Derriere la porte

di
genere
bisex


Sì al giorno d'oggi sono sempre di meno.
Ma un tempo, neanche troppi decenni fa, erano tantissime.
Di cosa parlo?
Delle scritte oscene a volte sgrammaticate,
a volte redatte in"latinorum"che arricchivano ogni tipo di superficie che fosse utile ad essere coperta di inchiostro e rientrasse nel raggio d'azione di un braccio umano.
Chi di noi non ha mai adornato un foglio di noiosi esercizi scolastici di gioiosi disegnini erotici?
Alzi la mano chi può giurare di non avere mai disegnato un cazzetto ?
L' eloquente segno grafico, talvolta sterilizzato dai suoi accessori ovali, campeggiava ovunque.
Naturalmente presente nei cessi dei maschi, sorprendentemente non mancava anche nei bagni di noi ragazze di liceo tra i 70 e gli 80 del secolo scorso.
Disegnato dopo averne intuito la forma in qualche palpatina al buio ed averne apprezzato la durezza nelle feste organizzate in casa di sabato pomeriggio , quando quegli antichi maestri di cerimonie che si facevano chiamare disc jockey decidevano che era arrivato il momento dei cosiddetti"lenti".
Si spegnevano le luci, e si annullavano le distanze tra corpi sudati fino ad allora intenti a replicare i passi visti al cinema.
Noi alzavamo le braccia e cingevamo il collo del nostro boy guardandolo languidamente negli occhi, mentre i ragazzi pian piano facevano scivolare le loro mani sui nostri culi offrendo ai nostri pubi adolescenziali orrendamente non depilati la prova tangibile ( e tastabile ) della loro potenza sessuale.
Scusate la divagazione mi sono fatta prendere la mano dai ricordi....
Ritornando agli espliciti graffiti da ascensore o da bagni pubblici,il genere visse una stagione entusiasmante con l'avvento dei telefonini...
Quante rappresentazioni di vulve gocciolanti e di falli pronti all'uso, avevano il numero di telefono in bella evidenza!
E un giorno di qualche anno fa scoprii che anche il mio numero era finito sul retro della porta di un bagno in autostrada....
Ci misi un paio di chiamate per capire bene cosa fosse successo...

Risolsi nel giro di pochi giorni acquistando una nuova scheda telefonica.
Però....
Però non buttai quella vecchia e ogni tanto leggevo i messaggi che arrivavano...
All'inizio confesso che quelle frasi animalesche e sessiste
mi infastidivano ed ogni volta che le leggevo mi procuravano un senso di repulsione.
Però mi resi conto ben presto che quelle primitive forme di comunicazione esercitavano una sorta di magnetica attrazione sulla mia psiche.
Mi sorprendevo io stessa del sempre più gran numero di volte in cui la mia mente ritornava, sedotta dalla loro rozzezza, a quel campionario di bestialità.
Confesso che a quel tempo tanti messaggi non li capivo affatto sia perché usavano termini dialettali di ogni parte di Italia , sia perché facevano riferimento a pratiche ardite di cui non avrei potuto mai ipotizzare l'esistenza.

Mi sarebbe piaciuto coinvolgere mio marito in questa esplorazione di nuovi piaceri ma lo vedevo così stressato per il lavoro e così poco interessato al sesso,da farmi sentire frustrata come donna incapace di coniugare i suoi doveri di mamma , di insegnante e di sposa con la mia voglia di evadere da quella gabbia che mi opprimeva.
Per dirla con Almodovar ero sull' orlo di una crisi di nervi!

Unica consolazione il mio piccolo rito segreto:
Nel cuore della notte, perlopiù di sabato sera, quando i bambini dormivano e mio marito era caduto in catalessi in seguito al solito rapporto
alla missionaria che non si protraeva mai oltre una manciata di secondi , mi alzavo, andavo nel nostro bel bagno grande con una comoda Jacuzzi, mi spogliavo lentamente alla incerta luce di tante candele, chiudevo la porta, mettevo la cuffia dello stereo che avevo montato affianco alla vasca e, mettevo nel mio telefonino quella scheda che mi portavo sempre appresso.
E....
e finalmente entravo in un mondo in cui ero trattata come una femmina!


