Esibita per amore
di
Numero primoencore
genere
esibizionismo
Amo essere guardata. Mi piace sentire il calore degli sguardi sulla pelle, e non ne ho mai fatto mistero. Parlandone con la psicanalista abbiamo scovato un piccolo trauma infantile, chiamiamolo così, che mi ha segnato facendo da innesco a questo mio comportamento, che a volte in questo mondo malato può diventare pericoloso, ma sono capace di difendermi, e non solo a parole. In più, anche se a volte mi piace il brivido del pericolo, so scegliere bene luoghi e modalità, dosando anche la percentuale di pelle che scopro. Già dall'adolescenza facevo girare la testa ai ragazzi e le palle a mio padre, che mal tollerava i miei vestiti attillati, i jeans quasi dipinti sulle gambe e i top troppo corti o le scollature, e più di una volta sono stata costretta a portarmi i cambi nello zaino, facendo ridere le amiche con cui uscivo, e qualche volta facendo gonfiare i pantaloni di qualche amico o ragazzo se dovevo cambiarmi in auto o a casa loro. Però mi divertivo, nonostante la fama che questo mi appiccicò addosso. Alle feste in piscina ero spesso l'unica in perizoma, e quando potevo anche topless, come in spiaggia, quando il perizoma o le brasiliane non erano ancora sdoganate come normali, e naturalmente ricevevo parecchie attenzioni. Le mie amiche sfruttavano la cosa, perché magari qualche ragazzo si avvicinava notando me e poi finiva per notare anche loro, ma a me non dava fastidio funzionare da esca anche per loro. A me bastava sapere che la prima ad essere notata fossi io. E non ho mai perso l’occasione di farmi coinvolgere in uno strip poker, o in un gioco “obbligo o verità” dove la posta in gioco coinvolgesse togliersi vestiti, cosa che ero ben contenta di fare, come quando in gita al liceo fui obbligata a girare tutto il piano dell’albergo Se notavo che qualcuno mi osservava baciarmi con un ragazzo, davo spettacolo, guardando le sue reazioni, e non mi preoccupavo granché a scambiarmi effusioni uscendo in compagnia. Se il partner era intraprendente e spregiudicato lasciavo fare, lasciandomi spogliare anche completamente e finendo in un paio di casi per avere un rapporto completo davanti ad amici e amiche, a patto che si limitassero a guardare solamente. Amo gli uomini decisi, che mi facciano sentire desiderata e protetta, e non disdegno anche notare un certo senso di possesso da parte del mio accompagnatore di turno. Quando sto con qualcuno però, occhiate a parte, sono solo sua, letteralmente. Mi esibisco solo per lui, mi lascio guardare dagli altri solo per farli sentire invidiosi di lui, anche se facendolo all’aperto o davanti alla finestra della stanza di un hotel creo spesso occasioni ad altri di stare a guardare. Il migliore di tutti? Henry, un uomo molto più grande di me con cui sto vivendo una storia di tre anni che continua tuttora. Di grande classe ed estremamente aperto di vedute, grazie alla sua esperienza mi ha letta come un libro aperto dal primo giorno. Un perfetto gentiluomo, galante quando deve e un grandissimo porco quando serve, che ha anche capito un'altra mia caratteristica: mi piace sfidare le convenzioni in pubblico per essere punita in privato, come quando mio padre mi vietava di uscire se mi beccava con qualcosa di "sconcio", come diceva. Henry lascia che scelga sempre io cosa mettermi, e so di eccitarlo enormemente anche se lui é un grande dissimulatore e mantiene il suo distaccato aplomb anche davanti alle mie trasparenze o ai sideboob superscollati che ho adottato ultimamente, ma già in auto sulla via del ritorno inizia a rimbrottarmi prospettandomi le conseguenze della mia performance. E io sto al gioco, sapendo a cosa vado incontro. Più di una volta ci siamo fermati lungo la strada, perlopiù in zone isolate, dove mi "costringe" a scendere nuda dall'auto.
- visto che ti piace farti guardare, almeno che lo spettacolo sia completo, no?
E scende dall'auto, trascinandomi fuori con solo le scarpe addosso, o completamente nuda, facendomi stare con la schiena appoggiata sulla fiancata dell’auto, come se stessi aspettando clienti. Ma gli piace anche quando andiamo alle feste in casa di amici lasciarmi scatenare con la musica, e più di una volta ho fatto scivolare il vestito da dosso sotto gli occhi esterrefatti degli altri ospiti. E quando c’è Celine, una donna che porta splendidamente i suoi quarantacinque anni, so che non sarò sola a dare scandalo, e dopo averla aiutata a togliersi l’abito si muove con me. Anche a lei piace farsi guardare evidentemente, ma si copre quasi sempre i seni, o almeno i capezzoli con le mani. L’ultima volta le ho preso i polsi sollevandole le mani sopra la testa, e abbiamo ballato con i nostri corpi che si sfioravano, e la sua bocca distesa in un sorrisetto malizioso era tremendamente invitante, ma non ci siamo baciate, come Henry mi ha poi confessato di sperare.
- Vorresti vedermi con una donna? – gli ho chiesto mentre mi riempiva il sesso dopo esserci fermati in una stradella secondaria a scopare, piegata sul cofano della macchina.
- Sì, davanti a tutti però, come stasera. Scopata da tutti con gli occhi, e da qualcuno più fortunato anche scopata sul serio.
Venni al pensiero di lui che mi guardava venire, e un altro orgasmo mi costrinse ad accasciarmi sul cofano ancora caldo, mentre lui mi montava ancora più imperioso.
- Per te lo farei…se davvero lo vuoi, organizza.
- Sarà tutta una sorpresa. Non saprai niente fino a che non ti darò in mano a chi sceglierò.
- Adoro le sorprese…
- Ora te ne faccio una allora.
Si sfilò da me allargandomi le natiche e mi sodomizzò, entrando lentamente e accelerando una volta aperta. Gridai e mi contorsi inutilmente cercando debolmente di dissuaderlo, ma mi penetrò inesorabilmente fino a schiacciarsi contro di me con dei sogghigni gutturali. Riuscii a sopportare il dolore di sentirmi aperta in due dal suo membro, che sentii ancora più grosso del solito, e venni ancora prima che la mano infilata tra ventre e cosce arrivasse a lambirmi il clitoride.
