbe bastato un nulla: un bacio, una carezza, un tocco appena accennato sul mio corpo per farmi detonare.
Ma non è arrivato nulla, non in tempo, almeno.
Derubata di un orgasmo che mi sarei concessa da sola, più tardi, mi sono comunque concessa il gusto di godermi il resto; di godermi, cioè, un Gioele che con cura - anzi potrei dire con devozione - mi ripuliva, usando la stessa attenzione già riservatami in precedenza, con la lingua, lavando via ogni goccia della sua sborra ancora calda.
Ha insistito per essere lui a rimettermi le scarpe, mentre io non riuscivo a smettere di fissarlo.
Che strano, particolare, affascinante, eccitante giovane uomo sei, Gioele.
"Ho mentito, sono single. Voglio rivederti"
Ho annuito, rivolgendogli un ultimo sorriso prima di nascondere nuovamente parte del mio viso dietro la mascherina.
Il treno ha fischiato.
Qualcosa era cambiato in me, quel pomeriggio, ma dovevo scendere.
"Quando vuoi, il mio numero ce l'hai..."
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Spero che il racconto vi piaccia! Però è la prima volta che scrivo racconti su questo tema, quindi per qualsiasi consiglio o confronto, o anche solo per due chiacchiere scrivetemi pure alla mia mail: liberiracconti@hotmail.com
Già, perché a voi non ho mai prestato particolari attenzioni, e me ne scuso. Ma sapete, il fatto è che nemmeno io ho mai dato molta importanza ai miei piedi; ora però voglio rimediare e raccontarvi un fatto risalente a qualche giorno fa, precisamente un venerdì pomeriggio intorno alle 18 o 18.30.
Ero in stazione, una piccola stazioncina di paese semideserta, ad aspettare al freddo il treno che mi avrebbe riportata a casa; sotto la banchina in cui stavo cercando vanamente un po’ di tepore eravamo solo io e un ragazzo che, per quel che potessi capire malgrado la mascherina, doveva essere di qualche anno più giovane di me. Sì, sapete, ultimamente (ora che i trenta si avvicinano inesorabili) qualche occhiata ai maschietti un po’ più “freschi” la concedo… Ma non divaghiamo. 18 o 25 anni che avesse, poco importa: alto, capelli neri e ricci, occhi azzurrissimi. Era uno spettacolo.
Ci siamo anche sorrisi un paio di volte, ma l’arrivo del treno pareva aver chiuso tutto sul nascere.
Invece no, non per me, che l’ho lasciato salire per primo per poi seguirlo nel suo vagone. Lì, abbiamo chiacchierato un po’ e ho scoperto che effettivamente aveva 20 anni e sta frequentando l’università, che va in palestra e che ha una ragazza di nome Francesca. Io lo ascoltavo rapita da quei suoi occhi di ghiaccio.
Mentre parlava, dato che eravamo soli ad eccezione di una signora anziana che ci dava le spalle, ho appoggiato i piedi sul sedile accanto al suo. Nel farlo, però lui deve aver di certo notato un dettaglio, un qualcosa che ha attirato la sua attenzione. E quel dettaglio è stato un taglietto dietro la caviglia, un arrossamento sopra il calcagno nel punto in cui si allacciavano le scarpe, un paio di decolleté di pelle, nere con un tacco a piccola zeppa di circa 6 cm e un cinturino con fibbia dorata. Il resto del mio outfit era costituito da un cappotto lungo color sabbia, con dei grandi bottoni ornamentali e una cintura per poterlo chiudere; ma in quel momento era aperto e rivelava sotto di sé un vestito a tubino caldo lana color grigio, che mi copriva soltanto fino a metà coscia. Infine, a concludere il quadro, un paio di collant velati tattoo flock da 20 denari. Per chi non lo sapesse, questo tipo di collant ha su di sé delle stampe che simulano, appunto, l’effetto di tatuaggi sulle gambe. I miei, in particolare, erano dei “book flock”, con in bella vista delle frasi ricamate sopra. Solo dopo ho capito, me l’ha fatto notare Gioele, erano smagliati proprio all’altezza del laccetto e attraverso tale minuscolo lembo aveva intravisto il rossore della mia pelle.
“Che occhio… Cos’è, sei esperto di calze? O di piedi, forse?”
Era una battuta, ma una delle mie, una in cui si lascia all’interlocutore tutto il peso del gioco: sceglie di prenderla sul ridere? Bene, amici come prima; ma se, al contrario, avesse l’intuito e la malizia di leggerci un sottotesto, il giusto sottotesto…
“Be’ sai, in un certo senso sì. Li trovo molto interessanti e troppo spesso sottovalutati.”
“Davvero? In che senso?”
Dovevo capire qualcosa in più su quel ragazzo, e per farlo dovevo osservarlo attentamente e ascoltarlo con calma.
“Vorrei diventare fisioterapista e massaggiatore.”
Ah.
Tutte le mie aspettative, tutti i miei castelli in aria stavano crollando velocemente al suolo.
“Interessante, spero che tu ci riesca.”
