Quei fatti dell'89
di
Vandal
genere
etero
Ricordando quel fatto del 1989.
Sabrina arriva puntuale. E’ vestita in maniera sobria ma elegante. Gonna fin sotto il ginocchio, scarpe con il tacco basso, camicetta verde scuro abbottonata fino al collo e una giacca marrone allacciata con due bottoni. Una bella ragazza di 35 anni che ho conosciuto ad un convegno di scrittori.
Abbiamo parlato di tutto quel giorno e, alla fine della giornata, eravamo in fase confidenziale. Ci siamo promessi di rivederci. E’ così è stato. Ci frequentiamo da qualche mese. Stiamo bene.
La prima cosa che mi ha detto, quando la nostra frequentazione era già avviata, è stata “Sono all’antica. Il sesso si farà solo quando ci saranno i momenti giusti”
“Ok” ma dentro fremevo e mi davo martellate virtuali sulle ginocchia.
E aspettavo. Uscivamo insieme al sabato e la domenica. Ristorante, pizzeria, bar. Non si andava oltre qualche bacio, massimo qualche palpatina.
Poi, una sera mi chiama e mi invita a casa sua: “Cena per due a lume di candela” ha detto
E io, nel profondo, ho sperato che quella cena, si tramutasse nella tanta agognata notte di sesso.
Il romanzo che sto cercando di finire è fermo da un paio di settimane. La mia mente scivola verso Sabrina e il suo corpo sempre celato, che mi ha fatto fare un pensiero più che torbido in quegli ultimi tempi.
Prima di andare da lei, passo in una vineria lì vicino, prendo un Sangue di Giuda . Poi esco e passo dal fioraio: gigli. Mi dirigo a casa sua, un palazzo in lungo Ticino, a pochi passi del ponte dell’Impero. Suono, lei mi apre. Ultimo piano. Fortuna che c’è l’ascensore.
Lei mi accoglie fasciata in un meraviglioso abito da sera rosso che le arriva fino alle caviglie e lascia scoperta solo le braccia. Niente scollature vertiginose ma l’aderenza del vestito le delinea in tutta la loro magnificenza: “Wow” faccio entrando “Sarò scontato ma, sei uno spettacolo” e, da come l’abito aderisce al corpo, si direbbe che sotto non indossa nulla. Le porgo il vino
“Grazie”
Mi fa strada in un’ampia sala dominata da una vetrata. La sala è occupata da un tavolo rotondo rivestito da una tovaglia rossa. Sopra, due candele rosse ardono in un candeliere. Ci sono degli stuzzichini, qualche tartina, un tagliere con salumi e formaggi.
Ma, quello che mi attrae maggiormente, è la vetrata. Il paesaggio che si ammira oltre. Un susseguirsi di tetti, comignoli, antenne, alti e bassi. Sulla destra, il Ponte Coperto illuminato da riflettori blu sotto le volte. Sulla sinistra, la cupola del duomo, illuminata a giorno con potenti riflettori “Bellissima vista” commento meravigliato. Accanto al duomo, un fascio giallastro verticale che sembra bucare il cielo “Hai una vista spettacolare da qui” le acque del Ticino sono un mix di colori luminescenti, diluiti come un quadro di Dalì
“Non mi stanca questa vista” commenta lei abbracciandomi. Un bacio saffico, il suo corpo m preme contro. Sento la durezza dei suoi capezzoli attraverso i suoi ed i miei vestiti. E sento il turgore nei miei pantaloni, desideroso di essere liberato “La vedi quella luce verticale accanto al duomo? Sai cos’è?”
“Sì” rispondo “Quello che resta della Torre Civica”
“venerdì 17 marzo 1989” dice lei con un sospiro “Io c’ero, sai?”
“Io, mi spiace..”