- Sono una troia…
- La mia troia. Ora davvero mia
- E dopo quella sera lo sarai ancora di più, ma chere…vedrai…
Venne anche lui, sculacciandomi a mano piena mentre grugniva il suo piacere, e vidi il suo compiacimento quando mi sedetti sul vestito arrotolato tra me ed il sedile sotto di me, per raccogliere lo sperma che mi colava fuori.
- Forse saprai un po’ prima che sta per succedere, se ti porterò alla serata in questo modo.
- È una cosa che vuoi fare sul serio allora…- pensavo fosse una fantasia da scopata, mentre Henry era serio come la morte.
- Mi hai dato tu l’idea, ora ti rimangi tutto?
- No, come tu mi assecondo, io lo faccio con te. Basta che non mi tocchi sentire una scenata di gelosia dopo…
- Mai stato geloso. E non si può stare con te ed esserlo.
- Già. Tu lo hai capito benissimo. Credo di amarti sai? Era la prima volta, mi hai un male porco.
- Spero che quel “ti amo” non sia perché ti lascerò scopare da altri…e non sapevo fossi attratta dalle donne.
- Mai fatto nulla con un’altra, ma sono curiosa. E da quanto ho capito non sarà solo una donna no? E comunque ti amo da prima di stasera, scemo.
- Ok ok. Ma non chiedermi più nulla finché non succederà, va bene? E se ti fa piacere, per me è stato sublime sfondarti quel bel culetto.
- Stronzo…
- È piaciuto anche a te allora.
- Maledetto. Sei un maledetto.
A casa gli feci un pompino, dopo la doccia, sul divano, mentre mi accarezzava la testa e chiamandosi la sua troietta. Oh sì, pensai, e vedrai che troia sarò…
Andammo a varie feste prima di quella fatidica, e ogni volta andavo pronta per “quella” festa, tornando a casa un pochino delusa, nonostante mi divertissi sempre parecchio, e naturalmente dilettassi i presenti, anche senza spogliarmi. Una sera che eravamo in giro in auto sulla costa, Henry tirò fuori dal portaoggetti un paio di manette, e lo guardai un po’ stranita ma intrigata.
- Che vuoi fare? Non sono vestita da festa, amore – mi schermii, pensando che fosse arrivato il momento – e poi non mi sono nemmeno depilata.
- Mettile e basta.
Feci per unire i polsi davanti a me ma mi fermò.
- Dietro, naturalmente…
Mi contorsi leggermente per fare posto alle braccia tra schiena e schienale, guardandolo interrogativamente, lasciandogli accarezzare da sopra il vestito il seno più vicino a lui.
- Come ti fanno sentire?
- Legata, come potrei sentirmi? Ah, sì, scomoda!
Rise di gusto. Io non ero mai stata legata nemmeno per gioco, e sentivo un certo disagio. Glielo dissi.
- Non ti piace non essere padrona del tuo destino, c’est vrai? Anche se sai che io non sono il tipo da stuprarti, se non per gioco, ora posso toccarti ovunque senza che tu possa togliermi la mano, o scoprirti. Persino schiaffeggiare quel bel faccino
- Non oserai…
Mi prese la mandibola fra le dita facendomi girare verso di lui. Aveva lo sguardo diverso dal solito, o forse lo vedevo io in un altro modo.
- Quello no…ma mi piace vederti fare smorfie, gridare anche un po’. Quando ti inculo per esempio mi fai arrapare come un animale, molto più di quando ti scopo.
- Immagino come finirà la serata allora – risposi cercando di mettermi un po’ più comoda sul sedile. Inutilmente.
- Ancora non lo so come finirà – fermò l’auto – ora scendiamo.
Lo stabilimento balneare era ancora chiuso e deserto. Ci incamminammo verso la terrazza aperta dove avevamo mangiato spesso, che alla luce della luna aveva un aspetto un po’ spettrale.
- Ora pensa se la sala fosse illuminata, piena di clienti che ti fissano mentre vieni accompagnata al tavolo così. O meglio ancora al guinzaglio, con uno dei tuoi vestitini trasparenti, con le tette solo velate dalla stoffa.
- Senza reggiseno, ovviamente.
- Ovviamente. Magari con un copricapezzoli. Anche solo un po’ di nastro
Mi scaldai all’idea, davvero audace persino per me. Ma sentii che mi stavo inumidendo.
- E come farei a mangiare con le mani legate, mi libereresti?
- Oh no. Sceglierei i tuoi piatti e ti imboccherei…o ti farei imboccare da qualcuno. Che so, Celine?
- Anche lei seminuda?
- Perché no. Oppure vestita di tutto punto. E potrei dare a lei il guinzaglio, per farvi uscire insieme. Oppure potrei legarti qui, a questa colonnina, mentre mangio con lei, flirtando anche un po’. È una bella donna in fondo.
- Questa idea mi piace un po’ meno. Tu sei mio…
- Ah non vale nei due sensi allora.
L’idea di Henry che ci provava, o peggio, con un’altra non era piacevole.
- Dovrei accettarlo?
- Sarebbe solo un gioco, come tutti quelli che ti propongo. Solo sesso, l’amore non c’entra. Come quando ti farai quella serata.
- Ma tu non farai sesso con altre, vero?
- Mi basti e avanzi. Ora sto giocando con la tua testolina e basta. Rilassati e gioca con me, vuoi?
- Ok…allora mi legheresti… qui? Come.
- Con le mani in alto, così.
Mi liberò dalle manette per unirmi le mani e chiudere i braccialetti dopo aver passato la catenella dietro alla colonnina. Mi sentivo davvero indifesa ed esposta agli sguardi dei clienti immaginari, e cercai di assumere una posa che mi rendesse ragione.
- Vedi che ti piace…tutti che ti guardano, ti scrutano. Gli uomini con desiderio, le donne gelose e invidiose di te.
- Qualcuna magari mi guarderà con disprezzo.
- Invidia dissimulata. Tu puoi permetterti di stare così, loro sicuramente no. E a un certo punto potrebbe venirmi voglia di fare vedere di più.
- Ancora di più?
- Sì, magari tagliare via la camicetta, o tutto.
Estrasse un coltello dalla tasca e si avvicinò al bordo del vestito.
- Che fai? Sai quanto costa?
- Non mi interessa.
Il coltello iniziò il suo lavoro squarciando il vestito fino in cima. Non era solo la brezza dal mare a riempirmi di brividi, facendo rattrappire i capezzoli. Henry fini il lavoro distruggendo completamente l’abito. Quando si avvicinò all’elastico del perizoma cercai di abbassare le braccia, trattenute al loro posto dalle manette.
