L’s story. Capitolo 36. La fase B
di
Laras
genere
dominazione
[Mi scuso con i lettori, questa volta è necessaria una spiegazione del perché le prove della fase B sono abbastanza crude. Spero che gli esperti del genere apprezzeranno].
Venerdì. Ho dormito male e ho vomitato durante la notte: ho il viso da zombie. Perciò, mi serve più tempo davanti allo specchio: quando scendo il risultato è decente. Mi ha fatto star male quello che ieri Karch mi ha fatto fare (sicuramente su mandato degli altri soci); servire uomini che vedevo per la prima volta e di cui non so nemmeno il nome: a questa cosa terribile, si aggiunga che ho mandato giù tanto seme, quindi mi sento sporca dentro, mi sento una donnaccia.
All’uscita della villa ci sono delle valigie: Balth e Karch stanno uscendo dall’aver fatto colazione. Capisco che van via, crollo in ginocchio, guardo Balth e mi metto a piangere. Lui dice qualcosa al figlio, che mi scatta una foto e mi spiega: “Dovevamo partire qualche giorno fa e mio padre ha voluto rimanere per te, solo per te. Ma ora dobbiamo volare in Medio-Oriente. Non so quando potremo tornare”.
Dal pianto passo al singhiozzo, cerco gli occhi di Balth, lo supplico silenziosa. Karch continua: “Mio padre ha fatto un importante bonifico per il fondo pensione che hai nella comunità. Per sicurezza un importo uguale è stato fatto nel conto corrente per gli affitti delle tue due ville”.
Fanno per andarsene e io cerco di fermarlo, a costo di sembrare una sgualdrina: mi volto, gli offro il sedere che gli piace tantissimo, me lo apro con le manine per cercare di farlo restare, gli sussurro: “No, no, nooo… Io ti amo”. Balth si commuove, si ferma, si abbassa fino al mio viso e mi guarda negli occhi che ora sono verde cupo. Nel suo italiano stentato mi promette: “Io sempre per te… you are always so wet for me… Se problema tu telefona qui [mi dà un biglietto privato] e io vola. I promise”. Vanno. Resto per terra e piango.
Marta era già sveglia, ha preparato le colazioni, sapeva che sarebbero partiti. Mi si avvicina, mi consola, mi asciuga le lacrime: “Ieri notte ho sentito che sei stata male. A Forlì ti hanno picchiata? Cosa è successo?”. Scuoto la testa.
Io: “No, mi han fatto petting molto pesante degli uomini che non conoscevo e di cui neanche so il nome. E Karch ha fatto in modo che io possa rivederli”.
Marta: “Ho capito. Allora è indispensabile che ti istruisca subito. Togli i tacchi e saliamo senza far rumore nella stanza dove erano i greci”.
Giunte là, chiude la porta, sediamo per terra, mi accarezza il viso e mi insegna.
Marta: “Stai calma, ti han comunicato che sei già nella fase B e ieri sera son cominciate le prove. Sconosciuti di cui non sai neanche il nome è un indizio chiarissimo. Ma è un bene, nonostante tu soffra: la fase B è una cosa necessaria. Conoscendoti, ti dico prima di tutto che secondo me non c’è niente che tu non possa superare, anzi, potresti già essere marchiata. Ma, come sai, non decidiamo noi e dobbiamo essere felici di ubbidire, specialmente nelle cose che ci dispiacciono o su cui non siamo d’accordo”.
Approfitto della sua pausa per sussurrarle “Ti voglio tanto bene”.
Marta continua: “Lo so, e anche io te ne voglio. Ma ora ascolta con attenzione e metti in pratica. Se la chiave della prima fase era l’“Ubbidienza”, quella di questa fase è l’“Annullamento”. Se riuscirai a superarla e sarai marchiata dal tuo signore, la parola sarà “Appartenenza”. Ma ora non è il momento, concentrati su ‘annullamento’: è un atteggiamento del nostro cuore che ci serve per amare e desiderare le cose che i padroni decidono. Un esempio: se ho voglia di gelato e Max o un altro padrone mi dice di mangiare patatine, non solo devo mangiarle, ma devo desiderare quelle patatine con tutta la mia volontà. Il mio “io” deve sparire e devo amare la volontà di chi mi guida. Hai capito fin qui?”.
