Tutto per i miei bambini. Cap.1

di
genere
incesti

Qualsiasi cosa per i miei bambini. Cap. 1



Una casa piccola ma accogliente, ben tenuta, in un quartiere della città non lussuoso ma “buono”.
Ci sta la signora Cecilia V; dimostra meno dei suoi trentasette anni portati anzi alla grande pur rinunciando a parrucchiere e vestiti che non siano in saldo ed acquistando anche così i meno costosi. E' una artista del risparmio ma ha un ottimo gusto e nessuno lo può notare.
I vicini la stimano anche se non dà confidenza a nessuno. Alcuni si meravigliano che così giovane abbia due figli, gemelli, già alla fine delle superiori, ma qualcuno dei vicini parla di un matrimonio di interesse che, pressata dal padre, aveva accettato a soli diciotto anni, restando poi vedova ed orfana con due figli in pancia, pochi mesi dopo le nozze. Soldi? Nessuno ne sa niente. Fa qualche lavoretto di traduzione, conosce bene l'inglese ed avendo avuto la madre russa...ma certo non mantiene con quello i gemelli in quella scuola privata tra le più costose della città, sempre ben vestiti ed azzimati.

Cecilia ha finito di rassettare, pochi minuti in bagno per mettersi “in ordine”, poi avrebbe indossato qualcosa di adatto. C'è quell'interruttore in camera da letto ed il rubinetto in cucina...con un sospiro prese la cartelletta dei conti e cominciò a sommare le spese della settimana. Come sempre andava a fare il giro dei supermercati attorno a casa appena aprivano il lunedì e si regolava sulle offerte per comporre il menù della settimana. Al mercato rionale arrivava quando già i bancarellisti riunivano le loro cose e svendevano quanto avanzato. Alla fine schiuse il quaderno ed aggiornò entrate ed uscite confrontando il risultato con il saldo del bancomat. Non guadagnava moltissimo con le traduzioni ma tutto serviva, aggiunto poi alla piccola rendita bastava e quel mese avrebbe potuto comprare qualcosa d'altro, sarebbe andata più avanti a parlarne con la signora in banca. L'anno successivo però i due sarebbero andati all'università, le rette universitarie erano quel che erano, poi i libri e tutte le altre spese. Aveva paura da sempre di restare senza soldi e risparmiava come una formica, da anni. I due figli dovevano essere ben vestiti, senza risparmiare, avere dei soldi in tasca per poter entrare nel giro giusto, cominciando fin dall'inizio ad uscire con le ragazze giuste e con i compagni giusti. L'automobile poi. Dovevano avere una automobile ma...qui cascava l'asino. O due automobili usate od una nuova in due, non poteva permettersi di più. Ci pensava da mesi, motociclette no, avrebbe vissuto nel terrore di un incidente, che si facessero male o peggio. Finì di vestirsi. Era di nuovo una onesta madre di famiglia in abiti da casa non nuovissimi, ma certo decorosi. Come talvolta ancora succedeva andò con la mente all'altro fatto, ormai di anni prima, due o tre anni prima. Da tempo avevano però smesso di spiarla. Se ne era accorta appunto qualche anno prima, ed a loro non aveva detto niente ma ne aveva parlato con un assistente sociale, uno specialista. Alla loro età il sesso è un interesse primario le aveva detto. Lei è la madre, ma anche l'unica persona dell'altro sesso che possano o riescano a...sbirciare, ed aveva spiegato trattarsi di un caso molto più frequente di quanto i genitori pensassero. Passa col tempo. Non li sgridi, anzi non ne parli. Se proprio deve parlarne, se non smettono... ed aveva spiegato come comportarsi.