- Finiamo il lavoro no?
- Come desideri… - anche il perizoma La Perla era stato sacrificato – magari dopo faccio il giro dei tavoli per una colletta.
- Non servirà, ma chere. Non sei mai stata così esposta, il tuo esibizionismo dovrebbe urlare di gioia…sentiamo qui. Ecco, bagnata fradicia. Come vedi ho ragione.
- In effetti mi piace.
- Bene, ora il tocco finale.
Dalla tasca dei pantaloni estrasse un foulard che iniziò ad arrotolare.
- Perdo anche il panorama?
- Sei tu il panorama cherie. Tutti gli occhi su di te.
Dopo avermi bendata sentii le sue mani scorrermi sulle cosce, sui fianchi e sulle costole. Sentivo come una scossa al passaggio delle sue dita su di me, e mi protesi in avanti con le labbra socchiuse, in attesa di un bacio che mi bruciasse. Ma le sue mani si fermarono sulle guance, e il bacio non arrivò.
- Non sarò io a baciarti. Non stasera. Fra poco verranno a prenderti, io li aspetterò in auto e vi seguirò.
- Allora è stanotte?
- Sì, amore. Sarai mia, tramite qualcun altro. Come un oggetto, che presto ad altri per il mio piacere ed il loro. E spero anche per il tuo.
- Ma tu ci sarai?
- Sempre, tranne per il viaggio.
- Ti prego, baciami.
- No. Questo è l’accordo. Io ti porto e ti metto a disposizione senza toccarti. Ti bacerò dopo, anche per tutta la notte.
- Ma non lo saprebbe nessuno…
- Lo saprei io. E anche tu. A dopo.
Mi sfiorò nuovamente il corpo mentre si allontanava da me. Avevo il cuore che sembrava voler uscire dal petto, e mi sentivo ricoperta da goccioline di sudore, mentre sentivo in bocca un sapore metallico e avevo il fiato corto. Il tutto aumentò ancora al rumore dei motori che sentii avvicinarsi. Non potevo evitare quella prova, ma almeno avrei voluto vedere cosa mi sarebbe successo e da chi sarei stata usata. Dei passi silenziosi si avvicinarono a me, e cercai di girare intorno al palo per nascondermi ai loro occhi, ovviamente senza riuscirci. Mani forti mi presero i polsi e dopo avermi staccato una sola manetta mi legarono nuovamente. Erano forti ma gentili, e non mi toccarono che le braccia, scortandomi verso un furgone di cui sentii il portellone aprirsi e chiudersi. Mi fecero sedere tra loro, e nessuno disse una parola fino a quando il mezzo si fermò e venni fatta alzare. Uno di loro mi mise un collare, e la fredda catena metallica penzolò per qualche secondo fra i seni, prima che venisse impugnata e mi sentissi tirare in avanti, con una mano sulla schiena a spingermi leggermente in avanti. Camminammo per pochi metri prima di varcare una porta. La benda si inumidì anche di una lacrima, poi sentii un mormorio salire, e una voce femminile dire “eccola qui, finalmente”. Non sapere dove mi trovassi, né davanti a chi, e cosa avrebbero fatto mi terrorizzò e cercai di puntare i piedi. Un’altra voce disse “ora non fa più tanto la spavalda”, e come risposta ebbe un “però è davvero una figa da paura, uno spettacolo da non perdere”. Cercai di darmi un minimo di contegno e drizzai le spalle, per non aggiungere all’umiliazione anche la dimostrazione della mia paura. Dopotutto Henry era là, e voleva vedermi al meglio. Camminai tra la gente, come se volessero farmi vedere bene a tutti, prima di salire alcuni gradini, e fui legata a braccia larghe e alte, poi mi fissarono similmente anche le caviglie. Sentii uno scossone, come se la piattaforma su cui mi trovavo avesse iniziato a ruotare, perché nessuno perdesse il minimo dettaglio della mia ordalia. Ebbi appena il tempo di abituarmi all’idea e calmare il respiro prima che qualcuno salisse sul palco insieme a me e mi accarezzasse il petto con qualcosa di rigido e liscio. Una mano mi passò su una natica, poi sentii un oggetto duro infilarsi fra le mie cosce e andare avanti e indietro sulle mie labbra. La persona mi si avvicinò all’orecchio sussurrandomi “non ti farò troppo male. Cerca di divertirti e farli divertire”. Come male? Tesi le braccia cercando di liberarmi quando un sibilò lacerò il silenzio e ricevetti la prima frustata della mia vita, urlando più per sorpresa che per il dolore. Il pubblico era molto vicino e li senti bisbigliare qualcosa, come se non volessero disturbare lo spettacolo davanti ai loro occhi. Le fruste divennero due, una che mi colpiva la schiena ed un’altra a percuotermi il petto ed il ventre, e non ci volle molto perché iniziassi a gridare ad ogni colpo. Ma era solo l’inizio, perché una volta staccata mi fecero piegare a ponte e appoggiai la schiena su un supporto, legandomi mani e piedi alla base della piattaforma, esponendomi ancora di più alla vista. Immaginai che fosse arrivato il momento di essere scopata ma mi sbagliavo, perché le frustate ripresero sul pube e sui seni. Non potevo assolutamente muovermi, solo urlare e subire, mentre già la posizione era dolorosa da tenere e umiliante da sopportare. Senza più una dignità da difendere mi ascoltai gridare quando il dolore divenne insopportabile, senza ricevere la minima pietà dai miei aguzzini. E quando la frusta smise di sibilare sentii due morsi lancinanti ai capezzoli, seguiti da un altro al clitoride che mi lasciò senza fiato. Il dolore si trasformò in una presenza fissa ma solo per poco tempo rimasi in quello stato, e dopo che sentii delle mani su di me il mio corpo fu percorso da una specie di solletico fastidioso intermittente. Non ne capii il motivo fino a quando la potenza dell’elettricità non venne aumentata di colpo. Urlai di nuovo ad ogni nuova scarica, con i muscoli che si tendevano indipendentemente dalla mia volontà. Il sudore che si era formato sulla pelle e gli umori vaginali non facevano che aumentarne l’effetto, e solo il mio orgoglio mi impedì di chiedere pietà. Come Dio volle mi fu tolto il morsetto al clitoride, e fu molto più doloroso di quanto fosse stato riceverlo. Una mano mi massaggiò delicatamente, ma era solo il preludio della penetrazione che stavo per ricevere. L’uomo mi entrò