Il secondo lavoro (parte3)

di
genere
tradimenti

Restai impietrito per qualche secondo, ma lei non si girò verso di me e subito uno dei tizi accanto si alzò e, frapponendosi tra lei e me, la fece alzare e voltare verso il fondo della sala, con la mini elasticizzata raccolta intorno alla vita e la camicetta sbottonata e fuori dalla gonna.
Mi sedetti sulla poltroncina più vicina e mi raggomitolai, per poter osservare senza farmi notare, ma ero interdetto: la scena, invece di mandarmi su tutte le furie, mi stava inaspettatamente eccitando all'estremo, tanto che dovetti estrarre il cazzo dai jeans e cercare sollievo in un raspone.
Nel frattempo, il tipo le aveva fatto appoggiare i gomiti sullo schienale, in modo che potesse continuare a spompinare i due tizi dietro, e le era andato dietro, inforcandola, mentre il quarto, restato seduto le succhiava un capezzolo e le manipolava l’altro seno.
Percepii un movimento, accanto a me e girai lo sguardo, vedendo una coppia che era appena entrata in sala, anche loro con lo sguardo fisso sull’ammucchiata, mentre salivano i gradini per andare a sedersi nella stessa fila di Angela (quella più larga, il passaggio a mezza altezza), pochi posti più in là.
Mentre mi sfilavano accanto, sentii la lei che mormorava: «Ah! E' la cassiera…», con il tono placido di chi riconosce una situazione abituale… segno che la MIA Angela era diventata evidentemente un’attrattiva di quel cinema.
Nel frattempo, il tipo che stava montando la mia donna, tenendola per i fianchi, emise un roco grugnito e venne (dentro!).
Allora la donna si alzò dal suo posto e si accucciò dietro Angela, evidentemente per leccarla.
Il tipo che aveva appena goduto dentro Angela, si era accasciato su una poltroncina, per riprendere fiato e darsi una sistemata, pur guardando con sguardo rilassato lo spettacolo offerto dal gruppo.
Mentre il gruppetto si dava da fare (ora un uomo toccava la donna, mentre Angela si era piegata di lato per spompinare l’uomo accanto a lei), erano arrivate altre persone: due uomini, intervallati di un paio di minuti, sui trentacinque-quarant’anni ed un’altra coppia: i miei occhi si erano abituati alla poca luce della sala e perciò non feci fatica a riconoscere l’uomo cinquantenne, accompagnato da una una trentenne di colore: l'attuale principale di Angela!
Ero impietrito, affascinato -mio malgrado- dall’orrore della situazione sgradevolissima che si stava prefigurando per Angela; volevo restare, per assistere agli sviluppi della faccenda, ma riflettei che adesso anche il Capo poteva riconoscermi (avevo accompagnato la mia compagna ai colloqui) ed una vocina dentro di me, mi diceva di non farmi scoprire, di andarmene, di avere il tempo di metabolizzare gli eventi e di poter riflettere sulle mie future mosse.
Avevo deciso di alzarmi per andarmene proprio nel momento in cui il Capo ed Angela si riconoscevano reciprocamente, rimanendo come pietrificati qualche istante.
Poi vidi il Capo, che vedevo di sbieco, fare un sorriso da squalo e tirar fuori la nerchia, afferrando Angela per i capelli e spingendogliela in bocca; lei tentò di rifiutarsi, ma la ferrea presa dell’uomo la costrinse ad accontentarlo.
Ero combattuto tra il restare ed assistere agli eccitanti (pur se umilianti, per me) sviluppi, venendo sicuramente riconosciuto da Angela e sopratutto dal Capo -e questi avrebbe potuto fare moltissime elucubrazioni, di cui nessuna corretta!- o ripiegare per potermi riprendere dallo shock.
Perciò scivolai fuori dalla poltroncina e raggiunsi, senza attirare l’attenzione, l’uscita.
Passai davanti al nipote scemo di Antonio, che neanche mi vide uscire e mi trovai in strada, a respirare a fondo.
Dovevo riflettere, dovevo capire, dovevo decidere se chiedere spiegazioni o se, invece, far finta di nulla… Come disse Karl Marx (anche se su altri problemi!): che fare?

Uscito dal cinema, recuperai lo scooter e cominciai ad aggirarmi tra le vie della città, senza destinazione, come se il rotolare degli pneumatici aiutassero il rotolare delle mie idee dentro la mia testa, come ghiaia in una betoniera.
Riflettevo sulla marea delle emozioni provate nel cinema: rabbia, certo! Ero stato imbrogliato dalla mia compagna che, evidentemente, era ormai avvezza a certe attività.