Era comunque contenta fosse loro passata quella fissa. L'aveva infastidita non poco. Per fortuna non avevano dimostrato interesse reciproco come lo psicologo aveva sostenuto possibile. Tutto sommato era piuttosto soddisfatta di come le cose stessero andando. I due ragazzi dividono una camera all'altro capo della casa. Una camera non immensa ma sufficientemente spaziosa. Il mattino la lasciano ridotta ad un campo di battaglia ed il tardo pomeriggio, tornando da scuola, la ritrovano linda ed ordinata. Se ne meraviglierebbero in caso contrario. Quattro chiacchiere con Cecilia, la chiamano per nome da sempre, un video game, poi la cena. Per la scuola Cecilia non ha preoccupazioni, sono sempre andati molto bene. Quel pomeriggio qualcosa la rode. I pensieri di quella mattina ritornano fastidiosi. Va in bagno ad orinare poi fa per tornare verso la camera per un breve meritato riposo prima di cena ma decide di farsi un caffè. Qualcosa di caldo, anche un caffè le tranquillizzerà lo stomaco in attesa della cena. Allunga di qualche passo il percorso per sistemare una cosa in disordine, i soliti due. Un rumore, un tonfo anzi. Proviene dalla loro stanza. Si avvicina, nessun rumore. Sta per allontanarsi, in imbarazzo per averli spiati, sono figli suoi ma uomini ormai, quasi uomini. Qualcosa, curiosità forse o solo la voglia di stare un attimo in loro compagnia la fa tornare, sono i suoi bambini, apre la porta senza bussare.

Per un attimo è una scena irreale, restiamo tutti immobili. Arturo e Franco immobili, allacciati sconciamente, nudi sul bordo del letto, io incapace di capire, o meglio di accettare quello che pure era chiarissimo. Avessi impugnato un'arma... no certo non avrei sparato, ma in quel momento li avrei frustati, bastonati. Non mi accorgo di aver smesso di respirare e la scena di noi tutti immobili deve essere durata un poco perchè emetto il fiato di colpo, rumorosamente. Voglio scappare, non voglio vederli, non voglio più avere sotto gli occhi questa scena. Ha distrutto i miei sogni, la mia vita. Mi giro con la velocità che i sensi ottusi e le poche forze mi consentono. Supero la porta. Perché? Perché? Vi aspetto in sala. Lo mormoro piano prima di andare in bagno a vomitare. Poi per due volte sono sul punto di alzarmi ed andare ad assicurarmi che non aggiungano qualche altra sciocchezza.. No impossibile, per arrivare alla porta di casa devono passarmi davanti. Dio, la finestra. No, la porta si apre, arrivano. Sembrano due cani bastonati ed io non devo avere un aspetto migliore.
Li fisso senza saper cosa dire, cosa fare. Loro tengono la testa bassa, ovviamente vergognosi. Non basta però la vergogna. Punirli? Lo psicologo a suo tempo aveva detto di non farlo, però non si riferiva a questo. Era comunque sbagliato, mai punirli per cose del genere ma parlargli, anzi farli parlare Mi accorgo che devo aver passato parecchio tempo persa in questi pensieri dalla luce fuori della finestra che già annuncia l'imbrunire. E' ora di cena e poco dopo scaldo qualcosa e li faccio mangiare. Persino loro, sempre affamati, lasciano quasi tutto nel piatto. Separarli, devo separarli. Non posso farli dormire insieme.
Mi porto a dormire con me... No, penso all'angoscia di quello dei due che resterebbe solo, non devo lasciare l'uno o l'altro da solo. Dormiremo in tre nel mio letto. In silenzio, immobile, aspetto si addormentino mentre il cervello mi va a fuoco. Domani chiamerò quello che già li ha visitati, sono troppo grandi per lui, ricordo, segue i ragazzini e non voleva occuparsi di loro due neppure allora, anni fa. Mi farò consigliare un collega, una donna no, sarebbe ingiusto, morirebbero di vergogna, se lo meriterebbero però. Dormo ben poco, mi sveglio ripetutamente, mi piango addosso.

