Il pony di donna Rosa

di
genere
zoofilia

Ero solita trascorrere le mie vacanze estive nella campagna toscana in un vecchio casolare di famiglia un tempo abitato dai miei bisnonni. Sin da piccola amavo fare lunghe passeggiate, da sola, tra le strade sterrate per poi perdermi nei campi coltivati e gli uliveti che circondano la zona. Non era raro, per me, fermarmi all'ombra o sui rami di un ulivo e, col passare degli anni, crescendo, iniziai addirittura a trascorrere interi pomeriggi in compagnia di un buon libro.
Il tempo passava, ciò che all'inizio si era sviluppata come una passione si tramutò in un vero e proprio rituale e, entrando nella pubertà, trasformandomi via via in una giovane donna, iniziai a covare un intimo legame con la natura e col selvaggio. Il mio desiderio è sempre stato, in qualche modo, legato alla terra, all'odore dell'erba, al cinguettio degli uccelli e al suono dei campanacci delle vacche dei pascoli lì intorno.
Ben presto, immersa in quei paesaggi, cominciai a lasciarmi andare in splendidi ed interminabili, talvolta ripetitivi, momenti di puro onanismo.
Spesso capitava, per sentirmi ancor più parte di quel mondo e per dare sfogo al mio istinto più animalesco, che io lasciassi i miei vestiti ai piedi di un ulivo per poi arrampicarmi ed accomodarmi distesa tra i suoi rami. Lì, poi, lasciavo che il vento mi cullasse sfiorando la mia pelle accarezzandomi il volto, il seno, la pancia e le gambe.
Non credo esistano parole o metafore per descrivere quella sensazione ma mi sentivo inebriata da quelle emozioni e non poche volte, in quello stato di grazia, immaginandomi il quella posa giunonica e senza che io mi sfiorassi neanche con un dito, grazie al solo tocco di quella brezza fresca, riuscivo a raggiungere il mio orgasmo.
Così, un giorno, circa due anni fa, tornai in quei luoghi per me tanto speciali e come di consueto ripresi con le mie solite abitudini.
Ormai ventiquattrenne e assente da almeno sei anni, ero particolarmente eccitata all'idea di rievocare quei miei più primordiali istinti.
Un pomeriggio, subito dopo pranzo, indossai un vestitino bianco e delle leggere scarpe di tela. Decisi di non indossare alcun pezzo di intimo e così mi incamminai seguendo il sentiero di fronte casa.
Girovagai per almeno un paio d'ore attraversando campi di grano e di girasoli, il sole quel giorno picchiava con intensità ma ero determinata a raggiungere il mio luogo prediletto.
Alla fine arrivai a destinazione, ritrovai il mio vecchio amico ramoso e così ancora una volta, mi arrampicai su di esso. Non era cambiato molto quel luogo, era esattamente come lo ricordavo. Mi accomodai come mio solito, tra i due rami più grandi che formavano una comoda conca nella quale potermi adagiare e con le gambe distese all'insù, i miei piedi erano quasi alla stessa altezza dei miei occhi. Tolsi le scarpe lasciandole cadere al suolo e passai qualche minuto a contemplare le punte dei miei piedi dalle dita smaltate di un giallo fluo.
La pace era assoluta e presto si alzò un leggero venticello che come al solito prese a solleticarmi il volto.
Di tanto in tanto arrivavano delle folate più intense che gonfiavano la mia gonna insinuandosi tra le mie cosce.
Questo, pian piano, accese la mia voglia ed iniziai a sentire il mio desiderio crescere man mano che il tempo passava, così, chiusi gli occhi e lasciai che i sensi si impadronissero di me. Presto iniziai a ritrovarmi succube delle emozioni e come al solito, senza che io intervenissi, almeno non fisicamente ma solo grazie al pensiero, iniziai a bagnarmi. Tornai a sentirmi una adolescente alla scoperta del proprio corpo e del proprio sesso, un po' titubante ed inesperta, timida ma allo stesso tempo vogliosa di esplorare mondi ancora sconosciuti. Restai lì a godermi quel momento per un bel po', il mio respiro era lento, la mia mano poggiata sul seno e l'altra dietro la nuca.