“Ero piccola, avevo 5 anni. Io e mia madre avevamo appena lasciato l’edicola, quell’edicola. Eravamo appena giunti all’imboccatura di via Liguri quando, udimmo il boato. In un attimo, mia madre mi prese in braccio e corremmo a perdifiato lungo la via. Anche se piccola, quello che vidi sopra la spalla di mia madre, mi inorridi a tal punto che.. Per molto tempo non riuscii a parlare”
“Mi spiace” le cingo le spalle sinceramente commosso
“Un trauma a cui nessuno deve assistere. A distanza di anni, quando passo di fronte ai resti della torre, mi prende come un vuoto, qui” si indica il petto “Tu dov’eri in quel periodo?”
“A scuola, interrogazione di matematica. Stavo facendo un esercizio alla lavagna quando la bidella è entrata stravolta a darci la notizia” rispondo “Fu terribile”
“Passavo in quella piazza ogni giorno. Mi fermavo in quell’edicola sempre, con mia madre che mi comprava le figurine di Barbie”
Ci sediamo a tavola. Incominciamo a mangiare. Parliamo di quei giorni terribili. Per poi scivolare verso argomenti più lievi . Passiamo al primo piatto, pasta al salmone. Poi al secondo. Bistecca alla Bismarck. Alla fine il dolce, due grossi cannoli accompagnati dal Sangue di Giuda che ho portato “Scusa per prima” mi fa. Siamo seduti sul divano, lei ha la testa poggiata sulla mia spalla e le gambe raccolte sotto di sé
“E di che?” le accarezzo il viso, il pollice che segue il contorno della labbra
“Ti ho sentito prima, sai?” ride
“Sentito in che senso?”
“Quando mi hai abbracciata. Ho sentito che eri eccitato”
“Beh, normale che.. Insomma..”
Lei mi bacia. Sento un fremito, la mia mano si posiziona sotto la sua nuca. L’altra scende verso il fondoschiena ma mi fermo. Devo dimostrarmi un gentiluomo.
Lei si alza e si dirige verso la zona del bagno “Aspetta un attimo”
Aspetto. Mi alzo. Con il bicchiere di Sangue di Giuda mi avvicino alla vetrata ed osservo verso il duomo illuminato. Brutti ricordi affiorano, la notizia su tutti i telegiornali “Alle ore 8.55 del 17 marzo 1989, all'improvviso, la torre è rovinosamente crollata, sgretolando 8 000 m³ di mattoni, sabbia e granito. Quattro le vittime. Venti i feriti” Terribile. E Sabrina era là, ad assistere a quel fatto terribile. Per un soffio, il Destino non se l’è portata via.
“Eccomi” dice lei. Mi volto e…
Il cuore manca un battito.
Meravigliosamente nuda. Non penso ad altro. Il cervello mi manda messaggi subliminali ma, le gambe restano ferme. La bocca che si spalanca poco a poco dallo stupore. Forse una Dea avrebbe paragone di quel corpo così perfetto. Curve al posto giusto, seni pieni e sodi. Avanza verso di me e si muovono appena. Il taglio tra le gambe è perfettamente rasato. Mi abbraccia, mi bacia, preme il suo corpo contro il mio.
Io ricambio, le mani appoggiate ai suoi fianchi.
Il cervello mi dice di saltarle addosso e darci dentro come se non ci fosse un domani. Ma, la parte razionale, mi mette una sbarra e mi consiglia di essere cauto. “Ho voglia di te” dico
Lei sorride e mi afferra la mano “Vieni con me” Mi conduce in camera da letto. Luci soffuse emanate da un paio di abatjure messe su piccoli comodini. Lei afferra qualcosa da sopra la trapunta e me la porge “Indosserai solo questo”
Lo guardo. E’ un preservativo marca doppia protezione “Ok” Incomincio a spogliarmi mentre lei osserva seduta sul letto. Nudo di fronte a lei, con l’erezione prepotente, sfilo il preservativo e lo faccio indossare al sesso indurito.
