Alla ricerca del tempo perduto

di
genere
dominazione

Dopo mesi che aspetto la notizia, finalmente dai piani si decidono a comunicarmi che passerò sei mesi – almeno sei mesi, poi si vedrà - negli Stati Uniti, per diventare collaudatorr ed istruttore di volo. Ci puntavo da quando avevo iniziato a volare, e ora finalmente il sogno si sarebbe realizzato. Niente di meglio che dirlo a Fabrizio, mio collega all’inizio della carriera, e complice allo stormo fino a quando si è congedato per seguire gli affari di famiglia. Per lui il volo era una passione tra le tante, e ora pilota personalmente il jet aziendale ed un suo Mooney quando vuole divertirsi, per me invece era la passione che ti brucia. Però siamo molto amici, e ci sentiamo spesso, incontrandoci ogni volta che ne abbiamo la possibilità.
- Ehi, comandante, che danno hai combinato? Non dirmi che mi tocca assumerti.
- L’ho fatto enorme…vado a Edwards!
- Non ci credo che siano caduti così in basso.
- E invece, eccoci qui. Il tuo cancello riesci ancora a portarlo per aria o ti sei dimenticato tutto?
- Volano tutti e due…quando vieni ti faccio vedere cosa combina quello che tu chiami cancello. E poi tu non hai hostess a bordo, non ci starebbero.
- Le trovo a terra, sai che sbavano per le divise….
- Sì sì, me lo ricordo. Io riesco a raccattarle anche senza divisa…basta la carta di credito. Piuttosto, che sistemazione ti daranno?
- La più facile sarebbe la base, ma dicono che mi troveranno una casetta nelle vicinanze. Starò bene.
- E se ti dicessi che potrei trovarti un posto molto ma molto migliore, e soprattutto non in culo ai coyote?
- Sai che ti ascolto anche quando so che stai per dire una cazzata…
- Altro che cazzata, senti qui. Abbiamo aperto un impianto là.
- Là dove? Stati Uniti?
- Non genericamente Stati Uniti. Sarà a un paio d’ore da Edwards, ma decisamente più vicina a Los Angeles. Almeno se non ti schianti in mezzo al deserto quando torni a casa riesci a divertirti anche un po’.
- Non sarebbe male. Dove di preciso?
- Port Hueneme. Abbiamo preso una casa con quattro unità abitative, e di solito solo una è impegnata. Due quando vado io per un po’, tre o quattro volte l’anno. Quando parti?
- Fra due settimane.
- Perfetto. Io ho in programma un passaggio fra venti giorni. Ci troviamo là.
- Ottimo!
- Ma se resto sei mesi dovrò pagarti un affitto, e so quanto chiedono là.
- Ma non dire cazzate. Ti ho invitato io, la casa è sprecata per Giorgia e basta. Le farà piacere una faccia amica.
- Lei vive in America adesso?
- Manda avanti la baracca, anche piuttosto bene. Ogni tanto vado solo a controllare, sai com’é.
Giorgia, sua sorella minore. Ce l’avevamo sempre tra i piedi, perché voleva che la portassimo ovunque, e si metteva a gambe incrociate sul tappeto ad ascoltarci mentre giocavamo a chi la sparava più grossa sulle nostre imprese aviatorie e non. L’ultima volta che l’ho vista aveva iniziato il liceo, e ora dirigeva un’azienda.
- Non vorrei romperle le palle, non la vedo da una vita e sono quasi un estraneo per lei.
- Combinazione, abbiamo parlato di te la settimana scorsa su Skype. Si ricorda benissimo di quanto sei coglione, ma sono sicuro che sarà contenta di sapere che starai da lei per un po’. Appena mettiamo giù la avviso, così fa dare una pulita.
- A parte che viaggiando in coppia coglioni lo eravamo entrambi, davvero, non voglio disturbare.
- Facciamo così, coglionello. Se per caso dovesse dire di no te lo faccio sapere. Sennò ti do il suo numero, e cominciate a organizzarvi che siete grandicelli e non vi servo io a indicare la via.
- Se non eri vettorato ti perdevi anche rullando in aeroporto con il sole, non sei proprio il più indicato per tracciare rotte.