Io: “Credo di sì Marta, spero di sì. Se amo Leòn e lo desidero, ma lui vuole che io desideri un altro, devo impazzire di desiderio per quello che Leòn mi indica. Sì?”.
Marta: “Bravissima, vedi che l’intelligenza ce l’hai anche tu? Andiamo avanti: dovresti aver già capito che, da quando decidiamo di diventare sottomesse siamo valutate in base a tante prove. Pensa a quella di domenica per Romina: soddisfare sessualmente molti uomini. C’è riuscita e ora le permetteranno di cominciare il noviziato e le relative prove”.
Io: “Ma ci sono sempre prove? Cioè, anche per te?”
Marta: “Sì, sempre, altrimenti rischiamo di dimenticare e ridiventare come le altre: presuntuose, orgogliose... e così perdere il nostro padrone, l’uomo al quale abbiamo scelto di dedicare tutta la nostra esistenza. Un esempio per aiutarti a capire: mi hai visto quando Max mi fatto tirare il calesse? Ebbene, io sono una schiava masochista, vuol dire che ho avuto orgasmi mentre correvo, sudavo e mi frustava. Si chiama fare la pony-girl, e quando non me lo fa fare sto male. Ma andiamo avanti: le prove che dovrai sostenere non saranno poche ma nemmeno molte. Si tratterà non più solo di sesso, ma di umiliazione sessuale. Per esempio, nella mia fase B – come ero giovane! -, mi han fatto chiedere a uomini sconosciuti il loro sperma e mi hanno anche fatta prostituire: insomma cosa da sgualdrina ma che son servire ad annullare il mio “io”. Non so cosa dovrai fare tu, lo sanno solo Giovanni, Ercole e il tuo signore. Quindi inutile avere panico: affidiamoci a loro, che ci amano e ci aiutano a diventare più buone. Va bene? Hai domande?”.
Io: “No Marta, credo di aver capito tutto. Non ho più tanta paura, solo un pochino. Ma ho anche un gran desiderio che Leòn sia contento di me. Grazie”.
La giornata passa presto con tante pulizie da fare. Non ripenso alle cose che Marta mi ha insegnato, mi verrebbe mal di testa. Ma le conservo nel cuore. Il pomeriggio mi impegno al massimo nelle lezioni per il fisico: ballo, ginnastica artistica, yoga. Mi sento bene, sono veloce, elastica. Non voglio pensare a quello che mi aspetta e dormo benissimo e tanto.
È sabato, il giorno della misteriosa pizza. Stiamo lucidando il secondo piano, non si finisce mai. Dopo pranzo, Claudio mi si avvicina come per caso e, portatami in disparte dalle altre, mi parla: “Senti, lo sai che ti voglio bene come a una sorella. Ti giuro che in questo nuovo tipo di prove sto cercando di aiutarti, ma le possibilità sono pochissime. Se toccherà a te prepararle per la mia fase B capirai”.
Alle 19:25 siamo davanti a una pizzeria della nostra città. Una normale pizzeria, dove c’è gente normale: nonostante ciò, hanno deciso che devo indossare una microgonna del 20, venti centimetri di lunghezza. Niente ori, pietre, visone. Il resto non cambia: tacchi a spillo, calze sopra al ginocchio, ecc.. Claudio mi dà le ultime istruzioni: “Stasera io faccio la parte del marito cuckold che offre la moglie a un uomo contattato online. Ti giuro che ho scelto il meno peggio: metticela tutta e, mi raccomando, non piangere: davvero non puoi proprio piangere!”.
Si avvicina un uomo, alto circa 175, bruno, veste casual e non è orrendo.
Lui: “Claudio ed Elle? Sono Arturo, piacere di conoscervi”. Ricambiamo saluto e stretta di mano, io ovviamente a occhi bassi e le guance di un bel rosa intenso.