E rabbia anche nei confronti di Antonio, che da amico mi aveva tradito ancora peggio che se si fosse montato Angela (la mia mente visualizzava il suo massiccio cazzo, notato durante la doccia dopo le partite di calcetto, con un inspiegabile mio brivido…); l’aveva invece messa a disposizione di tutti i frequentatori del suo cinemadimmerda... uomini e donne!
Poi, l’umiliazione: umiliato dallo scoprire di essere stato usato da Antonio ed anche dal comportamento di Angela…
La troia, evidentemente si divertiva, a farsi spupazzare e montare da quella marmaglia: non sembrava poi dispiaciuta, del “trattamento”... anzi! Era addirittura... Uhmmm’... sì, era addirittura eccitante, vederla usata da quella gente!
Ammisi a me stesso che, però, l’emozione più forte, vedendo COME Angela passava i suoi pomeriggi lavorativi, vederla in mezzo a quella tempesta di cazzi, era l’eccitazione!
La scoperta mi turbava profondamente, ma più ci riflettevo, più mi rendevo conto che era così.
Quella sera, comunque, le avrei detto che so tutto, che l’avevo vista mentre faceva la troia e ci saremmo chiariti... Eccheccavolo!!!
Mentre l’asfalto scorreva sotto le mie ruote, riflettevo sul cosa e come dire, scartando un approccio ed una frase dopo l’altra, ma non riuscivo a trovare una soluzione soddisfacente.
Decisi che avevo bisogno di bere qualcosa, perciò aguzzai lo sguardo, in quella parte di città che mi era poco familiare ed alla fine accostai al marciapiedi ed entrai in un bar con l’intenzione di farmi una birretta.
Poi però, al banco, decisi che avevo bisogno di qualcosa di forte e ordinai un brandy.
Mentre il calore del brandy si irradiava dallo stomaco fino al cervello ed ero lì, al banco, a meditare sugli eventi, entrò un tizio che venne accanto a me e salutò un amico, accostato al bancone vicino a me.
Pur essendo preso dai miei pensieri, il nome del cinema dove Angela faceva la cassiera (mi corressi, con autolesionistico sarcasmo: la cazziera!!!), detto dall’ultimo arrivato, mi fece aguzzare le orecchie: «… E ti dico: una porca favolosa! Non tanto alta, riccioli neri, un bel culo ed una terza di tette…» Cazzo! Ma stava parlando della MIA donna!!! «… fa dei bocchini da paura! Veramente brava!!! E poi ingoia o si lascia sborrare in faccia e lo prende sia in fica che in culo!!!»
Repressi la tentazione di girarmi e stendere il tipo con un cazzotto e restai ad ascoltare, mentre continuava.
«… Antonio ha trovato davvero una straporca, guarda! Mi sono complimentato, uscendo e gli ho chiesto come ha fatto a trovare una troia così; ha detto che è una conoscente e che, come tutte le donne, non sogna altro che poter fare la troia…» I due risero, compiaciuti; stavo per mettere in atto il mio proposito bellicoso, ma mi resi conto che ero come paralizzato e che non potevo neanche muovermi: solo ascoltare, con insana avidità.
«Pensa che uno si è seduto e se l’è fatta sedere sul cazzo, dandogli le spalle…» «Nella fica?» si informò l’amico.
«Noooo!!! Nel culo! Ha un culo caldo largo morbido, bollente!!! vedessi che culo da troia!!!
Beh, ti dicevo: questa zoccola si incula da sola ed io ero lì davanti… Prima glie l’ho dato da succhiare… poi mi sono un po’ abbassato e glie l’ho messo nella fica, mentre l’altro le spanava il culo!» I due ridacchiarono.
«Ma aspetta! Senti questa! Il tipo che la inculava, le ha fatto tirar su le gambe e le ha fatto appoggiare le caviglie sulle mie spalle… Non puoi immaginare che chiavata… Beh, ci davo dentro, da sfondarla, no? Ed è uscito. Occazzo, ho pensato; me lo sono preso in mano e ho cercato di rimetterglielo dentro al volo… però ho sbagliato e glie l’ho messo in culo INSIEME all’altro!!! Dio, che troiona!!!»
«Maddai…» disse l’amico, incredulo.
«Guarda, potessi non chiavare mai più se non è vero! E non ha fatto una piega, la puttana: se li godeva tutti e due, in culo!!!
Che poi, sai che il mio non è piccolo; beh, toccando per capire dove lo avevo messo, anche l’altro era ben piazzato, come me: gli abbiamo fatto un culo come un garage, alla mignotta!!!» Concluse sprizzando allegria e divertimento da ogni poro.
