Come una coppia sposata mi ha scatenato la libidine. Storia bisex al di là del pregiudizio. Puntata n°1
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genere
bisex
Oriana era stata un incontro fuggevole, ma indimenticabile, nella mia vita. Era l’estate dei nostri diciotto e lei arrivò nel mio paesino di mare insieme ai genitori, come una dei tanti turisti che ad agosto affollano le nostre spiagge. Era alta Oriana, con i capelli colore del grano che danza nel vento il giorno prima della mietitura e con grandi occhi smeraldo, nei quali era impossibile non perdersi. Aveva gambe lunghissime, magre e dritte, culminanti in un sedere formoso, e seni dritti e regolari, con capezzoli a punta, difficili da nascondere sotto i succinti abiti estivi.
La prima volta ci incontrammo in un chiosco vicino al mare. Io la guardavo incredulo, quasi rapito, ma fu lei ad “attaccare bottone” e così cominciarono giorni lunghi, eppure brevissimi, fatti di mattinate in spiaggia e serate in giro per il paese, nel quale io, che ci ero nato, mi atteggiavo a sapiente guida indigena per fare colpo sulla sua bellezza.
Per fortuna, Oriana non era una che perdeva tempo, e così iniziammo ben presto a limonare sulle panchine, masturbarci a vicenda sulla mia Panda nei parcheggi meno frequentati della zona, e a completare l’opera in una vecchia mansarda di famiglia, di cui fortunatamente avevo le chiavi.
Lei nell’amore non era molto esperta, aveva avuto sì e no un paio di ragazzi, ma aveva una propensione naturale per il sesso, nel quale si esprimeva con gioia belluina e calma, senza timori né pudori, unicamente orientata al piacere, proprio e del proprio compagno d’avventure.
Ma, come tutte le cose belle, quell’agosto finì in fretta, e Oriana tornò alla sua grande città, tanto vicina da alimentare speranze, ma abbastanza lontana da rendere impossibile un vero rapporto sentimentale; soprattutto a quell’età, con una Panda scassata da dividere con mia sorella come unico mezzo di trasporto, le tasche vuote e la testa che si perdeva nel desiderio ogni volta che incrociavo una ragazza per strada.
Oltretutto, lei ben presto prese a frequentare un certo Claude, un ragazzo francese da poco trasferitosi in Italia, dal fisico statuario e la pelle ebano. Lui stava lì, a due passi, nel suo stesso quartiere, e io non potevo competere, e forse neppure mi sognavo di farlo, preso com’ero dalle mille cose della mia età.
E così ci allontanammo, pur rimanendo in contatto, ma ben presto i rapporti si ridussero a una chiamata per Natale e una per i rispettivi compleanni. Altre estati occupavano la mente di entrambi…E così fui stupito quando, dieci anni dopo, in una piovosa serata di marzo che non faceva neppure sospettare che vi sarebbe stata ancora un’estate, comparve sul display del mio telefono il nome di Oriana, insieme al solito trillo fastidioso, che mi ricordava ancora una volta l’urgenza di cambiare suoneria. Era proprio lei, che dopo brevi preamboli di rito (non eravamo mai stati amanti delle formalità!) mi annunciava che quell’estate sarebbe tornata in vacanza nel mio paese, in quelle strade che sapevano tanto di noi. Sarebbe venuta già i primi giorni di agosto, da sola, in una casa a poche centinaia di metri dalla mia che aveva preso in affitto per la stagione. Pochi giorni dopo l’avrebbe raggiunta Claude, ormai suo marito da un anno.
La notizia mi rese felice. Si trattava davvero di un regalo inaspettato della sorte, specie per un single come me, che avrebbe potuto rievocare con lei quegli antichi giorni, approfittando della momentanea assenza di Claude, senza che nessuna potesse avere minimamente da ridire. Se avremmo solo rievocato o anche rinverdito gli antichi fasti, questo ce lo avrebbe detto il vicino futuro.
Poi finalmente arrivò l’estate. Andai a prendere Oriana alla stazione del treno, bella come sempre, sensuale più che mai, nel fiorire maturo dei suoi ventotto anni. I sorrisi e gli abbracci non mancarono e per quei primi giorni senza Claude fummo inseparabili. Ci incontravamo in spiaggia al pomeriggio, finito il lavoro, nell’ora in cui i raggi del sole estivo smettono di mordere la pelle e iniziano ad accarezzarla, e lei era come una dea nei suoi costumini striminziti che appagavano l’immaginazione più che stimolarla. Più tardi, dopo esserci separati per fare la doccia e indossare qualcosa, andavamo a divertirci nei locali per poi perderci nelle spire fresche della notte.