Entriamo e gli uomini scelgono un tavolo in disparte, nell’angolo: devo sedere accanto ad Arturo, Claudio è di fronte a noi. Sedendo, la microgonna sale e sono scoperta praticamente fino ai fianchi. Arturo sorride, non si fa problema a guardarmi in modo diretto, ogni centimetro delle gambe, perizoma e quel che c’è sotto. Guarda Claudio con aria di superiorità: si sente il maschio che deve farmi ciò che mio marito non è capace: “Perfetto, l’hai depilata per me. Preferisco così, ha una figa molto paffutella… dopo la vedrò meglio”. Sono già in ansia.
Ordiniamo e, con l’aiuto della lunga tovaglia, subito dopo mi prende la mano e la porta sul suo sesso: è di fuori, coperto della tovaglia. Lui: “Segami lenta”. Rossa in viso, ubbidisco.
I due uomini parlano tra loro, lui lavora ai servizi cimiteriali, Claudio risponde di essere impiegato amministrativo. A un certo punto, Arturo mette le carte in tavola: “L’ho capito che sei finocchio, ma si era parlato solo di tua moglie, mi spiace. Lei è molto bella e se avete casa libera le darò tanto di quel cazzo che lo ricorderà tutta la vita. A te non prometto niente perché il mio cazzo devi meritartelo”.
Arrogante, volgare, troppo diretto. È questo che mi tocca? Ma resto zitta e cerco di accarezzargli il pene meglio che riesco. Un pene che, per giunta, non è né grosso, né armonioso. Ora lui mi ferma: va a verificare se quella che lui crede sarà la sua nuova conquista è sensibile: manona sulla fessurina e… sì, sono bagnata e mi promuove. “Brava! Hai tanta voglia di un vero maschio, l’ho sentito”.
Arriva la pizza, mangiamo, ma non mi permette di usare forchetta e coltello: una mano la vuole sul suo sesso, che ora è durissimo. Forse pensa che, avendomi sentita bagnata, mi sono innamorata di lui e lascerò Claudio? Mah!
Claudio me la taglia gentilmente e, mentre mangio con la mano libera, Arturo trova il modo di infilare una mano sotto al mio maglioncino a palparmi le tette: “Però: tette piccole, ma capezzoli duri e gonfi! Vedrai che te la faccio passare io le voglie e te le coprirò di sborra!”. Ride. Ma ride solo lui. Io sono solo umiliata e nauseata.
Penso di essermi annullata abbastanza come seconda volta e, infatti, Claudio gioca la nostra carta-salvataggio: “Veramente, non abbiamo la casa libera. Viviamo con altre persone”. Arturo fa una faccia tra il furibondo e il deluso: “Ma allora sei deficiente, non sai niente di come devi comportarti se vuoi che ti sbattano la moglie? Stai tranquillo, che il modo per sborrare ce l’ho lo stesso. Intanto paga il conto, cornuto”. Quando Claudio va a pagare, si rivolge a me: “Stai tranquilla, sei molto bella e il cazzo te lo do’ tra poco. Ma se vuoi meritartelo ancora, fagli prendere una stanza in Motel, capito?”. Il Motel, la soluzione più squallida che esista. Se i miei signori volevano umiliarmi ci sono riusciti.
Siamo fuori dalla pizzeria, mi prende per mano: per lui Claudio non esiste. Girato l’angolo, c’è un passaggio buio in una strada privata. Mi ci tira fino a una piccola rientranza, e poi: “Giù! E guarda che bel cazzo hai trovato, annusalo”.
Devo ubbidire, mi abbasso fino a sedermi sui talloni, gli annuso il sesso: adesso lo ha proprio durissimo. Lui: “Succhia troia, te lo sei meritato!”.
Mi si inumidiscono gli occhi, socchiudo le labbra, lo accolgo, tutto, fino in gola. E succhio. Ci mette neanche un minuto a riempirmi la bocca e, purtroppo godo anche io nell’essere umiliata. Non se ne accorge, si riabbottona e poi, rivolto a Claudio: “Chiamami presto, frocetto: lo vedi anche tu che ha tanto bisogno di uno stallone come me”. Se ne va, mi rialzo con un filo del suo seme che mi cola dal mento. Il seme maschile non mi fa schifo, penso che sia un gesto d’amore. Ma quello di Arturo… bleah!