- Sono migliorato, giuro.
- Vabbè, farò finta di crederti. Fammi sapere.
- A presto.
Passano venti minuti e squilla il cellulare. Sul monitor il prefisso +1.
- Hallo?
- Ma che hallo! Mi ha detto Fabry che starai qui da me per un po’. È una figata!
- Giorgia?
- E chi altri?
- Hai cambiato un po’ la voce in questi mille anni.
- Sì invecchia caro. Quando arrivi? Voglio farti trovare pronta la casetta.
- Sicura che non ti darò fastidio?
- A parte che vivo in azienda e a casa vado a dormire e poco altro no, non mi darai fastidio. Mi mancano le uscite e le serate a sentire te e Fabry, davvero.
- Arrivo fra due settimane
- A Los Angeles? Passo a prenderti, poi vedrai tu cosa é meglio, ma se stai da me ti faccio fare il turista nei giorni liberi e andiamo a divertirci un po’.
- Sei davvero generosa. Siete, tu e Fabrizio.
- Sei di famiglia, no?
In effetti fa piacere anche a me trovarmi con qualcuno. Per quanto amichevole la gente del mio mondo, in qualunque parte del mondo, mi piace anche staccare un po’ la spina, anche perché lì starò dentro un torchio tutto il tempo.
Dopo un volo tranquillo e noioso da passeggero, cosa che odio, arrivo all’aeroporto, e dopo formalità e ritiro bagagli esco guardandomi attorno cercando Giorgia. Mentre scansiono rapidamente l’area oltre la transenna piena di parenti, amici e gente con nomi su un cartello, con la coda dell’occhio vedo una tipa che salta sollevando le braccia muoversi velocemente verso di lei. Inquadro una bionda dai capelli cortissimi, quasi militari, abbronzata, occhiali da sole, top e short da atletica. Corpo da paura. Mi abbaglia con un sorriso bianchissimo che risalta sulla pelle carbonizzata. Forse sorride a qualcuno dietro di me e non voglio fare figure di merda appena sbarcato. Cammino verso l’uscita cercando il cellulare per chiamarla, ma non faccio Lin tempo a far partire la chiamata.
- Raf, che fai? Non mi hai riconosciuta? Welcome to LA!
Mi butta le braccia al collo, io da una parte e lei dall’altra della transenna. Ok, è passato un bel po’, ma non l’avrei mai riconosciuta.
- Sono un po’ cambiata e ti perdono. Tu invece sei sempre quello. L’aeronautica ti fa dormire in freezer per conservarti?
- Scusami davvero, per evitare una figuraccia ne ho fatta una peggiore con te. Sei uno splendore.
- Ti aspettavi di vedermi in tailleur?
- No, mi aspettavo…non lo so cosa mi aspettavo. Stare qui ti fa bene, niente da dire.
- Andiamo, forse riusciamo ad evitare una multa. Ero in ritardo e ho parcheggiato da schifo.
Ci affrettiamo e la vedo corricchiare verso una mustang fuxia cabrio accanto a cui sta già gironzolando un poliziotto, che per fortuna lascia correre e le dice di sparire dalla sua vista.
- Butta la valigia dietro, ti porto a casa, per il lungomare!
Dopo S. Monica prendiamo la California 1, che costeggia il pacifico passando per Malibu e altre qualcosa Beach, ricordando i vecchi tempi e aggiornandoci su quelli recenti. Dopo aver girato attorno a una base dell’aviazione Navale vedo la scritta P. Hueneme. E fuori dall’abitato, quella che loro chiamano casa, una specie di villa hollywoodiana praticamente sulla spiaggia, con attorno un parco enorme.
- Mi aspettavo una bella casa, ma questo è un castello.
- Colpo di culo. Il vecchio padrone è morto, gli eredi volevano monetizzare.
- Immagino abbiano monetizzato parecchio.
- Per quello che costano qui nemmeno troppo. Vuoi sapere quanto?
- No, dovrei piangere sulla tua spalla sapendo che nemmeno volando per tre secoli potrei permettermela.
- Però fai quello che ami fare. Non ha prezzo.
- Vero. E non sono un tipo invidioso.
- In ogni caso, finché vorrai sei a casa.