Una sera, con una scusa che lei finse di bersi, la portai in auto in uno dei nostri posticini appartati e lei mi baciò con passione, come sempre prendendo lei l’iniziativa, e mi fece una sega dolce e furiosa con la mano che portava la fede. Non appena fui venuto, feci per ricambiarle la gentilezza, ma lei mi fermò subito con aria seria e mi disse: «Basta! Abbiamo fatto già troppo! Quello che ti ho fatto era in nome dei vecchi tempi e per dimostrarti che apprezzo la tua gentilezza, ma ora sono una donna sposata e non mi faccio toccare da nessuno in assenza di Claude. Se lo facessi sarebbe un tradimento, e non potrei guardarlo più in faccia, e neppure guardare me stessa.».
Le sue parole mi lasciarono interdetto, e dubbioso. Non è che non mi attendessi che mi avrebbe fermato, presto o tardi, in nome del matrimonio, ma non capivo bene che volesse dire «in assenza di Claude». Forse con Claude presente mi avrebbe lasciato fare? O le era solo scappata una frase infelice? In un attimo optai per la seconda ipotesi, e comunque non mi sentivo nella posizione di fare domande di quel genere. Perciò me ne uscii con un «Sì, scusa, certo…» goffo e costernato, e la riaccompagnai a casa senza ulteriori avances. In ogni caso, non mi parve arrabbiata, perché al momento di scendere dall’auto per salire nel suo appartamento, mi salutò con un largo sorriso dei suoi occhi profondi.
Due giorni dopo arrivò Claude, perfetto come un David nel suo fisico scolpito e quasi glabro, con quel sorriso aperto di denti bianchi, in riga come un gruppo di marinai, che ti disarmava, impedendoti di provare antipatia. Pensavo che questo avrebbe segnato la fine dei miei giorni con Oriana; ma mi sbagliavo. Infatti furono loro stessi, per bocca di lui, a invitarmi al mare al solito orario del pomeriggio, per passare un po’ di tempo insieme.
Quel pomeriggio io cercai di comportarmi da bravo amico, costringendomi a sollevare lo sguardo per non guardare le forme che il costume di Oriana mi metteva generosamente sotto gli occhi. Tuttavia, quando giunse l’ora di ritirarsi, Oriana, con l’evidente assenso di Claude, mi disse di salire da loro per mangiare qualcosa. Noi due saremmo saliti a preparare, mentre Claude, che quel pomeriggio non aveva fatto il bagno e quindi non aveva da togliersi il sale di dosso, sarebbe passato a comprare qualcosa per la cena.
Non volevo essere scortese, e poi mi piaceva troppo stare con Oriana, e così accettai. Salimmo su per la scala, con lei davanti a fare strada, esibendo, più o meno involontariamente, il suo fantastico fondoschiena, ben poco coperto dal costume. Entrammo e lei mi portò in bagno per mostrarmi la doccia e dove potessi appoggiare le cose per cambiarmi il costume e tutto il resto. Poi uscì.
Non so il perché, ma non chiusi la porta a chiave, o meglio lo so benissimo: la confidenza che, malgrado gli anni trascorsi, c’era ancora tra me e lei mi faceva percepire quel gesto come ridicolo. Quindi mi spogliai, aprii la doccia e mi ci misi sotto, dando le spalle alla porta. Passarono appena pochi secondi, poi sentii qualcosa di morbido premere contro la mia schiena. Era Oriana, che si era spogliata e, nuda, mi aveva raggiunto sotto l’acqua. Non perse tempo in convenevoli, e dandomi piccoli baci sulla schiena, impugnò il mio pene e si mise a menarlo. Entrai in uno stato difficile da descrivere. Quasi di trance. Dalla mia mente scomparvero Claude, la cena, il suo matrimonio, tutto! Fummo solo io e lei, senza tempo, senza luogo, senza nulla. Poi lei chiuse l’acqua, mi fece voltare col fianco alla porta della stanza, si mise in ginocchio sul piatto della doccia, mi fissò coi suoi occhi grandi e prese la mia cappella in mezzo alle sue labbra carnose lavorandola con abile dolcezza. Chiusi gli occhi, rapito da tanto piacere, e mi abbandonai alle sensazioni che mi stava dando. Poi li riaprii. Lei succhiava la mia cappella, poi la liberava dalla sua stretta, mi alzava il cazzo con una mano e mi leccava le palle per poi di nuovo tornare alla punta. Ero eccitato come una bestia e il mio uccello, sottoposto a quella piacevole tortura, stava diventando sempre più grosso e teso. A un certo punto, non so perché, forse a causa di qualche rumore, mi voltai e quello che vidi mi sconvolse. La porta del bagno era aperta e appena oltre la soglia c’era Claude col suo grande cazzo che schizzava fuori dai pantaloncini abbassati, che si segava beato guardandoci.