abbastanza facilmente dentro, dandomi colpi vigorosi come per scaricarsi in fretta. Contemporaneamente due mani si posarono ai lati della mia faccia, e sapevo cosa significasse. Docilmente separai le labbra e un altro cazzo mi entrò in bocca. Mi trattarono come una bambola, e incapace com’ero di controllare la situazione lasciai che tutto accadesse come se non fossi io la loro vittima, come se non stesse succedendo a me. In sei si alternarono dentro di me, sporcandomi senza ritegno dentro e sopra il corpo. Iniziai a pensare ad Henry, a come avrei voluto che fosse lui, anche davanti a tutti, anche facendomi male, ma fosse lui il mio carnefice splendido, e con quel pensiero finalmente venni, vergognandomene subito dopo come non mi era mai successo. Ma lui non mi avrebbe toccata quella sera, lo aveva detto, e io per tutti sarei stata la puttana che lui aveva procurato. Venne il turno di umiliarmi ancora di più, quando senza preavviso un pube femminile si posò sulla mia bocca, e al mio rifiuto di leccare come lei si aspettava afferrò i morsetti ancora fissati ai miei capezzoli tirandoli verso l’alto con forza e torcendoli di qua e di là ripetutamente, fino a quando non mi arresi e iniziai a darmi da fare. Sentii che qualcosa veniva legato alla mia coscia e puntato contro la mia figa, e lo stimolo che ricevetti non appena azionato l’aggeggio mi proiettò in un universo parallelo, in cui avrei fatto qualsiasi nefandezza. Iniziai a venire ogni pochi secondi, continuando a passare la lingua sulle labbra e sul clitoride della mia padrona di turno finché non mi ricoprì la faccia dei suoi umori e venne sostituita da un’altra, che mi sbrigai a leccare velocemente per rimuoverne per quanto possibile il gusto iniziale. Assorbii il dolore lancinante dell’apertura dei morsetti mugolando ferita e semisoffocata dall’inguine che mi sovrastava e mi chiudeva parzialmente anche il naso, e ringraziai mentalmente chiunque mi stesse leccando e succhiando delicatamente i seni ormai martoriati. Gli orgasmi ormai iniziavano ad essere più dolorosi che piacevoli, ma nessuno mi avrebbe sottratto a quell’agonia fino al suo compimento. Anche la seconda donna si ritenne soddisfatta, e per la prima volta ricevetti un bacio, un piccolo atto che nonostante tutto significò molto per me. Riconobbi in qualche modo Céline, che aveva partecipato e forse era stata una delle mie aguzzine, ma quello che mi aveva fatto era stato riscattato da quel gesto così semplice. Venni liberata e fatta faticosamente alzare, con la schiena dolente come il resto del corpo ormai, senza che venisse tolto l’ordigno che ancora mi dilaniava l’anima. Mi spinsero a quattro zampe, tirandomi per il guinzaglio fra gli ospiti mentre ad ogni nuovo orgasmo inarcavo la schiena e grugnivo, fino a che non sentii una voce parlare, ma non con me.
- La riportiamo dove l’abbiamo presa, quando vuoi puoi andare a riprenderla.
Non ottenne risposta, ma seppi che Henry era stato lì con me fino a quel momento, e che forse la serata, o meglio il mio supplizio era finito. Usciti dalla casa fui rimessa in piedi e mi ammanettarono di nuovo, spingendomi sul furgone.
- Non sederti, tanto non potresti.
Mi fecero inginocchiare, ed ebbi l’ultima umiliazione della notte quando sentii un glande premermi contro le labbra. Il tizio però voleva che fossi io a prendere l’iniziativa.
- Muovi quella testa, non pensare che sia io a tirartela su e giù. Sono anni che sogno di farmi spompinare da te, che non mi hai mai cagato nemmeno di striscio. Forza!
Ricordavo vagamente la voce ma non riuscivo ad associargli un volto. Lo accontentai iniziando a scorrere sulla sua asta fin quasi a soffocare quando le mie labbra arrivavano vicino alla radice ed il glande mi toccava la parete della gola, pensando che sarebbe stato l’ultimo che gli facevo nella sua vita, a meno che Henry non decidesse di farmi rivivere quel delizioso, anche se allucinante tormento. In sfregio mi venne sulla faccia, mentre gli altri occupanti del mezzo ridevano e mi sbeffeggiavano. Sentii lo sperma colare dalla faccia sul petto senza che nessuno si degnasse di ripulirmi, e arrivati dove tutto era iniziato fui scortata sotto il porticato del ristorante. Come ultimo affronto mi legarono ad una colonnina frapponendo tra lei ed il mio corpo una sedia a cui mi legarono i piedi, obbligandomi a restare piegata in avanti, ancora una volta con le parti intime oscenamente esposte.
- Questo te lo lascio – disse il mio ultimo “cliente” della serata – le batterie dovrebbero durare ancora un po’. Per passarti il tempo.
Dopo una pacca sul culo li sentii allontanarsi, mentre ormai dal pube ricevevo solo dolore. Potevo solo sperare che Henry si sbrigasse a togliermi da quella situazione, ormai avevo solo voglia di rintanarmi fra le sue braccia. Se, beninteso, dopo avermi visto in quel modo, fosse ancora intenzionato a tenermi con sé. Per fortuna passò poco tempo prima che sentissi il rumore di un’auto, ma mi stupii di sentire insieme ai suoi passi anche tacchi femminili.
- Povera cara, anche questo…
- Celine
- Sì, c’è anche lei. Ci teneva, spero non ti dispiaccia.
- Toglietemi quel coso, vi prego. Non ne posso più.
Mi liberarono contemporaneamente le mani e l’inguine, e mentre uno dei due mi liberava i piedi l’altro mi coprì con un mantello o una coperta. Mi resi conto che ero infreddolita, e le gambe mi cedettero per la stanchezza. Riconobbi le braccia forti di Henry che mi sostenevano.
- Tutto bene amore?
- Stanca. E ferita. Umiliata.
- Troppo?
- No amore. Ma tu? Ti è…piaciuto?
- Vuoi sapere se penso che sei stata brava? Sei stata bellissima, e forte. Una leonessa, davvero.
- Spero che mi perdonerai…sono venuta. Tanto.
- Non potevi evitarlo. Ma ti è piaciuto? Nessuno ti ha staccato gli occhi di dosso. Io stesso sarei salito a farti qualcosa.
- Io per fortuna l’ho fatto. Spero che non ce l’avrai con me, tesoro.