Non come una donna, femminista ....e di potere...(piccolo potere al tempo, ma comunque tale da castrare le pulsioni dei maschi che conoscevo)

Ma quei messaggi....
Così crudi e diretti simboleggiarono dapprima la mia fuga e poi divennero la mia droga.

Da settimanali i miei bagni in Jacuzzi divennero giornalieri.

Tra il gran numero di messaggi ritornavano con puntualità le attenzioni redatte in un incerto italiano da quarta elementare di un certo "Mazzadiferro".

Il tipo in questione pur essendo dotato di limitate conoscenze grammaticali, si mostrava particolarmente capace di strutturare piccole iperboliche narrazioni in cui riservava per sé l'esercizio dei massimi poteri sessuali e a me attribuiva il ruolo di bagascia "rotta" alle più aberranti pratiche....

Mazzadiferro 29 si firmava ed incominciai ad immaginare quale potesse essere il suo aspetto fisico.


Il 29 mi induceva a pensare ad un meridionale.
E lo stesso indizio era rafforzato da alcune costruzioni sintattiche più vicine allo spagnolo che all'italiano.

La vulva, santificata ara , creatrice di vite nuove, era degradata a puro luogo di vizio.
Ogni centimetro del corpo di donna postribolo di porcate senza fine.
29 doveva essere una persona che viveva per il sesso.
Solo per il sesso...
Giurava di avere tra le gambe la medicina giusta per ogni dolore,il rimedio ad ogni malinconia.
Francamente tanta rozzezza mi procurava disgusto .
Poi però per qualche sindrome affine
a quella di Stoccolma incominciai a nutrire un senso di pietà per una persona così miserabile che, ne ero certa, aveva una vita infelice, governata solo da bassi istinti, incapace di gustare la bellezza che solo una coscienza formata sa scorgere nel mondo.
Mazzadiferro 29 iniziò a popolare i miei sogni.
Nella mia elaborazione onirica i ruoli si ribaltavano ed ero io la sua strupatrice, la sua padrona sessuale.
Disponevo con avidità del suo corpo.
Lo legavo,lo frustavo,lo mordevo a
sangue.
Lo costringevo a splendide erezioni senza fine tormentando il suo glande con gli sfioramenti della mia lingua e gli sfregamenti forsennati del mio clitoride che svettava
tra le mie labbra inguinali come bastione a guardia della mia perla preziosa.
Oramai il sesso tiepido che mi offriva il mio matrimonio non mi bastava più.

Passava il tempo e la curiosità cresceva...
Mi decisi a fare qualcosa.

Intanto, giusto per mandare in frantumi un po' di quel bieco perbenismo che da sempre mi aveva oppressa,decisi di travestirmi da uomo e di andare di persona all'autogrill a vedere la fauna frequentatrice della toilette.
Ero al tempo eccitata e spaventata... qualcosa,mi ripetevo ossessivamente come un mantra, sarebbe sicuramente successo!

Anche perché avevo pensato di indossare la lingerie più sexy che avessi sotto la tuta da meccanico,unta di grasso e quasi lacera che avevo scovato in garage...
Ma di questo non so se sia opportuno parlarne...
O sia meglio non condividere pubblicamente quanto accadde ....