In auto sulla via del ritorno alla villa, Claudio mi dice con la voce triste e mortificata: “Lo vedo come stai. Siamo soli, piangi se ti fa star meglio, non lo dirò a nessuno”.
Dormo di popò.
---
Aggiornamenti comunitari. Tre giorni fa, il pomeriggio di mercoledì, sono arrivate alla Villa di città, 5 persone nuove. Adelina e Filomena, selezionate da Max dopo averle valutate, sono due signore entrambe sui 35 anni. Avevano servito i soci per alcuni anni e poi, circa 5 anni fa, si erano ritirate per aiutare i propri mariti nel lavoro. Ma a stare a casa ci si lascia un po’ andare e non sono più perfette come abbiamo il dovere di essere quando siamo in servizio. Per esempio, entrambe portano i capelli alle spalle, mentre qui dobbiamo portarli il più lunghi possibile. C’è poi la depilazione, certamente fastidiosa, ma che rappresenta l’essere indifesa verso gli uomini. Non parliamo di mani, piedi, unghie e, soprattutto, corpo tonico.
Adelina è castana chiara, come me, ed è anche piccolina, 161 cm, 3 cm più di me. Occhi azzurri, viso ed espressione molto dolce. Ha un seno poco più grande del mio (non ci vuole molto) e i fianchi larghi: peserà 7-8 chili più di me.
Filomena, invece, è mora, piccola sui 164 cm, occhi neri ma l’espressione è un po’ timorosa, penso perché - come tutte quelle che sono arrivate da poco - non è al corrente di tutte le nuove regole e teme di non essere all’altezza.
Per fortuna nessuna delle due sembra avere un carattere forte: si integreranno presto. Quanto al resto, lezioni per tonificare il corpo, fino allo stremo.
Lo stesso pomeriggio dello scorso mercoledì, accompagnati dal generale Aresi, sono anche arrivate tre nuove guardie: Vito, Alfio e Decimo. Sono tutti e tre ex combattenti che, essendo stati in tantissime missioni all’estero han maturato la pensione in anticipo. Vito era Capitano e prende la Direzione della villa in città. Gli altri due ex sergenti che si alternano tra le due ville in aiuto a Max (che ora è in quella del mare) e Rodolfo (in città).
La cosa che più interessa noi schiave è che sono tre uomini molto attraenti, tutti più alti di 175 cm e con una corporatura massiccia e pochissima ciccia. A dire il vero, incutono anche un po’ di timore, ma con noi sono gentili... forse non solo perché sono interessati a usarci.
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Al risveglio la domenica mattina sono proprio sciupata, ho dato di stomaco durante la notte. Con il permesso di Marta vado nel bagno di un altro appartamento e ci metto oltre un’ora per uscire. Marta verifica che io stia bene: scendo con la mise cerimoniale, cerco di mangiare qualcosa, ma non riesco. Vado al lavoro con le altre.
Ed ecco che, come per caso, passa a dare un’occhiata proprio Vito, il capitano. Noto che una delle due nuove, Adelina, diventa rossa, abbassa gli occhi, sorride cercando di non farsi vedere. Più in là Marta nota tutto e sorridendo mi fa l’occhiolino.
Superata Marta, si ferma proprio vicino a me: sento come se i suoi occhi stiano esaminando il mio corpo, palmo per palmo. Mi parla, ha una voce baritonale, profonda, sicura di sé: “Tu sei L., giusto? La piccina, come dicono tutti”. Smetto di lavorare, mi volto e senza alzare gli occhi rispondo: “Sì, mio signore, sono Elle”.
Vito: “Bene, torna pure al lavoro”. Un lieve inchino della testa, mi volto e torno a lucidare un mobile. Senza nessun preavviso, il capitano mi inserisce piano un dito su per il sedere: mi blocco, sorpresa… poi so che devo offrirmi e porto il viso a terra, alzo i fianchi e allargo le ginocchia. Due dita. Su. Poi, senza una parola, se ne va.
In cucina, mentre prepariamo il pranzo, Marta mi confida sottovoce che, la notte prima, han sentito le strilla e i gemiti di piacere di Adelina per tre ore e che Vito, sembra, lo abbia lungo e grosso come Giovanni. Marta mi scruta maliziosa per capire le mie reazioni. Io abbasso gli occhi, con le guance rosse, e non dico nulla.