Celine mi accarezzò, e con un fazzoletto umido iniziò a ripulirmi il viso incrostato.
- Non togli la benda?
- No…ora vorrei che mi riportassi a casa, al sicuro, ma non posso ancora sostenere il tuo sguardo.
- Certo che puoi.
- No, davvero. Voglio che mi porti a casa e mi lavi, poi mi coccoli, e solo dentro al letto, al buio, mi toglierò la benda.
- Io avevo pensato a una cosa – intervenne Celine – volevo…ringraziarti, di persona, se capisci cosa intendo.
- Un’altra volta. Anche domani, ma ora vorrei stare sola con Henry. Ho bisogno di sentirmi dire delle cose da sola.
- Sono certo che capirai che è molto stanca.
- Con quello che ha passato sarei a pezzi per settimane. Domani, a cena? Niente secondi fini
- Al contrario Celine. Sono elettrizzata, ho scoperto un nuovo modo di mettermi in mostra. L’esibizione estrema, forse quello che cercavo da sempre. Dipenderà solo da Henry, l’unico che voglio sempre accontentare da ora in poi.
- Non sarò certo io a fermarti amore – Henry mi stava abbracciando teneramente mentre ci dirigevamo alla macchina - ti ho adorato stasera come prima, e continuerò a farlo, lo sai.
- Allora è fatta. Domani sera da noi, sai cosa aspettarti.
- Se fossi un uomo ti sposerei.
- Sarei già impegnata. Ma posso comunque offrirti qualche vantaggio.
Celine mi baciò sulle guance e salì sulla sua auto. Henry mi abbracciò, finalmente baciandomi.
- Ho ancora l’odore di tutta quella gente addosso.
- Non m’importa, davvero. Ora vorrei fare l’amore con te, ma non penso che tu…
Lo azzittii con una mano sulla bocca.
- C’è una cosa che nessuno mi ha fatto – sussurrai portandogli una mano su una natica – e posso riservarla a te. Ma questa volta dovrai legarmi…
- visto che ti piace farti guardare, almeno che lo spettacolo sia completo, no?
E scende dall'auto, trascinandomi fuori con solo le scarpe addosso, o completamente nuda, facendomi stare con la schiena appoggiata sulla fiancata dell’auto, come se stessi aspettando clienti. Ma gli piace anche quando andiamo alle feste in casa di amici lasciarmi scatenare con la musica, e più di una volta ho fatto scivolare il vestito da dosso sotto gli occhi esterrefatti degli altri ospiti. E quando c’è Celine, una donna che porta splendidamente i suoi quarantacinque anni, so che non sarò sola a dare scandalo, e dopo averla aiutata a togliersi l’abito si muove con me. Anche a lei piace farsi guardare evidentemente, ma si copre quasi sempre i seni, o almeno i capezzoli con le mani. L’ultima volta le ho preso i polsi sollevandole le mani sopra la testa, e abbiamo ballato con i nostri corpi che si sfioravano, e la sua bocca distesa in un sorrisetto malizioso era tremendamente invitante, ma non ci siamo baciate, come Henry mi ha poi confessato di sperare.
- Vorresti vedermi con una donna? – gli ho chiesto mentre mi riempiva il sesso dopo esserci fermati in una stradella secondaria a scopare, piegata sul cofano della macchina.
- Sì, davanti a tutti però, come stasera. Scopata da tutti con gli occhi, e da qualcuno più fortunato anche scopata sul serio.
Venni al pensiero di lui che mi guardava venire, e un altro orgasmo mi costrinse ad accasciarmi sul cofano ancora caldo, mentre lui mi montava ancora più imperioso.
- Per te lo farei…se davvero lo vuoi, organizza.
- Sarà tutta una sorpresa. Non saprai niente fino a che non ti darò in mano a chi sceglierò.
- Adoro le sorprese…
- Ora te ne faccio una allora.
Si sfilò da me allargandomi le natiche e mi sodomizzò, entrando lentamente e accelerando una volta aperta. Gridai e mi contorsi inutilmente cercando debolmente di dissuaderlo, ma mi penetrò inesorabilmente fino a schiacciarsi contro di me con dei sogghigni gutturali. Riuscii a sopportare il dolore di sentirmi aperta in due dal suo membro, che sentii ancora più grosso del solito, e venni ancora prima che la mano infilata tra ventre e cosce arrivasse a lambirmi il clitoride.
- Sono una troia…
- La mia troia. Ora davvero mia
- E dopo quella sera lo sarai ancora di più, ma chere…vedrai…
Venne anche lui, sculacciandomi a mano piena mentre grugniva il suo piacere, e vidi il suo compiacimento quando mi sedetti sul vestito arrotolato tra me ed il sedile sotto di me, per raccogliere lo sperma che mi colava fuori.
- Forse saprai un po’ prima che sta per succedere, se ti porterò alla serata in questo modo.
- È una cosa che vuoi fare sul serio allora…- pensavo fosse una fantasia da scopata, mentre Henry era serio come la morte.
- Mi hai dato tu l’idea, ora ti rimangi tutto?
- No, come tu mi assecondo, io lo faccio con te. Basta che non mi tocchi sentire una scenata di gelosia dopo…
- Mai stato geloso. E non si può stare con te ed esserlo.
- Già. Tu lo hai capito benissimo. Credo di amarti sai? Era la prima volta, mi hai un male porco.
- Spero che quel “ti amo” non sia perché ti lascerò scopare da altri…e non sapevo fossi attratta dalle donne.
- Mai fatto nulla con un’altra, ma sono curiosa. E da quanto ho capito non sarà solo una donna no? E comunque ti amo da prima di stasera, scemo.
- Ok ok. Ma non chiedermi più nulla finché non succederà, va bene? E se ti fa piacere, per me è stato sublime sfondarti quel bel culetto.
- Stronzo…
- È piaciuto anche a te allora.
- Maledetto. Sei un maledetto.
A casa gli feci un pompino, dopo la doccia, sul divano, mentre mi accarezzava la testa e chiamandosi la sua troietta. Oh sì, pensai, e vedrai che troia sarò…
Andammo a varie feste prima di quella fatidica, e ogni volta andavo pronta per “quella” festa, tornando a casa un pochino delusa, nonostante mi divertissi sempre parecchio, e naturalmente dilettassi i presenti, anche senza spogliarmi. Una sera che eravamo in giro in auto sulla costa, Henry tirò fuori dal portaoggetti un paio di manette, e lo guardai un po’ stranita ma intrigata.