Il mio vestito era ormai del tutto sollevano e piegato sul mio ventre piatto lasciando il mio sesso esposto al mondo mentre i miei lunghi capelli rossi cadevano lungo la corteccia e la mia bocca socchiusa.
Un cervo volante arrivò, col suo pesante e rumoreggiante volo, a poggiarsi sulla mia caviglia destra. Restò lì, zampettando avanti e indietro finché non iniziò a risalire lungo il mio polpaccio fino ad arrivare sul ginocchio dove restò titubante per un po'. Ero curiosa e piuttosto divertita, benché all'apparenza non molto incoraggianti, ho sempre trovato quel tipo di coleottero molto affascinante, grande e a tratti spaventoso.
Alla fine riprese il suo cammino e risalì lungo la mia coscia, si spinse verso l'interno per poi tornare a risalire verso il mio fianco. Raggiunse quindi il mio basso ventre, ebbe qualche controversia col tessuto del mio abito ma poi lasciò perdere facendo dietro front prendendo a scendere tra le mie gambe. Lo sentivo dirigersi verso la mia fica e fu in quel momento che il mio battito accelerò tutto d'un tratto. Non ero preoccupata, anzi desiderosa di scoprire fin dove sarebbe arrivato e non si fece attendere poi tanto. Entro breve raggiunse l'estremità più alta del mio sesso fermandosi lì, esattamente sul clitoride. Il suo tocco era quasi impercettibile ma amplificato dai miei sensi. Trovavo estremamente eccitante l'idea di immaginarlo a nutrirsi del mio dolce nettare che ormai impregnava le mie grandi labbra e soprattutto, pensare che fosse arrivato fin lì per quell'unico scopo, contribuiva a rendere ancora più intenso quel momento.
Realtà o pura fantasia, quel porcello di un coleottero indugiò sulla mia fica per più di qualche minuto ma poi riprese il suo volo, sfrecciò sfiorandomi l'orecchio quasi a volermi sussurrare un grazie malizioso.
Mi lasciai andare in un lungo sospiro, misto di eccitazione e delusione, chissà poi cosa mi aspettassi.
Nel frattempo il sole aveva iniziato a tramontare, saranno state le sei del pomeriggio così iniziai ad avviarmi verso casa. Scesi dall'albero e, sistemato il vestito, recuperai le scarpe senza indossarle. Decisi di incamminarmi in un sentiero non molto distante che mi portò in un prato dove, poco più in là, c'era un recinto al quale era collegata una cascina, evidentemente da poco ristrutturata.
In quello spazio recintato c'era un pony dal manto rossastro e il muso bianco. Mi fermai a guardarlo, lui si avvicinò e allora io strappai dell'erba dal suolo e gliela posi sotto il naso. Non feci caso che dall'altra parte del recinto c'era una signora di mezza età impegnata in lavori da campo. La raggiunsi percorrendo tutto il perimetro e, ormai prossima, la salutai a gran voce facendo cenno con la mano.
La signora, china davanti alla palizzata, alzò lo sguardo, mi squadrò per bene e poi mi sorrise salutandomi a sua volta.
Con tipico accento toscano esclamò.
«Ciao, oh che ci fai tutta sola da queste parti!»
Ed io.
«Salve! Sa, passeggiando in zona mi sono imbattuta nel suo bellissimo pony, come si chiama?»
«Si chiama Tom, è l'ultimo esemplare che mi è rimasto ma nella stalla ho due giovani cavalle.»
Sembrava molto amichevole e accogliente. Lasciò stare quel che stava facendo e mi raggiunse, mi strinse la mano e si presentò.
«Piacere, io sono Rosa, o donna Rosa come mi chiamano in paese, sai la donna dei cavalli!»