Ormai la mia voglia di prenderlo a pugni era evaporata: un po’ perché in fondo, al suo posto, avrei fatto uguale: sia scoparla che poi andare a vantarmi con gli amici e poi... e poi anche perché uno strano turbamento, una strana eccitazione mi stava sopraffacendo.
Un incomprimibile impulso mi spinse ad interpellare il tipo: «Scusa…»
Mi guardò con aria corrucciata, anche se la sua bocca conservava il ricordo del sorriso di prima.
«Scusami, ma ho involontariamente ascoltato quello raccontavi… -feci un sorriso imbarazzato- e... mi intriga quello che raccontavi»
Gli strizzai l’occhio «Ma non ho capito dov’è il posto che dici…»
Lui mi guardò, prima sospettoso e poi con la tipica supponenza di chi sa, davanti a chi ignora; poi, con l’aria di farmi un grande onore, non solo mi disse il nome del cinema, ma addirittura mi spiegò dov’era e come arrivarci.
Per ringraziarlo, offrii il prossimo giro e questo, indubbiamente, lo mise in buona predisposizione d’animo nei miei confronti.
Dopo che ci furono serviti gli alcolici, che cominciammo a sorseggiare, continuai ad interrogarlo: ‘Ma questa tipa di cui parlavi… sì, insomma… si sa chi è?»
Lui fece un’espressione saputa: «Beh, è la cassiera… la nuova cassiera del cinema…
Il padrone del cinema trova sempre delle cassiere che siano graziose e… disponibili!’ E strizzò l’occhio, ghignante, allusivo e lascivo.
Lo incoraggiai con un sorriso ebete a proseguire: ‘Ma… sì, insomma… devi… pagarla?’
Scoppiò a ridere, divertito: ‘Mannò, figurati!!! Lei è un… accessorio del cinema… -si strangolò quasi dal ridere, per la sua laida spiritosaggine- ... Tutto compreso nel biglietto! Ahahahah, hai presente? La poltrona, il film, i cessi e la troia per svuotarti le palle!!!»
Mi feci forza di ridere anch’io, come il suo amico.
Attesi fin quando il getto impetuoso delle nostre risate si ridusse ad un rivolo di sciocche risatine e posi un’altra domanda: «Ma quanti se ne fa, al giorno?»
«Ahhh… -sorrise, pur perplesso-... non so proprio: un pomeriggio di qualche giorno fa mi sembra che, in mia presenza, se ne sia fatti sei o sette, ma mica potevo restare a farle il contacazzi, non credi?» Mi strizzò l’occhio, lascivo e risposi con una risatina, annuendo.
Un altro giro di bevute mi sdebitò dalle informazioni e -un po’ annebbiato, in verità- inforcai lo scooter per allontanarmi da lì.
Avevo un mulino di pensieri che mi vorticava in testa e raggiunsi una scogliera, che ricordavo lì vicino, per cercare di fare ordine nella mia mente.
Alla fine, trovai un cantuccio tranquillo, mentre il sole si avvicinava al tramonto e cominciai, senza dover essere concentrato sulla guida dopo aver bevuto, a riflettere sugli eventi. La mia mente mixava le immagini che avevo visto con ciò che mi era stato raccontato e quindi riuscii a visualizzare perfettamente Angela in questa sua insospettabile -per me, almeno!- attività.
Scoprii con stupore e disappunto che il film assolutamente osceno che mi girava in testa, mi stava in realtà eccitando terribilmente.
Con sgomento notai che il visualizzare la MIA compagna, offerta ai cazzi di chiunque avesse acquistato il biglietto di galleria di quel cinema, invece di farmi incazzare o farmi venire la gastrite per la gelosia… mi eccitava!
Tanto che, vista l’ora ‘stupida’, il luogo deserto, l’angolo molto riparato nel quale mi ero rintanato… non resistetti: abbassai la lampo dei jeans, litigai con la possente erezione che avevo e, dolcemente, cominciai a masturbarmi, come non facevo da anni…

Dopo essere venuto, mi ripulii alla meno peggio e poi decisi di andarmene a cena in una trattoria, di cui vedevo l’insegna poco lontano.
Pasteggiai a minerale, perché mi sentivo ancora gli effetti dei tre brandy ed intanto rimuginavo sugli eventi e sul come affrontarli.
La cameriera, una ragazzotta sui venti-venticinque anni, con un bel culetto svelto e due tette niente male, mi ronzava attorno, ma registrai l’evento solo dopo essere uscito; probabilmente mi considerava più interessante dei tre vecchi che, ognuno al suo tavolino, mangiavano ammantati di un astioso silenzio.