La sera dopo la situazione è la stessa, anzi peggiore. Non ho trovato lo psicologo, torna tra qualche settimana. Aspettando che torni devo parlare con loro, devo chiedere, si devo chiedere non perchè ma come, lo psicologo mi aveva anche dato qualche altra indicazione...Sto per parlare per fare la prima domanda, sto cercando di articolarla e decidere a chi dei due farla quando Franco mi si avvinghia, sorpresa sto per scacciarlo ma lo abbraccio, sussulta, piange. Un attimo e li ho entrambi avvinghiati e scossi dai sussulti di un pianto disperato. Non reggo, li abbraccio a mia volta e piango anch'io. Come siete...arrivati? Non so come descrivere quello che stavano facendo. Non abbiamo fatto niente mamma, era la prima volta, stavamo giocando...stavamo cambiandoci per cena continua l'altro e ci siamo messi a fare la lotta. Mi arrabbio, fatico a non urlare. Mi trattengo l'attimo necessario. Non stavate solo facendo la lotta! Si intestardiscono e mi intestardisco anche io. Per questo taccio, non ne ricaverei che bugie, penso. Poi di nuovo Franco cede. Facevamo la lotta mamma credimi, ma ci ha preso, mi ha preso un... non so come dire. E' Arturo che prosegue. Tutti e due mamma, non è stato solo lui. Si somigliano fisicamente come due gocce d'acqua ma è Arturo quello timido, il più ritegnoso, per questo sto ad ascoltarlo in silenzio, timorosa di zittirlo e di non sapere. Non so proprio perchè ho fatto quello, non l'avevamo mai, mai fatto niente del genere, neanche ieri però...Forse perchè nessuna ragazza ci ha mai degnata di uno sguardo, nessuna. Solo su internet abbiamo visto come sono fatte le ragazze... battono e ribattono sempre su quello, solo su quello, in tutti i modi, per ore. Non li interrompo, faccio qualche domanda solo per farli parlare ancora, perchè si spieghino meglio e perchè voglio almeno provare a capire.


Il mattino dopo, in cucina sorseggio il mio te. Ci sono un mucchio di cose che non capisco. Alla loro età penso sia normale avere qualche amorazzo, baciare qualche ragazza, ma essere ossessionati per non averne mai vista una nuda, per non aver baciato od anche solo abbracciata una compagna mi sembra eccessivo. Il dottore non c'è. Tolgo dal fornetto le brioches, e verso il te anche per loro. Lo porto in camera, so già che li troverò svegli.
Ed è così. Sono entrambi svegli, anzi penso di aver interrotto qualcosa, no, niente di quello...solo stavano parlando, penso. Mi fissano, ancora timorosi, si vergognano di certo. Ma è così grave? Non capiscono. E' così grave, proseguo allora, non aver mai avuto una ragazza? Non averla mai vista...esito, poco vestita, non averla mai accarezzata? Arrossiscono, abbassano il capo. Si, capisco, o meglio non capisco, ma a loro sembra tremendamente importante...Vedo che hanno pianto, sono disperati. Ero più giovane di loro...con Claudio, mentre slacciava i bottoni della mia camicetta blu; non era la prima volta ma ero certa che quel giorno non si sarebbe fermato. Non volevo si fermasse, dentro di me l'avevo deciso all'improvviso senza però dirglielo. Non si è fermato. Dopo, mentre mi stringevo a lui, pur pensando che non fosse stata poi quella gran cosa, ero certa di amarlo, che ci saremmo sposati. Qualche anno dopo, finito il liceo, ci siamo sposati e sono nati i gemelli. La prima volta non avevamo usato precauzioni e per giorni ero rimasta terrorizzata all'idea di dover dire a mia madre che aspettavo un bambino, ma a tempo debito vidi che non ero incinta. Una dolcezza infinita mi prende unita alla altrettanto profonda tristezza di sempre quando penso a lui, per anni mio amante, per pochi mesi mio marito, il loro papà, l'unico uomo della mia vita. Ed ora ancora una decisione improvvisa, so cosa fare anche se solo l'idea mi fa accapponare la pelle e venir voglia di scappare. So cosa devo fare e lo farò. Con naturalezza, senza remore, slaccio i primi bottoni della camicetta e sorrido, un sorriso ovviamente falso e bugiardo, ma sono così giovani, sarà facile ingannarli. Se serve, perchè no. Vieni Arturo, e quando, esitante lui si avvicina, anche tu Franco. Ho la testa leggera come fossi ubriaca anche se non so cosa voglia