Risposta fredda, gesto di stizza. Ho abbassato immediatamente le gambe, pronta a stare zitta per il resto del viaggio; mi sentivo respinta, quasi offesa. Il mio modo di vedere il mondo, sempre attraverso un velo di latente e malcelata sensualità mi aveva già esposto a situazioni simili; sono stata spesso ignorata, non capita, fraintesa o persino insultata per il mio carattere malizioso e senza tabù. Ma in quel momento mi sono accorta di aver sentito ancor più amaro il boccone della sconfitta. Forse per via dell’aspetto affascinante del ragazzo, sui cui - lo ammetto – avevo fatto più di un pensiero, o forse perché per la prima volta stava nascendo in me un sospetto, un sospetto terribile. Che potessi non piacere più? Che la differenza d’età potesse iniziare ad essere un problema? Non potevo nemmeno giocare la carta della Milf, non avendo figli.
“Ehi, che c’è? Ti ho offesa in qualche modo?”
Mi guardava, il mio amante mancato. Aveva lo sguardo dolce da cucciolo innocente, forse troppo innocente per la donna che sono io.
“Mh? No, perché?”
“Perché la mia risposta ti ha fatta allontanare da me, e non lo volevo.”
“Senti, lascia perdere, ok? È evidente che…”
Mi ha tagliato le parole in gola, con un gesto che mi ha fatto sorridere, sotto la mia FFP2 bianca. Mi aveva preso un piede fra le mani, portandoselo sulle ginocchia.
“Che cazzo fai?”
Deve aver sorriso anche lui, l’ho intuito dagli occhi.
“Mi faccio perdonare. Devi essere una ragazza a cui non piace essere fraintesa.”
Ragazza. Forse avevo esagerato, via non sono poi così da buttare, no?
“No, non mi piace. Ma tu cosa sei, uno psicologo o cosa?”
“Solo uno attento ai segnali degli altri.”
Era premuroso, il ragazzo, dolce e attento come pochi altri incontri del mio passato.
“Uno a cui piace qualcosa che forse piace ad entrambi, ma uno che sa soppesare bene la situazione prima di correre il rischio di scoprire le sue carte.”
L'ho guardato. Non sorrideva più, e nemmeno io.
L'ho ascoltato, rapita. Aspettando e riflettendo.
Chi sei, ragazzino? Chi sei per essere tanto profondo alla tua età? Chi sei per avermi capita così bene?
Chi sei, per essere tanto simile e tanto diametralmente opposto da me?
“Scoprile .”
Cosa abbia inteso lui, se ‘carte’ oppure ‘calze’ non lo so, ma tanto l’esito è stato lo stesso.
Mi ha sfilato le scarpe, slacciandole con attenzione. Non attenzione verso le scarpe, come a non volerle rovinare, no, attenzione verso di me.
“È questo che volevi?”
L'ho guardato, senza rispondere.
“Sì o no?”
“Se lo fai solo per darmi il contentino puoi anche andare affanculo.”
Risposta secca, brusca, decisa. Forse troppo, ma era necessaria. Lui mi ha fissata, occhi negli occhi.
Poi scoppia a ridere.
“Non sei il tipo eh? Tu devi essere una monella...”
Si è scostato la mascherina, rivelando un paio di baffi scuri e un leggero velo di barba che prima non potevo notare; se così non è apparso più bello, di certo è sembrato subito più interessante.
“No. Non ho bisogno della carità di nessuno. Quello che cerco è… altro. E chissà perché ho pensato che tu fossi… Altro. Ma forse sbagliavo.”
“E cosa pensavi di me, bella signorina?”
“Pensavo che, oltre che simpatico, fossi anche malizioso al punto giusto. Invece ti diverti solo a fare scena, a fingere di essere un ometto vissuto che ci sa fare con le donne più grandi. Invece sei solo un ragazzino che se la tira e se la fa sotto.”
Chissà perché ho risposto, poi. Chissà perché me la sono presa tanto. Chissà perché l'ho provocato.
Ok, a quest’ultima domanda so rispondere senza difficoltà.
“Pensavi che salissi sul treno e leccassi i piedi a una sconosciuta trovata per caso alla banchina?”
Mi stava forse prendendo in giro?
“Sì, lo pensavo.”
O ci speravo, ma non l’ho detto. Anche perché, cosa mi autorizzava a pensarlo? Era qualcosa di assurdo.
“Dammi il tuo numero.”
“Cosa?”
“Fallo e basta.”
Ho ubbidito, forse perché sembrava diverso da prima.
Ora so, ma solo ora che racconto a posteriori, che mi stava studiando. Stava valutando se poteva fidarsi davvero, se poteva realmente scoprire le sue carte.
Si è portato il piede alla bocca, ne ha baciato la pianta velata dal collant. È stato delicato, come e più di prima.
Un tocco appena sfiorato delle sue labbra sopra il nylon, tanto è bastato a darmi un brivido.
Devo aver emesso un qualche tipo di suono acuto, una specie di gemito, perché lui mi ha guardato; allora ho tolto la mascherina e gli ho mostrato il mio viso, in una specie di strano strip tease versione 2022.
