Noir, Lussuria e una Storia di altri tempi
di
Vandal
genere
pulp
NOIR, LUSSURIA e una Storia di altri tempi
Fame
Lussuria. La giovane donna è nuda di fronte al fattore. La moglie è di sotto, paralizzata dalla febbre, incapace di muoversi. Il fattore non riesce a credere alla sua fortuna: quella giovane fanciulla così morbida, dalla pelle candida e i seni prosperosi, che offre tutta la sua grazia ad un uomo così goffo e rozzo.
Col sesso è fantastica, lei sembra divorarlo di tanta fame sessuale ha.
Lo trovano così, il giorno dopo, nudo, con il sesso rigido, ridotto ad uno scheletro umano. La moglie spirerà di lì a pochi giorni senza sapere nulla del marito.
Fabrizio si sveglia con il torcicollo. Non ci voleva proprio. Sposta la mano sotto le coperte e trova il corpo morbido di Alfreda, la lattaia. Morbida, piena e bianca come il latte che vende. Lei sorride, la sera prima si era fatto all’amore come due adolescenti alle prime armi. Fabrizio, così vigoroso e gentile, l’aveva presa con impeto ma delicatezza
“Devo andare, il gallo canta e i devo fare il mio giro” dice lui scivolando fuori dal letto
Lei lo guarda maliziosa, osservando la sua vigorosa nudità “Passi stasera?”
“certo che sì” un bacio frettoloso, lei che allunga la mano ad afferrarglielo, lui che ride e scappa via. Rimarrebbe volentieri ancora un po’, tra le cosce di Alfreda ma, il lavoro non si fa da sé
Clelia sta uscendo dalla stalla con il latte di capra appena munto. Giovanni, il fattore e suo padre, la esorta a fare di fretta. Più avanti c’è Gastone che si ostina a trascinare un mulo che non ne vuole proprio sapere di muoversi sulla strada. Ride agli insulti che l’uomo lancia alla povera bestia. Tutti salutano Fabrizio. Rapida fermata all’osteria del Gallo Blu, un cicchetto con Evelina che, lì sul tavolo ha le uova. Un saluto all’Alberto che gioca a briscola con Lucezio e Francesco. “Hai sentito dell’Aldobrando?” chiede Dario l’oste
“No, che ha fatto stavolta?”
“Secco come uno stoccafisso. Proprio come era successo al povero Lando. Tu che dici? Sarà una malattia? Magari come quella spagnola di qualche tempo fa”
“Ah, non so, spero di no. Cosa dice il brigadiere?”
“Ah, quello, cosa vuoi che ne sappia? Passa tutto il tempo a sonnecchiare sulla veranda della Caserma”
Vagabondo
Qui ad Alto Picco non succede mai nulla. Ci sono da qualche mese. Piccola vita, storie semplici che vanno avanti tutti i giorni. Mi tengo a distanza, non amo stare in mezzo alla gente. Visto il luogo da cui provengo, meglio la solitudine che la vita di paese.
Ho stretto amicizia con una ragazza: carina, con i capelli neri legati a treccia e due occhi che sembrano cieli di aprile. Mi ricordano quelli di mia madre e di mia sorella. Quegli occhi mi hanno portato alla follia. Per questo sono qui, per questo sono scappato
“Perché sei scappato?” mi ha chiesto Berta, la ragazza dalle treccine
Sono stato zitto, ho inventato una scusa “Non potevo rimanere in un luogo dove mi odiavano”. Non potevo certo dirle che avevo ucciso mia madre e mia sorella
Il sesso con la Berta è una giostra che ruota vorticosamente. Una furia della natura, con quelle cosce che sembrano fauci pronto a sbranarti e quei seni così grandi da soffocarci dentro.
Lei ride quando finisce, neanche avesse visto un numero di clown. Beh, a me sembra di aver fatto un numero al trapezio “Cosa fai ora?” mi chiede lei
“Credo che me ne andrò a caccia” rispondo
“Oh e cosa cacci?”
“Qualcosa che abbia delle corna, magari”
“No, ti prego, non uccidere cerbiatti”
“Oh no, tranquilla, ti assicuro che non ho intenzione di andare a caccia di cervi, o di capre, o di stambecchi” dentro al bosco, il mio umore cambia. Io so che lì, tra quelle mura e valli, si aggira qualcosa di molto pericoloso
Nella ghiacciaia
Manlio Pizzighetti è il veterinario del borgo. Occasionalmente si occupa anche di persone quando il vero dottore ci metterebbe troppo tempo a salire dal più vicino paese fino a lì.
Fabrizio sta osservando i corpi dei due fattori, trovati in strane circostanze e ridotti a pelle e ossa “Senza sangue” sentenzia il dottore in tono lugubre “Se non fossi superstizioso direi che è opera di un vampiro”
“Sì, è che ci farebbe il conte Dracula in mezzo al nulla collinare degli appennini?”
“Ah, mica esiste solo Dracula. Quel tipo è troppo inflazionato. Nosferatu, la Horla, Carmilla..”
“Leggi troppi Penny Black” commenta Fabrizio “Però, direi, quell’erezione in tutti e due.. Secondo te cosa sarebbe?”
“Un’erezione post mortem. Non è escluso che, in certe situazioni, il corpo reagisce in una certa maniera, sai”
“Mmm” fa dubbioso Fabrizio abbassandosi “Cosa sono quei segni sul pene?”
“Non so, graffi di un qualche tipo”
“Sei molto vago, lo sai?”