Lei si lascia andare all’indietro, poggiando i gomiti sul letto, le gambe che si dischiudono lentamente “Sono all’antica” dice lei “Sesso tradizionale”
Annuisco. L’erezione è così prepotente da far male. Le sono di fronte, le mani poggiate alle spalle. Il sesso le sfiora il viso, lei sorride e lo scosta leggermente “Niente perfomance da film porno”
“Ok” l’adagio sul letto, la guardo a lungo negli occhi. Entro piano. Lei, neanche un lamento. Un lieve tremore dell’occhio sinistro “Non sai da quanto tempo..”
“Dopo si parla” dice lei
Entro e comincio a muovermi dentro e fuori di lei. Piano, con decisione. Lei mugugna, mi morde il collo, cerca le mie labbra, le gambe mi cingono da dietro, mi stringono più a lei. I miei ingressi si fanno più brevi ma intensi. Lei urla, le unghie conficcate nella pelle. Resisto per cinque minuti. Non sono un porno attore. Esplodo dentro di lei, insieme a lei. Spossato, mi lascio cadere al suo fianco “Meraviglioso”
“Lo avevi mai fatto solo così?” chiede lei
“Le mie passate amanti erano delle grandi maiale” arrossisco nel dirlo “Scusa..”
“E’ ok, non preoccuparti”
Mi alzo, corro in bagno. Tolgo il preservativo, lo avvolgo nella carta igienica e lo elimino nel cestino dell’indifferenziata. Poi una bella sciacquata e torno da lei. Mi vergogno un po’, con il sesso un po’ sgonfio. Ma a lei non importa e si allaccia a me
“Era molto tempo che non facevo sesso con un uomo” dice lei
“Sono stato all’altezza?”
“Sei stato molto dolce”
“Quindi, vuol dire che possiamo ripetere l’esperienza?”
“Ogni volta che vorrai”
“Beh, deve essere una cosa reciproca”
Lei sorride, ci baciamo ancora. Nonostante sia venuto da poco, sento l’eccitazione che mi risale lungo la spina dorsale e si conficca nel cervello. Le stringo le tette, gioco con i capezzoli induriti. Lei si lascia toccare, accarezzare. Sento le sue mani che mi accarezzano i testicoli e si stringono delicate attorno al sesso.
“Io non ho mai avuto tanti amanti. Il mio primo vero amore è durato cinque anni. Poi ho conosciuto un altro con il quale sono stata quattro anni e mezzo. Eravamo intenzionati a legarci ma, alla fine, lui mi ha tradito con la mia migliore amica. Un clichè” ha delle mani fantastiche. Lo sento che si sta rivitalizzando “Lo facciamo ancora?”
“Dammi il tempo per ricaricare” sorrido. Ci baciamo. Serve quello a riprendermi. Cerco un altro preservativo. Lei mi indica il cassetto. E ancora, un altro giro, a fare l’amore con ardore. Lei che ansima, che pretende più vigore. Io glielo regalo e lascio che il nostro ardore amoroso esploda ancora una volta
“Resta con me” dice lei in un sussurro
“Dove vuoi che vada?” l’abbraccio e rimaniamo così per tutta la notte
Passeggiata nel centro, mano nella mano come due fidanzatini. Siamo davanti alla cancellata di ferro che hanno costruito attorno ai resti della Torre civica. Attorno a noi, la vita indifferente della città. Oltre la cancellata si nota una vasca di acqua inserita all'interno dei ruderi e specchi con giochi di luce che ripropongono in profondità l'idea della Torre . Di fianco una targa appesa, in memoria delle vittime di quel giorno “Si poteva evitare” dice lei guardando la fontana “C’erano i ponteggi, c’era il progetto”
“C’era il menefreghismo della politica locale” commento . Ci spostiamo verso via Liguri, passando davanti alla nuova edicola
“Qui” dice lei fermandosi pochi metri più in là “Io e mia madre eravamo qui”
Ci abbracciamo “Ci vuole una cioccolata calda” propongo
“Una cioccolata e poi?”
“E poi, non so. Una passeggiata su Lungo Ticino fino a Ponte Coperto. Guardiamo la gente che va e viene. O i gabbiani che sfiorano l’acqua” butto lì
“E poi saliamo a casa mia e..”