- Che vuoi fare? Non sono vestita da festa, amore – mi schermii, pensando che fosse arrivato il momento – e poi non mi sono nemmeno depilata.
- Mettile e basta.
Feci per unire i polsi davanti a me ma mi fermò.
- Dietro, naturalmente…
Mi contorsi leggermente per fare posto alle braccia tra schiena e schienale, guardandolo interrogativamente, lasciandogli accarezzare da sopra il vestito il seno più vicino a lui.
- Come ti fanno sentire?
- Legata, come potrei sentirmi? Ah, sì, scomoda!
Rise di gusto. Io non ero mai stata legata nemmeno per gioco, e sentivo un certo disagio. Glielo dissi.
- Non ti piace non essere padrona del tuo destino, c’est vrai? Anche se sai che io non sono il tipo da stuprarti, se non per gioco, ora posso toccarti ovunque senza che tu possa togliermi la mano, o scoprirti. Persino schiaffeggiare quel bel faccino
- Non oserai…
Mi prese la mandibola fra le dita facendomi girare verso di lui. Aveva lo sguardo diverso dal solito, o forse lo vedevo io in un altro modo.
- Quello no…ma mi piace vederti fare smorfie, gridare anche un po’. Quando ti inculo per esempio mi fai arrapare come un animale, molto più di quando ti scopo.
- Immagino come finirà la serata allora – risposi cercando di mettermi un po’ più comoda sul sedile. Inutilmente.
- Ancora non lo so come finirà – fermò l’auto – ora scendiamo.
Lo stabilimento balneare era ancora chiuso e deserto. Ci incamminammo verso la terrazza aperta dove avevamo mangiato spesso, che alla luce della luna aveva un aspetto un po’ spettrale.
- Ora pensa se la sala fosse illuminata, piena di clienti che ti fissano mentre vieni accompagnata al tavolo così. O meglio ancora al guinzaglio, con uno dei tuoi vestitini trasparenti, con le tette solo velate dalla stoffa.
- Senza reggiseno, ovviamente.
- Ovviamente. Magari con un copricapezzoli. Anche solo un po’ di nastro
Mi scaldai all’idea, davvero audace persino per me. Ma sentii che mi stavo inumidendo.
- E come farei a mangiare con le mani legate, mi libereresti?
- Oh no. Sceglierei i tuoi piatti e ti imboccherei…o ti farei imboccare da qualcuno. Che so, Celine?
- Anche lei seminuda?
- Perché no. Oppure vestita di tutto punto. E potrei dare a lei il guinzaglio, per farvi uscire insieme. Oppure potrei legarti qui, a questa colonnina, mentre mangio con lei, flirtando anche un po’. È una bella donna in fondo.
- Questa idea mi piace un po’ meno. Tu sei mio…
- Ah non vale nei due sensi allora.
L’idea di Henry che ci provava, o peggio, con un’altra non era piacevole.
- Dovrei accettarlo?
- Sarebbe solo un gioco, come tutti quelli che ti propongo. Solo sesso, l’amore non c’entra. Come quando ti farai quella serata.
- Ma tu non farai sesso con altre, vero?
- Mi basti e avanzi. Ora sto giocando con la tua testolina e basta. Rilassati e gioca con me, vuoi?
- Ok…allora mi legheresti… qui? Come.
- Con le mani in alto, così.
Mi liberò dalle manette per unirmi le mani e chiudere i braccialetti dopo aver passato la catenella dietro alla colonnina. Mi sentivo davvero indifesa ed esposta agli sguardi dei clienti immaginari, e cercai di assumere una posa che mi rendesse ragione.
- Vedi che ti piace…tutti che ti guardano, ti scrutano. Gli uomini con desiderio, le donne gelose e invidiose di te.
- Qualcuna magari mi guarderà con disprezzo.
- Invidia dissimulata. Tu puoi permetterti di stare così, loro sicuramente no. E a un certo punto potrebbe venirmi voglia di fare vedere di più.
- Ancora di più?
- Sì, magari tagliare via la camicetta, o tutto.
Estrasse un coltello dalla tasca e si avvicinò al bordo del vestito.
- Che fai? Sai quanto costa?
- Non mi interessa.
Il coltello iniziò il suo lavoro squarciando il vestito fino in cima. Non era solo la brezza dal mare a riempirmi di brividi, facendo rattrappire i capezzoli. Henry fini il lavoro distruggendo completamente l’abito. Quando si avvicinò all’elastico del perizoma cercai di abbassare le braccia, trattenute al loro posto dalle manette.
- Finiamo il lavoro no?
- Come desideri… - anche il perizoma La Perla era stato sacrificato – magari dopo faccio il giro dei tavoli per una colletta.
- Non servirà, ma chere. Non sei mai stata così esposta, il tuo esibizionismo dovrebbe urlare di gioia…sentiamo qui. Ecco, bagnata fradicia. Come vedi ho ragione.
- In effetti mi piace.
- Bene, ora il tocco finale.
Dalla tasca dei pantaloni estrasse un foulard che iniziò ad arrotolare.
- Perdo anche il panorama?
- Sei tu il panorama cherie. Tutti gli occhi su di te.
Dopo avermi bendata sentii le sue mani scorrermi sulle cosce, sui fianchi e sulle costole. Sentivo come una scossa al passaggio delle sue dita su di me, e mi protesi in avanti con le labbra socchiuse, in attesa di un bacio che mi bruciasse. Ma le sue mani si fermarono sulle guance, e il bacio non arrivò.
- Non sarò io a baciarti. Non stasera. Fra poco verranno a prenderti, io li aspetterò in auto e vi seguirò.
- Allora è stanotte?
- Sì, amore. Sarai mia, tramite qualcun altro. Come un oggetto, che presto ad altri per il mio piacere ed il loro. E spero anche per il tuo.
- Ma tu ci sarai?
- Sempre, tranne per il viaggio.
- Ti prego, baciami.
- No. Questo è l’accordo. Io ti porto e ti metto a disposizione senza toccarti. Ti bacerò dopo, anche per tutta la notte.
- Ma non lo saprebbe nessuno…
- Lo saprei io. E anche tu. A dopo.