dire essere ubriaca, mai successo. Aiutatemi. Devo renderli partecipi, complici, devo vincere la loro timidezza, la loro ritrosia. Non posso e non voglio mettermi a cercar loro una puttana, ma, perdio ci sono io. Vi ho partorito, penso, che male c'è? Non vado oltre e sempre sorridendo li incito. Pian piano e con piacere vedo la loro incredulità e titubanza, inizialmente ingigantite, retrocedere, non scomparire ma... e, le loro dita farsi meno incapaci anche se ancora incerte, la curiosità vincere la vergogna ed ogni timidezza. Ormai la camicia è stata raggiunta a terra dalla maglietta di filo. Mi giro. Per quanto alle prime armi devono sapere dove trovare il gancetto del reggiseno. Lo sanno, hanno esitato solo perchè incerti sul limite del mio spogliarello. Nessun limite mi dico. Pretendo siano loro a togliermi la gonna ed abbassare poi le mutandine. Esitano a lungo, protestano. Sono completamente nuda e li fisso negli occhi a turno. Sono allibiti, rossi in volto, ma non sanno distogliere gli occhi dal mio corpo. Fissano i miei seni,tutto cià che mostro, guardano poi il vello pubico un attimo per poi distogliere gli occhi ed abbassarli di botto. Io sorrido, parlo, li incoraggio e vorrei sprofondare. Non sono una ragazzina, non ho 18 anni dico loro sempre sorridendo, ma è il meglio che possiate aver da vedere e toccare ora, e sorrido di nuovo. Li abbraccio entrambe e mi irrita un poco, anche se non mi sorprende, che loro non mi stringano. Sono ancora intimiditi e vergognosi. Prendo una mano a ciascuno e me le porto al petto. Toccatemi pure, non mi rompo. Li sospingo verso il letto e mi stendo. Carezzatemi, toccatemi. Sono una donna in carne ed ossa meglio certamente di qualsiasi ragazza i vostri compagni abbiano mai...poi smetto di parlare perchè sono squassata di colpo da un pianto disperato e convulso.

Mi riprendo un poco per volta, sono loro ora a confortarmi a stringermi affettuosamente mescolando le loro lacrime alle mie. Si abbracciano e si confortano anche l'un l'altro, Mi raggelo, no la mia è solo una idea sciocca, non certo davanti a me. Il gelo si tramuta in una ferrea decisione. Non so quale dei due io abbia baciato per primo e chi abbia per primo carezzato. Mamma...poi il silenzio. Avrei dovuto capire che facevo loro effetto, erano entrambi almeno un poco eccitati ed il palmo delle mie mani chiuse sui loro membri li fa rizzare ancora di più. Esito un attimo poi mi chino su di loro stesi fianco a fianco, circondo col mio alito un glande poi lo sfioro appena ed infine lo accolgo tra le labbra per un momento. Passo dall'uno all'altro, prima molto rapidamente poi soffermandomi un poco e dopo, ancora più a lungo. Anche la mia freddezza è andata a farsi benedire. I loro sospiri e le loro corpi certo non mi eccitano ma mi emozionano di certo. Una strana emozione che non capisco e neppure cerco di capire. Fredda, gelida, decisa dentro di me, all'apparenza titubante e con un sorriso timido stampato sulla faccia circondo loro il collo. Scostatevi, fatemi più posto. Siete voi ora che dovete...darvi da fare, imparare a carezzare una donna, darle il brivido che cerca. Imitare le movenze ed il tono di una ragazzetta è futile, dannoso, non sarei credibile. E' la voce di una donna che sentono, e, seguendo le mie indicazioni, poche parole stentate e smozzicate, sono le loro bocche che cercano e si posano sulla mia, le mani inesperte dei miei figli che carezzano dopo tanti anni i miei seni, le piega del mio sesso che credevo incapace di...no, non è incapace, anni di aridità non hanno spento il vecchio fuoco, non del tutto e dalla brace emerge la fiamma che sta per travolgermi, che mi stravolge. Lo stesso fuoco travolge i loro lombi, offusca le giovani menti, risveglia ed attizza l'istinto. Non solo il loro. Vogliono possedere la donna che giace nuda tra loro e per un attimo quasi temo si scontrino per decidere chi dei due sarà il primo. Non si scontrano ma si fronteggiano senza accorgersene o capire il perchè. Ne sono intimamente fiera, lo è almeno la figlia di Eva che non credevo esistesse più dentro di me e dice loro cosa fare. Discuteremo per sempre su chi abbia avuto