- Sei mesi. Poi si vedrà, mi hanno detto.
- E godiamoci questi sei mesi. Carpe diem.
Mi mostra il mio pezzo di casa, uguale al suo ma al piano sopra.
- Mettiti comodo, sarai stanco.
- Una doccia è il bisogno immediato.
- Ok. Oggi sono libera, intanto vado un po’ a bordo vasca. Se vuoi raggiungimi, ma capirò se il jet lag ti spezza le gambe. Alla tua età può capitare.
- Primo. Ah abbiamo anche la piscina? Secondo. D’accordo che sei sorella di tuo fratello, ma vedi di rispettare un anziano o ti sculaccio.
- Sì, c’è la piscina e anche il campo da tennis, per quello. Per l’altra cosa vedremo! Intanto dovresti prendermi, e corro parecchio veloce, lo sai. Se ti va mi trovi da quella parte – e mi indica più o meno dove si trova la piscina, che arrivando non ho visto.
Se ne va ridendo e mi sorprendo a guardarle il culo. Non era così una volta, o se lo era non ci ho mai fatto caso. Prendo possesso della mia parte di reggia, godendomi una doccia nel bagno grande più o meno come tutto l’appartamento in cui ho vissuto ultimamente. Avrei anche sonno, ma forse una nuotata dopo le ore della traversata seduto potrebbe essere una buona idea. La trovo con lo stesso top che aveva prima ed un costumino estremamente ridotto.
- Wow, ce l’hai fatta a non collassare sul letto! Mi sorprendo, Fabry non riesce mai a riprendersi. Un drink?
- Niente di alcolico però – l’ho già vista in costume, ma era una ragazzina. Mi concentro sul fatto che è sempre la sorella del mio amico del cuore, e cerco di darmi un contegno.
- Non volerai prima di quando, lunedì? Puoi lasciarti andare. E poi per te è notte fonda.
- Meglio di no, ma tu serviti pure.
Mi porta un bicchiere di Pepsi, sorseggiando quello che si è intrugliata nel bicchiere, e toglie il top prima di stendersi. Fingo che sia normale, e in effetti lo è, visto che è a casa sua, ma gli occhi mi restano appiccicati ai piercing ai capezzoli che luccicano al sole. E come il resto del corpo, i seni sembrano disegnati
- Qualcosa non va, capo?
Mi risveglio dall’ipnosi e la fisso negli occhi.
- Mi stupisci. Non ti facevo una tipa da…
- Topless? Perizoma? Cosa?
- I piercing. Non pensavo che amassi quel genere di cose.
- Se ti turbano mi copro.
- No no, sei a casa tua. Sono io l’estraneo.
- Estraneo mi sembra eccessivo, Raf.
- Non vorrei darti un’idea sbagliata ma…sei bellissima.
- Grazie! Detto da te vale molto. Anche perché non mi hai mai fatto un complimento serio.
- Colpevole. Ma eri una ragazzina del liceo, l’ultima volta che ti ho vista.
- Sono cresciuta.
E anche molto bene. Posa il bicchiere e chiude gli occhi per un po’.
- Quando Fabrizio mi ha chiamata non riuscivo a crederci. Dopo tutto questo tempo ti avrei rivisto. Lo sa solo Dio che turbine di ricordi mi si sono risvegliati.
- Anche a me sai?
- Non credo i tuoi e i miei fossero dello stesso tipo. Io per te ho sofferto parecchio.
- Che dici Giò? Non credo di averti mai…
- Infatti. Tu non, esattamente. Non hai mai avuto nemmeno lontanamente idea di quanto io sia stata male per te, vero Raf?
In realtà stavo per addormentarmi, ma la sua voce mi ha fatto ripiombare nella realtà. Realtà che mi vede accanto ad una strafiga che dice cose strane.
- Io ero strapersa di te, e pregavo che Fabrizio ti portasse a casa con qualsiasi scusa pur di vederti. E non sai i pianti che mi sono fatta quando hai cominciato a girare per il mondo, e non potevo più vederti. È uno dei motivi per cui sono venuta qua.
- Io…mi spiace Giò, davvero. Ma perché non mi hai mai più chiamato?