“Sì, mi piace” ci baciamo
riproposta di un racconto scritto in precedenza su fatti realmente accaduti...
Sabrina arriva puntuale. E’ vestita in maniera sobria ma elegante. Gonna fin sotto il ginocchio, scarpe con il tacco basso, camicetta verde scuro abbottonata fino al collo e una giacca marrone allacciata con due bottoni. Una bella ragazza di 35 anni che ho conosciuto ad un convegno di scrittori.
Abbiamo parlato di tutto quel giorno e, alla fine della giornata, eravamo in fase confidenziale. Ci siamo promessi di rivederci. E’ così è stato. Ci frequentiamo da qualche mese. Stiamo bene.
La prima cosa che mi ha detto, quando la nostra frequentazione era già avviata, è stata “Sono all’antica. Il sesso si farà solo quando ci saranno i momenti giusti”
“Ok” ma dentro fremevo e mi davo martellate virtuali sulle ginocchia.
E aspettavo. Uscivamo insieme al sabato e la domenica. Ristorante, pizzeria, bar. Non si andava oltre qualche bacio, massimo qualche palpatina.
Poi, una sera mi chiama e mi invita a casa sua: “Cena per due a lume di candela” ha detto
E io, nel profondo, ho sperato che quella cena, si tramutasse nella tanta agognata notte di sesso.
Il romanzo che sto cercando di finire è fermo da un paio di settimane. La mia mente scivola verso Sabrina e il suo corpo sempre celato, che mi ha fatto fare un pensiero più che torbido in quegli ultimi tempi.
Prima di andare da lei, passo in una vineria lì vicino, prendo un Sangue di Giuda . Poi esco e passo dal fioraio: gigli. Mi dirigo a casa sua, un palazzo in lungo Ticino, a pochi passi del ponte dell’Impero. Suono, lei mi apre. Ultimo piano. Fortuna che c’è l’ascensore.
Lei mi accoglie fasciata in un meraviglioso abito da sera rosso che le arriva fino alle caviglie e lascia scoperta solo le braccia. Niente scollature vertiginose ma l’aderenza del vestito le delinea in tutta la loro magnificenza: “Wow” faccio entrando “Sarò scontato ma, sei uno spettacolo” e, da come l’abito aderisce al corpo, si direbbe che sotto non indossa nulla. Le porgo il vino
“Grazie”
Mi fa strada in un’ampia sala dominata da una vetrata. La sala è occupata da un tavolo rotondo rivestito da una tovaglia rossa. Sopra, due candele rosse ardono in un candeliere. Ci sono degli stuzzichini, qualche tartina, un tagliere con salumi e formaggi.
Ma, quello che mi attrae maggiormente, è la vetrata. Il paesaggio che si ammira oltre. Un susseguirsi di tetti, comignoli, antenne, alti e bassi. Sulla destra, il Ponte Coperto illuminato da riflettori blu sotto le volte. Sulla sinistra, la cupola del duomo, illuminata a giorno con potenti riflettori “Bellissima vista” commento meravigliato. Accanto al duomo, un fascio giallastro verticale che sembra bucare il cielo “Hai una vista spettacolare da qui” le acque del Ticino sono un mix di colori luminescenti, diluiti come un quadro di Dalì
“Non mi stanca questa vista” commenta lei abbracciandomi. Un bacio saffico, il suo corpo m preme contro. Sento la durezza dei suoi capezzoli attraverso i suoi ed i miei vestiti. E sento il turgore nei miei pantaloni, desideroso di essere liberato “La vedi quella luce verticale accanto al duomo? Sai cos’è?”
“Sì” rispondo “Quello che resta della Torre Civica”
“venerdì 17 marzo 1989” dice lei con un sospiro “Io c’ero, sai?”
“Io, mi spiace..”