«Io sono Sara. È proprio un bel posto questo, vengo qui da quando ho memoria ma non avevo mai notato il tuo maneggio»
«Già, sono un po' isolata ma non è un maneggio, almeno non più, da quando è morto mio marito ho dato via la maggior parte del bestiame e sai a cinquantanni suonati è dura cavarsela da sola»
Lei era una donna piuttosto attraente, robusta, con una lunga treccia castana e occhi verdi, labbra sottili e mani forti. Non dimostrava affatto cinquantanni, gliene avrei dati quaranta o poco più.
Le raccontai da dove venivo, lei rimase piuttosto sbalordita, sapeva che ero ad almeno un paio d'ore di cammino da casa. Mi invitò quindi ad entrare in casa sua offrendomi un bicchiere d'acqua, così la seguii dentro e mi sedetti al tavolo di legno massiccio su di una vecchia sedia in noce.
«Non ti sarai persa per caso!?» Mi chiese.
«No no, si figuri, conosco perfettamente la strada»
Così proseguì
«Ormai è tardi, arriverai che sarà sera inoltrata»
La cosa non mi preoccupava, ero perfettamente abituata visto che sin da quando avevo tredici anni ero libera di scorrazzare per i fatti miei.
«Si si, lo so, ma non si preoccupi, è ordinaria amministrazione» Aggiunsi io sorridendo.
Le chiesi un secondo bicchiere d'acqua e lei me lo riempì subito. Si sedette al tavolo con me e iniziammo a parlare del più e del meno. Le raccontai del mio lavoro al bar, della mia vita da studentessa e del mio amore per quei luoghi. Rosa si dimostrò piuttosto interessata alla mia storia e scoprii che anche lei, alla mia età ebbe una vita come la mia. Inoltre mi spiegò che aveva origini spagnole e che si trasferì in Italia con i nonni a dieci anni.
Pian piano iniziammo ad inoltrarci in discorsi più intimi così mi raccontò di Stefano, suo marito ormai defunto. Mi disse che lo conobbe a ventisei anni, si sposarono poi molto presto e aprirono un maneggio insieme. Condussero una vita fatta di sacrifici ma felice finché lui, durante una escursione in montagna, non cadde, scivolando da un dirupo circa dieci anni prima.
Entrammo presto in confidenza, lei era una tipa piuttosto alla mano, solare e scherzosa. Ormai però l'ora si era fatta tarda e il sole del tutto scomparso dietro le colline così Rosa mi invitò a rimanere per cena.
«Sara, perché non rimani qui stasera? Ho preparato uno stufato di patate e verza, sono anche pronta ad offrirti un buon chianti»
Vista l'ora mi sentii tentata ad accettare l'offerta e così feci.
«Certo, perché no!» Risposi «Dopotutto credo che rientrare a pancia piena sia una buona idea»
«Perché non ti fermi per la notte? Non ho una stanza degli ospiti ma posso farti accomodare sul divano»
Feci una botta di conti al volo e considerato che ero da sola e che a casa non mi aspettava nessuno accettai anche la sua seconda offerta.
«Beh, Rosa, se non ti creo disturbo si, accetto il tuo invito»
«Ma quale disturbo, non capita tutti i giorni che una bella ragazza dai capelli rossi come te venga a farmi visita»
Rosa entusiasta aggiunse «Vedrai, starai bene, e poi almeno per una sera non parlerò solo con i cavalli ahahah!»
Erano circa le sette e trenta di sera e la mia nuova amica mi fece fare un giro per la casa, mi mostrò il bagno, mi diede degli asciugamani così ne approfittai per darmi una rinfrescata.
Mi diedi una rapida sistemata e tornai al piano di sotto dove nel mentre Rosa aveva già apparecchiato e riempito i bicchieri col vino.
Mi sedetti nuovamente e poco dopo servì la cena. Ero piuttosto affamata e stanca, divorai il mio piatto in men che non si dica e non dimenticai di buttar giù due o tre bicchieri.
«Fortuna che ti ho dato da mangiare, a casa non saresti arrivata»
Rosa era felicemente compiaciuta del fatto che avessi apprezzato la cena.
«Si, grazie infinite, ne avevo proprio bisogno, il tuo stufato è splendido!»