- Perché mi avrebbe fatto stare peggio. Avevi la tua vita, chiedevo notizie a Fabry ma eri sempre chissà dove, e io sempre là. Questo taglio di capelli sai da quando ce l’ho? Da quando siete stati assegnati, tu e Fabry, e non ti avrei più trovato in casa. Mi sono buttata nello studio, ho provato a dimenticarti, ma ogni ragazzo con cui provavo si schiantava contro il tuo ricordo. E ti assicuro che ne ho provati, prendendomi anche la nomea di ragazza facile e un po’ depravata, perché con tutti cercavo di rivivere quello che sognavo di fare con te, di cui sapevo tutto. E sai qual è la seconda parte peggiore? Che rivedendoti oggi all’aeroporto è stato come se fossi uscito da casa dei miei ieri. Mi fai quell’effetto, e non posso farci niente.
La guardo senza dire una parola, negli occhi. A fatica, ma mi sta aprendo il cuore e sono pur sempre un gentiluomo. Molto più vecchio di lei.
- Non che mi aspettassi un tuo volo d’angelo per baciarmi, ma potresti dire qualcosa. Mi sono appena dichiarata come una quattordicenne.
- Giò, mi piacevi come a tutti i ragazzini che giravano per casa, ma pensavo che la differenza di età, ed essere la sorellina di Fabry, ti portassero fuori dal mio campo d’azione.
- Adesso la differenza di età non ti spaventa più?
Una battuta. Cerca la forza di fare una battuta
- Quanto meno sei maggiorenne. Fabrizio cercherebbe di rovinarmi di botte comunque, ma almeno non rischierei la galera.
Capisce il mio intento e ride a sua volta.
- E la cosa davvero peggiore non vuoi sapere qual è?
- Ormai siamo in confidenza, vuota il sacco.
Si alza e va verso il bordo vasca.
- Prima nuotiamo un po’. Sei sceso per quello, no?
Si tuffa con stile, riemergendo parecchi metri più avanti.
- Non vieni?
Mi alzo e la seguo, vedendo la scia di bollicine che forma con il suo movimento, raggiungendola all’altro capo della vasca.
- La cosa peggiore era sentire Fabrizio raccontare tutte le tue prodezze. Sapevo tutto di quello che facevi con Monica, Marina, Laura, Anna…vedi? Ricordo anche i nomi.
- Fabrizio a volte parla troppo.
- E ogni volta erano pugnalate per me. Ero gelosa, e non potevo dire niente a nessuno. E sognavo, da sola, guardandomi davanti allo specchio, pensando di non essere peggio di loro.
Riparte spingendosi con i piedi sulla parete della piscina. La seguo, e arriviamo insieme. Non ha traccia di respiro alterato, e riparte a parlare, ma gli occhi le sorridono.
- Perché volevo essere io al loro posto, ma non potevo nemmeno dirtelo. E mi immaginavo al posto di Monica, legata al letto, o Marina, legata in piedi in cantina, o Laura, legata….
- Ma proprio tutto ti raccontava.
- Tuttissimo. E avevo imparato a legarmi da sola. Sai quante volte ho sognato di vederti entrare da quella porta e farmi trovare come sapevo che ti piaceva.
Si avvicina. Spero ancora che mi dica che sta scherzando per farmi una risata anche io, ma il suo corpo è ancora più eccitante, nella trasparenza dell’acqua.
- Io capisco che magari non abbia mai pensato a me come a una ragazza, che non mi ami, o magari non ti piaccia abbastanza…
- Questo proprio no Giò, te l’ho appena detto…
- Ok, ti piaccio. Almeno quello. Ma ora che sei qui, e siamo solo io e te…mi dai quella soddisfazione?
- Di….io e te? Insomma
- Sì cazzo. Credo di meritarmelo!
- Giò, tu meriti uno che baci dove hai camminato.