“Ero piccola, avevo 5 anni. Io e mia madre avevamo appena lasciato l’edicola, quell’edicola. Eravamo appena giunti all’imboccatura di via Liguri quando, udimmo il boato. In un attimo, mia madre mi prese in braccio e corremmo a perdifiato lungo la via. Anche se piccola, quello che vidi sopra la spalla di mia madre, mi inorridi a tal punto che.. Per molto tempo non riuscii a parlare”
“Mi spiace” le cingo le spalle sinceramente commosso
“Un trauma a cui nessuno deve assistere. A distanza di anni, quando passo di fronte ai resti della torre, mi prende come un vuoto, qui” si indica il petto “Tu dov’eri in quel periodo?”
“A scuola, interrogazione di matematica. Stavo facendo un esercizio alla lavagna quando la bidella è entrata stravolta a darci la notizia” rispondo “Fu terribile”
“Passavo in quella piazza ogni giorno. Mi fermavo in quell’edicola sempre, con mia madre che mi comprava le figurine di Barbie”
Ci sediamo a tavola. Incominciamo a mangiare. Parliamo di quei giorni terribili. Per poi scivolare verso argomenti più lievi . Passiamo al primo piatto, pasta al salmone. Poi al secondo. Bistecca alla Bismarck. Alla fine il dolce, due grossi cannoli accompagnati dal Sangue di Giuda che ho portato “Scusa per prima” mi fa. Siamo seduti sul divano, lei ha la testa poggiata sulla mia spalla e le gambe raccolte sotto di sé
“E di che?” le accarezzo il viso, il pollice che segue il contorno della labbra
“Ti ho sentito prima, sai?” ride
“Sentito in che senso?”
“Quando mi hai abbracciata. Ho sentito che eri eccitato”
“Beh, normale che.. Insomma..”
Lei mi bacia. Sento un fremito, la mia mano si posiziona sotto la sua nuca. L’altra scende verso il fondoschiena ma mi fermo. Devo dimostrarmi un gentiluomo.
Lei si alza e si dirige verso la zona del bagno “Aspetta un attimo”
Aspetto. Mi alzo. Con il bicchiere di Sangue di Giuda mi avvicino alla vetrata ed osservo verso il duomo illuminato. Brutti ricordi affiorano, la notizia su tutti i telegiornali “Alle ore 8.55 del 17 marzo 1989, all'improvviso, la torre è rovinosamente crollata, sgretolando 8 000 m³ di mattoni, sabbia e granito. Quattro le vittime. Venti i feriti” Terribile. E Sabrina era là, ad assistere a quel fatto terribile. Per un soffio, il Destino non se l’è portata via.
“Eccomi” dice lei. Mi volto e…
Il cuore manca un battito.
Meravigliosamente nuda. Non penso ad altro. Il cervello mi manda messaggi subliminali ma, le gambe restano ferme. La bocca che si spalanca poco a poco dallo stupore. Forse una Dea avrebbe paragone di quel corpo così perfetto. Curve al posto giusto, seni pieni e sodi. Avanza verso di me e si muovono appena. Il taglio tra le gambe è perfettamente rasato. Mi abbraccia, mi bacia, preme il suo corpo contro il mio.
Io ricambio, le mani appoggiate ai suoi fianchi.
Il cervello mi dice di saltarle addosso e darci dentro come se non ci fosse un domani. Ma, la parte razionale, mi mette una sbarra e mi consiglia di essere cauto. “Ho voglia di te” dico
Lei sorride e mi afferra la mano “Vieni con me” Mi conduce in camera da letto. Luci soffuse emanate da un paio di abatjure messe su piccoli comodini. Lei afferra qualcosa da sopra la trapunta e me la porge “Indosserai solo questo”
Lo guardo. E’ un preservativo marca doppia protezione “Ok” Incomincio a spogliarmi mentre lei osserva seduta sul letto. Nudo di fronte a lei, con l’erezione prepotente, sfilo il preservativo e lo faccio indossare al sesso indurito.