Continua
Venerdì. Ho dormito male e ho vomitato durante la notte: ho il viso da zombie. Perciò, mi serve più tempo davanti allo specchio: quando scendo il risultato è decente. Mi ha fatto star male quello che ieri Karch mi ha fatto fare (sicuramente su mandato degli altri soci); servire uomini che vedevo per la prima volta e di cui non so nemmeno il nome: a questa cosa terribile, si aggiunga che ho mandato giù tanto seme, quindi mi sento sporca dentro, mi sento una donnaccia.
All’uscita della villa ci sono delle valigie: Balth e Karch stanno uscendo dall’aver fatto colazione. Capisco che van via, crollo in ginocchio, guardo Balth e mi metto a piangere. Lui dice qualcosa al figlio, che mi scatta una foto e mi spiega: “Dovevamo partire qualche giorno fa e mio padre ha voluto rimanere per te, solo per te. Ma ora dobbiamo volare in Medio-Oriente. Non so quando potremo tornare”.
Dal pianto passo al singhiozzo, cerco gli occhi di Balth, lo supplico silenziosa. Karch continua: “Mio padre ha fatto un importante bonifico per il fondo pensione che hai nella comunità. Per sicurezza un importo uguale è stato fatto nel conto corrente per gli affitti delle tue due ville”.
Fanno per andarsene e io cerco di fermarlo, a costo di sembrare una sgualdrina: mi volto, gli offro il sedere che gli piace tantissimo, me lo apro con le manine per cercare di farlo restare, gli sussurro: “No, no, nooo… Io ti amo”. Balth si commuove, si ferma, si abbassa fino al mio viso e mi guarda negli occhi che ora sono verde cupo. Nel suo italiano stentato mi promette: “Io sempre per te… you are always so wet for me… Se problema tu telefona qui [mi dà un biglietto privato] e io vola. I promise”. Vanno. Resto per terra e piango.
Marta era già sveglia, ha preparato le colazioni, sapeva che sarebbero partiti. Mi si avvicina, mi consola, mi asciuga le lacrime: “Ieri notte ho sentito che sei stata male. A Forlì ti hanno picchiata? Cosa è successo?”. Scuoto la testa.
Io: “No, mi han fatto petting molto pesante degli uomini che non conoscevo e di cui neanche so il nome. E Karch ha fatto in modo che io possa rivederli”.
Marta: “Ho capito. Allora è indispensabile che ti istruisca subito. Togli i tacchi e saliamo senza far rumore nella stanza dove erano i greci”.
Giunte là, chiude la porta, sediamo per terra, mi accarezza il viso e mi insegna.
Marta: “Stai calma, ti han comunicato che sei già nella fase B e ieri sera son cominciate le prove. Sconosciuti di cui non sai neanche il nome è un indizio chiarissimo. Ma è un bene, nonostante tu soffra: la fase B è una cosa necessaria. Conoscendoti, ti dico prima di tutto che secondo me non c’è niente che tu non possa superare, anzi, potresti già essere marchiata. Ma, come sai, non decidiamo noi e dobbiamo essere felici di ubbidire, specialmente nelle cose che ci dispiacciono o su cui non siamo d’accordo”.
Approfitto della sua pausa per sussurrarle “Ti voglio tanto bene”.
Marta continua: “Lo so, e anche io te ne voglio. Ma ora ascolta con attenzione e metti in pratica. Se la chiave della prima fase era l’“Ubbidienza”, quella di questa fase è l’“Annullamento”. Se riuscirai a superarla e sarai marchiata dal tuo signore, la parola sarà “Appartenenza”. Ma ora non è il momento, concentrati su ‘annullamento’: è un atteggiamento del nostro cuore che ci serve per amare e desiderare le cose che i padroni decidono. Un esempio: se ho voglia di gelato e Max o un altro padrone mi dice di mangiare patatine, non solo devo mangiarle, ma devo desiderare quelle patatine con tutta la mia volontà. Il mio “io” deve sparire e devo amare la volontà di chi mi guida. Hai capito fin qui?”.