- Io lo facevo. Avrei leccato dove camminavi. Una volta mi sono persino inginocchiata davanti a te, ma credo che tu non te ne sia nemmeno accorto. Tu pensa che ho persino chiamato quella Marina, quando l’hai lasciata, e con la scusa di consolarla le ho fatto raccontare più cose di quelle che avevo sentito da Fabrizio. E a casa immagina cosa posso aver fatto nelle notti dopo. Piangendo, perché non ero stata io a vivere quelle storie. Non è colpa tua, hai ragione. Ma ora vuoi rimediare? Ti piace quello che vedi, quello che ho detto? Almeno un po’…
E vaffanculo. La bacio, vittima della più inaspettata e improbabile dichiarazione più strana che abbia mai sentito. Poi mi viene in mente Fabrizio, e quello che potrebbe succedere se sapesse.
- cosa devo fare per farti smettere di pensare a me come la sorellina scema del tuo amico?
- ci stai quasi riuscendo
- Forse ci riesco del tutto.
Si divincola dal mio abbraccio ed esce con qualche bracciata dalla piscina, e prima di voltarsi verso di me si copre i seni con le mani.
- togli quelle mani da lì adesso.
- no...
La raggiungo mentre si incammina verso l’interno della casa e le tiro i polsi dietro la schiena. Mi guarda con un sorrisetto di sfida che mette in mostra i denti bianchi, mentre con gli occhi mi fissa la bocca. La bacio con una certa irruenza unendole i polsi per tenerli con una mano sola, scorrendo con l'altra sul fianco di lei.
- stai cercando di sfidarmi adesso? É un po' tardi, non credi?
- sono ancora libera, mi sembra.
- non per molto.
- vedremo
Va bene, giochiamo. La giro, tenendole i polsi e la spingo verso la camera da letto.
- Hai delle corde? Hai parlato solo di situazioni con ragazze legate, quella parte del messaggio mi è arrivata forte e chiara.
- Ho una sorpresa in camera mia.C’è una cassapanca nell’angolo, ho parecchi giochi erotici. E le corde sono già attaccate al letto. Vivo sola, mi sono dovuta arrangiare molto…
- Sempre da sola? Bella come sei non credo.
- Non mi faccio legare dal primo che passa. Da qualcuno sì, ma non era la stessa cosa.
Vedo la cassapanca, e sento la resistenza di lei, più che altro di facciata, ma è forte. È come se ora volesse l'onore delle armi dopo aver spalancato la porta del fortino, ma la cosa mi diverte. Riesco a legarle i polsi e a stenderla sul letto, e nonostante si lasci baciare devo faticare un po' per liberarla dal perizoma, e appena mi alzo per spogliarmi si tira su dal letto e scappa dalla camera. Sento i suoi passi, e dalla finestra la vedo correre oltre la piscina verso alcuni alberi. Vuole giocare e glielo concedo lasciandole un po’ di vantaggio prima di uscire e raggiungerla, rannicchiata dietro un cespuglio.
- se hai dei ripensamenti é il momento di dirlo...
- pensavo li avessi tu quando non mi hai inseguita.
La sollevo per un braccio e la ammiro con un po' di calma.
- in questo stato non penso che saresti andata molto lontana, non trovi?
- in California sono molto liberali, anche se chiamerebbero la polizia. E adesso dovrai fare altra fatica per riportarmi dentro.
Le afferro un piercing tirandolo in avanti. Fa una piccola smorfia sospirando e avvicinandosi a me, e l'altro é troppo invitante per non farea stessa fine. Camminando all'indietro mi faccio seguire da lei continuando a tenerle le tette sotto pressione.
- così non vale.
- lo avrei fatto anche senza i piercing, e forse ti avrebbe fatto più male.
La sento rallentare, come se il trattamento le piacesse. Riesco a osservarla sotto una luce davvero diversa, ed é veramente bella. Ventre piatto, fianchi generosi e gambe muscolose quanto basta per essere femminili. Mi stupisce lo sguardo, carico di una fierezza che solo una donna nuda e legata riesce ad avere.
Tornati in camera la stendo sul letto e le salgo sul bacino per riuscire a legarle le caviglie, e quando finisco mi giro, le libero momentaneamente i polsi bloccandole le braccia con le mie gambe. I seni che mi spuntano fra le cosce riescono a distogliere molta della mia attenzione dal processo di legatura dei polsi, ma riesco a finire. La guardo mentre con i pugni serrati tira le corde.
- é un peccato che tu sia ancora vestito. Eri a portata di bocca.
- magari per mordermi, da come hai resistito.