Ricominciammo a parlare del più e del meno, così mi chiese della mia vita sentimentale e le spiegai che in realtà era piuttosto piatta e insipida e che più di qualche avventura non riuscivo ad avere e sopratutto le raccontai del fatto che ero solita andare a letto con partner femminili.
«Ma come sei single? Sei così giovane e sexy! Farai perdere la testa a più di qualche ragazza»
«Loro magari la perdono la testa, sono io che non la perdo, diciamo piuttosto che è la mia libido che perde la testa».
Così Rosa mi guardò perplessa e aggiunse ridendo.
«Ma sei proprio una gran maiala allora!»
Scoppiai a ridere come una scema e replicai.
«Si ammetto di avere un appetito piuttosto insaziabile»
«Beh se fai sesso nello stesso modo in cui hai mangiato e bevuto questa sera, lo credo bene. Vuoi altro vino per caso?»
Senza neanche fare in tempo a rispondere mi stava già versando un altro bicchiere.
«Beh forse è meglio che non aggiunga altro allora, non vorrei farti pensare male»
Ovviamene avevo tutta l'intenzione di raccontarle di più, di ciò che combinavo tra gli ulivi e di tutto il resto e, avendo capito che la cosa la interessava particolarmente, alticcia e ormai del tutto disinibita, aspettai impaziente una sua risposta.
«Oh nono, ormai credo di averti inquadrata, voglio sapere di più, assolutamente e non tenerti alcun dettaglio per te!»
Non aspettavo altro.
Presi a raccontarle del vero motivo per cui mi trovavo li o meglio di come io ci fossi arrivata. Lei mi guardava curiosa e mi invitò a fare due passi fuori e così, mentre mi lasciavo andare in racconti di autoerotismo, ulivi e coleotteri vari, mi ritrovai a passeggiare in compagnia di Rosa, sul sentiero brecciato verso il recinto di Tom.
Mi appoggiai alla staccionata, il pony era ancora lì che scorrazzava nonostante l'ora tarda. Si avvicinò e lo accarezzai sul muso e sulle orecchie.
«Sai Sara» Disse Rosa rivolgendo lo sguardo al cielo serale. «Mi ricordi un po' me, come te amo la natura e godere di tutte le sue meraviglie, sai quante volte mi sono ritrovata a passeggiare tra i boschi e lasciarmi andare in piacevoli momenti intimi?» e proseguì «E poi quando c'era Stefano beh, era piuttosto raro consumare un amplesso in casa, spesso e volentieri ci prendevamo nella stalla oppure in montagna, dopo una lunga galoppata, distesi su un prato»
Ero felice di sapere che qualcuno potesse comprendermi, sentivo che c'era del feeling tra noi due.
«Rosa, mi sembra di capire che tra di voi ci fosse un rapporto fisico piuttosto intenso»
E lei «Infatti era così ma c'è dell'altro.»
Non feci in tempo a chiedere spiegazioni che proseguì «Vedi, quando accennavo al mio rapporto con la natura, intendevo che era piuttosto stretto, davo e prendevo molto di più di quando non faccia tu, non ancora almeno.»
«Cosa intendi?» Chiesi perplessa.
«Non ne avrei fatto parola se tu non mi avessi raccontato della tua esperienza con quel cervo volante qualche ora fa.» Fece una lunga pausa e io non aggiunsi parola. «Ecco, Stefano era tutto per me come uomo ma il suo corpo non mi bastava e così, col passare del tempo i nostri cavalli hanno iniziato ad assumere un aspetto piuttosto attraente»
Senza parole replicai «Non vorrai dire che...»
Si esatto, aggiunse lei.
«In accordo con mio marito, che spesso mi aiutava e incitava, consumavo rapporti intimi con i nostri animali»
E poi mi smontò, continuando dicendo «Se Tom, dietro di te, potesse parlare, te ne potrebbe raccontare delle belle»
Eccitata dall'idea mi girai verso il pony e accarezzandolo sulla fronte esclamai «Beh, ci credo, non mi pare di aver visto un pony femmina!»