Io: “Credo di sì Marta, spero di sì. Se amo Leòn e lo desidero, ma lui vuole che io desideri un altro, devo impazzire di desiderio per quello che Leòn mi indica. Sì?”.
Marta: “Bravissima, vedi che l’intelligenza ce l’hai anche tu? Andiamo avanti: dovresti aver già capito che, da quando decidiamo di diventare sottomesse siamo valutate in base a tante prove. Pensa a quella di domenica per Romina: soddisfare sessualmente molti uomini. C’è riuscita e ora le permetteranno di cominciare il noviziato e le relative prove”.
Io: “Ma ci sono sempre prove? Cioè, anche per te?”
Marta: “Sì, sempre, altrimenti rischiamo di dimenticare e ridiventare come le altre: presuntuose, orgogliose... e così perdere il nostro padrone, l’uomo al quale abbiamo scelto di dedicare tutta la nostra esistenza. Un esempio per aiutarti a capire: mi hai visto quando Max mi fatto tirare il calesse? Ebbene, io sono una schiava masochista, vuol dire che ho avuto orgasmi mentre correvo, sudavo e mi frustava. Si chiama fare la pony-girl, e quando non me lo fa fare sto male. Ma andiamo avanti: le prove che dovrai sostenere non saranno poche ma nemmeno molte. Si tratterà non più solo di sesso, ma di umiliazione sessuale. Per esempio, nella mia fase B – come ero giovane! -, mi han fatto chiedere a uomini sconosciuti il loro sperma e mi hanno anche fatta prostituire: insomma cosa da sgualdrina ma che son servire ad annullare il mio “io”. Non so cosa dovrai fare tu, lo sanno solo Giovanni, Ercole e il tuo signore. Quindi inutile avere panico: affidiamoci a loro, che ci amano e ci aiutano a diventare più buone. Va bene? Hai domande?”.
Io: “No Marta, credo di aver capito tutto. Non ho più tanta paura, solo un pochino. Ma ho anche un gran desiderio che Leòn sia contento di me. Grazie”.
La giornata passa presto con tante pulizie da fare. Non ripenso alle cose che Marta mi ha insegnato, mi verrebbe mal di testa. Ma le conservo nel cuore. Il pomeriggio mi impegno al massimo nelle lezioni per il fisico: ballo, ginnastica artistica, yoga. Mi sento bene, sono veloce, elastica. Non voglio pensare a quello che mi aspetta e dormo benissimo e tanto.
È sabato, il giorno della misteriosa pizza. Stiamo lucidando il secondo piano, non si finisce mai. Dopo pranzo, Claudio mi si avvicina come per caso e, portatami in disparte dalle altre, mi parla: “Senti, lo sai che ti voglio bene come a una sorella. Ti giuro che in questo nuovo tipo di prove sto cercando di aiutarti, ma le possibilità sono pochissime. Se toccherà a te prepararle per la mia fase B capirai”.
Alle 19:25 siamo davanti a una pizzeria della nostra città. Una normale pizzeria, dove c’è gente normale: nonostante ciò, hanno deciso che devo indossare una microgonna del 20, venti centimetri di lunghezza. Niente ori, pietre, visone. Il resto non cambia: tacchi a spillo, calze sopra al ginocchio, ecc.. Claudio mi dà le ultime istruzioni: “Stasera io faccio la parte del marito cuckold che offre la moglie a un uomo contattato online. Ti giuro che ho scelto il meno peggio: metticela tutta e, mi raccomando, non piangere: davvero non puoi proprio piangere!”.
Si avvicina un uomo, alto circa 175, bruno, veste casual e non è orrendo.
Lui: “Claudio ed Elle? Sono Arturo, piacere di conoscervi”. Ricambiamo saluto e stretta di mano, io ovviamente a occhi bassi e le guance di un bel rosa intenso.
Entriamo e gli uomini scelgono un tavolo in disparte, nell’angolo: devo sedere accanto ad Arturo, Claudio è di fronte a noi. Sedendo, la microgonna sale e sono scoperta praticamente fino ai fianchi. Arturo sorride, non si fa problema a guardarmi in modo diretto, ogni centimetro delle gambe, perizoma e quel che c’è sotto. Guarda Claudio con aria di superiorità: si sente il maschio che deve farmi ciò che mio marito non è capace: “Perfetto, l’hai depilata per me. Preferisco così, ha una figa molto paffutella… dopo la vedrò meglio”. Sono già in ansia.