“Ah, che vuoi che ti dica? Non sono mica un vero dottore, come quelli di città che studiano l’anatomia nelle Università”
“Dammi un paio di guanti..Ok” dice infilandosi e afferrando la punta del pene e inclinandolo verso destra. Diavolo se resta rigido “Ma dopo tot ore non dovrebbe smollarsi il tessuto?” chiede
“Sì, dovrebbe, magari il freddo…”
“Non siamo sotto zero” i graffi si vedono meglio. Si avvicina maggiormente e “Sono denti” si toglie i guanti “Non animali”
“Probabilmente sarà qualche fanciulla che ha esagerato con un servizietto”
Non insiste ma, di sicuro, quelli non sono denti da fellatio invadente
Al plenilunio
Danzano nude, si lasciano andare a sesso lesbico. La più giovane delle tre si discosta dal gruppo, inseguendo un cervo. La mia occasione. Scivolo nel sottobosco e la seguo stando attento a non far rumore. Finisce in una radura. Ha agguantato il povero animale e ora lo sta mordendo sul collo. Lunghi denti affilati che sembrano zanne, come quelle di una tigre dai denti a sciabola.
Quello è il momento giusto per colpire con la preda distratta. Le conficco il coltello da caccia tra le scapole. Lei urla ma io le tappo quella turpe bocca. L’argento sfrigola nella ferita ma non può fare altro che intorpidirla. Estraggo una canna di bambù e le trafiggo il cuore. Ha un sussulto, inarca la schiena, gli occhi diventano due perle nere fissi nel vuoto.
Non posso lasciarla lì, facendo destare sospetti. La trascino fino al torrente lì vicino, la deturpo nel corpo e la getto tra le acque scure. Mi allontano, finendo il cervo morente. Me ne torno verso il mio capanno. Non mi sembra il caso di sfidare la sorte quella notte
Eros e Thanatos
Alfreda ha voluto provare una fellatio. Ha una bocca morbida, sensuale. Si muove lenta lungo l’asta del sesso. Fabrizio rimane lì, a bocca aperta e sguardo di beatitudine. Non credeva che l’Alfreda riuscisse a fare certi lavoretti. Esplode in un getto di sperma nello stesso istante in cui bussano ostinatamente contro la porta “Fabrizio? Sei lì?”
E’ la voce di manlio, il veterinario “Che il diavolo ti prenda a frustate doc! Echecazzo!”
“Scusa Fabrizio ma, è successa una cosa gravissima! Si tratta della Melissa, la nipote di Fazio”
“fazio lo stradino?”
“Lui.. Mio dio, è terribile.. Terribile”
Alfreda, nelle sue meravigliose nudità, lo guarda spaventata e preoccupata
“Gesù santissimo” esclama Fabrizio portandosi una mano alla bocca e sforzandosi di non vomitare
“Lo hanno trovato due pescatori un’ora fa” indica un punto a monte, vicino a due pini, dove due giovani, visibilmente scossi, erano accuditi dal brigadiere La Manna “Santoiddio, chi mai può essere stato a fare una cosa del genere?”
“Di certo non un animale”
“Povero Fazio e adesso chi glielo dice a quel povero cristo?”
“Questa faccenda sta diventando grossa come una montagna, Manlio. Abbiamo bisogno di qualcuno che sappia come girarsi”
“I Carabinieri di Varzi. Loro sapranno cosa fare”
Va verso La Manna. A lui spetta il compito di chiamare i rinforzi, Il problema è che, se i Carabinieri di Varzi decidono di muoversi, ci vorranno almeno tre giorni a salire fin qua su
E intanto…
Ultima notte
La Berta è un’abile seduttrice. Mi prosciuga ogni sentimento. Spero di non stancarmi troppo: questa notte devo portare a termine la mia missione.
Mentre il corpo nudo di berta giace accanto al mio, il mio dormiveglia scivola alla notte in cui uccisi mia madre e mia sorella. Loro erano morte da tempo. Demoni noti come Lamie ne avevano preso possesso. Avevo letto da qualche parte che le lamie erano metà demoni e metà vampiri. Come le succubi, assorbivano energia vitale attraverso i rapporti sessuali. Avevo anche letto che l’argento le rallentava ma era il bambù la loro sfida mortale
Così uccisi le lamie che avevano preso le sembianze di mia madre e mia sorella. Ma, i dottori, la polizia, la gente, non credette alle mie giustifica e mi fecero rinchiudere in un manicomio del carcere di Pavia.
Riuscii a fuggire e mi spostai fino alle colline. Da un prete appresi di questo borgo e di strani fenomeni che accadevano. Credetti di indovinare quali fatti fossero. Mi spinsi sulle tracce di alcune creature che, guarda caso, agivano e si comportavano come lamie. In un vecchio casolare a circa 5 km dal borgo, sotto alcune assi del pavimento, scoprii quattro corpi mummificati. Una volta giunto al borgo, ci volle poco ad identificare i demoni che si erano sostituiti agli abitanti. Purtroppo ci sono voluti due morti per sapere chi fossero finalmente.
Faccio sesso con la Berta forse un’ultima volta. Affondo il mio volto tra le sue gambe, ne suggo il sesso fresco e vivace. Lei si sveglia e mi impone un giro di giostra fenomenale.
Esco nell’aria notturna con l’odore del suo sesso nella mia bocca
Alla chiesa
Fabrizio è all’altezza del Gallo Blu quando sente le urla. Dolore? Rabbia?
Ha il fucile in spalla, per ogni evenienza. Lascia la bici contro un albero e corre sul sentiero che conduce alla chiesa di Santa Celestina. Le urla provengono da lì “Sporco demonio” il rumore di una motosega in azione
“Cazzo” imbraccia il fucile ed entra. Inorridito, vede gente a terra, colpita mortalmente. Un uomo armato con una motosega con lo sguardo da folle, Clelia a terra con le braccia alzate che implora pietà.
Fabrizio punta e spara. Un fragore assordante, l’uomo con la motosega rimbalza all’indietro, scomparendo alla vista. Fabrizio accorre al capezzale della ragazza, ignorando i corpi insanguinati attorno a lui
Clelia spaventatissimi, ha gli occhi rossi iniettati di sangue, nuda, con un taglio profondo sul petto “Oh mio Dio, ti cerco un dottore”
“No, Fabrizio” un semplice tocco e il campè sembra sciogliersi “Insegui lui! Uccidilo”
E lui lo insegue, l’uomo, l’assassino, fino ad un dirupo vicino al torrente Sacco “fermo” intima
Lui si gira, è un folle Ho dovuto farlo! Loro erano il male. “Lui li aveva presi! Ho dovuto liberarli dalle loro catene!”