Per un attimo non capii più niente, poi Oriana, comprendendo il mio sgomento, mi disse di non preoccuparmi, che a Claude piaceva guardare e che, se io lo avessi lasciato fare, lei sarebbe stata felice di darmi tutto il suo corpo. Mentre diceva queste parole, usciva dalla doccia e si asciugava con un accappatoio bianco. Quindi mi porse un asciugamano e fece strada in direzione della cucina-soggiorno. Io la seguii perplesso, con Claude alle spalle. Arrivati lì, lei si appoggio a novanta sul tavolo, sollevò l’accappatoio scoprendosi il culo e, voltandosi verso di me, mi disse: «Allora, vieni a farmi compagnia o preferisci andare a casa?». Il suo richiamo fu per me irresistibile, come un magnete per un ammasso di ferro. Così mi avvicinai, le sfilai l’accappatoio e iniziai a farmi strada col mio fallo nella sua fica bagnata.
La cavalcavo con forza e desiderio, strappandole gemiti e mugolii di piacere. Intanto Claude aveva preso una sedia e si era seduto vicino a noi, sul fianco, e da quella posizione guardava il mio cazzo entrare nella fica della moglie, masturbandosi senza né fretta né ritegno. Quando il ritmo accelerò, Oriana iniziò a esibirsi in porcate, dicendo: «Scopami Filippo! Scopami senza limiti! Fai vedere a mio marito quanto cazzo è cornuto!». Io allora, mentre la penetravo, iniziai a massaggiarle la clitoride e lei venne in poco tempo trattenendo le grida. Quindi si inginocchiò di nuovo, prese il mio cazzo in mano e, segandolo furiosamente, si fece venire in faccia in pochi attimi. A quel punto Claude, coinvolto al massimo dalla scena, si avvicino alla moglie e le venne in viso anche lui, disegnandole sul volto una maschera bianca.
Dopo la nostra performance ci ripulimmo e consumammo la cena. Oriana e Claude tentarono di tenere viva la conversazione, ma io avevo troppi pensieri in testa per contribuire. Così, appena potei, mi accomiatai e tornai a casa (continua).
P.s. Fatti, cose, luoghi e persone sono il frutto esclusivo della fantasia dell’autore. Ogni eventuale riferimento alla realtà è, pertanto, da ritenersi puramente accidentale.
La prima volta ci incontrammo in un chiosco vicino al mare. Io la guardavo incredulo, quasi rapito, ma fu lei ad “attaccare bottone” e così cominciarono giorni lunghi, eppure brevissimi, fatti di mattinate in spiaggia e serate in giro per il paese, nel quale io, che ci ero nato, mi atteggiavo a sapiente guida indigena per fare colpo sulla sua bellezza.
Per fortuna, Oriana non era una che perdeva tempo, e così iniziammo ben presto a limonare sulle panchine, masturbarci a vicenda sulla mia Panda nei parcheggi meno frequentati della zona, e a completare l’opera in una vecchia mansarda di famiglia, di cui fortunatamente avevo le chiavi.
Lei nell’amore non era molto esperta, aveva avuto sì e no un paio di ragazzi, ma aveva una propensione naturale per il sesso, nel quale si esprimeva con gioia belluina e calma, senza timori né pudori, unicamente orientata al piacere, proprio e del proprio compagno d’avventure.
Ma, come tutte le cose belle, quell’agosto finì in fretta, e Oriana tornò alla sua grande città, tanto vicina da alimentare speranze, ma abbastanza lontana da rendere impossibile un vero rapporto sentimentale; soprattutto a quell’età, con una Panda scassata da dividere con mia sorella come unico mezzo di trasporto, le tasche vuote e la testa che si perdeva nel desiderio ogni volta che incrociavo una ragazza per strada.
Oltretutto, lei ben presto prese a frequentare un certo Claude, un ragazzo francese da poco trasferitosi in Italia, dal fisico statuario e la pelle ebano. Lui stava lì, a due passi, nel suo stesso quartiere, e io non potevo competere, e forse neppure mi sognavo di farlo, preso com’ero dalle mille cose della mia età.