Lei si lascia andare all’indietro, poggiando i gomiti sul letto, le gambe che si dischiudono lentamente “Sono all’antica” dice lei “Sesso tradizionale”
Annuisco. L’erezione è così prepotente da far male. Le sono di fronte, le mani poggiate alle spalle. Il sesso le sfiora il viso, lei sorride e lo scosta leggermente “Niente perfomance da film porno”
“Ok” l’adagio sul letto, la guardo a lungo negli occhi. Entro piano. Lei, neanche un lamento. Un lieve tremore dell’occhio sinistro “Non sai da quanto tempo..”
“Dopo si parla” dice lei
Entro e comincio a muovermi dentro e fuori di lei. Piano, con decisione. Lei mugugna, mi morde il collo, cerca le mie labbra, le gambe mi cingono da dietro, mi stringono più a lei. I miei ingressi si fanno più brevi ma intensi. Lei urla, le unghie conficcate nella pelle. Resisto per cinque minuti. Non sono un porno attore. Esplodo dentro di lei, insieme a lei. Spossato, mi lascio cadere al suo fianco “Meraviglioso”
“Lo avevi mai fatto solo così?” chiede lei
“Le mie passate amanti erano delle grandi maiale” arrossisco nel dirlo “Scusa..”
“E’ ok, non preoccuparti”
Mi alzo, corro in bagno. Tolgo il preservativo, lo avvolgo nella carta igienica e lo elimino nel cestino dell’indifferenziata. Poi una bella sciacquata e torno da lei. Mi vergogno un po’, con il sesso un po’ sgonfio. Ma a lei non importa e si allaccia a me
“Era molto tempo che non facevo sesso con un uomo” dice lei
“Sono stato all’altezza?”
“Sei stato molto dolce”
“Quindi, vuol dire che possiamo ripetere l’esperienza?”
“Ogni volta che vorrai”
“Beh, deve essere una cosa reciproca”
Lei sorride, ci baciamo ancora. Nonostante sia venuto da poco, sento l’eccitazione che mi risale lungo la spina dorsale e si conficca nel cervello. Le stringo le tette, gioco con i capezzoli induriti. Lei si lascia toccare, accarezzare. Sento le sue mani che mi accarezzano i testicoli e si stringono delicate attorno al sesso.
“Io non ho mai avuto tanti amanti. Il mio primo vero amore è durato cinque anni. Poi ho conosciuto un altro con il quale sono stata quattro anni e mezzo. Eravamo intenzionati a legarci ma, alla fine, lui mi ha tradito con la mia migliore amica. Un clichè” ha delle mani fantastiche. Lo sento che si sta rivitalizzando “Lo facciamo ancora?”
“Dammi il tempo per ricaricare” sorrido. Ci baciamo. Serve quello a riprendermi. Cerco un altro preservativo. Lei mi indica il cassetto. E ancora, un altro giro, a fare l’amore con ardore. Lei che ansima, che pretende più vigore. Io glielo regalo e lascio che il nostro ardore amoroso esploda ancora una volta
“Resta con me” dice lei in un sussurro
“Dove vuoi che vada?” l’abbraccio e rimaniamo così per tutta la notte
Passeggiata nel centro, mano nella mano come due fidanzatini. Siamo davanti alla cancellata di ferro che hanno costruito attorno ai resti della Torre civica. Attorno a noi, la vita indifferente della città. Oltre la cancellata si nota una vasca di acqua inserita all'interno dei ruderi e specchi con giochi di luce che ripropongono in profondità l'idea della Torre . Di fianco una targa appesa, in memoria delle vittime di quel giorno “Si poteva evitare” dice lei guardando la fontana “C’erano i ponteggi, c’era il progetto”
“C’era il menefreghismo della politica locale” commento . Ci spostiamo verso via Liguri, passando davanti alla nuova edicola
“Qui” dice lei fermandosi pochi metri più in là “Io e mia madre eravamo qui”
Ci abbracciamo “Ci vuole una cioccolata calda” propongo
“Una cioccolata e poi?”
“E poi, non so. Una passeggiata su Lungo Ticino fino a Ponte Coperto. Guardiamo la gente che va e viene. O i gabbiani che sfiorano l’acqua” butto lì
“E poi saliamo a casa mia e..”
“Sì, mi piace” ci baciamo
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