“Tu sei pazzo” urla Fabrizio
“Sono lamie! Lamie! Non sono umani! Usa il bambù!Devi usare il bambù!”
Fabrizio spara, colpisce l’uomo in pieno petto. L’uomo precipita di sotto, nel tumultuoso torrente
LA LEGGENDA DEL PRETE ASSASSINO
"Storia o realtà che siano, pare che, negli anni 50 ci sia stato un fatto di sangue gravoso" dice Guglielmo al cliente "Da un manicomio fuggì un malato di mente dopo aver assassinato un paio di infermieri. Fuggì fino alla piccola chiesa di Santa celestina. Si dice fosse perseguitato dal diavolo. Ogni volto che vedeva per lui, era la personificazione del diavolo. Arrivò alla chiesetta e la trovò aperta. Dentro c'era il parroco che si apprestava a preparare la messa. Pensava di trovarsi al sicuro ma, quando vide il prete con la faccia del demonio, lui lo aggredì a sprangate. Poi lo afferrò e lo trascinò in sagrestia, dove prese i suoi vestiti. Appena fuori aveva trovato una motosega. Quando arrivarono i primi fedeli, lui si chiuse dentro con loro e iniziò la mattanza. Quando la polizia arrivò, trovò uno scempio: dieci corpi, tra donne, vecchi e persino un giovane adolescente. E lui era là, con quello strumento di morte, che inneggiava la gloria di Dio. La polizia lo immolò sull'altare, riempiendolo di piombo. Per quel motivo la chiesa rimase chiusa e sconsacrata negli anni a venire. Alcuni dicono di sentire il ronzio della motosega e i lamenti di coloro che uccise"
"Ma, la vera storia qual è?" chiede il cliente sorseggiando il suo analcolico
Il barista allarga le braccia e si stringe nelle spalle "Il prete c'era nella storia ma non ci fu nessuna mattanza, Aveva la sua bella età, non vedeva più molo bene e la salute se ne stava andando. Un giorno, per una dimenticanza del giardiniere, che lascio la motosega accesa, il povero don Fulgido, inciampò su una radice e, perdendo l'equilibrio, finì sulla sega circolare. Brutta morte" scuote la testa "Il povero giardiniere non si dette pace per quella leggerezza e, un mese dopo si uccise gettandosi dal campanile della chiesa"
"Ma, la verità qual'è?"
"Non lo so dire. Io sono qui da soli dieci anni e ascolto le dicerie del paese. C'è chi dice che il pazzo armato di motosega fosse vero, altri che fosse un'invenzione. C'è che dice del prete che inciampa, oppure si parla di intossicazione. C'è che parla di riti magici, oppure di orge blasfeme. Chi lo sa? Sta di fatto che, la piccola chiesa di Santa Celestina è sconsacrata da più di vent'anni. Poi, sa com'è, un pettegolezzo di qua, una diceria di là e, una semplice A diventa tutto l'alfabeto"
Guglielmo si distrae a servire un altro cliente
L'uomo si ferma sulla soglia del locale e osserva su per il pendio, alla fine di un viale di cipressi, la sagoma della piccola chiesa di Santa Celestina. Costruita in pietra nera, con un piccolo campanile a lato, il viale coperto di foglie "Il diavolo" dice una voce raschiante
"Prego?"
In penombra, seduto a bersi un caffè, probabilmente corretto grappa, se ne stava un vecchio, le mani poggiate ad un bastone raffigurante la testa di un cavallo
"Fu poco prima della guerra. La chiesa era chiusa per restauri. In quel periodo, qui attorno c'erano solo cascine e null'altro. Diciamo, una trentina di persone in tutto. Ci fu una sera, una ragazza scomparve. Non la trovarono per diversi giorni. Alla fine, le acque del torrente Sacco la restituì, violata nel corpo e con ferite strazianti sul corpo. A lungo si cercò un colpevole ma niente venne mai scovato. Per quanto triste e terribile fu quel fatto, cadde nel dimenticatoio.
Fino a che non scomparve un’altra ragazza. Aveva solo sedici anni. Poi fu la volta di una vedova e di un uomo che faceva il fattore. Ma loro non furono rinvenuti nel torrente bensì, all’interno della chiesetta che vede lassù. Un camparo fu attirato una notte da alcune urla strazianti. Si portava dietro un fucile e si avvicinò alla chiesa. E qui scovò l’orrore. I corpi delle persone scomparse, fatte a pezzi e l’assassino, come un oscuro demone di sangue, che brandiva una motosega e stava per calarla sulla giovane adolescente.
Il camparo vinse la paura ed entrò in chiesa, sparando all’uomo. Lo vide vacillare e sparire dietro all’altare. Dopo essersi sincerato che la ragazza stesse bene, corse dietro all’assassino. Sì, perché la fucilata del camparo non lo aveva ucciso ma solo ferito. Lo seguì fino al torrente, in quel periodo in piena. Lui si volse con occhi da pazzo verso il suo inseguitore e disse = Ho dovuto farlo! Loro erano il male. Lui li aveva presi! Ho dovuto liberarli dalle loro catene!= E lì, il camparo fece fuoco, colpendo l’assassino e facendolo precipitare in fondo al torrente in tumulto”
“Quindi, il pazzo c’era veramente, dopotutto”
Il vecchio si stringe nelle spalle “Era pazzo per davvero?” il vecchio si alza, lascia cinque euro sul tavolino e si avvia all’esterno “Vuole accompagnare questo vecchio fino alla cima?”