Gli ho sorriso, mi sono morsa un labbro.
"Continua..."
Non so se l'ho sussurrato o l'ho solo pensato, ma sta di fatto che lui ha proseguito; la sua lingua è salita sino alle dita velate, accarezzandole prima tutte insieme, poi una alla volta soffermandosi in particolare sull'alluce. A lui ha dedicato le maggiori attenzioni, leccandolo con calma e dovizia, succhiandolo anche, appena, per quanto la calza glielo permettesse.
È stato semplice notare la possente erezione nei suoi jeans, crescente ad ogni leccata.
"Sbottonali e liberalo."
Non che fosse un ordine, ma lui ha obbedito con particolare rapidità.
Avevo percepito bene, l'erezione era intensa, il suo membro importante.
Strano, ho pensato per un attimo, di solito nei film erotici e nei racconti i feticisti sono ipodotati... Stronzate e stereotipi.
Gioele aveva un cazzo magnifico, eppure amava anche i piedi. Perfetto.
Perfetto doveva essere anche il mio footjob, malgrado la mia inesperienza, glielo leggevo negli occhi. Il suo pene era incastonato perfettamente nell'incavo dei miei piedini, che lo massaggiavano senza fretta. I collant si sono bagnati in fretta, grazie al precum che produceva in abbondanza; la sensazione di umido sui piedi mi dava quasi fastidio, provocandomi qualche brivido di freddo, ma non mi importava granchè.
Poi è successo qualcosa, qualcosa che non mi sarei aspettata, un'attenzione da parte sua quasi fuori contesto.
Anzi no, ma questo posso dirlo solo ora, nel presente.
Si è tolto la giacca e me l'ha appoggiata sul ventre e sulle cosce. No, non per celare il nostro gioco a sguardi indiscreti, perché cazzo e piedi sono rimasti scoperti e bene in vista, proprio per me, per i miei brividi.
"Non prendere freddo, piccola"
Gli ho sorriso. L'avrei baciato.
Ma no, non c'era tempo.
La solita voce metallica aveva appena annunciato che ci trovavamo nell'ultima fermata prima della mia.
Ho sospirato, lui deve averlo percepito.
Mi ha sorriso lui, allora, e ha chiuso gli occhi.
Mi ha sfiorato i piedi, aiutandomi nei movimenti, per aumentare il proprio piacere.
Lo sentivo caldo, in diretto contrasto col freddo che sentivo io; almeno fuori, perché dentro ero fuoco e fiamme.
È stato in quell'attimo che ho compreso che i piedi sono una mia zona erogena; in quell'attimo che ho pensato a come mi sarei masturbata quella sera, ripensando alla nostra avventura.
Ma quel momento era il loro, di Gioele, del suo cazzo e dei miei piedi. Sì, perché guidati dalla mano esperta del ragazzo, anche loro si stavano godendo la loro fetta di piacere.
Lentamente si muovevano su, sino a coprire per intero una cappella ormai gonfia e rossa, quasi violacea, poi giù sino a sfiorare i testicoli perfettamente depilati, sodi e gonfi di sperma. Poi ancora, su e giù, in un massaggio erotico ed eccitante, reso perversamente magico dal contesto.
Non lo stavo masturbando, no, stavamo facendo sesso, solo che stava scopando una parte inusuale del mio corpo.
Sì, perché i piedi contengono nervi recettori che raggiungono e stimolano l'intero corpo, avevo letto da qualche parte. Non so se sia vero oppure no, ma per assurdo che possa sembrare, mentre il ragazzo del treno raggiungeva l'orgasmo, schizzando il suo piacere sul tessuto dei miei collant, mi sono sentita pervadere dai brividi.
Sarebbe bastato un nulla: un bacio, una carezza, un tocco appena accennato sul mio corpo per farmi detonare.
Ma non è arrivato nulla, non in tempo, almeno.
Derubata di un orgasmo che mi sarei concessa da sola, più tardi, mi sono comunque concessa il gusto di godermi il resto; di godermi, cioè, un Gioele che con cura - anzi potrei dire con devozione - mi ripuliva, usando la stessa attenzione già riservatami in precedenza, con la lingua, lavando via ogni goccia della sua sborra ancora calda.
Ha insistito per essere lui a rimettermi le scarpe, mentre io non riuscivo a smettere di fissarlo.
Che strano, particolare, affascinante, eccitante giovane uomo sei, Gioele.
"Ho mentito, sono single. Voglio rivederti"
Ho annuito, rivolgendogli un ultimo sorriso prima di nascondere nuovamente parte del mio viso dietro la mascherina.
Il treno ha fischiato.
Qualcosa era cambiato in me, quel pomeriggio, ma dovevo scendere.
"Quando vuoi, il mio numero ce l'hai..."
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Spero che il racconto vi piaccia! Però è la prima volta che scrivo racconti su questo tema, quindi per qualsiasi consiglio o confronto, o anche solo per due chiacchiere scrivetemi pure alla mia mail: liberiracconti@hotmail.com
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