Ordiniamo e, con l’aiuto della lunga tovaglia, subito dopo mi prende la mano e la porta sul suo sesso: è di fuori, coperto della tovaglia. Lui: “Segami lenta”. Rossa in viso, ubbidisco.
I due uomini parlano tra loro, lui lavora ai servizi cimiteriali, Claudio risponde di essere impiegato amministrativo. A un certo punto, Arturo mette le carte in tavola: “L’ho capito che sei finocchio, ma si era parlato solo di tua moglie, mi spiace. Lei è molto bella e se avete casa libera le darò tanto di quel cazzo che lo ricorderà tutta la vita. A te non prometto niente perché il mio cazzo devi meritartelo”.
Arrogante, volgare, troppo diretto. È questo che mi tocca? Ma resto zitta e cerco di accarezzargli il pene meglio che riesco. Un pene che, per giunta, non è né grosso, né armonioso. Ora lui mi ferma: va a verificare se quella che lui crede sarà la sua nuova conquista è sensibile: manona sulla fessurina e… sì, sono bagnata e mi promuove. “Brava! Hai tanta voglia di un vero maschio, l’ho sentito”.
Arriva la pizza, mangiamo, ma non mi permette di usare forchetta e coltello: una mano la vuole sul suo sesso, che ora è durissimo. Forse pensa che, avendomi sentita bagnata, mi sono innamorata di lui e lascerò Claudio? Mah!
Claudio me la taglia gentilmente e, mentre mangio con la mano libera, Arturo trova il modo di infilare una mano sotto al mio maglioncino a palparmi le tette: “Però: tette piccole, ma capezzoli duri e gonfi! Vedrai che te la faccio passare io le voglie e te le coprirò di sborra!”. Ride. Ma ride solo lui. Io sono solo umiliata e nauseata.
Penso di essermi annullata abbastanza come seconda volta e, infatti, Claudio gioca la nostra carta-salvataggio: “Veramente, non abbiamo la casa libera. Viviamo con altre persone”. Arturo fa una faccia tra il furibondo e il deluso: “Ma allora sei deficiente, non sai niente di come devi comportarti se vuoi che ti sbattano la moglie? Stai tranquillo, che il modo per sborrare ce l’ho lo stesso. Intanto paga il conto, cornuto”. Quando Claudio va a pagare, si rivolge a me: “Stai tranquilla, sei molto bella e il cazzo te lo do’ tra poco. Ma se vuoi meritartelo ancora, fagli prendere una stanza in Motel, capito?”. Il Motel, la soluzione più squallida che esista. Se i miei signori volevano umiliarmi ci sono riusciti.
Siamo fuori dalla pizzeria, mi prende per mano: per lui Claudio non esiste. Girato l’angolo, c’è un passaggio buio in una strada privata. Mi ci tira fino a una piccola rientranza, e poi: “Giù! E guarda che bel cazzo hai trovato, annusalo”.
Devo ubbidire, mi abbasso fino a sedermi sui talloni, gli annuso il sesso: adesso lo ha proprio durissimo. Lui: “Succhia troia, te lo sei meritato!”.
Mi si inumidiscono gli occhi, socchiudo le labbra, lo accolgo, tutto, fino in gola. E succhio. Ci mette neanche un minuto a riempirmi la bocca e, purtroppo godo anche io nell’essere umiliata. Non se ne accorge, si riabbottona e poi, rivolto a Claudio: “Chiamami presto, frocetto: lo vedi anche tu che ha tanto bisogno di uno stallone come me”. Se ne va, mi rialzo con un filo del suo seme che mi cola dal mento. Il seme maschile non mi fa schifo, penso che sia un gesto d’amore. Ma quello di Arturo… bleah!
In auto sulla via del ritorno alla villa, Claudio mi dice con la voce triste e mortificata: “Lo vedo come stai. Siamo soli, piangi se ti fa star meglio, non lo dirò a nessuno”.