Mi sfiorò nuovamente il corpo mentre si allontanava da me. Avevo il cuore che sembrava voler uscire dal petto, e mi sentivo ricoperta da goccioline di sudore, mentre sentivo in bocca un sapore metallico e avevo il fiato corto. Il tutto aumentò ancora al rumore dei motori che sentii avvicinarsi. Non potevo evitare quella prova, ma almeno avrei voluto vedere cosa mi sarebbe successo e da chi sarei stata usata. Dei passi silenziosi si avvicinarono a me, e cercai di girare intorno al palo per nascondermi ai loro occhi, ovviamente senza riuscirci. Mani forti mi presero i polsi e dopo avermi staccato una sola manetta mi legarono nuovamente. Erano forti ma gentili, e non mi toccarono che le braccia, scortandomi verso un furgone di cui sentii il portellone aprirsi e chiudersi. Mi fecero sedere tra loro, e nessuno disse una parola fino a quando il mezzo si fermò e venni fatta alzare. Uno di loro mi mise un collare, e la fredda catena metallica penzolò per qualche secondo fra i seni, prima che venisse impugnata e mi sentissi tirare in avanti, con una mano sulla schiena a spingermi leggermente in avanti. Camminammo per pochi metri prima di varcare una porta. La benda si inumidì anche di una lacrima, poi sentii un mormorio salire, e una voce femminile dire “eccola qui, finalmente”. Non sapere dove mi trovassi, né davanti a chi, e cosa avrebbero fatto mi terrorizzò e cercai di puntare i piedi. Un’altra voce disse “ora non fa più tanto la spavalda”, e come risposta ebbe un “però è davvero una figa da paura, uno spettacolo da non perdere”. Cercai di darmi un minimo di contegno e drizzai le spalle, per non aggiungere all’umiliazione anche la dimostrazione della mia paura. Dopotutto Henry era là, e voleva vedermi al meglio. Camminai tra la gente, come se volessero farmi vedere bene a tutti, prima di salire alcuni gradini, e fui legata a braccia larghe e alte, poi mi fissarono similmente anche le caviglie. Sentii uno scossone, come se la piattaforma su cui mi trovavo avesse iniziato a ruotare, perché nessuno perdesse il minimo dettaglio della mia ordalia. Ebbi appena il tempo di abituarmi all’idea e calmare il respiro prima che qualcuno salisse sul palco insieme a me e mi accarezzasse il petto con qualcosa di rigido e liscio. Una mano mi passò su una natica, poi sentii un oggetto duro infilarsi fra le mie cosce e andare avanti e indietro sulle mie labbra. La persona mi si avvicinò all’orecchio sussurrandomi “non ti farò troppo male. Cerca di divertirti e farli divertire”. Come male? Tesi le braccia cercando di liberarmi quando un sibilò lacerò il silenzio e ricevetti la prima frustata della mia vita, urlando più per sorpresa che per il dolore. Il pubblico era molto vicino e li senti bisbigliare qualcosa, come se non volessero disturbare lo spettacolo davanti ai loro occhi. Le fruste divennero due, una che mi colpiva la schiena ed un’altra a percuotermi il petto ed il ventre, e non ci volle molto perché iniziassi a gridare ad ogni colpo. Ma era solo l’inizio, perché una volta staccata mi fecero piegare a ponte e appoggiai la schiena su un supporto, legandomi mani e piedi alla base della piattaforma, esponendomi ancora di più alla vista. Immaginai che fosse arrivato il momento di essere scopata ma mi sbagliavo, perché le frustate ripresero sul pube e sui seni. Non potevo assolutamente muovermi, solo urlare e subire, mentre già la posizione era dolorosa da tenere e umiliante da sopportare. Senza più una dignità da difendere mi ascoltai gridare quando il dolore divenne insopportabile, senza ricevere la minima pietà dai miei aguzzini. E quando la frusta smise di sibilare sentii due morsi lancinanti ai capezzoli, seguiti da un altro al clitoride che mi lasciò senza fiato. Il dolore si trasformò in una presenza fissa ma solo per poco tempo rimasi in quello stato, e dopo che sentii delle mani su di me il mio corpo fu percorso da una specie di solletico fastidioso intermittente. Non ne capii il motivo fino a quando la potenza dell’elettricità non venne aumentata di colpo. Urlai di nuovo ad ogni nuova scarica, con i muscoli che si tendevano indipendentemente dalla mia volontà. Il sudore che si era formato sulla pelle e gli umori vaginali non facevano che aumentarne l’effetto, e solo il mio orgoglio mi impedì di chiedere pietà. Come Dio volle mi fu tolto il morsetto al clitoride, e fu molto più doloroso di quanto fosse stato riceverlo. Una mano mi massaggiò delicatamente, ma era solo il preludio della penetrazione che stavo per ricevere. L’uomo mi entrò abbastanza facilmente dentro, dandomi colpi vigorosi come per scaricarsi in fretta. Contemporaneamente due mani si posarono ai lati della mia faccia, e sapevo cosa significasse. Docilmente separai le labbra e un altro cazzo mi entrò in bocca. Mi trattarono come una bambola, e incapace com’ero di controllare la situazione lasciai che tutto accadesse come se non fossi io la loro vittima, come se non stesse succedendo a me. In sei si alternarono dentro di me, sporcandomi senza ritegno dentro e sopra il corpo. Iniziai a pensare ad Henry, a come avrei voluto che fosse lui, anche davanti a tutti, anche facendomi male, ma fosse lui il mio carnefice splendido, e con quel pensiero finalmente venni, vergognandomene subito dopo come non mi era mai successo. Ma lui non mi avrebbe toccata quella sera, lo aveva detto, e io per tutti sarei stata la puttana che lui aveva procurato. Venne il turno di umiliarmi ancora di più, quando senza preavviso un pube femminile si posò sulla mia bocca, e al mio rifiuto di leccare come lei si aspettava afferrò i morsetti ancora fissati ai miei capezzoli tirandoli verso l’alto con forza e torcendoli di qua e di là ripetutamente, fino a quando non mi arresi e iniziai a darmi da fare. Sentii che qualcosa veniva legato alla mia coscia e puntato contro la mia figa, e lo stimolo che ricevetti non appena azionato l’aggeggio mi proiettò in un universo parallelo, in cui avrei fatto qualsiasi nefandezza. Iniziai a venire ogni pochi secondi, continuando a passare la lingua sulle labbra e sul clitoride della mia padrona di turno finché non mi ricoprì la faccia dei suoi umori e venne sostituita da un’altra, che mi sbrigai a leccare velocemente per rimuoverne per quanto possibile il gusto iniziale. Assorbii il dolore lancinante dell’apertura dei morsetti mugolando ferita e semisoffocata dall’inguine che mi sovrastava e mi chiudeva parzialmente anche il naso, e ringraziai mentalmente chiunque mi stesse leccando e succhiando delicatamente i seni ormai martoriati. Gli orgasmi ormai iniziavano ad essere più dolorosi che piacevoli, ma nessuno mi avrebbe sottratto a quell’agonia fino al suo compimento. Anche la seconda donna si ritenne soddisfatta, e per la prima volta ricevetti un bacio, un piccolo atto che nonostante tutto significò molto per me. Riconobbi in qualche modo Céline, che aveva partecipato e forse era stata una delle mie aguzzine, ma quello che mi aveva fatto era stato riscattato da quel gesto così semplice. Venni liberata e fatta faticosamente alzare, con la schiena dolente come il resto del corpo ormai, senza che venisse tolto l’ordigno che ancora mi dilaniava l’anima. Mi spinsero a quattro zampe, tirandomi per il guinzaglio fra gli ospiti mentre ad ogni nuovo orgasmo inarcavo la schiena e grugnivo, fino a che non sentii una voce parlare, ma non con me.