Il cliente acconsente e accompagna il vecchio fuori dal bar. Guglielmo lo saluta “A domani, Fabrizio”
Il vecchio è energetico, si aiuta con il bastone, ha poco affanno “A vederla così, non sembra un luogo dove sono avvenuti fatti di sangue”
“I muri di quella chiesa hanno bevuto il sangue di giovani vittime”
“Si è saputo chi fosse quell’uomo?”
“Il racconto di Guglielmo non si è scostato tanto dalla realtà. Si chiamava Alfonso Garbani ed era fuggito da un manicomio. Aveva ucciso la madre dicendo che fosse posseduta dal diavolo. Arrivò qui vivendo come un nomade, spostandosi tra i boschi. Il camparo lo conosceva come uno innocuo” ridacchia
“E’ lei, il camparo?”
Lui si ferma davanti al sagrato della chiesa. Non risponde ma, con il bastone indica la porta della chiesa “Fu lì che lo vidi”
“Il diavolo?”
“Egli seduce con la sua bellezza. Inganna. Ma questo, lei lo sa già, non è vero?” sorride il vecchio all’uomo
Guglielmo sta pulendo alcuni bicchieri, quando vede lo straniero di prima, entrare nuovamente nel bar “Già finito il tour con il vecchio Fabrizio?”
“Interessante” ordina un altro caffè
“Ha propinato anche a lei la storia del pazzo chiuso nella chiesa e del diavolo che cacciava?”
“Sì”
“Quel vecchio non ci sta più con la testa da diversi anni”
“Cos’ha di diverso il suo racconto con quello che fa lei?”
“Io li racconto ma so che sono fandonie per turisti. Lui, invece, ci crede davvero. Lui crede che, quel tale, se mai fosse esistito, sia ancora vivo da qualche parte e che stia aspettando di terminare il lavoro” si tocca con l’indice il lato della testa “A 90 anni suonati non ragiona più con la testa”
Ma il cliente lo sa che, il vecchio camparo non è per nulla pazzo
“Torno indietro e cosa vide?”
“Qualcosa che non credetti fosse possibile” risponde il vecchio camparo “Quelle donne e quell’uomo sventrati dalla motosega, si stavano alzando e sgranchendo le membra come se avessero appena schiacciato un pisolo” scuote la testa “E lì ho abbandonato il razionale e ho imbracciato l’irrazionale”
“Fu lei a finire il lavoro, vero”
“Dio mi perdoni” chiude gli occhi il vecchio
“Mi creda, quello che è accaduto in quella chiesa, non aveva a che fare con Dio”
“Tu, come fai ad essere ancora vivo?”
“Lei mi confonde con mio nonno, signor Fabrizio. Fu lei che vide quella notte non io”
“Sei venuto per me, ragazzo? Vuoi la tua vendetta?”
“Non è con lei che devo presentare il conto” e si allontana lasciando il vecchio solo
Ritorno
Quando la scarica del fucile mi colpì al petto, credetti che fosse veramente finita. Fortunatamente, sotto la pettorina indossavo un rinforzo e me la cavai con una gran botta e qualche costola rotta.
Arrancai fino a casa della Berta che si spaventò tantissimo. Voleva che chiamassi il dottore ma, le dissi che me la sarei cavata egregiamente con le sue amorevoli cure
Il giorno dopo seppi della notizia. Santa Celestina era stata teatro di uno scempio e si dava la colpa ad uno straniero armato di motosega, che aveva aggredito tre giovani del borgo e un uomo. Il campè aveva inseguito e ucciso l’uomo scaraventandolo giù nel torrente
Cinque giorni dopo, lasciai il borgo e tornai in città dove mi costituii alle autorità
Nove mesi dopo, la Berta si presentò al manicomio dove mi avevano rinchiuso, con un bimbo in braccio Alberto, mio figlio
La strega
Il nipote del garbani si siede al tavolo dove la vecchia erminia sta facendo la conta delle uova “Che vuoi, giovanotto?”
Lui poggia un pugnale fatto di bambù sul tavolo e osserva la vecchia, ora attenta e spaventata “Non oserai?”
“Sono qui per questo, vecchia”
Erminia accetta di salire alla chiesta di Santa celestina. Dietro, il cliente la tiene d’occhio, pronto a qualsiasi evenienza
Il vecchio campè non si era mosso di una virgola. Contemplava le fronde degli alberi, perso in chissà quali ricordi “pensavo che, quelli della tua razza non potessero invecchiare” commenta il vecchio
“Tzè, è solo una facciata” la vecchia cambia forma e riprende il fisico che aveva una volta. Piena di vita, florida, sprizzante sesso da tutti i pori “Alfreda”
“Fabrizio”
Il cliente rimane in disparte ed osserva Erminia/Alfreda sedersi accanto al vecchio. Gli prende le mani rugose. Lui se le lascia toccare “Io ero veramente innamorata di te, Fabrizio”
“Questa spiega perché non ho fatto la fine degli altri?”
“Sì” ammette lei. Guarda verso il nipote del’uomo che uccise le sue sorelle “Mi ucciderai?”
“non io”
Strabuzza gli occhi, una fitta al fianco la fa sobbalzare. Guarda a fianco, l’uomo che aveva amato, l’ha trafitta con il suo bastone. Un bastone con la punta in bambù. Prima stupita, poi lo sguardo che si tramuta in rassegnazione. Con un sorriso, lei afferra il polso del vecchio e affonda maggiormente la lama nel costato “Ora và meglio”
Si accascia tra le braccia del vecchio piangendo
“Addio, vecchio” saluta il cliente
“Alfonso Garbani è morto in manicomio vent’anni fa. Il figlio ebbe un incidente mentre faceva alpinismo sulla Marmolada. Non ebbe mai un erede”
“Al contrario vecchio. Mio padre aveva un fratello che Berta fece crescere lontano dal Borgo. Alfonso non era mia nonno, ma mio zio”
Il vecchio sorride e chiude gli occhi. Così li trovano poche ore dopo…
Fame
Lussuria. La giovane donna è nuda di fronte al fattore. La moglie è di sotto, paralizzata dalla febbre, incapace di muoversi. Il fattore non riesce a credere alla sua fortuna: quella giovane fanciulla così morbida, dalla pelle candida e i seni prosperosi, che offre tutta la sua grazia ad un uomo così goffo e rozzo.