E così ci allontanammo, pur rimanendo in contatto, ma ben presto i rapporti si ridussero a una chiamata per Natale e una per i rispettivi compleanni. Altre estati occupavano la mente di entrambi…E così fui stupito quando, dieci anni dopo, in una piovosa serata di marzo che non faceva neppure sospettare che vi sarebbe stata ancora un’estate, comparve sul display del mio telefono il nome di Oriana, insieme al solito trillo fastidioso, che mi ricordava ancora una volta l’urgenza di cambiare suoneria. Era proprio lei, che dopo brevi preamboli di rito (non eravamo mai stati amanti delle formalità!) mi annunciava che quell’estate sarebbe tornata in vacanza nel mio paese, in quelle strade che sapevano tanto di noi. Sarebbe venuta già i primi giorni di agosto, da sola, in una casa a poche centinaia di metri dalla mia che aveva preso in affitto per la stagione. Pochi giorni dopo l’avrebbe raggiunta Claude, ormai suo marito da un anno.
La notizia mi rese felice. Si trattava davvero di un regalo inaspettato della sorte, specie per un single come me, che avrebbe potuto rievocare con lei quegli antichi giorni, approfittando della momentanea assenza di Claude, senza che nessuna potesse avere minimamente da ridire. Se avremmo solo rievocato o anche rinverdito gli antichi fasti, questo ce lo avrebbe detto il vicino futuro.
Poi finalmente arrivò l’estate. Andai a prendere Oriana alla stazione del treno, bella come sempre, sensuale più che mai, nel fiorire maturo dei suoi ventotto anni. I sorrisi e gli abbracci non mancarono e per quei primi giorni senza Claude fummo inseparabili. Ci incontravamo in spiaggia al pomeriggio, finito il lavoro, nell’ora in cui i raggi del sole estivo smettono di mordere la pelle e iniziano ad accarezzarla, e lei era come una dea nei suoi costumini striminziti che appagavano l’immaginazione più che stimolarla. Più tardi, dopo esserci separati per fare la doccia e indossare qualcosa, andavamo a divertirci nei locali per poi perderci nelle spire fresche della notte.
Una sera, con una scusa che lei finse di bersi, la portai in auto in uno dei nostri posticini appartati e lei mi baciò con passione, come sempre prendendo lei l’iniziativa, e mi fece una sega dolce e furiosa con la mano che portava la fede. Non appena fui venuto, feci per ricambiarle la gentilezza, ma lei mi fermò subito con aria seria e mi disse: «Basta! Abbiamo fatto già troppo! Quello che ti ho fatto era in nome dei vecchi tempi e per dimostrarti che apprezzo la tua gentilezza, ma ora sono una donna sposata e non mi faccio toccare da nessuno in assenza di Claude. Se lo facessi sarebbe un tradimento, e non potrei guardarlo più in faccia, e neppure guardare me stessa.».
Le sue parole mi lasciarono interdetto, e dubbioso. Non è che non mi attendessi che mi avrebbe fermato, presto o tardi, in nome del matrimonio, ma non capivo bene che volesse dire «in assenza di Claude». Forse con Claude presente mi avrebbe lasciato fare? O le era solo scappata una frase infelice? In un attimo optai per la seconda ipotesi, e comunque non mi sentivo nella posizione di fare domande di quel genere. Perciò me ne uscii con un «Sì, scusa, certo…» goffo e costernato, e la riaccompagnai a casa senza ulteriori avances. In ogni caso, non mi parve arrabbiata, perché al momento di scendere dall’auto per salire nel suo appartamento, mi salutò con un largo sorriso dei suoi occhi profondi.
Due giorni dopo arrivò Claude, perfetto come un David nel suo fisico scolpito e quasi glabro, con quel sorriso aperto di denti bianchi, in riga come un gruppo di marinai, che ti disarmava, impedendoti di provare antipatia. Pensavo che questo avrebbe segnato la fine dei miei giorni con Oriana; ma mi sbagliavo. Infatti furono loro stessi, per bocca di lui, a invitarmi al mare al solito orario del pomeriggio, per passare un po’ di tempo insieme.
Quel pomeriggio io cercai di comportarmi da bravo amico, costringendomi a sollevare lo sguardo per non guardare le forme che il costume di Oriana mi metteva generosamente sotto gli occhi. Tuttavia, quando giunse l’ora di ritirarsi, Oriana, con l’evidente assenso di Claude, mi disse di salire da loro per mangiare qualcosa. Noi due saremmo saliti a preparare, mentre Claude, che quel pomeriggio non aveva fatto il bagno e quindi non aveva da togliersi il sale di dosso, sarebbe passato a comprare qualcosa per la cena.