Ride, e mi domando come abbia fatto a non accorgermi di piacerle fino a quel punto.
- chissà...forse si, forse no...
Ancora vestito inizio a baciarla, a percorrere con le dita il profilo del suo petto, contandole le costole che salgono e scendono ritmicamente e arrivando sul ventre. La osservo nella sua perfezione, la vedo e la sento tesa, a osservarmi cercando di capire cosa farò, o forse vorrebbe invitarmi a fare qualcosa. So di non volerla deludere, ma non voglio nemmeno esagerare con una alla prima esperienza di questo genere.
- sei mai stata così?
- no, ma non preoccuparti. Davvero - mi incita, come se mi avesse letto nel pensiero - so che sei un po' stronzo, quando fai queste cose.
Mi spoglio, e la vedo esplorarmi con gli occhi. Sono piuttosto orgoglioso del mio corpo, ma il suo sguardo é allo stesso tempo ammaliante e disarmante. Mi siedo accanto a lei sul letto, le faccio il solletico per individuare le zone più sensibili e anche per farla sentire un po' torturata, e la guardo muoversi sensualmente cercando di evitare il contatto, mescolando alle risate anche dei gemiti molto eloquenti. Evito di proposito i seni ed il pube, che lei cerca di offrirmi ogni volta che mi ci avvicino. Ogni cosa a suo tempo, penso, e passo sulle stesse zone con la bocca, sentendola accendersi ancora di più, quasi impaziente di darsi a me, ma io voglio tirarla per le lunghe, e inizio a mescolare piacere e dolore, pizzicandola, mordicchiandola, accarezzandola e graffiandola un po'. La spavento prendendo dal cassetto in vibratore, ma dopo averlo acceso lo avvicino a uno dei piercing. Lo stimolo la fa quasi impazzire, e continuo a darle questo piacevole tormento alternandomi su entrambi i seni, giocando con la mano su quello libero dal vibratore, cercando di capire la sua soglia del dolore.
- sei davvero stronzo - mi ringhia tra un sospiro e l'altro - ti diverti a farmi morire.
- non pensare che sia insensibile allo spettacolo - le rispondo alzandomi in piedi mostrandole nuovamente la mia erezione - ma me lo hai chiesto tu di soffrire un po'.
Le esploro finalmente il pube, ed al primo tocco gira la testa per soffocare contro un braccio un gemito molto prolungato mentre contrae i glutei, come se volesse avvicinarsi alla mia mano, ma rimango leggero e mi chino su di lei per baciarla.
- sei bellissima, lo sai? Le dico prima che lei si avventi sulla mia bocca, continuando a mugolare mentre le lingue giocano tra loro ed il mio dito arriva sul clitoride. Scendo per baciarle il collo, e le mordo i seni, strappandole piccoli grugniti misti a sospiri di piacere, e scendo all'ombelico.
- da lì in giù non capirò più niente...
Provo a giocare con la lingua sul suo ventre, ed il suo respiro diventa quasi affannoso ed incontrollato. Divertito, vago con la lingua e le labbra su tutta l'area pelvica, prima di avvicinarmi al monte di venere, continuando a stuzzicarle i seni e le ascelle, poi mi stendo fra le sue cosce per sentirla venire una prima volta, ma da stronzo come mi ha definito lei, fermandomi quando sento che si sta avvicinando troppo, per riprendere dopo che il respiro le si é un po' calmato. Dopo un po' di avvicinamenti a vuoto, anche se rassegnata a subire il trattamento a mia discrezione, mi sfida.
- spera di non trovarti mai nella mia situazione perché mi ricorderò e mi vendicherò pesantemente.
- non capiterà - la incalzo solleticandola con le dita per tenere alta la pressione - ma aspetta di venire per vedere se ne vale la pena. E poi dimmi che ti piace perché si vede.
- non te lo dirò mai...
- allora ti piace.