Col sesso è fantastica, lei sembra divorarlo di tanta fame sessuale ha.
Lo trovano così, il giorno dopo, nudo, con il sesso rigido, ridotto ad uno scheletro umano. La moglie spirerà di lì a pochi giorni senza sapere nulla del marito.
Fabrizio si sveglia con il torcicollo. Non ci voleva proprio. Sposta la mano sotto le coperte e trova il corpo morbido di Alfreda, la lattaia. Morbida, piena e bianca come il latte che vende. Lei sorride, la sera prima si era fatto all’amore come due adolescenti alle prime armi. Fabrizio, così vigoroso e gentile, l’aveva presa con impeto ma delicatezza
“Devo andare, il gallo canta e i devo fare il mio giro” dice lui scivolando fuori dal letto
Lei lo guarda maliziosa, osservando la sua vigorosa nudità “Passi stasera?”
“certo che sì” un bacio frettoloso, lei che allunga la mano ad afferrarglielo, lui che ride e scappa via. Rimarrebbe volentieri ancora un po’, tra le cosce di Alfreda ma, il lavoro non si fa da sé
Clelia sta uscendo dalla stalla con il latte di capra appena munto. Giovanni, il fattore e suo padre, la esorta a fare di fretta. Più avanti c’è Gastone che si ostina a trascinare un mulo che non ne vuole proprio sapere di muoversi sulla strada. Ride agli insulti che l’uomo lancia alla povera bestia. Tutti salutano Fabrizio. Rapida fermata all’osteria del Gallo Blu, un cicchetto con Evelina che, lì sul tavolo ha le uova. Un saluto all’Alberto che gioca a briscola con Lucezio e Francesco. “Hai sentito dell’Aldobrando?” chiede Dario l’oste
“No, che ha fatto stavolta?”
“Secco come uno stoccafisso. Proprio come era successo al povero Lando. Tu che dici? Sarà una malattia? Magari come quella spagnola di qualche tempo fa”
“Ah, non so, spero di no. Cosa dice il brigadiere?”
“Ah, quello, cosa vuoi che ne sappia? Passa tutto il tempo a sonnecchiare sulla veranda della Caserma”
Vagabondo
Qui ad Alto Picco non succede mai nulla. Ci sono da qualche mese. Piccola vita, storie semplici che vanno avanti tutti i giorni. Mi tengo a distanza, non amo stare in mezzo alla gente. Visto il luogo da cui provengo, meglio la solitudine che la vita di paese.
Ho stretto amicizia con una ragazza: carina, con i capelli neri legati a treccia e due occhi che sembrano cieli di aprile. Mi ricordano quelli di mia madre e di mia sorella. Quegli occhi mi hanno portato alla follia. Per questo sono qui, per questo sono scappato
“Perché sei scappato?” mi ha chiesto Berta, la ragazza dalle treccine
Sono stato zitto, ho inventato una scusa “Non potevo rimanere in un luogo dove mi odiavano”. Non potevo certo dirle che avevo ucciso mia madre e mia sorella
Il sesso con la Berta è una giostra che ruota vorticosamente. Una furia della natura, con quelle cosce che sembrano fauci pronto a sbranarti e quei seni così grandi da soffocarci dentro.
Lei ride quando finisce, neanche avesse visto un numero di clown. Beh, a me sembra di aver fatto un numero al trapezio “Cosa fai ora?” mi chiede lei
“Credo che me ne andrò a caccia” rispondo
“Oh e cosa cacci?”
“Qualcosa che abbia delle corna, magari”
“No, ti prego, non uccidere cerbiatti”
“Oh no, tranquilla, ti assicuro che non ho intenzione di andare a caccia di cervi, o di capre, o di stambecchi” dentro al bosco, il mio umore cambia. Io so che lì, tra quelle mura e valli, si aggira qualcosa di molto pericoloso
Nella ghiacciaia
Manlio Pizzighetti è il veterinario del borgo. Occasionalmente si occupa anche di persone quando il vero dottore ci metterebbe troppo tempo a salire dal più vicino paese fino a lì.
Fabrizio sta osservando i corpi dei due fattori, trovati in strane circostanze e ridotti a pelle e ossa “Senza sangue” sentenzia il dottore in tono lugubre “Se non fossi superstizioso direi che è opera di un vampiro”
“Sì, è che ci farebbe il conte Dracula in mezzo al nulla collinare degli appennini?”
“Ah, mica esiste solo Dracula. Quel tipo è troppo inflazionato. Nosferatu, la Horla, Carmilla..”
“Leggi troppi Penny Black” commenta Fabrizio “Però, direi, quell’erezione in tutti e due.. Secondo te cosa sarebbe?”
“Un’erezione post mortem. Non è escluso che, in certe situazioni, il corpo reagisce in una certa maniera, sai”
“Mmm” fa dubbioso Fabrizio abbassandosi “Cosa sono quei segni sul pene?”
“Non so, graffi di un qualche tipo”
“Sei molto vago, lo sai?”