Rimuginavo su Angela, che avevo scoperto così sconfinatamente puttana, nonostante le arie da santarellina che si dava (aveva sempre stroncato sul nascere ogni mio tentativo di portarla in un club privé), riflettevo sulla nostra storia -che procedeva senza scosse già da qualche anno-, ma sopratutto riflettevo su di me, scoprendomi -con enorme sorpresa!- più eccitato che geloso, rabbioso, offeso…
Impeti d’ira si alternavano, dentro la mia mente, a immagini di lei che mi eccitavano grandissimamente e, francamente, non riuscivo a decidere il comportamento da tenere.
Alla fine, la camerierina insistette perché accettassi un limoncello, offerto da ‘la casa’, che apprezzai come cadeau.
Però, risalendo sullo scooter, mi resi conto che si era andato a sommare ai brandy e quindi dovetti usare molta cautela per guidare.
Arrivai sulla passeggiata a mare e decisi di fare due passi per smaltire l’alcol.
Camminando, assorto nei miei turbinosi pensieri, i miei piedi scelsero una stradina che scendeva sulla scogliera ed infine mi trovai tra gli scogli, spaesato dall’essermi trovato lì.
Sentii dei gemiti provenire da dietro uno scoglio e subito pensai a qualcuno che stesse male; mi affacciai dietro la massa rocciosa e restai basito: i gemiti erano di una ragazza che si stava godendo una sontuosa pecorina da parte di un giovane che la fotteva con vigore; i miei riflessi erano rallentati dall’alcol e perciò restai lì, brasato, probabilmente stagliato contro le lontane luci della strada, tanto che il tipo girandosi verso di me, mi vide ma, anziché inveire come pensavo fosse logico facesse, mi sembrò che mi strizzasse l’occhio e poi si mise l’indice verticale sulle labbra, come a invitarmi a non farmi sentire da lei.
Lo spettacolo era decisamente eccitante ed il tipo, mentre la montava profondamente, le palpugnava le tette, in pratica mungendola, mentre la ragazza gemeva di piacere e lo incitava a fotterla ancora più profondamente.
Restai qualche momento incantato a guardarli, ma poi la mia mente sostituì le fattezze della giovane donna con quelle di Angela e questo sovrapporsi di immagini mi provocò di nuovo un’erezione.
Come mi resi conto della cosa, scappai via, spaventato da questa insospettata mia vena di… (come lo chiamano?) ah, sì: cuckoldismo.
Quella sera arrivai a casa alla solita ora, come se fossi uscito alla solita ora dalla fabbrica.
Lei mi accolse col solito calore, anche se -ora che sapevo!- mi sembrava che un’ombra le appannasse il sorriso e lo sguardo.
La raggiunsi tra le lenzuola, ma la cercai con una rudezza che mi era insolita: già mentre la baciavo, le strinsi il labbro inferiore tra i denti e l’afferrai per i capelli, pilotandola poi con forza verso il cazzo.
Mi guardò, stupita del mio cambiamento, ma la obbligai a imboccarselo tutto con un perentorio «Succhia, troia!!!»
Lei cominciò a succhiarlo ed accarezzarlo con la lingua, dentro la bocca e l’afferrai per le orecchie, come fossero due maniglie, e la scopai in bocca, spingendoglielo tutto dentro fino alla gola.
Ero indeciso se sborrare così o cambiare ‘gioco’ ma, quando ormai ero quasi arrivato, decisi di incularla e perciò me la sfilai dal cazzo, l’afferrai di nuovo per i capelli e la costrinsi ad inginocchiarsi alla pecorina.
Con un unico colpo le fui dentro al culo e -adesso che sapevo!- lo percepii davvero più largo, più allentato.
Stavo per dirle che sapevo tutto, che era una schifosa troia, che l’avevo vista che si faceva montare al cinema e che era già una leggenda nei bar della città e che mi faceva schifo e che… il fiotto di piacere annegò la mia mente e mi bloccò le parole in gola; solo ululando di piacere, mi svuotai i coglioni nel suo intestino.
Poi, ritornato -grosso modo!- in me, mi accasciai sul letto, esausto.
Lei si avvicinò con gli occhi brillanti di piacere, era evidentemente arrivata anche lei al piacere, mi diede un bacio sulle labbra e commentò: «Non mi hai mai presa, così…» con tono sognante.
Stavo per dirle che da quella sera sarebbe cambiato tutto, che sapevo, che…
«Beh, non mi sembra che ti sia dispiaciuto, no?» Le chiesi con un sorriso.
Lei annuì e mi sorrise a sua volta.
Avevo deciso di aspettare a rivelarle che sapevo; volevo analizzare la situazione e valutare tutte le possibili evoluzioni della faccenda.
Ci addormentammo abbracciati.
scritto il
2024-05-22
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