Solamente pensare di uscire di casa vestita da uomo mi eccitava tanto da farmi perdere il sonno.
Mi addormentavo la sera quasi subito dopo aver messo alle 21 i bimbi a letto.
Massimo un oretta, in cui il mio fisico stremato si ristorava il minimo necessario, che mi svegliavo tutta agitata, preoccupata e turbata da quanto mi ero messa in testa di fare
.....
La mente,
La mia mente,
Lavorava così velocemente,da fare precipitare i miei
sensi in un tunnel in cui scorrevano la mia paura di essere scoperta, la mia eccitazione nel mascherarmi da maschio, la mia voglia di sentirmi usata mentalmente e sessualmente da un porco rozzo camionista e, cosa nuova ed ancora più sconvolgente all'epoca per me, una inaspettata ed insana voglia...
Un desiderio mai prima avvertito,
una opportunità mai prima intesa come
possibile strada da percorrere....
Era difficile, mi vergognavo di me stessa, mi turbavo per la sua forza libidinosa, ma il pensare di interpretare il ruolo di maschio stupratore di un giovane corpo di donna mi faceva letteralmente andare in estasi.
Mi sorprendevo di me e dei miei osceni propositi, ma a rendermi
oggetto sconosciuto alla mia analisi razionale, era questa necessità.
Inutile raccontare delle epiche masturbazioni che animavano le mie notti insonni ...
Ormai non avevo altro interesse se non quello di accarezzarmi.
Ogni notte incominciai a pretendere dalle mie dita di aver un orgasmo.
Ma non mi bastava.
Troppo poco!
Passai in breve tempo a prescrivere a me stessa perlomeno 3, perfetto numero, orgasmi per notte.
L'ultimo, era sempre il più intenso, il più depravato, il più liberatorio...


Infine mi decisi a scegliere un giorno.
Sì, dovevo fissare una data!
Vestita da uomo avventurarmi di notte nei bagni di un autogrill ...
Fremevo!
Mi inventai un congresso in una città lontana a cui mi avevano supplicato di non mancare...
Dissimulai in modo credibile la mia irritazione ed ebbi un attimo di sgomento quando per un istante mio marito accennò alla possibilità di accompagnarmi,
ma infine ringraziai la sorte quando riuscii ad organizzare ogni dettaglio...
Era un venerdì di marzo.
Arrivata all'autogrill parcheggiai l'auto abbastanza lontano dallo store e mi incamminai a piedi.
Indossavo un trench lungo poco vistoso che scendeva dritto nascondendo ogni curva del mio corpo.
Occhiali e sciarpa mi occultavano ancora di più.
Entrai nell'ultimo bagno delle donne.
Chiusi la porta ed in un attimo il cuore mi arrivò in gola.
L' avventura aveva davvero inizio.
Al muro addossai il mio corpo che già tutto eccitato sentiva il bisogno di un sostegno per le mie gambe tremolanti per l'emozione.
Respirai profondamente, mi guardai con un espressione solenne nello specchio da maquillage che mi ero portata da casa, e mi dissi : allora prof che si fa'? Si torna a casa o ci buttiamo in questo mare da scoprire?
Risposi a me stessa con una risata grassa e sincera, come di quelle dei bambini che non conoscono malizia....:
"Sono troppo arrapata per non continuare "
Volli coscientemente pronunciarla ad alta voce quella sconcezza e per dare ancora più credito a quanto orgogliosamente affermato infilai la mano destra sotto il trench ed andai a lisciare il tessuto nero del mio tanga già bagnato dagli umori della mia vulva che pulsava ossessivamente.
Mi slacciai il trench, agganciai lo specchietto ad un provvidenziale gancio della porta della toilette ed incominciai a cacciare fuori dal reggiseno le mie tette bianchissime, tonde e sode.
L' immagine riflessa mi eccitava ancora di più.
I capezzoli erano talmente eretti da procurarmi un piacevolissimo dolorino, presi a strizzarmi quei due bei chiodi rosa come quel coglione di mio marito mai aveva osato fare, con una mano iniziai ad accarezzarmi la dolce curva del ventre, un tocco lieve ed il mio ombelico lo scoprii come zona erogena inaspettata.
In verità se anche mi fossi accarezzata il malleolo o che so' il gomito, sarei andata in visibilio.....
Ero tutta proiettata in un eroticissimo universo fatto di sesso e di dolcezza, di voglia di coccole amorose e del bisogno di essere carnalmente posseduta da un pulsante fallo, duro e venoso che iniettasse, nei più reconditi meandri del mio corpo e della mia psiche febbricitante, scariche e scariche di seme e poi ....
magari chissà se in questo autogrill avrei trovato qualcuno che riempisse le mie budella del suo caldo piscio.....