l'idea della monetina. Sono “quasi” certa sia stata una idea mia. Stavano forse per venire alle mani od almeno dicutere per decidere chi dei due dovesse appunto avermi per primo ed io ero assente quasi estranea alla cosa ed al tempo stesso compiaciuta. Fredda si, ma anche la giovane cerva che assiste alla contesa di due maschi del branco in lotta per decidere chi la debba montare. Monetina dico, certamente piano ma in modo udibile. Franco si allontana per tornare un attimo dopo con la monetina. Ora dice che è stata una idea sua. Arturo sostiene di averlo suggerito al fratello. Si una cerva ed il vincitore è Franco. Gli faccio posto tra le ginocchia aperte, impugno il cazzo scappellato e ne sfrego il glande sul mio sesso per fargli vedere come si fa. Solo dei gesti e pochissime parole smozzicate perchè il fiato quasi mi manca. Perché il fiato mi manca? Fai piano, mi raccomando fai piano. Ormai lascio che segua l'istinto che certo saprà guidarlo. Sento il glande premere e lo fa piano, quasi con tenerezza, eppure mi fa male, almeno un poco; lui, Franco, è inesperto e sono troppi anni che io non faccio l'amore. Nonostante ciò mi inarco e quasi gemo di piacere nel sentirlo entrare dentro di me. Poi non sa trattenersi e mi possiede con crescente forza e poca consapevolezza. Il gemello, Arturo vedendo che lo guardo distoglie gli occhi. No, non va bene. Un mio cenno e si avvicina, lo attiro a me, gli parlo brevemente, capisce in fretta. Mi carezza le mammelle e ne succhia i capezzoli, di sua iniziativa poggia le bocca sulla mia e mi bacia. Dovrò insegnar loro come si bacia penso, poi non penso più a nulla. Non voglio pensare a nulla perchè altrimenti impazzirei oppure, non so più pensare Mi sto facendo fare da Franco, e poi sarà la volta di Arturo, i miei figli. Sono una puttana, peggio di una puttana. Ma era l'unica cosa da fare, o no, sto sbagliando tutto? Spio mio figlio che si affanna sopra di me, sta sudando, il membro abbandona maldestro il mio ventre ed ancora più maldestramente Franco cerca di penetrarmi di nuovo, ed ancora mi fa male; porto la mano giù, e vedendolo perplesso gli dico di essere meno irruento mentre lo dirigo al punto giusto. Vedi, con calma, non scappo caro, sono qui apposta per te, per voi, mi correggo guardando negli occhi Arturo che si è di nuovo scostato. Impermalito forse? Geloso? Mentre Franco, con meno foga ricomincia a chiavare, sorridendo attiro verso di me Arturo e gli porgo la bocca da baciare, guido la sua mano sui seni e poco dopo, più giù. Si caro li, è bello, mi piace. Lo senti quel puntino, ma fai piano. E' vero, con mia sorpresa reagisco, sto per godere penso, sono sempre stata molto sensibile li ed anche se me ne vergogno, mi abbandono di nuovo al piacere che sento crescere. Si me ne vergogno ma al tempo stesso aspetto come sempre ansiosa e felice il momento. Sto per godere, da quanti anni non succede? Arturo mi bacia dappertutto e mi carezza la fessura, in alto, mentre Franco di nuovo frenetico mi scopa, sto per godere scopando con i miei figli...E' il momento in cui involontariamente di nuovo mi inarco per offrirmi meglio per sentire di più il cazzo del mio uomo scavarmi, Claudio mi prendeva sempre in giro per questo. Non puoi fingere con me, sei troppo spontanea, ti muovi in modo diverso quando fingi soltanto, lo so, per una donna non è sempre il massimo, e so che lo fai per farmi piacere. Non è giusto, lui non c'è più. Ora ci sono i nostri figli...e protendo il ventre, io frenetica, io...Franco si scuote, sta godendo nella mia pancia fremente ma non ancora pronta, è troppo presto. Vorrei frenarlo, insultarlo, come talvolta facevo con... ma non devo, anzi lo abbraccio e lo stringo come posso, con Arturo di mezzo. Riesco ad allontanarlo e di nuovo stringo Franco, spossato. Lo ninno, lo cullo, deve conservare un ricordo dolcissimo di questa sua prima volta, della sua prima scopata, anche se con sua madre, altrimenti sarà tremendo, lo segnerà per tutta la vita. Si solleva e mi guarda timoroso, ma lo attiro a me e lo bacio, un lungo tenero bacio che spero allontani ogni timore, ogni remora. Nel baciarlo carezzo lentamente ed