- bastardo
Continuo ancora per un po' prima di considerare meritato il primo orgasmo, e quando le faccio superare il punto di non ritorno sento tutti i suoi muscoli sciogliersi, mentre una specie di ululato che parte sommesso per salire di tre ottave nel momento in cui viene, e sollevando gli occhi la vedo stringere i denti e tendersi ancora per qualche secondo prima di un secondo orgasmo, più contenuto del precedente ma abbastanza forte da farle cercare di chiudere le gambe e inarcare il busto. Dal mio punto di vista la pancia e le tette sono uno spettacolo impressionante, e decido che é il momento per prendermi qualche soddisfazione. Mi inginocchio e le sollevo il bacino con le mani per penetrarla, e non c'è nemmeno bisogno di allargarle le labbra per agevolare il mio ingresso. É stretta e morbida, invitante come lo sguardo che mi rivolge sentendosi finalmente mia, prima di girarsi di lato con un sorriso che si trasforma ogni volta che apre la bocca per gemere il suo piacere. Non voglio essere egoista e lasciarmi andare al piacere che sento montare e mi fermo due volte, respirando a fondo per rimandare indietro l'onda di piacere che mi avvolge i fianchi. Vorrei continuare a tenerla in quello stato all'infinito, ma le slego le caviglie e mi stendo sul suo corpo perché voglio sentirlo contro il mio e baciarla mentre la scopo.
- smetti di trattenerti, non credi che basti come prima volta?
- non lo so...
- prendo la pillola, se ti va puoi venire dentro...
La sento contrarsi per un nuovo orgasmo ed é troppo anche per me. Mi piace pensare che essere venuti insieme sia il segno di un'intesa sessuale che potrà solo migliorare, ma appena finisco mi viene in mente la faccia che farebbe Fabrizio, o quella che farà quando scoprirà la nostra storia, sempre che ci sia. La bacio rimanendo sopra di lei, molto più teneramente di prima.
- se prometto di tornare ad ogni occasione pensi di slegarmi anche le mani? A meno che tu non voglia torturarmi davvero subito...e poi rovinerò il letto fra 3...2...1...
Sciolgo i nodi, del letto. Sono quasi le tre.
- E adesso?
- che vuol dire?
- beh...prima di tutto devi dirmi se sei rimasta delusa, dopo tutta quell’aspettativa, magari non sei rimasta soddisfatta, che ne so?
Mi guarda e ride, alzandosi per andare a darsi una ripulita.
- Tesorino, a costo di sembrarti un po’ troietta, mi sarei aspettata qualche riguardo in meno, visto che te l’ho tirata letteralmente in faccia – addirittura? Penso tra me e me sentendo l’acqua scorrere. Giorgia alza di molto la voce per farti sentire – ma questo non era che un assaggio, voglio sperare!
La aspetto accendendo una sigaretta, con gli occhi puntati sulla soglia della porta. Ripenso agli anni che ho perso senza nemmeno chiamarla sentendomi un po’ in colpa, consolandomi all’idea che ho la possibilità di rifarci del tempo sprecato.
- Ora non dirmi che sei deluso tu invece, e adesso andrai a sbatterti a Edwards senza farti più sentire per altri dieci anni – mi incalza mentre la vedo rientrare, raggiante.
- se vuoi la verità, sto facendo i conti su quanta strada dovrò mangiare per essere qui ogni sera. Sono due o tre ore di macchina, giusto?
- più o meno. Ma se pensi che io li valga…ti presto un’auto, la benzina costa poco qui e posso metterla sui conti aziendali.
- mi pagano abbastanza per potermela permettere. Quando so che sarai qui, rientrerò. Ma sono un po’ preoccupato per tuo fratello, non vorrei che la prendesse male.
- Dipende da te più che da lui…Sai che non vuole vedermi soffrire, ma credo che preferisca sapermi felice con te piuttosto che con un qualsiasi scappato di casa. E non ci sarà bisogno di raccontargli le nostre prodezze a letto.
- voglio sperare che non mi chiederà com’è sua sorella nell’intimità…
- quando è qui faremo sparire tutto, così rimane tranquillo. Ora dimmi una cosa – si accoccolai contro di me, come se la tigre avesse lasciato il posto alla gattina domestica. Sono distrutto, ma l’indomani potrò dormire fin quando vorrò, e mi piace sentirla fare le fusa appiccicata al mio corpo – se ti lascio dormire un paio d’ore, poi ti va di uscire fuori a cena? E magari dopo mi fai provare qualcosa di più…cattivo?

scritto il
2023-03-26
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