In breve tempo mi preparai.
Ero pronta!
Prima di andare diedi un ultimo sguardo attento di controllo:

Ai piedi stivaletti da biker di foggia maschile.
Tuta da meccanico grigio chiaro chiusa da una zip che dall'inguine arrivava al colletto alla coreana.
Occhiali dalla larga montatura di tartaruga con lenti scure che mio marito usava di estate in barca, cappellino rosso con visiera calata messo un po' di sghembo da cui spuntavano i miei capelli
che già da qualche giorno avevo provveduto a sistemare con un irresistibile taglio alla garconne.

Le mani le avevo sfregate con un po' del grasso nero che mi ero portata su uno straccio che avevo insozzato nel mio garage.
Di fuori ero perfetta.
Anzi ero perfetto!
Aprii la chiusura lampo per ultimare la mia ispezione:
Calze autoreggenti nere,
Tanga , filiforme tra le natiche e sgambatissimo davanti, con uno striminzito triangolo di stoffa che stava quasi per intero immerso tra le grandi labbra che debordavano oltre il tessuto.
Intorno alla vita era serrata la cintura di pelle nera del più bel regalo di Natale che mi fossi mai fatta.
Si, perché era già da un po' di mesi che avevo pianificato tutto, e da Natale mi ero procurata uno splendido strapon dotato di
un fallo eretto che la confezione descriveva come realistico ed aveva, con le sue generose dimensioni, fatto scadere ancora di più ai miei occhi la considerazione che avevo di mio marito!
Lo piegai a sx come facevo con il pisello del mio bambino fino a pochi anni prima.
Oramai era alle soglie della pubertà ed un composto sentimento di riserbo aveva interrotto le mie amorevoli carezze materne.
L' ombelico, che le gravidanze non avevano sformato, limitava la fasciatura stretta intorno al torace che mi ero imposta per contenere il mio seno e respingere indietro i capezzoli che se avessero potuto manifestare la loro eccitazione avrebbero emesso un urlo che perfino Tarzan si sarebbe spaventato.

Erano ormai quasi le 20!

Aprii la porta lentamente, una rapida occhiata, un balzo ed ero fuori nel corridoio comune delle toilette da uomo e da donna!
Nessuno mi guardava.
Nessun commento.
Nessuno sguardo interrogante scrutava quello strano ibrido a cui avevo dato vita.
Varcare la soglia dei bagni maschili mi diede un brivido che dall'osso sacro mi risalì lungo la schiena...
Una vocina petulante leggeva un verbale di indagine della polizia giudiziaria, di quelli che mio marito si porta a casa nel week end, e che a me hanno sempre indotto
da un lato curiosità per l'utilizzo di termini improponibili in qualsivoglia contesto comunicativo, e dall'altro mi suscitava
una tenera empatia per quelle persone, le cui vite, i cui più intimi avvenimenti e sentimenti erano violati in nome di una legge che avrebbe voluto che tutti gli uomini fossero virtuosi.
Ora in quell'umanità dolente ero scivolata anche io...
Infatti quella nenia alienata da redattore di rapporti , era tutta nella mia testa, e raccontava di una prof, madre di due figli, moglie di un noto magistrato, che era stata fermata nei bagni da uomo in autogrill, travestita....
La possibilità di essere sorpresa dalle forze dell'ordine invece di farmi desistere mi accese ancora di più il desiderio...