Rosa sorrise e proseguì «È addestrato, ancora oggi mi faccio montare da lui, è docile e ormai ha imparato, ti piacerebbe provare?»
Sbiancai sentendo quella proposta. Io!? montata da un pony!? Il mio cuore si fermò per un istante ma poi ripensai a quanto successo poco prima, a tutto il piacere che mi aveva dato quel piccolo insetto, a quanto fosse eccitante essere toccata da un essere vivente che non fosse umano.
Ci pensai un attimo, probabilmente pochi secondi che a me sembrarono una eternità. Alla fine fui sovrastata dall'istinto e risposi con voce quasi rotta «Si, credo che mi piacerebbe provare.»
Allora Rosa, aprì il piccolo cancello in legno e corda che chiudeva il recinto di Tom e mi fece cenno di seguirla.
«Ok, Sara, sono felice che ti vada, per prima cosa spogliati, lascia pure il tuo vestito sulla staccionata.»
Iniziai un po' imbarazzata a seguire le sue istruzioni ed presi ad abbassare le spalline e a tirare giù la mia veste. La lasciai scivolare lungo il mio corpo e infine cadere ai miei piedi, restando del tutto nuda, in balia della leggera brezza serale, di Rosa e di Tom.
Lei raccolse il mio indumento e lo adagiò sulla recinzione. Poi rivolgendosi a me «Accidenti sei proprio bella, adoro i tuoi capezzoli a punta, freschino eh? ahah» Io arrossendo sussurrai un grazie, al che lei rincarò la dose «E che topina deliziosa che hai, senza neanche un pelo, a Tom piacerà di certo!»
Ribattei «Beh spero di non deluderlo allora!»
«Oh Sara, non preoccuparti, vedrai, andrà tutto bene, ti piacerà!» e così iniziammo.
«Ok, allora per prima cosa avvicinati a lui, lascia che ti annusi per bene e non preoccuparti se tende a leccarti i capezzoli, non morde.»
Feci come mi aveva detto, tesa come una corda e un po' infreddolita mi avvicinai a Tom che subito prese ad annusarmi e presto detto stava leccando i miei capezzoli. Il suo respiro caldo e un po' frenetico mi aiutarono a rilassarmi e in breve iniziai a sciogliermi. La sua lingua sulla mia pelle era rugosa, bavosa, bollente e in un attimo i miei seni erano ricoperti della sua saliva.
«Ok Sara» Intervenne Rosa «Sembra che Tom sia interessato, non ci avrei giurato al cento per cento ma sembra che tu gli piaccia, possiamo spingerci un po' oltre direi»
Mi indicò di scendere sotto di lui, era arrivato il momento di farlo eccitare sul serio, così seguendo le sue istruzioni mi inginocchiai sull'erba fresca e con la mano sinistra presi ad accarezzarlo sotto la pancia e iniziando dall'addome cominciai a raggiungere il suo cazzo ancora retratto.
Mi sistemai un po' meglio, pur sempre in ginocchio mi misi quasi a sedere, l'erba solleticava la mia fica, che stava iniziando già a secernere i suoi succhi e, con essa, solleticava anche il mio sedere e la sua intima entrata.
Rosa che seguiva attentamente i movimenti miei e di Tom continuò a suggerirmi cosa fare.
«Sara, ora si è abituato alla tua presenza, puoi iniziare a prendere il suo cazzo tra le mani.»
Così feci e delicatamente iniziai a massaggiare quel suo membro ancora dormiente. Poco a poco, grazie al mio tocco e il mio calore iniziò a fare capolino gonfiandosi sempre di più. Quando ancora non si era eretto del tutto Rosa mi invitò a provare a prenderlo in bocca e io non me lo feci ripetere, stava per aggiungere di farlo solo se me la fossi sentita ma non le diedi tempo di pronunciare quelle parole che lo avevo già tra le labbra. Riuscii a prenderlo in bocca solo a tratti, sopratutto poi quando raggiunse la sua massima erezione proprio mentre lo stavo affondando infondo al mio palato colmando così la mia bocca. Dopo, ahimè, divenne un problema continuare il mio pompino equino. Continuai però a masturbarlo e più andavo avanti più Tom si agitava e lì per lì non capivo se stesse provando piacere e se fosse infastidito ma Rosa mia rassicurò che in verità stava iniziando a godere del mio servizio.