- La riportiamo dove l’abbiamo presa, quando vuoi puoi andare a riprenderla.
Non ottenne risposta, ma seppi che Henry era stato lì con me fino a quel momento, e che forse la serata, o meglio il mio supplizio era finito. Usciti dalla casa fui rimessa in piedi e mi ammanettarono di nuovo, spingendomi sul furgone.
- Non sederti, tanto non potresti.
Mi fecero inginocchiare, ed ebbi l’ultima umiliazione della notte quando sentii un glande premermi contro le labbra. Il tizio però voleva che fossi io a prendere l’iniziativa.
- Muovi quella testa, non pensare che sia io a tirartela su e giù. Sono anni che sogno di farmi spompinare da te, che non mi hai mai cagato nemmeno di striscio. Forza!
Ricordavo vagamente la voce ma non riuscivo ad associargli un volto. Lo accontentai iniziando a scorrere sulla sua asta fin quasi a soffocare quando le mie labbra arrivavano vicino alla radice ed il glande mi toccava la parete della gola, pensando che sarebbe stato l’ultimo che gli facevo nella sua vita, a meno che Henry non decidesse di farmi rivivere quel delizioso, anche se allucinante tormento. In sfregio mi venne sulla faccia, mentre gli altri occupanti del mezzo ridevano e mi sbeffeggiavano. Sentii lo sperma colare dalla faccia sul petto senza che nessuno si degnasse di ripulirmi, e arrivati dove tutto era iniziato fui scortata sotto il porticato del ristorante. Come ultimo affronto mi legarono ad una colonnina frapponendo tra lei ed il mio corpo una sedia a cui mi legarono i piedi, obbligandomi a restare piegata in avanti, ancora una volta con le parti intime oscenamente esposte.
- Questo te lo lascio – disse il mio ultimo “cliente” della serata – le batterie dovrebbero durare ancora un po’. Per passarti il tempo.
Dopo una pacca sul culo li sentii allontanarsi, mentre ormai dal pube ricevevo solo dolore. Potevo solo sperare che Henry si sbrigasse a togliermi da quella situazione, ormai avevo solo voglia di rintanarmi fra le sue braccia. Se, beninteso, dopo avermi visto in quel modo, fosse ancora intenzionato a tenermi con sé. Per fortuna passò poco tempo prima che sentissi il rumore di un’auto, ma mi stupii di sentire insieme ai suoi passi anche tacchi femminili.
- Povera cara, anche questo…
- Celine
- Sì, c’è anche lei. Ci teneva, spero non ti dispiaccia.
- Toglietemi quel coso, vi prego. Non ne posso più.
Mi liberarono contemporaneamente le mani e l’inguine, e mentre uno dei due mi liberava i piedi l’altro mi coprì con un mantello o una coperta. Mi resi conto che ero infreddolita, e le gambe mi cedettero per la stanchezza. Riconobbi le braccia forti di Henry che mi sostenevano.
- Tutto bene amore?
- Stanca. E ferita. Umiliata.
- Troppo?
- No amore. Ma tu? Ti è…piaciuto?
- Vuoi sapere se penso che sei stata brava? Sei stata bellissima, e forte. Una leonessa, davvero.
- Spero che mi perdonerai…sono venuta. Tanto.
- Non potevi evitarlo. Ma ti è piaciuto? Nessuno ti ha staccato gli occhi di dosso. Io stesso sarei salito a farti qualcosa.
- Io per fortuna l’ho fatto. Spero che non ce l’avrai con me, tesoro.
Celine mi accarezzò, e con un fazzoletto umido iniziò a ripulirmi il viso incrostato.
- Non togli la benda?
- No…ora vorrei che mi riportassi a casa, al sicuro, ma non posso ancora sostenere il tuo sguardo.
- Certo che puoi.
- No, davvero. Voglio che mi porti a casa e mi lavi, poi mi coccoli, e solo dentro al letto, al buio, mi toglierò la benda.
- Io avevo pensato a una cosa – intervenne Celine – volevo…ringraziarti, di persona, se capisci cosa intendo.
- Un’altra volta. Anche domani, ma ora vorrei stare sola con Henry. Ho bisogno di sentirmi dire delle cose da sola.
- Sono certo che capirai che è molto stanca.
- Con quello che ha passato sarei a pezzi per settimane. Domani, a cena? Niente secondi fini
- Al contrario Celine. Sono elettrizzata, ho scoperto un nuovo modo di mettermi in mostra. L’esibizione estrema, forse quello che cercavo da sempre. Dipenderà solo da Henry, l’unico che voglio sempre accontentare da ora in poi.
- Non sarò certo io a fermarti amore – Henry mi stava abbracciando teneramente mentre ci dirigevamo alla macchina - ti ho adorato stasera come prima, e continuerò a farlo, lo sai.
- Allora è fatta. Domani sera da noi, sai cosa aspettarti.
- Se fossi un uomo ti sposerei.
- Sarei già impegnata. Ma posso comunque offrirti qualche vantaggio.
Celine mi baciò sulle guance e salì sulla sua auto. Henry mi abbracciò, finalmente baciandomi.
- Ho ancora l’odore di tutta quella gente addosso.
- Non m’importa, davvero. Ora vorrei fare l’amore con te, ma non penso che tu…
Lo azzittii con una mano sulla bocca.
- C’è una cosa che nessuno mi ha fatto – sussurrai portandogli una mano su una natica – e posso riservarla a te. Ma questa volta dovrai legarmi…
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