“Ah, che vuoi che ti dica? Non sono mica un vero dottore, come quelli di città che studiano l’anatomia nelle Università”
“Dammi un paio di guanti..Ok” dice infilandosi e afferrando la punta del pene e inclinandolo verso destra. Diavolo se resta rigido “Ma dopo tot ore non dovrebbe smollarsi il tessuto?” chiede
“Sì, dovrebbe, magari il freddo…”
“Non siamo sotto zero” i graffi si vedono meglio. Si avvicina maggiormente e “Sono denti” si toglie i guanti “Non animali”
“Probabilmente sarà qualche fanciulla che ha esagerato con un servizietto”
Non insiste ma, di sicuro, quelli non sono denti da fellatio invadente
Al plenilunio
Danzano nude, si lasciano andare a sesso lesbico. La più giovane delle tre si discosta dal gruppo, inseguendo un cervo. La mia occasione. Scivolo nel sottobosco e la seguo stando attento a non far rumore. Finisce in una radura. Ha agguantato il povero animale e ora lo sta mordendo sul collo. Lunghi denti affilati che sembrano zanne, come quelle di una tigre dai denti a sciabola.
Quello è il momento giusto per colpire con la preda distratta. Le conficco il coltello da caccia tra le scapole. Lei urla ma io le tappo quella turpe bocca. L’argento sfrigola nella ferita ma non può fare altro che intorpidirla. Estraggo una canna di bambù e le trafiggo il cuore. Ha un sussulto, inarca la schiena, gli occhi diventano due perle nere fissi nel vuoto.
Non posso lasciarla lì, facendo destare sospetti. La trascino fino al torrente lì vicino, la deturpo nel corpo e la getto tra le acque scure. Mi allontano, finendo il cervo morente. Me ne torno verso il mio capanno. Non mi sembra il caso di sfidare la sorte quella notte
Eros e Thanatos
Alfreda ha voluto provare una fellatio. Ha una bocca morbida, sensuale. Si muove lenta lungo l’asta del sesso. Fabrizio rimane lì, a bocca aperta e sguardo di beatitudine. Non credeva che l’Alfreda riuscisse a fare certi lavoretti. Esplode in un getto di sperma nello stesso istante in cui bussano ostinatamente contro la porta “Fabrizio? Sei lì?”
E’ la voce di manlio, il veterinario “Che il diavolo ti prenda a frustate doc! Echecazzo!”
“Scusa Fabrizio ma, è successa una cosa gravissima! Si tratta della Melissa, la nipote di Fazio”
“fazio lo stradino?”
“Lui.. Mio dio, è terribile.. Terribile”
Alfreda, nelle sue meravigliose nudità, lo guarda spaventata e preoccupata
“Gesù santissimo” esclama Fabrizio portandosi una mano alla bocca e sforzandosi di non vomitare
“Lo hanno trovato due pescatori un’ora fa” indica un punto a monte, vicino a due pini, dove due giovani, visibilmente scossi, erano accuditi dal brigadiere La Manna “Santoiddio, chi mai può essere stato a fare una cosa del genere?”
“Di certo non un animale”
“Povero Fazio e adesso chi glielo dice a quel povero cristo?”
“Questa faccenda sta diventando grossa come una montagna, Manlio. Abbiamo bisogno di qualcuno che sappia come girarsi”
“I Carabinieri di Varzi. Loro sapranno cosa fare”
Va verso La Manna. A lui spetta il compito di chiamare i rinforzi, Il problema è che, se i Carabinieri di Varzi decidono di muoversi, ci vorranno almeno tre giorni a salire fin qua su
E intanto…
Ultima notte
La Berta è un’abile seduttrice. Mi prosciuga ogni sentimento. Spero di non stancarmi troppo: questa notte devo portare a termine la mia missione.
Mentre il corpo nudo di berta giace accanto al mio, il mio dormiveglia scivola alla notte in cui uccisi mia madre e mia sorella. Loro erano morte da tempo. Demoni noti come Lamie ne avevano preso possesso. Avevo letto da qualche parte che le lamie erano metà demoni e metà vampiri. Come le succubi, assorbivano energia vitale attraverso i rapporti sessuali. Avevo anche letto che l’argento le rallentava ma era il bambù la loro sfida mortale
Così uccisi le lamie che avevano preso le sembianze di mia madre e mia sorella. Ma, i dottori, la polizia, la gente, non credette alle mie giustifica e mi fecero rinchiudere in un manicomio del carcere di Pavia.
Riuscii a fuggire e mi spostai fino alle colline. Da un prete appresi di questo borgo e di strani fenomeni che accadevano. Credetti di indovinare quali fatti fossero. Mi spinsi sulle tracce di alcune creature che, guarda caso, agivano e si comportavano come lamie. In un vecchio casolare a circa 5 km dal borgo, sotto alcune assi del pavimento, scoprii quattro corpi mummificati. Una volta giunto al borgo, ci volle poco ad identificare i demoni che si erano sostituiti agli abitanti. Purtroppo ci sono voluti due morti per sapere chi fossero finalmente.
Faccio sesso con la Berta forse un’ultima volta. Affondo il mio volto tra le sue gambe, ne suggo il sesso fresco e vivace. Lei si sveglia e mi impone un giro di giostra fenomenale.
Esco nell’aria notturna con l’odore del suo sesso nella mia bocca
Alla chiesa
Fabrizio è all’altezza del Gallo Blu quando sente le urla. Dolore? Rabbia?
Ha il fucile in spalla, per ogni evenienza. Lascia la bici contro un albero e corre sul sentiero che conduce alla chiesa di Santa Celestina. Le urla provengono da lì “Sporco demonio” il rumore di una motosega in azione
“Cazzo” imbraccia il fucile ed entra. Inorridito, vede gente a terra, colpita mortalmente. Un uomo armato con una motosega con lo sguardo da folle, Clelia a terra con le braccia alzate che implora pietà.
Fabrizio punta e spara. Un fragore assordante, l’uomo con la motosega rimbalza all’indietro, scomparendo alla vista. Fabrizio accorre al capezzale della ragazza, ignorando i corpi insanguinati attorno a lui
Clelia spaventatissimi, ha gli occhi rossi iniettati di sangue, nuda, con un taglio profondo sul petto “Oh mio Dio, ti cerco un dottore”
“No, Fabrizio” un semplice tocco e il campè sembra sciogliersi “Insegui lui! Uccidilo”
E lui lo insegue, l’uomo, l’assassino, fino ad un dirupo vicino al torrente Sacco “fermo” intima
Lui si gira, è un folle Ho dovuto farlo! Loro erano il male. “Lui li aveva presi! Ho dovuto liberarli dalle loro catene!”