Ero eccitata, il cazzo di Tom aveva un sapore selvaggio, testosteronico, piuttosto intenso ma gradevole.
Andai avanti per almeno cinque o sei minuti e io intanto ero completamente bagnata e, con una mano fissa sul suo membro, presi ad affondare due dita dell'altra, intrisa del suo odore, tra le mie grandi labbra.
«Sarà stai facendomi eccitare» Commentò Rosa «E ti dirò che ho quasi voglia di prendere il tuo posto ma mi tratterrò.»
Con le mie due dita raccolsi i miei umori e lubrificai il cazzo del pony che poi presi a leccare avidamente.
Rosa saldamente piantata dietro di me, si accovacciò e da sotto il mio sedere, con una mano, mi penetrò a sua volta. «Bene Sara, direi che sei fin troppo bagnata, che ne dici se ti aiuto a farti montare?»
Annuii e così, sempre seguendo le sue indicazioni mi misi sotto l'animale a quattro zampe, tendendo il petto basso al suolo e il sedere quando più in alto possibile. Rosa allora si accovaccio ancora una volta dietro di me e, tenendo sempre una mano sul sedere di Tom cominciò a farmi un ditalino col lo scopo di raccogliere i miei umori e continuare a lubrificare il cazzo del pony e così una volta pronto lo portò in posizione poggiando la punta sull'ingresso della mia fica. Non credevo che sarei mai potuta essere penetrata da un tale pezzo di carne e diavolo, sentivo che solo con la cappella copriva l'intera superficie della mia passera.
Rosa allora iniziò a massaggiare il mio sesso con quel cazzo bestiale, potei sentirlo scorrere tra le mie labbra sfregando pesantemente sul clitoride. Sussultai di piacere.
Lasciai che Rosa facesse il suo continuando a stuzzicarmi. Così i minuti passarono e più il tempo correva più diventavo impaziente. Mi lasciai scappare qualche gemito sordo, qualcuno volutamente un po' più vivace. Rosa così intuì che ero pronta. «Ok Sara, ora cerca di rilassarti e non opporre resistenza altrimenti potrebbe diventare spiacevole per entrambi.»
Girai il capo verso di lei, con occhi socchiusi e voce flebile feci cenno che avevo capito e che poteva andare avanti.
Non perse tempo e lentamente lei inizio a spingere la punta del cazzo di Tom contro le porte della mia fica. Senza stupore da parte di entrambe, non voleva proprio saperne di entrare così Rosa commentò «La tua è una topina timida tesoro, è stretta come il culo di un'oca ma non preoccuparti che ci penso io, entrerà oh si che entrerà».
Non si diede per vinta, lentamente iniziò a guadagnare terreno e passo dopo passo, finalmente lo sentii oltrepassare quel varco iniziale tanto stretto per poi sprofondare tutto d'un fiato dentro di me schiantandosi con forza contro la mia cervice. Afferrai con entrambe le mani un ciuffo d'erba lasciandomi scappare un lungo,sordo e forte gemito a denti stretti. Non provai molto dolore, era piuttosto sopportabile ma questo fintanto che cercava di farsi strada lungo quel caldo tunnel. Dopo potei solo avvertire un enorme senso di pienezza, sentivo come se un ferro ardente stesse cercando di esplodermi dall'interno.
Rosa con aria soddisfatta si lasciò andare in un ghigno maliziato «mhmm mhmm, alla fine la puledra è stata domata, dovremmo lavorarci un po' su ma direi che ho trovato un nuovo fodero per la spada di Tom»
Non potei trattenermi dal ridere, così aggiunsi «Già, e ora chi tirerà fuori la spada dalla roccia?»