amorevolmente il membro rattrappito, è fuori uso qualsiasi cosa possa fargli. Alla tua età si recupera in fretta, sei stato magnifico, gli dico. Nel contempo guardo Arturo. Su, fatti una doccia, noi ti aspettiamo. In realtà voglio allontanarlo, restare sola con Franco. M'accorgo però che è quasi sereno e certo soddisfatto. Una sigaretta e sarei una puttana perfetta che aspetta il secondo cliente. Ho voglia di fumare. Vammi a prendere una sigaretta, per piacere. Di nascosto, solo fuori casa, ma fumano, lo so. E' anche il modo per distogliere i suoi pensieri da me. E'tornato a preoccuparsi e si vede, tona e mi accende. Arturo torna che sto ancora fumando, se ne dimostra sorpreso. Sono proprio due bei ragazzi. Due uomini anzi e sono i miei amanti. Vado io a darmi una lavata, ragazzi, forse è meglio che ti rinfreschi anche tu, Arturo facciamo la doccia, mi lavi? Un cenno di assenso, ancora titubante, di lui. Il getto ci investe, mi piace, gli dico, è un mucchio di tempo che non ti lavo più. Lui sorride, sono cresciuto, risponde, poi si irrigidisce perchè gli stringo il cazzo e lo meno un poco. Si. Sei cresciuto, allora lavami tu. Mi prendono i brividi mentre passa il gel sulla mia pelle, vedo divertita che evita le zone “delicate”, lo devo incentivare, lo bacio. Bacia meglio di Franco. Cerco di mantenere il controllo della situazione, ma Arturo ora prende l'iniziativa , mi carezza, mi bacia i seni. Mordimi i capezzoli, gli dico, ma fai piano, devi eccitarmi non farmi male. Non così forte sei matto, me li stacchi, scemo. Ridiamo e ci stringiamo quasi come vecchi amanti. Ogni tanto vorrei fermarlo, gli dico che dobbiamo...poi non protesto più e sul seggiolino... Su, basta, andiamo. Finiamo di lavarci e ancora un poco umidi torniamo sul letto. Franco lo ha in qualche modo messo a posto. Non so se Arturo riesce a intendersi con Franco o se è una idea di questo che sorridendo occupa tra le mie gambe il posto del fratello che non protesta. Ti preparo mamma. Così godi anche tu. Porta la bocca tra le mie cosce aperte. Come Arturo deve imparare ed impareranno, ma per adesso non sono all'altezza del papà, troppa fretta, la lingua subito nella fessura e nei punti meno indicati per lo più. Oggi li lascio fare, ne godo lo stesso e poi, due uomini vergini, da addestrare. Ne farò due amanti perfetti, certo non per me, per loro due e per le fortunate che mi seguiranno. Forse per istinto o per aver sentito i pochi suggerimenti dati al fratello, Arturo, occupato il posto che per turno gli spetta, dirige il cazzo sul buchetto solo dopo aver sfregato per qualche momento il glande lungo la fessura; forza l'accesso con minor fretta, più delicatamente. Entra e mi piace sentire la cappella aprirmi, tendere le pareti della vagina ben lubrificate dai miei umori. Ora lascerò che anche Arturo faccia come sa, quello che può. Poi, le prossime volte sarà scuola vera e ne farò due splendidi ed esperti amanti. Non per il mio piacere ma per quello delle fortunate che ne usufruiranno in futuro, mi ripeto. Di nuovo uno mi scopa mentre l'altro mi abbraccia. Di nuovo arrivo tanto vicina all'orgasmo quando il mio amante di turno mi si svuota nel ventre. C'è di che urlare di rabbia. E' Arturo ad essere spompato e fuori gioco. Le carezze di Franco, tornato a pressarmi voglioso, un poco suppliscono alle deficienze precedenti. Un breve momento di torpore, dormiamo, dico loro. Per un attimo mi perdo nei problemi domestici. Pasta al sugo, petti di pollo con prosciutto e formaggio, insalata. Posso cuocere lo strudel...neanche un'ora per tutto. C'è tempo. Sono loro che muovendosi mi svegliano, ed è ora che mi dedichi a nutrirli. Una cosa sanno fare dei lavori domestici, rifare il letto. Affido loro questo compito non prima di aver parlato e a lungo dell'immediato futuro. Che posso riassumere così: scoperò con loro,insieme o da soli quando e come vogliono. Cosa vuol dire come vogliamo? Vedrete, anzi vedremo. Sorridono non poco perplessi, ma subito dopo mi dicono che quel pomeriggio non vanno a vedere l'incontro di pallacanestro della scuola.
scritto il
2013-01-24
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