Dormo di popò.
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Aggiornamenti comunitari. Tre giorni fa, il pomeriggio di mercoledì, sono arrivate alla Villa di città, 5 persone nuove. Adelina e Filomena, selezionate da Max dopo averle valutate, sono due signore entrambe sui 35 anni. Avevano servito i soci per alcuni anni e poi, circa 5 anni fa, si erano ritirate per aiutare i propri mariti nel lavoro. Ma a stare a casa ci si lascia un po’ andare e non sono più perfette come abbiamo il dovere di essere quando siamo in servizio. Per esempio, entrambe portano i capelli alle spalle, mentre qui dobbiamo portarli il più lunghi possibile. C’è poi la depilazione, certamente fastidiosa, ma che rappresenta l’essere indifesa verso gli uomini. Non parliamo di mani, piedi, unghie e, soprattutto, corpo tonico.
Adelina è castana chiara, come me, ed è anche piccolina, 161 cm, 3 cm più di me. Occhi azzurri, viso ed espressione molto dolce. Ha un seno poco più grande del mio (non ci vuole molto) e i fianchi larghi: peserà 7-8 chili più di me.
Filomena, invece, è mora, piccola sui 164 cm, occhi neri ma l’espressione è un po’ timorosa, penso perché - come tutte quelle che sono arrivate da poco - non è al corrente di tutte le nuove regole e teme di non essere all’altezza.
Per fortuna nessuna delle due sembra avere un carattere forte: si integreranno presto. Quanto al resto, lezioni per tonificare il corpo, fino allo stremo.
Lo stesso pomeriggio dello scorso mercoledì, accompagnati dal generale Aresi, sono anche arrivate tre nuove guardie: Vito, Alfio e Decimo. Sono tutti e tre ex combattenti che, essendo stati in tantissime missioni all’estero han maturato la pensione in anticipo. Vito era Capitano e prende la Direzione della villa in città. Gli altri due ex sergenti che si alternano tra le due ville in aiuto a Max (che ora è in quella del mare) e Rodolfo (in città).
La cosa che più interessa noi schiave è che sono tre uomini molto attraenti, tutti più alti di 175 cm e con una corporatura massiccia e pochissima ciccia. A dire il vero, incutono anche un po’ di timore, ma con noi sono gentili... forse non solo perché sono interessati a usarci.
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Al risveglio la domenica mattina sono proprio sciupata, ho dato di stomaco durante la notte. Con il permesso di Marta vado nel bagno di un altro appartamento e ci metto oltre un’ora per uscire. Marta verifica che io stia bene: scendo con la mise cerimoniale, cerco di mangiare qualcosa, ma non riesco. Vado al lavoro con le altre.
Ed ecco che, come per caso, passa a dare un’occhiata proprio Vito, il capitano. Noto che una delle due nuove, Adelina, diventa rossa, abbassa gli occhi, sorride cercando di non farsi vedere. Più in là Marta nota tutto e sorridendo mi fa l’occhiolino.
Superata Marta, si ferma proprio vicino a me: sento come se i suoi occhi stiano esaminando il mio corpo, palmo per palmo. Mi parla, ha una voce baritonale, profonda, sicura di sé: “Tu sei L., giusto? La piccina, come dicono tutti”. Smetto di lavorare, mi volto e senza alzare gli occhi rispondo: “Sì, mio signore, sono Elle”.
Vito: “Bene, torna pure al lavoro”. Un lieve inchino della testa, mi volto e torno a lucidare un mobile. Senza nessun preavviso, il capitano mi inserisce piano un dito su per il sedere: mi blocco, sorpresa… poi so che devo offrirmi e porto il viso a terra, alzo i fianchi e allargo le ginocchia. Due dita. Su. Poi, senza una parola, se ne va.
In cucina, mentre prepariamo il pranzo, Marta mi confida sottovoce che, la notte prima, han sentito le strilla e i gemiti di piacere di Adelina per tre ore e che Vito, sembra, lo abbia lungo e grosso come Giovanni. Marta mi scruta maliziosa per capire le mie reazioni. Io abbasso gli occhi, con le guance rosse, e non dico nulla.
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