«Tirare fuori? Di già!? con tutta la fatica che ho fatto!? Non ci penso neanche!» Così Rosa si rimise in piedi, diede due colpetti sul culo del pony che prese a scoparmi con forza.
Ad ogni spinta mi schiacciava al suolo, Tom sbuffafa affannato ma non dava segno di volersi quietare e insistette ancora e ancora. Mi sentivo impotente, preda di quella bestia ormai fuori controllo, la mia fica era un fuoco e ardeva in un turbinio di sensazioni contrastanti, dolore, piacere. Rosa mi incitava a non trattenermi e ad urlare a pieni polmoni se ne avessi sentito il bisogno, tanto non mi avrebbe sentita nessuno. Iniziai a gemere e ad ansimare come mai avevo fatto prima ma poi cedetti sotto ai colpi incessanti di Tom che, uno dopo l'altro, misero a dura prova il mio gracile corpo.
Fortunatamente la mia assistente, particolarmente attenta alla situazione, con maestria, riportò all'ordine la bestia che si fermò di colpo restando però saldamente piantato dentro di me.
Rosa allora torno ad accovacciarsi dietro di me domandando soddisfatta «Ehi, sei ancora tutta intera?»
ed io «Beh lo spero proprio, sembrava volesse spaccarmi in due, credo dovranno trapiantarmi una cervice nuova!»
«Ma no sciocchina» Replicò lei. «Ora però prova a stringere Tom dentro di te»
Non me lo feci ripetere e presi ad eseguire quell'insolito esercizio di kegel insolitamente piacevole. Tanto ero stanca e colma di quel cazzo che si rivelò piuttosto difficile contrastare la pressione che lui esercitava dal mio interno ma insistetti e dopo qualche tentativo domandai «Rosa, come mi accorgo se viene?» e lei «Oh piccola, quando lo farà te ne...».
Non fece in tempo a finire che sentii la mia cavità vaginale invasa da qualcosa di estremamente caldo che in fretta si espanse verso l'esterno.
«Ecco ci siamo» continuò Rosa, «Vai avanti così Sara, finché non lo avrai svuotato del tutto!» .
Io non mi fermai continuando le mie contrazioni ed una dopo l'altra i fiotti di sperma si susseguirono copiosi fino a riempirmi definitivamente tanto da non poter più trattenerne anche solo una goccia in più. Così, come un fiume in piena, tracimai e quella cala sborra prese a colare tra le mie cosce e lungo il mio ventre raggiungendo i miei seni. Alla fine Tom ritrasse il suo cazzo ormai prosciugato e si allontanò di qualche metro. Allora io potei finalmente distendermi di schiena sul prato a gambe aperte mentre dalla mia fica continuavano a fuoriuscire rivoli di sperma misti ai miei umori. Rosa, di fronte a me, seduta tra le mie gambe, mi solleticò un piede e, allungando una mano tra le mie gambe, mi penetrò con due dita, si spinse fino in fondo ed esclamo «Direi che hai tutte le cose al loro posto!» Sghignazzò compiaciuta, rigirò un paio di volte le sue dita dentro di me e le portò alla sua bocca succhiandole avidamente. «Niente male direi, hai fatto proprio un ottimo lavoro!» A quel punto incuriosita, con un dito raccolsi gli ultimi rimasugli di sperma sulla mia fica e assaggiai l'orgasmo di Tom.
Non mi piacque un granché all'inizio ma poi ci presi gusto e come Rosa ne cercai dell'altro tra le mie grandi labbra.
Alla fine la mia fidata istruttrice mi aiutò a rimettermi in piedi, mi passò un braccio intorno al collo e mi accompagnò dentro casa recuperando il mio vestitino. Una vola dentro mi appoggiai al massiccio tavolo della cucina e raggiunto il divano mi ci lasciai cadere sopra. Ero estenuata, sporca, bagnata e odoravo di cavallo sudato. Dopo essermi ripresa, mentre Rosa preparava una tisana rilassante, andai a fare una doccia e lavando via le ultime tracce di quanto appena avvenuto mi rattristai un po' come se volessi conservare un ricordo materiale di quel momento. «Ahimè» pensai «resterà solo un ricordo».