“Tu sei pazzo” urla Fabrizio
“Sono lamie! Lamie! Non sono umani! Usa il bambù!Devi usare il bambù!”
Fabrizio spara, colpisce l’uomo in pieno petto. L’uomo precipita di sotto, nel tumultuoso torrente
LA LEGGENDA DEL PRETE ASSASSINO
"Storia o realtà che siano, pare che, negli anni 50 ci sia stato un fatto di sangue gravoso" dice Guglielmo al cliente "Da un manicomio fuggì un malato di mente dopo aver assassinato un paio di infermieri. Fuggì fino alla piccola chiesa di Santa celestina. Si dice fosse perseguitato dal diavolo. Ogni volto che vedeva per lui, era la personificazione del diavolo. Arrivò alla chiesetta e la trovò aperta. Dentro c'era il parroco che si apprestava a preparare la messa. Pensava di trovarsi al sicuro ma, quando vide il prete con la faccia del demonio, lui lo aggredì a sprangate. Poi lo afferrò e lo trascinò in sagrestia, dove prese i suoi vestiti. Appena fuori aveva trovato una motosega. Quando arrivarono i primi fedeli, lui si chiuse dentro con loro e iniziò la mattanza. Quando la polizia arrivò, trovò uno scempio: dieci corpi, tra donne, vecchi e persino un giovane adolescente. E lui era là, con quello strumento di morte, che inneggiava la gloria di Dio. La polizia lo immolò sull'altare, riempiendolo di piombo. Per quel motivo la chiesa rimase chiusa e sconsacrata negli anni a venire. Alcuni dicono di sentire il ronzio della motosega e i lamenti di coloro che uccise"
"Ma, la vera storia qual è?" chiede il cliente sorseggiando il suo analcolico
Il barista allarga le braccia e si stringe nelle spalle "Il prete c'era nella storia ma non ci fu nessuna mattanza, Aveva la sua bella età, non vedeva più molo bene e la salute se ne stava andando. Un giorno, per una dimenticanza del giardiniere, che lascio la motosega accesa, il povero don Fulgido, inciampò su una radice e, perdendo l'equilibrio, finì sulla sega circolare. Brutta morte" scuote la testa "Il povero giardiniere non si dette pace per quella leggerezza e, un mese dopo si uccise gettandosi dal campanile della chiesa"
"Ma, la verità qual'è?"
"Non lo so dire. Io sono qui da soli dieci anni e ascolto le dicerie del paese. C'è chi dice che il pazzo armato di motosega fosse vero, altri che fosse un'invenzione. C'è che dice del prete che inciampa, oppure si parla di intossicazione. C'è che parla di riti magici, oppure di orge blasfeme. Chi lo sa? Sta di fatto che, la piccola chiesa di Santa Celestina è sconsacrata da più di vent'anni. Poi, sa com'è, un pettegolezzo di qua, una diceria di là e, una semplice A diventa tutto l'alfabeto"
Guglielmo si distrae a servire un altro cliente
L'uomo si ferma sulla soglia del locale e osserva su per il pendio, alla fine di un viale di cipressi, la sagoma della piccola chiesa di Santa Celestina. Costruita in pietra nera, con un piccolo campanile a lato, il viale coperto di foglie "Il diavolo" dice una voce raschiante
"Prego?"
In penombra, seduto a bersi un caffè, probabilmente corretto grappa, se ne stava un vecchio, le mani poggiate ad un bastone raffigurante la testa di un cavallo
"Fu poco prima della guerra. La chiesa era chiusa per restauri. In quel periodo, qui attorno c'erano solo cascine e null'altro. Diciamo, una trentina di persone in tutto. Ci fu una sera, una ragazza scomparve. Non la trovarono per diversi giorni. Alla fine, le acque del torrente Sacco la restituì, violata nel corpo e con ferite strazianti sul corpo. A lungo si cercò un colpevole ma niente venne mai scovato. Per quanto triste e terribile fu quel fatto, cadde nel dimenticatoio.
Fino a che non scomparve un’altra ragazza. Aveva solo sedici anni. Poi fu la volta di una vedova e di un uomo che faceva il fattore. Ma loro non furono rinvenuti nel torrente bensì, all’interno della chiesetta che vede lassù. Un camparo fu attirato una notte da alcune urla strazianti. Si portava dietro un fucile e si avvicinò alla chiesa. E qui scovò l’orrore. I corpi delle persone scomparse, fatte a pezzi e l’assassino, come un oscuro demone di sangue, che brandiva una motosega e stava per calarla sulla giovane adolescente.
Il camparo vinse la paura ed entrò in chiesa, sparando all’uomo. Lo vide vacillare e sparire dietro all’altare. Dopo essersi sincerato che la ragazza stesse bene, corse dietro all’assassino. Sì, perché la fucilata del camparo non lo aveva ucciso ma solo ferito. Lo seguì fino al torrente, in quel periodo in piena. Lui si volse con occhi da pazzo verso il suo inseguitore e disse = Ho dovuto farlo! Loro erano il male. Lui li aveva presi! Ho dovuto liberarli dalle loro catene!= E lì, il camparo fece fuoco, colpendo l’assassino e facendolo precipitare in fondo al torrente in tumulto”
“Quindi, il pazzo c’era veramente, dopotutto”
Il vecchio si stringe nelle spalle “Era pazzo per davvero?” il vecchio si alza, lascia cinque euro sul tavolino e si avvia all’esterno “Vuole accompagnare questo vecchio fino alla cima?”