Ero in gioco. Avevo messo in conto che era un gioco pesante in cui mettevo a repentaglio tante cose: la mia reputazione, il mio matrimonio, la mia famiglia...Ero certa che mio marito mi avrebbe tolto anche i figli.
Il fatto mi atterriva ma, ero in preda ad una forsennata tempesta di ormoni che mi impediva di fermarmi.
Consapevole di tutto ciò serrai la mascella e con decisione entrai nel primo box .
La puzza di piscio,il water schizzato di giallo e sporco dei residui di una recente e profumata defecatio, stavano per sopraffarmi!
Richiusi la porta e scritto a pennarello lessi un numero telefonico che mano di artista aveva posto tra due zizzoni e il disegno di una donna con le cosce spalancate .
Era il numero di cellulare di Tina, la mia collega insegnante di matematica.
Dunque non ero stata la sola ad essere coinvolta in questo giochino.
Si però la Tina, madre e moglie esemplare, assidua frequentatrice della sua parrocchia, non aveva mai cambiato numero...
Uhm!
Entrai nel secondo bagno, per fortuna meno sporco del primo e lessi dietro la porta il numero dell'insegnante di lingue.
E così negli altri scompartimenti.
C'eravamo tutte!
Anche colleghe, come ad esempio la nostra preside, che a vederla da vicino, nella sua relativa senilità aveva perso qualsiasi connotazione sessuale...
Ma questo non lo potevano certamente sapere i frequentatori di quelle latrine
e ,....
anche lei non aveva cambiato numero...
Mi sentivo sollevata da quelle considerazioni e volli avvicinarmi agli urinatoi a muro in fondo al locale.
Urtai un piccoletto che frettoloso cercava di guadagnare l'uscita mentre ancora si sistemava la cintura dei pantaloni.
Girai l'angolo e notai di spalle un tipo biondo cenere, abbastanza alto e credo con al massimo 25 anni, con la faccia al muro ed i pantaloni e le mutande scese fino ai piedi.
Le chiappe biancolatte, carnose, tonde ed invitanti.
Sentendomi arrivare piegò il busto in avanti ed allargò le cosce mettendosi a 90 gradi.
Un invito esplicito.
Farfugliò qualcosa in una lingua slava... cercavo il suo sguardo ma non sembrava affatto deciso a voltarsi.
Mi fermai dietro di lui.
Allungai la mano e mi imbrattati dello sperma che colava dal suo orefizio anale.
Ripulii le dita sulla sua camicia di flanella, gli misi la mano destra sulle labbra a tappargli la bocca, con la sinistra tirai giù la zip della tuta che indossavo.
Il dildo, non più bloccato dal tessuto scatto' fuori come una molla.
Divertita pensai di aumentare l'eccitazione di quel frocetto con un sonoro sputo sulla punta del mio sex toy, lo indirizzai all'apertura oscena che quel ragazzo mi offriva alla vista, e con forza, con sadico piacere glielo ficcai tutto dentro.
Il suo retto tentò una resistenza ma niente avrebbe potuto fermarmi!
Spingevo. Con rabbia spingevo.
Il mio compagno di gioco ansimava e mi leccava avidamente le dita.
Lo strapon funzionava a meraviglia...lo scroto di silicone non era il suo terminale posteriore.
Infatti, per mia ulteriore godimento, l'attrezzo aveva un suo simmetrico doppio: un inebriante cazzo infisso interamente nella mia vagina.
Così ad ogni poderosa spinta pelvica producevo molteplici risultati.
1) mi scopavo un uomo, mugulante di perverso piacere.
2) ad ogni rapida e profondissima penetrazione mi rivenivano a galla i racconti strazianti di milioni di donne sottomesse, umiliate e stuprate.
Costrette a vivere nel terrore convinte di non meritare una vita felice, persuase ogni giorno dalle botte e dai patimenti inflitti loro da aguzzini spietati .
E tante tantissime volte non si trattava di sconosciuti violenti ma di integerrimi mariti, papà premurosi, fidanzati affettuosi.
3) Quel doppio dildo procurava alla mia bollente patatina delle sollecitazioni notevoli di cui dettavo, finalmente libera e consapevole, il ritmo .
Quanto tempo durò quell' amplesso animalesco?
Non so!
Io arrivai a contare fino a 100 affondi .....poi persi il conto.
Il mio giovane amico, ripagò il mio frenetico sforzo, con bacio tenero, alla francese, con la lingua in bocca, con il pudico ardore di un adolescente si strinse a me, mi avvolse in un abbraccio dolce, ed in un italiano comprensibile mi disse:
" Grazie Amore.
Posso chiamarti mamma?"
"Certo bambino mio."
Risposi.
E così per un po' di tempo stemmo abbracciati, seminudi,
sudati e felici.
Non esistevano più generi, i ruoli erano sfarinati, solo un affettuoso legame ci univa.
I nostri sentimenti non avevano paura di dichiararsi figli del puro sesso, eravamo due corpi pacati dalle loro voglie, che si erano fusi tra di loro e timidamente avevano sporto i loro occhi, oltre il muro dei pregiudizi.





scritto il
2023-09-08
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