Mi ricomposi e tornai di sotto, Rosa mi aspettava seduta sulla poltrona, mi invitò a distenderti nuovamente sul divano e a sorseggiare la sua bevanda calda. Quella sera stava diventando piuttosto fredda ed io, ancora nuda e con solo un asciugamento che mi avvolgeva i capelli, mi lasciavo coccolare dal tepore del fuoco nel camino.
Non sapevo esattamente cosa dire, provavo pace, mi sentivo appagata benché non fossi arrivata all'orgasmo, non ancora almeno.
Fu Rosa a rompere il silenzio per prima «Allora Sara, spero non sia stato troppo per te, sicuramente più di quanto avresti mai sognato di provare ma te la sei cavata egregiamente.»
Io la ascoltavo con una espressione fiera, quasi da campionessa.
«Certo, la tua è ancora una topina giovane e inesperta, non come la mia ovviamente ahahah!»
«Beh immagino che la tua ne abbia di storie da raccontare» Replicai io.
«Fin troppe, tante che Tom quasi non lo sento più! Pensa che mio marito mi convinse a farmi montare da uno stallone purosangue. E sapessi quanto era grande, dopo pochi colpi dovetti rinunciare e così lo finii con un pompino»
Non che fossi stupefatta della cosa, ormai ero pronta a sentire di tutto però era comunque impressionante.
«Certo, immagino come ti abbia ridotta alla fine, una cascata di sperma ahaha!»
Rosa, socchiuse gli occhi e sottovoce, con una finta aria affranta, rispose.
«Già, non credo di averne mai vista tanta e pensa che comunque di monte naturali ne ho viste a decine».
La serata proseguì con i racconti di storie passate, narrando di scopate e di una infinità di pompini. Inutile dire che alla lunga la cosa riaccese un certo fuoco nel mio basso ventre e non meno in quello di Rosa che con disinvoltura infilò una mano sotto i suoi pantaloncini e cominciò a masturbarsi. Le sorrisi e dolcemente le chiesi a cosa stesse pensando. Lei con naturalezza e con voce carica di piacere ripose che stava pensando a me, schiacciata contro il suolo sotto i colpi di Tom, e aggiunse testualmente, «Alla burrosità della mia fica quando mi penetrò con le sue dita la prima volta» . Concluse però che le mancava immaginarmi durante il mio orgasmo al quale non aveva assistito e così mi domandò se potessi regalargliene uno. Lo chiese con tanta dolcezza che mi sciolsi al punto di commuovermi e non potei certo dirle di no. Così mi lasciai andare e stringendo il mio seno sinistro, scesi con la mano destra tra le mie gambe e le mie dita si fecero strada, scivolando tra le labbra già inumidite, dentro di me. Il palmo della mano premuto sul clitoride mentre con il bacino ondeggiavo su e giù contro la mia mano. Pian piano il piacere prese a crescere nuovamente e con il mio anche quello di Rosa che guardavo mentre ansimava a ritmo con me. Era un crescendo di gemiti e di turbinii di dita che si muovevano frenetiche nei nostri sessi finché non raggiunsi il culmine ed il mio orgasmo montò sovrastando il mio corpo facendomi contorcere da un assoluto piacere che covavo sin da quel pomeriggio a cui il via lo aveva dato quel magnifico cervo volante.
Rosa non si perse un singolo istante e resistette fino a che io non lasciai andare l'ultimo e intenso sospiro. E poi venne, con un urlo deciso e ben piazzato che mi fece sussultare. Restammo a guardarci per un po, lei scrutava il mio corpo con sguardo affamato, poi guardandomi negli occhi disse «Magari un'altra volta, ora devi riposare»
Si alzò dalla poltrona, adagiò su di me una copertina leggera e accarezzandomi i capelli mi diede la buona notte così salì al piano di sopra. Io mi addormentai poco dopo, ormai priva di forze caddi in un sonno profondo accompagnata dallo scoppiettio delle braci che iniziavano a spegnersi.
scritto il
2022-04-24
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