Il cliente acconsente e accompagna il vecchio fuori dal bar. Guglielmo lo saluta “A domani, Fabrizio”
Il vecchio è energetico, si aiuta con il bastone, ha poco affanno “A vederla così, non sembra un luogo dove sono avvenuti fatti di sangue”
“I muri di quella chiesa hanno bevuto il sangue di giovani vittime”
“Si è saputo chi fosse quell’uomo?”
“Il racconto di Guglielmo non si è scostato tanto dalla realtà. Si chiamava Alfonso Garbani ed era fuggito da un manicomio. Aveva ucciso la madre dicendo che fosse posseduta dal diavolo. Arrivò qui vivendo come un nomade, spostandosi tra i boschi. Il camparo lo conosceva come uno innocuo” ridacchia
“E’ lei, il camparo?”
Lui si ferma davanti al sagrato della chiesa. Non risponde ma, con il bastone indica la porta della chiesa “Fu lì che lo vidi”
“Il diavolo?”
“Egli seduce con la sua bellezza. Inganna. Ma questo, lei lo sa già, non è vero?” sorride il vecchio all’uomo
Guglielmo sta pulendo alcuni bicchieri, quando vede lo straniero di prima, entrare nuovamente nel bar “Già finito il tour con il vecchio Fabrizio?”
“Interessante” ordina un altro caffè
“Ha propinato anche a lei la storia del pazzo chiuso nella chiesa e del diavolo che cacciava?”
“Sì”
“Quel vecchio non ci sta più con la testa da diversi anni”
“Cos’ha di diverso il suo racconto con quello che fa lei?”
“Io li racconto ma so che sono fandonie per turisti. Lui, invece, ci crede davvero. Lui crede che, quel tale, se mai fosse esistito, sia ancora vivo da qualche parte e che stia aspettando di terminare il lavoro” si tocca con l’indice il lato della testa “A 90 anni suonati non ragiona più con la testa”
Ma il cliente lo sa che, il vecchio camparo non è per nulla pazzo
“Torno indietro e cosa vide?”
“Qualcosa che non credetti fosse possibile” risponde il vecchio camparo “Quelle donne e quell’uomo sventrati dalla motosega, si stavano alzando e sgranchendo le membra come se avessero appena schiacciato un pisolo” scuote la testa “E lì ho abbandonato il razionale e ho imbracciato l’irrazionale”
“Fu lei a finire il lavoro, vero”
“Dio mi perdoni” chiude gli occhi il vecchio
“Mi creda, quello che è accaduto in quella chiesa, non aveva a che fare con Dio”
“Tu, come fai ad essere ancora vivo?”
“Lei mi confonde con mio nonno, signor Fabrizio. Fu lei che vide quella notte non io”
“Sei venuto per me, ragazzo? Vuoi la tua vendetta?”
“Non è con lei che devo presentare il conto” e si allontana lasciando il vecchio solo
Ritorno
Quando la scarica del fucile mi colpì al petto, credetti che fosse veramente finita. Fortunatamente, sotto la pettorina indossavo un rinforzo e me la cavai con una gran botta e qualche costola rotta.
Arrancai fino a casa della Berta che si spaventò tantissimo. Voleva che chiamassi il dottore ma, le dissi che me la sarei cavata egregiamente con le sue amorevoli cure
Il giorno dopo seppi della notizia. Santa Celestina era stata teatro di uno scempio e si dava la colpa ad uno straniero armato di motosega, che aveva aggredito tre giovani del borgo e un uomo. Il campè aveva inseguito e ucciso l’uomo scaraventandolo giù nel torrente
Cinque giorni dopo, lasciai il borgo e tornai in città dove mi costituii alle autorità
Nove mesi dopo, la Berta si presentò al manicomio dove mi avevano rinchiuso, con un bimbo in braccio Alberto, mio figlio
La strega
Il nipote del garbani si siede al tavolo dove la vecchia erminia sta facendo la conta delle uova “Che vuoi, giovanotto?”
Lui poggia un pugnale fatto di bambù sul tavolo e osserva la vecchia, ora attenta e spaventata “Non oserai?”
“Sono qui per questo, vecchia”
Erminia accetta di salire alla chiesta di Santa celestina. Dietro, il cliente la tiene d’occhio, pronto a qualsiasi evenienza
Il vecchio campè non si era mosso di una virgola. Contemplava le fronde degli alberi, perso in chissà quali ricordi “pensavo che, quelli della tua razza non potessero invecchiare” commenta il vecchio
“Tzè, è solo una facciata” la vecchia cambia forma e riprende il fisico che aveva una volta. Piena di vita, florida, sprizzante sesso da tutti i pori “Alfreda”
“Fabrizio”
Il cliente rimane in disparte ed osserva Erminia/Alfreda sedersi accanto al vecchio. Gli prende le mani rugose. Lui se le lascia toccare “Io ero veramente innamorata di te, Fabrizio”
“Questa spiega perché non ho fatto la fine degli altri?”
“Sì” ammette lei. Guarda verso il nipote del’uomo che uccise le sue sorelle “Mi ucciderai?”
“non io”
Strabuzza gli occhi, una fitta al fianco la fa sobbalzare. Guarda a fianco, l’uomo che aveva amato, l’ha trafitta con il suo bastone. Un bastone con la punta in bambù. Prima stupita, poi lo sguardo che si tramuta in rassegnazione. Con un sorriso, lei afferra il polso del vecchio e affonda maggiormente la lama nel costato “Ora và meglio”
Si accascia tra le braccia del vecchio piangendo
“Addio, vecchio” saluta il cliente
“Alfonso Garbani è morto in manicomio vent’anni fa. Il figlio ebbe un incidente mentre faceva alpinismo sulla Marmolada. Non ebbe mai un erede”
“Al contrario vecchio. Mio padre aveva un fratello che Berta fece crescere lontano dal Borgo. Alfonso non era mia nonno, ma mio zio”
Il vecchio sorride e chiude gli occhi. Così li trovano poche ore dopo…
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