Non volevo essere scortese, e poi mi piaceva troppo stare con Oriana, e così accettai. Salimmo su per la scala, con lei davanti a fare strada, esibendo, più o meno involontariamente, il suo fantastico fondoschiena, ben poco coperto dal costume. Entrammo e lei mi portò in bagno per mostrarmi la doccia e dove potessi appoggiare le cose per cambiarmi il costume e tutto il resto. Poi uscì.
Non so il perché, ma non chiusi la porta a chiave, o meglio lo so benissimo: la confidenza che, malgrado gli anni trascorsi, c’era ancora tra me e lei mi faceva percepire quel gesto come ridicolo. Quindi mi spogliai, aprii la doccia e mi ci misi sotto, dando le spalle alla porta. Passarono appena pochi secondi, poi sentii qualcosa di morbido premere contro la mia schiena. Era Oriana, che si era spogliata e, nuda, mi aveva raggiunto sotto l’acqua. Non perse tempo in convenevoli, e dandomi piccoli baci sulla schiena, impugnò il mio pene e si mise a menarlo. Entrai in uno stato difficile da descrivere. Quasi di trance. Dalla mia mente scomparvero Claude, la cena, il suo matrimonio, tutto! Fummo solo io e lei, senza tempo, senza luogo, senza nulla. Poi lei chiuse l’acqua, mi fece voltare col fianco alla porta della stanza, si mise in ginocchio sul piatto della doccia, mi fissò coi suoi occhi grandi e prese la mia cappella in mezzo alle sue labbra carnose lavorandola con abile dolcezza. Chiusi gli occhi, rapito da tanto piacere, e mi abbandonai alle sensazioni che mi stava dando. Poi li riaprii. Lei succhiava la mia cappella, poi la liberava dalla sua stretta, mi alzava il cazzo con una mano e mi leccava le palle per poi di nuovo tornare alla punta. Ero eccitato come una bestia e il mio uccello, sottoposto a quella piacevole tortura, stava diventando sempre più grosso e teso. A un certo punto, non so perché, forse a causa di qualche rumore, mi voltai e quello che vidi mi sconvolse. La porta del bagno era aperta e appena oltre la soglia c’era Claude col suo grande cazzo che schizzava fuori dai pantaloncini abbassati, che si segava beato guardandoci.
Per un attimo non capii più niente, poi Oriana, comprendendo il mio sgomento, mi disse di non preoccuparmi, che a Claude piaceva guardare e che, se io lo avessi lasciato fare, lei sarebbe stata felice di darmi tutto il suo corpo. Mentre diceva queste parole, usciva dalla doccia e si asciugava con un accappatoio bianco. Quindi mi porse un asciugamano e fece strada in direzione della cucina-soggiorno. Io la seguii perplesso, con Claude alle spalle. Arrivati lì, lei si appoggio a novanta sul tavolo, sollevò l’accappatoio scoprendosi il culo e, voltandosi verso di me, mi disse: «Allora, vieni a farmi compagnia o preferisci andare a casa?». Il suo richiamo fu per me irresistibile, come un magnete per un ammasso di ferro. Così mi avvicinai, le sfilai l’accappatoio e iniziai a farmi strada col mio fallo nella sua fica bagnata.
La cavalcavo con forza e desiderio, strappandole gemiti e mugolii di piacere. Intanto Claude aveva preso una sedia e si era seduto vicino a noi, sul fianco, e da quella posizione guardava il mio cazzo entrare nella fica della moglie, masturbandosi senza né fretta né ritegno. Quando il ritmo accelerò, Oriana iniziò a esibirsi in porcate, dicendo: «Scopami Filippo! Scopami senza limiti! Fai vedere a mio marito quanto cazzo è cornuto!». Io allora, mentre la penetravo, iniziai a massaggiarle la clitoride e lei venne in poco tempo trattenendo le grida. Quindi si inginocchiò di nuovo, prese il mio cazzo in mano e, segandolo furiosamente, si fece venire in faccia in pochi attimi. A quel punto Claude, coinvolto al massimo dalla scena, si avvicino alla moglie e le venne in viso anche lui, disegnandole sul volto una maschera bianca.
Dopo la nostra performance ci ripulimmo e consumammo la cena. Oriana e Claude tentarono di tenere viva la conversazione, ma io avevo troppi pensieri in testa per contribuire. Così, appena potei, mi accomiatai e tornai a casa (continua).
P.s. Fatti, cose, luoghi e persone sono il frutto esclusivo della fantasia dell’autore. Ogni eventuale riferimento alla realtà è, pertanto, da ritenersi puramente accidentale.
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